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In barca col milionario: Harmony Jolly
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In barca col milionario: Harmony Jolly
E-book194 pagine2 ore

In barca col milionario: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

L'uomo perfetto? Romantico, sognatore... e milionario. Innamorato solo di te.

Incaricato di portare il figlio del suo defunto collega alla nonna di lui in Australia, il broker newyorkese Matt McLellan decide di ingaggiare la skipper Meg O'Hara per attraversare lo Stretto di Bass. Lui può anche essere un multimilionario abituato a dare ordini, ma si rende subito conto che a bordo della sua barca deve sottostare alle regole di Meg!

In viaggio l'alchimia e l'intesa tra loro crescono giorno dopo giorno e quella donna fiera e indipendente stuzzica la curiosità di Matt come non gli era mai successo prima. È possibile che alla fine di quel viaggio quella strana, improvvisata famiglia diventi la sua?
LinguaItaliano
Data di uscita21 set 2020
ISBN9788830519220
In barca col milionario: Harmony Jolly
Autore

Marion Lennox

Marion Lennox is a country girl, born on an Australian dairy farm. She moved on, because the cows just weren't interested in her stories! Married to a `very special doctor', she has also written under the name Trisha David. She’s now stepped back from her `other’ career teaching statistics. Finally, she’s figured what's important and discovered the joys of baths, romance and chocolate. Preferably all at the same time! Marion is an international award winning author.

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    Anteprima del libro

    In barca col milionario - Marion Lennox

    successivo.

    Prologo

    L'intricata lavorazione sul cancello di McLellan Place sembrava quasi perfetta. Dall'elicottero, Matt e Henry osservarono l'ultimo pezzo che veniva posizionato sul posto. Una volta atterrati, ammirarono il risultato finale.

    Se Matt fosse andato solo, forse sarebbe tornato subito a Manhattan, invece stava intrattenendo un bambino di sette anni. Quindi, lui e Henry attraversarono la vasta distesa di terreno che portava all'edificio principale.

    «È grandissima» sussurrò Henry a Matt, quando lo portò nell'enorme cucina e dopo nella dispensa per cercare succo di frutta e biscotti.

    La casa era in effetti grandissima, approvò Matt. Con i suoi otto bagni e dieci camere da letto, era fin troppo grande per un ragazzo non sposato e piuttosto solitario. Ma apparteneva alla sua famiglia da generazioni. La sua manutenzione dava lavoro a una squadra di persone del posto, e il suo isolamento donava un prezioso rifugio alla fauna del luogo ed era per lui l'unica casa che avesse mai conosciuto. Era stato il suo rifugio quando era bambino.

    Anche Henry avrebbe dovuto avere un posto come quello, pensò. McLellan Place non somigliava per nulla allo studio legale di Manhattan in cui il bambino passava praticamente metà della sua vita.

    Henry era seriamente concentrato sul suo succo di frutta. Quel bambino non era suo figlio, ma sentiva per quel ragazzino una tenerezza profonda.

    La madre di Henry, Amanda, lavorava per Matt, un avvocato e per giunta brava. Nulla si poteva interporre tra lei e il suo lavoro, incluso suo figlio. Quando non era a scuola, lei lo lasciava in studio e spesso il bambino finiva nell'ufficio di Matt.

    La chiamata quel giorno era arrivata proprio durante un'inattesa pausa nei suoi appuntamenti. Matt non andava a McLellan Place da settimane; il suo elicottero era disponibile, ed era ora che andasse a controllare quella casa, dopo la tempesta.

    Osservava il bambino silenzioso, poi prese una decisione. Contattò Amanda, che rimase un po' sbalordita, per ottenere un permesso: la donna non riusciva a credere che il suo capo avesse tempo per suo figlio.

    Per questo, Henry era lì con lui, silenzioso e serio.

    «Ha dei bellissimi mobili» si avventurò a dire il piccolo.

    Era vero. L'arredatore di sua madre sarebbe stato felice.

    «Quelle scale sono molto lunghe.»

    «Quando avevo la tua età, scivolavo sulle ringhiere. Vuoi che ti faccia vedere come si fa?»

    «No, grazie.»

    Forse era meglio così. Non scivolava su quelle ringhiere da quasi vent'anni.

    «Abbiamo tempo per farci una nuotata» suggerì.

    «Non ho portato il costume.»

    «Potremmo fare il bagno in mutande.»

    «No, grazie» ripeté Henry, educatamente, e Matt non seppe più dove sbattere la testa. Quel bambino era stato educato a non essere né visto né sentito.

    «Allora andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia» disse alla fine.

    E poi squillò il suo cellulare personale. Oh-oh.

    La sua segretaria sapeva quando sarebbe tornato. Lo avrebbe contattato solo se si fosse presentata una questione urgente.

    «Helen?»

    «Matt?» E dal tono della donna, capì che c'era qualcosa che non andava, che non andava affatto.

    Ma che...? «Dimmi tutto!»

    «Matt, si tratta di Amanda. Sai... Era uscita per pranzo. Sostengono che stava mandando un messaggio mentre camminava... ed è andata dritta in mezzo alla strada. È morta! Quel povero bambino! Oh, Matt, come farai a dirglielo?»

    1

    «Mi hai assunta come guida di pesca. E adesso vuoi che faccia la tassista per ricchi? E per di più sulla Bertha? Quattro ore all'andata e quattro al ritorno, stando fuori anche la notte? È una barca sicura, almeno?»

    «È sicura quanto una casa» disse Charlie con voce setosa, picchiettando soddisfatto sul libro delle prenotazioni. «È una prenotazione dell'ultimo minuto, la Bertha è l'unica barca disponibile e Jeff si è dato malato. Hai una vaga idea di quanto sia pronto a pagare questo tizio? Lascia stare» aggiunse in fretta, immaginando senza dubbio che Meg avrebbe chiesto un aumento se lo avesse saputo. «È abbastanza per darti un ottimo bonus.»

    «Charlie, sono fuori dall'alba su un peschereccio. Sono sudicia. Sarò libera per i prossimi tre giorni. Ho cinque acri di erba da tagliare ed è quasi la stagione degli incendi. Se non lo faccio adesso, il consiglio mi farà vedere i sorci verdi.»

    «Vendi quel posto e trasferisciti in città» rispose Charlie disinvolto. «Senti» continuò con fare conciliante, «tu mi fai questo lavoro e io manderò Graham a tagliare l'erba al tuo posto.»

    Il figlio di Charlie. Ma nemmeno per idea!

    «Vorrai scherzare! Charlie, non ho intenzione di mollare tutto e passare i prossimi tre giorni a portare in giro un turista con più soldi che buonsenso. E poi che cosa vuole andare a fare su Garnett Island? Nessuno ci va!»

    «Io sì.»

    Quella voce la fece sobbalzare.

    Si era appoggiata al bancone, concentrata su Charlie. Non che si trattasse di qualcosa di piacevole su cui concentrarsi: era grasso, florido e puzzava di pesce.

    L'uomo che era entrato sfiorava i due metri di altezza, forse anche di più, era snello, muscoloso, abbronzato. Agile? Le sembrava una definizione adatta. Rispetto alle persone che conosceva Meg O'Hara, quest'uomo era... Be', un pesce fuor d'acqua.

    O forse era uno squalo? I pantaloni eleganti, la giacca di pelle morbida, le scarpe robuste, tutto in lui parlava di ricchezza. Sembrava che si fosse tagliato i capelli il giorno prima, con ogni onda nera come la pece che stava al suo posto.

    E i suoi occhi...

    Scuri come l'acqua profonda, la guardavano e facevano domande. Si sentì confusa solo guardando quegli occhi.

    «Sono Matt McLellan» disse lui a voce bassa, ma c'era una sorta di ringhio dentro, una minaccia implicita. Era una specie di non scherzare con me? «Lei è prenotata per portarmi a Garnett Island. C'è qualche problema?»

    Charlie si alzò così in fretta da far cadere la sedia. Prese un block notes sporco accanto al telefono, ci scrisse sopra una cifra e lo passò a Meg sul bancone.

    Lei lo guardò e spalancò gli occhi.

    «Quella sarebbe la mia parte?» domandò incredula. Quanto aveva offerto a Charlie questo tizio?

    «Sì» rispose Charlie in fretta, girando intorno al bancone per stringere la mano allo sconosciuto. «Non c'è alcun problema, signor McLellan. Questa è Meg O'Hara, il suo capitano. Vi porterà a destinazione, rimarrà fino a quando il bambino sarà sistemato e poi la riporterà qui.»

    «Il bambino?» domandò Meg.

    «Sta portando un bambino da sua nonna» rispose Charlie, parlando troppo in fretta. «Vero, signore?»

    «Vero.» L'uomo lasciò andare la mano di Charlie e guardò la sua. Meg notò il suo istinto di ripulirla.

    Non poteva biasimarlo. Le mani di Charlie... bleah.

    Anche se... Si guardò e pensò sono altrettanto sudicia.

    «Ma ci sono problemi?» disse l'uomo. Era evidente che li avesse sentiti parlare. «La barca?»

    «La barca è stata nel bacino di carenaggio proprio la scorsa settimana» rispose Charlie. «L'ho controllata personalmente. E Meg è uno dei nostri skipper più capaci. Dieci anni di pesca commerciale e altri due anni come capitano. Lei sa tutto del mare.»

    «Sembra piuttosto giovane per aver fatto tutte queste cose!»

    «È un complimento o cosa?» Era ora di entrare in quella conversazione, decise Meg. Sapeva di sembrare giovane, e il suo aspetto, con jeans, giacca a vento troppo larga, riccioli ramati corti e niente trucco non la aiutava di certo. «Ho ventotto anni. Ho cominciato a pescare con mio nonno quando avevo sedici. Si è ammalato quando ne avevo venticinque, quindi decidemmo di vendere la barca e iniziai a lavorare part-time per Charlie. Mio nonno è morto sei mesi fa, quindi ora posso fare viaggi più lunghi.» Guardò il biglietto che le aveva mostrato Charlie. Quella cifra... Avrebbe potuto persino far riparare la perdita nella lavanderia. «Il bambino... È suo figlio?»

    «Non ho figli.»

    Mmh. Se rispondeva liberamente alle domande, allora lo avrebbe fatto anche lui.

    «Non ho nessuna intenzione di permetterle di portare un bambino di cui non so niente a Garnett Island per poi lasciarlo lì.» Piantò i piedi e lo guardò negli occhi. «Garnett Island dista quattro ore dal continente. Per quanto ne so io, là ci vive solo Peggy Lakey.»

    «Peggy è la nonna di Henry.»

    «Davvero?» Secondo quello che si diceva sul posto, Peggy non aveva parenti. «Quanti anni ha Henry?»

    «Sette.»

    «Ci va in vacanza?»

    «A vivere.»

    «Davvero? Lei è il suo tutore legale?»

    «Non sono affari che la riguardano.»

    «Se vuole il mio aiuto, mi riguardano eccome.» Dietro di lei, riusciva a vedere che Charlie stava quasi per piangere. Ma doveva ignorare i soldi. Si trattava di un bambino. «Lei è americano, giusto?»

    «Giusto» assicurò lui.

    «Anche Henry è americano?»

    «Sì.»

    «Allora deve avere dei documenti che le permettono di portarlo fuori dal paese. Posso vederli?»

    «Meg!» Charlie si stava torcendo le mani, ma non stavano chiedendo a lui di lasciare un bambino su un'isola quasi deserta!

    «Può vederli» rispose l'uomo, e prese un fascio di documenti da una tasca interna della giacca posandoli sulla scrivania. Poi osservò fuori, come se controllasse qualcosa. Il bambino?

    «Adesso Henry dov'è?» chiese lei.

    «Abbiamo appena mangiato il pesce con le patatine. Sta dando gli avanzi ai gabbiani.»

    «Cibo unto prima di andare in mare? Soffre di mal di mare?»

    A quelle parole, l'uomo si accigliò. «Non pensavo...»

    Meg stava esaminando i documenti. «Dicono che non siete nemmeno parenti.»

    «Non sono suo parente» rispose lui, e poi parve decidere che il modo più semplice di superare l'ostilità di Meg fosse collaborare.

    «Sono un avvocato e analista finanziario di Manhattan» disse. «La madre di Henry, Amanda, è... Era... Un avvocato del mio studio legale. Era una madre single e non ha mai detto a nessuno chi fosse il padre di Henry. È un bambino tranquillo. Quando non è a scuola, sta nell'ufficio di sua madre o nell'area reception. Poi, due settimane fa, Amanda è morta. È stata investita mentre attraversava la strada... E all'improvviso per Henry non c'è più stato nessuno.»

    «Oh...» E poi qualcosa in lei passò dalla diffidenza all'angoscia, da un momento all'altro. Anche i suoi genitori... Un incidente d'auto, quando lei aveva undici anni.

    I suoi nonni le erano stati accanto fin da quando si era svegliata in ospedale. Immaginò all'improvviso un bambino di sette anni, seduto in reception a leggere.

    Per Henry non c'era nessuno.

    Ma lei non era pagata per essere emotiva. Era pagata per portare a termine un lavoro.

    «Quindi... Il suo legame con lui?» Sfogliava i documenti, cercando di calmarsi.

    «Non siamo imparentati.» La voce di lui all'improvviso divenne cupa. «A volte lui sta seduto nel mio ufficio mentre io lavoro. Era con me quando abbiamo saputo della morte di sua madre. Il suo certificato di nascita dice che il padre è Steven Walker, ma non siamo riusciti a rintracciarlo e sembra che non interessi a nessun altro. A parte Peggy.»

    E all'improvviso, l'irritazione di Meg scemò.

    «Garnett Island?» disse, allontanandosi a fatica dall'immagine di un bambino di sette anni, solo, seduto nell'ufficio di un avvocato mentre qualcuno veniva a dirgli che sua madre era morta.

    «Per quanto ne sappiamo, Peggy Lakey al momento è l'unico parente in vita di Henry» disse lui. «È la sua nonna materna. Se non riusciamo a trovare suo padre, è lei ad avere la potestà.»

    «E allora perché non ha preso subito un aereo?» La solitudine di Henry aveva ancora tutta la sua attenzione.

    «Dice che alla sola vista di un aereo si mette a piangere. Ho parlato con lei via radio. Sembra una donna comprensiva, ma arrivare in volo non è un'opzione valida. Ha contattato un servizio di accompagnamento minori perché portassero Henry da lei, ma all'ultimo minuto, io...»

    «Non poteva lasciarlo viaggiare da solo.»

    L'ultimo rimasuglio di irritazione si disintegrò. Per qualche stupido motivo si sentiva gli occhi pieni di lacrime. Si passò una mano sulla guancia, e sentì una macchia d'olio che rimpiazzava la lacrima. Bella mossa, Meg!

    «Allora, è sufficiente?» Il tono di voce di Matt McLellan si fece aspro. «Possiamo partire?»

    «Dopo che avrò controllato Bertha» gli disse lei, guardando di sbieco Charlie. L'aveva controllata lui personalmente? Sì, e gli asini volavano. Perlomeno poteva dare un'altra controllata al motore. «E quando lei e Henry avrete preso delle pastiglie contro il mal di mare e avranno fatto effetto. Lo Stretto di Bass, signor McLellan, non è per deboli.»

    Ma cosa ci stava facendo lì?

    Il caso Cartland era quasi alla fine. Doveva sperare che il suo staff non combinasse casini.

    Controllò il telefono e bloccò un grugnito. Non c'era campo.

    «Non c'è molto campo nell’Oceano Antartico.» Il capitano, sempre che si potesse chiamare capitano quella ragazzina, voleva rendersi utile. «Può usare la radio se è urgente.»

    L'aveva sentita comunicare alla radio. Era una baraonda piena di rumore statico. E poi, la barca sbandava. Parecchio.

    La barca su cui si trovavano era una bagnarola arrugginita lunga circa nove metri. Doveva tornare a New York entro lunedì, quindi aveva dovuto accontentarsi.

    Perlomeno, il suo istinto a non fidarsi di nessuno in quell'azienda da quattro soldi non era arrivato al punto da fargli rifiutare le pillole che Meg aveva insistito a offrirgli. Cosa per cui adesso era incredibilmente grato. Aveva un braccio intorno a Henry e lo teneva stretto. Il bambino era del tutto chiuso in se stesso, ma almeno non stava vomitando.

    Erano usciti da Rowan Bay da quasi un'ora. Ne mancavano altre tre per raggiungere Garnett Island.

    Era sempre più convinta che sarebbe stato meglio andare in elicottero.

    Solo che non c'erano elicotteri disponibili. A quanto aveva capito, c'erano stati degli incendi nell'entroterra, e qualsiasi elicottero disponibile era stato utilizzato dai vigili del fuoco o dalla sorveglianza.

    Accanto a lui, Henry mugolò e gli si strinse di più. Non aveva avuto scelta. Il pensiero di

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