A Paraty per dimenticare
Di Maria La Mer
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Anteprima del libro
A Paraty per dimenticare - Maria La Mer
Maria La Mer
A Paraty per dimenticare
Prima Edizione Ebook 2020 © R come Romance
ISBN: 9788893471961
Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione
www.storieromantiche.it
Edizioni del Loggione srl
Via Paolo Ferrari 51/c
41121 Modena – Italy
romance@loggione.it
http://www.storieromantiche.it e-mail: romance@loggione.it
La trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.
Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.
Dedico questo romanzo alla mia amica Joice e alla sua famiglia
con tutta la gioia di una amicizia speciale,
a tutte le donne che sono disposte ad innamorarsi,
a chi ha la saggezza e la generosità di non costruire la propria felicità sul dolore degli altri,
a tutte le persone che non sono soddisfatte di se stesse e che hanno il coraggio di reagire,
a chi tiene un diario, a chiunque sia portatore di bellezza.
Soprattutto dedico questo libro a tutte le persone di buon cuore.
Maria La Mer
A PARATY PER DIMENTICARE
Romanzo
INDICE
San Paolo, 20 dicembre 2010
Paraty, 22 dicembre 2010
Paraty 28 dicembre 2010
Paraty, 29 dicembre 2010
Paraty, 30 dicembre 2010
Paraty 31 dicembre 2010
Paraty 1° gennaio 2011
Paraty 2 gennaio 2011
Paraty 3 gennaio 2011
Paraty 4 gennaio 2010
Paraty 5 gennaio 2011
Paraty. 6 gennaio 2011
Paraty 7 gennaio, 2011
Paraty, 10 gennaio 2011
Paraty 11 gennaio 2011
Paraty 12 gennaio 2011-01-12
Paraty 13 gennaio 2011
Paraty 14 gennaio 2011
Paraty, 16 gennaio 2011
Italia, 15-18 giugno 2011
Ringraziamenti
L’autrice
Catalogo
Il dolore di non essere corrisposti in amore è devastante, soprattutto quando questa presa di coscienza avviene scoprendo un tradimento. Vorresti dimenticare ogni cosa, a cominciare da te stessa e dall’ingenuità di averci creduto. Soprattutto vorresti dimenticare il fatto che, mentre muori dentro, il tuo cuore continua a battere nel tuo petto. Non riesci a perdonargli il fatto che se ne frega del tuo dolore e, invece di farsi venire un coerente ed empatico arresto cardiaco per lasciarti sparire dalla tua stessa esistenza, ti tiene biologicamente in vita, mentre tutto di te è alla deriva. Sono pochi quelli a cui questa esperienza è risparmiata e sono persone che appartengono a due categorie: o sono senza anima, perché l’hanno barattata come ha fatto Pinocchio con l’abbecedario e nei paraggi non c’era nessun Geppetto ad amarli incondizionatamente, oppure hanno una benedizione speciale da Dio. Dopo essermi innamorata incautamente, come mai prima, ho vissuto la distruzione che segue alla scoperta di un tradimento.
Mentre seguivo il mio ultimo progetto professionale che mi teneva impegnata quasi 24 ore su 24, l’uomo che amavo si lasciava incantare dalla giovinezza di Letizia che corrispondeva in pieno ai suoi canoni di bellezza a differenza mia. Mora lei, biondo cenere tendente al grigio io, pelle olivastra lei, diafana io, occhi scuri e misteriosi lei, chiari e svelati io, sorriso sensuale lei, sorriso e basta io. Li avevo visti baciarsi, per caso. Anche se so che il caso non esiste, che forze occulte ci muovono perché noi possiamo affrontare la realtà, anche quando vorremmo essere ciechi, sordi, muti, pur di non ammettere che, in fondo, la verità l’abbiamo sempre saputa. È come se la verità, più cerchiamo di ignorarla, più bussa alla porta della coscienza, fino a che non le apriamo e la invitiamo a sedersi in salotto per due chiacchiere intime e sincere, sorseggiando un buon the. Quando, girato l’angolo li ho visti, è stato sconvolgente. Un colpo al cuore. In quei momenti ti senti risucchiata dal cervello rettile, per poi tornare in te che sei un’altra persona. Tutto di te è completamente stravolto: senti il corpo venire meno e, soprattutto, ti senti vittima di una profonda ingiustizia, senza che nessun tribunale possa riconoscere il tuo diritto di non essere violentata nella dignità, di essere rispettata, trattata con sincerità, amata, soprattutto se chi ti ha tradito ha abbondantemente goduto dei tuoi sorrisi, dei tuoi occhi sognanti, delle tue mani grate e generose, delle tue parole, dei tuoi pensieri, dei tuoi talenti, della tua anima, della tua intimità. E non sai proprio come proteggere il tuo cuore da quella tempesta emotiva che ha moltissime probabilità di sfociare nell’odio. È questa la sfida più impegnativa e coraggiosa da affrontare: impedire che il dolore snaturi il cuore.
Il resto si supera e, a volte, ha anche un lieto fine. Anche se, per parlare di lieto fine in termini assoluti, bisognerebbe seguire la storia fino all’esalazione dell’ultimo respiro. Non si può mai sapere come si possano evolvere le vicende amorose. In realtà, c’è sempre un lieto fine, perché in ogni caso, si sopravvive e la vita è così abbondante da riuscire a sorprenderci, sempre e comunque. Quando gliel’ho chiesto, se mi tradiva, ha negato spudoratamente. Avevo promesso a me stessa che se mi avesse detto la verità, avrei preso in considerazione l’idea di aprirmi ad un confronto onesto con lui e a perdonarlo; se, invece, mi avesse mentito, lo avrei lasciato. E così ho fatto, dopo averlo sentito negare l’evidenza. Sul piazzale davanti casa, appoggiata alla macchina accesa dove mi aveva raggiunto, lo ascoltavo implorarmi di non lasciarlo come se quelle parole non riguardassero me, totalmente abbandonata alle sue carezze. Le nostre labbra incollate tra loro gioivano nel baciarsi, totalmente disinteressate a quanto stesse succedendo nella nostra storia.
Un addio che aveva il sapore di un esordio. Visti dall’esterno, nessuno avrebbe potuto immaginare che quell’uomo e quella donna, così appassionatamente avvinghiati l’uno all’altra, si stessero lasciando. Alla sua insistenza, così convincente, così piena d’amore, così piena di tenerezza e di passione, in cui ha ammesso il bacio, rivendicando che non poteva essere considerato un tradimento, che era stato semplice vanità, che non c’era stato altro, che mi amava, che non era giusto buttare all’aria la nostra storia, ho rilanciato, ribadendo che non avrei potuto fare diversamente, che ero irremovibile nel lasciarlo e che avrei potuto limitarmi ad una proposta assurda: lo invitavo ad attendere fino al giorno del nostro anniversario, il 15 giugno, giorno in cui avrebbe dovuto entrare dentro di sé e, se vi avesse trovato amore per me, avrebbe potuto presentarsi nel luogo in cui ci siamo conosciuti, all’ora in cui ci siamo conosciuti.
Avrebbero dovuto passare 10 mesi, obiettò. Troppi
, insisteva. Non ho ceduto. Ho aggiunto che da quel momento avrei cercato di dimenticarlo e, io stessa, il 15 giugno sarei entrata dentro di me e, se avessi trovato ancora superstiti rimasugli d’amore per lui, mi sarei presentata all’appuntamento, altrimenti no. E ho aggiunto, sorridendo, che quel giorno si sarebbero potute verificare 4 opzioni: o non si sarebbe presentato nessuno dei due, o si sarebbe presentato solo lui, o ci saremmo presentati entrambi, oppure, cosa molto probabile, mi sarei presentata solo io. Anche perché, dieci mesi per dimenticarlo, mi sembravano davvero pochi.
Dentro di me sentivo che Dino era indimenticabile. Il mio amore per lui era talmente profondo che avevo il sospetto mi avrebbe accompagnato per tutta la vita, con o senza di lui. Una convinzione davvero preoccupante. Per farla breve, dopo un ultimo lungo bacio, sono salita in macchina senza smettere di baciarlo e sono ripartita, mentre ancora lo baciavo. Qualcuno nei paraggi, agitando la mano in atto di saluto nei miei confronti, ha gridato: «Siete bellissimi! Beati voi, mettete buonumore.» Avrei pagato per poter guardare me stessa dalla sua prospettiva. Ora avevo il problema di cosa fare di me, dove appoggiare tutto quel dolore per riuscire ad avere un po’ di tregua. Fu così che decisi di partire per il Brasile per passarvi le vacanze tra Natale e Capodanno, approfittando dell’invito di una carissima amica e ho la sensazione che i pochi mesi prima della partenza io abbia vegetato, stordita e distante da me stessa e dal mondo, occupata solo a tenermi in vita. La morte di mia sorella dopo un mese, aveva scalzato il dolore precedente facendomi vergognare di aver chiamato dolore la fine di un amore.
A metà dicembre sono salita sull’aereo, direzione San Paolo con scalo a Madrid e ho deciso di tenere un diario. Non lo avrei scritto tutti i giorni, certo, ma ne avrei seguito il ritmo. Sarei rientrata in Italia a metà gennaio, con la speranza che il Brasile mi avrebbe ricomposta, mi avrebbe sostenuta nel dolore della morte, mi avrebbe fatto dimenticare Dino. Dimenticare il dolore di un amore tradito, consolare il dolore della morte quando arriva prematura a portarti via una sorella, perché quando muore qualcuno che ami, senti che viene portato via anche un pezzo di te.
San Paolo, 20 dicembre 2010
Siamo partiti per Roma all’alba, accompagnati da un amico di Massimiliano, il marito della mia amica Jocelyne. La station wagon ha potuto contenere la mole di bagagli che i coniugi avevano con loro. Ogni volta che viaggiano hanno un sacco di valige che riempiono soprattutto di prodotti tipici culinari. Io, una valigetta con l’essenziale e un abito bianco da indossare a capodanno come da tradizione brasiliana. Nella prima tratta di aereo ho visto un film, ho letto, ho cercato di non pensare.
Nella seconda tratta, quella da Madrid a San Paolo, ho dormito come un ghiro. Massimiliano e Jocelyne, con determinazione e candore avevano condiviso la loro abitudine ad assumere un forte sonnifero in viaggio, per sopportare i disagi della seconda classe, la scomodità dei sedili, il vociare delle persone.
«Noi ci droghiamo» avevano detto. E così, io che non avevo mai preso un sonnifero in vita mia e che evitavo i farmaci come la peste, decisi di imitarli.
Ed effettivamente, mi sono svegliata riposata, soprattutto nella mente che sembrava avesse avuto una tregua dai suoi pensieri insostenibili. Una volta arrivati, la prima tappa è stata a casa della mamma di Jocelyne, una donna che ha dovuto cavarsela da sola, resa forte dal dolore di una vita poco generosa. Bella ed emozionata. Saluti, abbracci, presentazioni, cibo, musica e progetti su come si sarebbe trascorso il tempo della nostra vacanza. Si è deciso che il giorno successivo saremmo andati a salutare il padre di Jocelyne e sua moglie per poi trasferirci a Paraty, una località di mare unica nel suo genere, a circa quattro ore di strada da San Paolo, sulla costa atlantica, dove avremmo preparato e trascorso il capodanno.
«Vedrai, ti piacerà, ne sono sicura» aveva detto la mia amica, motivata a rendere il mio soggiorno in Brasile indimenticabile.
Paraty, 22 dicembre 2010
Finalmente le casse sono state collegate al computer portatile: a Capodanno ci sarà musica. L’intera mattinata ha impegnato tutti gli abitanti della casa a predisporre gli elementi tecnici per garantire la musica che è indispensabile in qualunque festa.
A capodanno ascolteremo la musica che Jocelyne ha preparato con estrema cura nella sua chiavetta gigante piena di brani di diverso genere che io non vedo l’ora di ascoltare. Avevo intenzione di fare una puntata a Salvador de Baja e, invece, credo che mi fermerò qui a Paraty. Sono troppo esausta per dare seguito al mio desiderio.
C’è qualcosa di magico a Paraty, si ha la sensazione di essere in un posto familiare eppure lontani mille miglia dai propri guai. E io ci sono dentro fino al collo. Quella specie di guai senza soluzione, irreversibili, che hanno l’effetto di una ottava onda del Pacifico, di quelle che quando riemergi ti ritrovi senza costume e senza memoria, come mi era successo in Messico, anni prima. La potenza delle onde riuscì a sfilarmi il costume di dosso e mi ritrovai in spiaggia nuda e imbarazzata.
La vita è come il mare, a volte sembra rubarti qualcosa, un costume per esempio, che ti serve proprio, quando devi uscire dall’acqua e sulla spiaggia ci sono un sacco di persone. Certo è, che quando ti succede, ti fai coraggio e affronti la situazione, con un bel sorriso. È l’unica cosa che puoi fare. E alla fine, ti senti bene, viva. A parte, alcuni sporadici momenti di distrazione, i pensieri non mi abbandonano mai e, con loro, il dolore. Mi sento così confusa, stordita, destabilizzata. In questo periodo dell’anno a Paraty piove tutti i giorni e, a volte, tutto il giorno e tutta la notte.
La prima sorpresa di questo viaggio, perché questa pioggia incessante risuona con la pioggia interiore fatta di lacrime ininterrotte che non riesco a versare e mi fa sentire meno sola; ed è la prima cosa storta, perché contavo sul sole, per lasciarmi rigenerare e abbronzare; per poter vedere scomparire dalla mia faccia quell’aria affranta, sottolineata dal mio pallore cronico.
Eppure a me, che sono senza ritmo, questo ticchettio costante della pioggia impone rigore. Che parola controversa! Che bella parola! Nella mente si dilata un intero mondo di connessioni: nel