Passione sconfinata
Di Emilie Rose
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Emilie Rose
Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.
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Anteprima del libro
Passione sconfinata - Emilie Rose
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Cowboy’s Baby Bargain
Silhouette Desire
© 2003 Emilie Rose Cunningham
Traduzione di Michela Polverino
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-902-1
Frontespizio. «Passione sconfinata» di Rose Emilie1
Brooke Blake sorseggiò la birra dalla bottiglia. Fece una smorfia.
Per lei il successo aveva un gusto piacevole, ormai scontato. Non però quella bevanda, così amara. Tuttavia era decisa a sperimentare qualsiasi cosa il suo nuovo luogo di residenza le avrebbe offerto, compresa la birra locale.
Guardò l’orologio. Si concesse dieci minuti per fare il punto sulla sua esistenza, attualmente assurda e contraddittoria.
Dal punto di vista professionale, Brooke si trovava all’apice della notorietà. I suoi libri e i suoi interventi ai microfoni dei media come psicologa motivazionale erano molto gettonati, anzi, in crescente richiesta. Tuttavia, la sua credibilità rischiava di infrangersi, poiché non era riuscita a realizzare il suo sogno di sempre: quello di avere una famiglia. Lei, il cui mestiere era quello di aiutare gli altri a raggiungere le loro mete.
Nella sua vita aveva calcolato ogni singolo passo, giungendo sempre alla meta prefissata. Peccato che ora, al suo trentacinquesimo compleanno, si ritrovasse ancora a essere una single senza prole.
Cosa era andato storto? Quale mossa sbagliata aveva commesso? O che cosa aveva trascurato di fare?
Si mise a sfogliare l’agenda, andando a ritroso sino a ritrovare lo schema dei suoi progetti quinquennali. Occorreva ristudiarli e rivalutarli.
In quel mentre si aprì la porta del locale e una ventata d’aria fresca invase la stanza spazzando più in là le nuvole di fumo e scompigliando le pagine dell’agenda.
Brooke alzò lo sguardo e vide riflessa nel grande specchio dietro il bancone del bar la silhouette che si stagliava contro la luce gloriosa del tramonto dietro la porta aperta.
Era un cowboy, alto e snello, con spalle larghe e fianchi stretti. Dava l’idea di essere un bell’uomo. Peccato che un cowboy non rispecchiasse decisamente il suo tipo.
Lei prediligeva i raffinati di città, gli intellettuali, molto diversi da quelli a cui bastavano un cavallo, un paio di stivali con speroni e un laccio da rodeo in mano.
Lo sconosciuto avanzò con la grazia di un atleta e il portamento di chi era abituato a condurre il gioco, e non a seguirlo.
Brooke li conosceva bene i tipi come lui. Dietro la loro ostentata sicurezza era solita celarsi una personalità molto timorosa, in particolare delle donne di successo, che essi avvertivano come una minaccia. Una categoria a cui lei stessa apparteneva.
Intanto l’uomo aveva raggiunto il bancone.
Si era arrestato alle spalle di Brooke e nello specchio aveva fissato lo sguardo nel suo.
Brooke si augurò che il suo modo di scrutarlo non fosse stato interpretato come un invito. In tal caso era pronta a farlo ricredere.
Si volse e notò con sorpresa che lo specchio non aveva reso giustizia all’avvenenza di quell’uomo. Da quel poco che poté scorgere di lui al di sotto del cappello e degli occhiali da sole, capì che il suo bel volto aveva lineamenti decisi, virili. La barba incolta ricopriva mascelle volitive e un mento con una fossetta sensuale. Portava jeans molto attillati e una camicia dalle maniche lunghe, che si apriva leggermente su un torace altrettanto virile.
Con aria sfacciata lui la squadrò da capo a piedi, con la stessa pacatezza dei torrenti che costeggiavano la nuova proprietà di cui Brooke era venuta in possesso: torrenti limpidi, lenti e sinuosi che acquietavano e riscaldavano il cuore.
Ma che le succedeva? Quegli occhi scuri come chicchi di caffè le davano la stessa scossa di un espresso ristretto.
La sensazione la turbò, stringendole lo stomaco. Una sensazione indesiderata che necessitava di un’analisi pronta e oculata.
Il cowboy si tolse il cappello e così l’immagine fu completa. Aveva capelli folti, lucenti e scuri come i suoi occhi.
«Le dispiace se mi siedo qui accanto?» le chiese con voce profonda, curvando le sue labbra piene che chissà quali parole suadenti sapevano sussurrare all’orecchio di una donna.
Brooke si guardò attorno. In effetti notò che l’unica sedia libera era proprio quella vicino a lei. Era stata così intenta a rimuginare sul passato che nemmeno si era accorta che il locale si era riempito di avventori.
In definitiva, che fosse il suo tipo o meno, quel cowboy avrebbe occupato parte del suo spazio.
Brooke spostò la borsetta dallo sgabello vuoto. «Si accomodi pure.»
«Grazie» mormorò l’altro che, nel sedersi, le sfiorò accidentalmente una gamba con il ginocchio.
Era stato davvero un caso?, si chiese Brooke. Ma il cowboy si scusò immediatamente e si scostò.
Quel contatto fugace l’aveva messa a disagio. Si portò la bottiglia alle labbra per dare sollievo alla gola secca. Corrugò la fronte. Mah, non si sarebbe mai abituata al sapore di quella birra!
I cowboy, invece, erano un’altra storia.
Se quelli che avrebbe incontrato, una volta stabilitasi nella sua nuova tenuta, fossero stati belli come quello che le si era seduto accanto, be’, prima o poi non avrebbe avuto difficoltà a trovare l’uomo giusto con il quale formare una famiglia. In ogni caso, avrebbe optato per un cowboy colto, se mai ne fosse esistito uno.
Prese la penna e segnò sull’agenda: Il fallimento è una condizione temporanea. E subito si sentì meglio.
Aggiunse un’altra frase: Si può realizzare qualsiasi scopo, purché raggiunto nel modo adeguato.
Allora, dove mai aveva smarrito il sentiero giusto che avrebbe dovuto condurla a trovare un marito?
Gli uomini che aveva avuto in passato o si erano risentiti del tempo che lei aveva dedicato al suo lavoro, oppure avevano cercato di farsi strada approfittando del suo successo.
Tracciò una linea verticale sul foglio. Da una parte scrisse Amanti e dall’altra Sfruttatori.
«Avrei detto che fosse una degustatrice di spumante, signora» sussurrò il cowboy mentre faceva un cenno al barista.
Brooke non si volse nemmeno a guardarlo. Bevve invece un altro disgustoso sorso di birra. «In effetti non si sbaglia.»
«Che cosa ti do?» chiese il barista al cowboy.
«Della tequila. Doppia. E se ce l’hai, anche del vino bianco di qualità per la signora qui accanto.»
«Vi servo subito.»
Brooke non volle dare l’impressione di essere andata in quel locale per farsi rimorchiare. A cercarsi un uomo ci avrebbe pensato dopo essersi trasferita in pianta stabile nella sua nuova proprietà.
Allora sarebbe andata alla ricerca della storia seria e duratura della sua vita, non più dell’avventura di un’estate.
Ritornò al presente. Il barista le aveva messo davanti un calice spumeggiante di vino frizzante.
«Mi scusi» si rivolse allo sconosciuto, «non era il caso che mi offrisse da bere.»
«Come no» ribatté l’altro. «Non posso vederla continuare a fare smorfie. Non ha l’aria di apprezzare molto questa birra.»
Da quanto tempo non arrossiva così?, si chiese sorpresa. «Be’... diciamo che non sono mai andata pazza per la birra in genere.»
«Sta scherzando?» rise l’altro.
Brooke posò lo sguardo sulle sue mani grandi e abbronzate. Erano disseminate di cicatrici, benché le unghie fossero molto ben curate.
«E per che cosa va pazza, oltre a fare liste sulle agende?» domandò lui a bruciapelo.
Di nuovo Brooke arrossì. Richiuse immediatamente l’agenda. Non aveva la minima intenzione di confessare a uno sconosciuto i suoi fallimenti, tantomeno di rivelargli che l’indomani si sarebbe sottoposta a un’inseminazione artificiale. Quel pensiero le generò una forte sensazione di disagio che le chiuse lo stomaco. Le mani le si misero a tremare.
Ci aveva pensato e ripensato, soppesato i pro e i contro, scelto il donatore più appropriato. L’aveva scelto biondo come lei e acculturato. Lo aveva esaminato con grande attenzione. Non aveva problemi di salute, e geneticamente era perfetto.
Con un sorriso studiato, Brooke si volse al cowboy e disse: «Vado pazza per il mio lavoro. Ma non parliamo di me. Dalla tequila doppia che ha ordinato desumo che lei abbia avuto una giornata dura».
«È stata peggiore di qualcuna e migliore di altre» rispose lui laconico posando una banconota sul banco del bar.
Brooke accennò un lieve sorriso alla battuta secca del suo interlocutore. A sua volta estrasse del denaro dal portafoglio.
Lui scosse il capo. «Offro io.»
«La ringrazio, ma non credo sia il caso di...»
«Nessun ma» ribatté lui. «Si tratta solamente di un drink. Non ho altri scopi.»
Brooke lo guardò sorpresa, spiazzata da tanta franchezza. «Nemmeno io ho secondi fini» tenne a precisargli a scanso di equivoci.
«Allora sarebbe meglio che non venisse in questi posti vestita così» osservò il cowboy.
«Che c’è che non va nel mio vestito?» controbatté lei un po’ risentita. Quel vestitino di seta color lavanda le era costato una fortuna. Lo aveva acquistato quando il suo primo libro era apparso sul New York Times in cima alla lista dei libri più venduti. Era un amore: la gonna stretta e corta sormontata da una camicetta ampia legata in vita dava risalto al suo corpo snello e slanciato. Brooke lo aveva riservato alle occasioni speciali, e dopo quel suo primo successo, ve ne erano state davvero molte, di occasioni speciali.
A voler guardare, anche quel giorno era successo qualcosa d’importante: era diventata la proprietaria di un piccolo ranch a cinquanta miglia a sud di Tilden, nel Texas.
La sua nuova casa si trovava fra dolci colline, in un paesaggio da sogno.
Quel ranch sarebbe stato molto più di una semplice abitazione. Brooke intendeva farne anche una base di lavoro. Era stanca di viaggiare incessantemente da un luogo a un altro.
Poiché la proprietà le era parsa troppo rustica, l’avrebbe fatta rimettere un po’ in ordine, ridipingere, ristrutturare e il gioco era fatto.
«Vestita così ha l’aria di essere molto ricca. Sappia che questo bar si trova vicino al palazzo di giustizia e non sempre vi bazzicano persone perbene» la avvisò il cowboy assaporando la tequila. «Perciò, occhio alla borsetta, signora.»
Brooke si volse di nuovo e vide che in effetti la maggior parte degli avventori non aveva un aspetto molto elegante...
«Vedo che non si era accorta di che tipo di gente c’è qui dentro» commentò il cowboy. «È ovvio che non ha scrutato ogni uomo che è entrato nel locale come ha fatto con me.»
Un profondo imbarazzo assalì Brooke e le sue guance si coprirono di rossore. Con veemenza sbatté il bicchiere sul bancone. Fu un vero miracolo che il vetro non si ruppe in mille pezzi. «Non sono solita fare questo genere di cose.»
Gli occhi penetranti di lui la trafissero. «Allora,