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Seduzione senza scampo: Harmony Destiny
Seduzione senza scampo: Harmony Destiny
Seduzione senza scampo: Harmony Destiny
E-book151 pagine2 ore

Seduzione senza scampo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Definire ciò che travolge Emily appena varcata la soglia di quel locale è assai difficile. Quegli occhi scuri che la fissano, quella sensualità strabordante: un uomo così non lo ha incontrato nemmeno nei suoi sogni più arditi...
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2020
ISBN9788830517288
Seduzione senza scampo: Harmony Destiny
Autore

Sheri Whitefeather

Autrice della novella Sangue Cherokee.

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    Anteprima del libro

    Seduzione senza scampo - Sheri Whitefeather

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Cherokee Stranger

    Silhouette Desire

    © 2004 Sheree Henry-Whitefeather

    Traduzione di Maria Letizia Montanari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-728-8

    1

    Mentre la dolce melodia faceva ancora vibrare gli altoparlanti del jukebox, lo sconosciuto, alto e bruno, selezionò un’altra canzone.

    Emily Chapman si agitò nervosamente sul bordo della sedia. Tutto in quell’uomo riusciva ad affascinarla, persino i suoi gusti nel campo della musica. Fino a quel momento, aveva scelto canzoni d’amore, ballate tragiche colme di emozione, motivi sentimentali che smentivano il suo aspetto da duro.

    L’uomo voltò le spalle al jukebox e lei tornò a fissarlo con occhi curiosi.

    Era un muscoloso abitante di quella cittadina rurale o uno smaliziato cittadino? Emily non riusciva a capirlo. In ogni caso, quell’uomo portava stampata sul volto un’espressione che invitava chiaramente a non infastidirlo inutilmente.

    Indossava un paio di jeans, una camicia bianca e una giacca denim. I capelli di lunghezza media gli cadevano sulla fronte in un ciuffo ribelle che gli nascondeva praticamente gli occhi. Il volto, velato dalla penombra, sembrava forte e spigoloso.

    Ignorando gli altri clienti, pochi avventori che si erano riuniti nel bar, l’uomo si avviò direttamente verso il proprio tavolo sul quale aveva lasciato una bottiglia di birra. Poi si sistemò sulla sedia, posò i piedi calzati negli stivali sul piolo della sedia vuota accanto e sollevò la bottiglia, bevendo avidamente un lungo sorso di birra.

    «Ecco a lei» annunciò la cameriera portandole il bicchiere di vino ordinato e bloccandole con il corpo la visuale di quell’affascinante sconosciuto.

    Colta in contropiede, Emily spostò la sua attenzione sull’altra donna, una rossa di mezza età tutta sorridente la cui targhetta identificava come Meg. «Grazie.»

    «Non c’è di che, cara.» Meg indicò la porta che introduceva alla cucina. «Ma la portata che ha ordinato non è ancora pronta. Ci vorrà ancora qualche minuto.»

    «Non ha importanza» le assicurò Emily. Non aveva particolarmente fame, ma aveva ordinato un piatto di funghi farciti nella speranza di avere qualcosa che la tenesse occupata per qualche tempo. Non era mai stata in un bar da sola, e ancora meno in un locale così poco illuminato, collegato a un albergo a basso prezzo.

    Del resto meglio stare lì che tapparsi in camera, macerandosi in pensieri negativi.

    Quando la cameriera si allontanò, Emily tornò a guardare l’uomo. Ma quando lui si voltò nella sua direzione, il tempo sembrò cristallizzarsi e la terra immobilizzarsi sul suo asse.

    I loro sguardi si incrociarono rimanendo avvinti, come magnetizzati a vicenda.

    Come sotto la forza di un incantesimo, non sbatterono nemmeno le palpebre. Rimasero immobili. E continuarono a fissarsi, ciascuno all’estremità opposta della stanza.

    Emily si sentì inaridire la bocca. Nel giro di un istante, il tempo necessario a un battito del cuore, quell’uomo l’aveva lasciata assolutamente senza respiro.

    Non stava semplicemente tentando il solito approccio. Si trattava di qualcosa di più. Molto di più. La guardava con virile consapevolezza, come se sapesse esattamente che cosa avrebbe provato toccandola, stringendola tra le braccia, passando le mani su ogni centimetro di lei.

    Mio Dio!

    Determinata a recuperare la propria compostezza, a spezzare quel contatto che le stava facendo saltare i nervi, Emily sollevò il bicchiere di vino e bevve un piccolo sorso. Ma le dita si strinsero tremando attorno al calice.

    Che cosa avrebbe pensato quell’uomo se avesse saputo che lei aveva il cancro? Avrebbe continuato a guardarla con lo stesso intenso desiderio negli occhi?

    Non pensare a questo, le ingiunse il subconscio. Non doveva cadere nell’autocommiserazione. Non doveva cedere alla paura. Non stava morendo. Prima o poi, il male sarebbe stato debellato.

    E insieme alla malattia, sarebbe scomparso anche un piccolo lembo della sua pelle.

    La canzone al jukebox terminò e subito ne iniziò un’altra... questa volta un vecchio successo di Elvis Presley suscitò un marasma nelle emozioni di Emily. Un’altra canzone preferita, pensò. Un altro collegamento a quell’uomo misterioso.

    Chissà se viveva in quella zona. Oppure se era venuto a Lewiston per trovare qualche familiare... o per incontrare un vecchio amico.

    Emily si era recata lì per un appuntamento in un centro medico situato a un’ora e mezzo di viaggio da casa sua. Avrebbe potuto compiere un viaggio di andata e ritorno in giornata, ma aveva deciso di fermarsi la notte per riflettere e trascorrere un po’ di tempo da sola.

    Da lì a due settimane esatte avrebbe subito un’operazione di escissione, un intervento che avrebbe asportato il cancro. In quel momento due settimane le sembravano un’eternità, ma il suo melanoma non sarebbe certo peggiorato nel corso di quattordici giorni. Non era un lasso irragionevole di tempo, dovendo attendere sia l’autorizzazione dell’assicurazione medica sia la disponibilità del chirurgo.

    Emily trasse un profondo respiro. Aveva promesso a se stessa che non si sarebbe lasciata prenderedal panico all’idea di dover andare sotto ai ferri e che non si sarebbe macerata nel pensiero che il male potesse diffondersi.

    Quando la portata che aveva ordinato arrivò, Meg si soffermò per qualche secondo al suo tavolo, scuotendo la testa con tanto vigore da far sobbalzare l’acconciatura vaporosa.

    «Favoloso, non è vero?» sospirò.

    «Sì» rispose Emily. Sapeva che l’uomo continuava a guardarla. Riusciva a percepire sulla pelle il calore di quello sguardo.

    «Perché non gli offre qualcosa da bere?»

    «Che cosa?» boccheggiò Emily fissando sbalordita l’ardita cameriera.

    Meg fece ondeggiare i fianchi. «Una birra... Tanto, quel tipo sta per ordinarne un’altra.»

    «Probabilmente questo non è il momento migliore per me per...» Emily si fermò, rendendosi conto di essere stata sul punto di ammettere quello che stava passando. Di come si sentisse inadeguata e fuori posto.

    «Oh, non importa. Era solo un suggerimento» disse Meg rivolgendole un sorriso amichevole. Poi si congedò, lasciando Emily sola con i suoi pensieri.

    Mentre lui finiva l’ultimo sorso di birra, lei infilò la forchetta in un fungo e la portò alle labbra. L’uomo alzò la mano per scostare i capelli dalla fronte, rivelando due folte sopracciglia nere.

    Di colpo, Emily si sentì invadere da un’ondata di calore.

    All’inferno il cancro. Doveva conoscere quell’uomo. Dirgli qualcosa.

    Racimolando tutto il suo coraggio, si alzò, determinata ad avvicinarsi al tavolo di lui. Mentre attraversava la stanza, con la coda dell’occhio vide Meg appoggiarsi a uno sgabello del bar. Intercettò lo sguardo della donna, sperando in un segno di incoraggiamento.

    Sorridendo, la cameriera le strizzò l’occhio con aria maliziosa.

    Quando finalmente raggiunse l’uomo, il cuore le batteva con tanta forza che le sembrava di udire un rombo nelle orecchie. L’uomo si alzò e lei si rese conto di quanto fosse effettivamente alto. Torreggiava sopra di lei, sovrastandola di parecchi centimetri.

    Lei tese la mano, il palmo umido per la tensione. «Mi chiamo Emily.»

    Lui si affrettò a prenderle la mano.

    «Io sono James» rispose. Il suo sguardo la percorse dall’alto in basso, dalla camicetta ricamata che aveva ordinato per catalogo, ai semplici jeans a cinque tasche che aveva comperato in un negozio discount. «Dalton» aggiunse, la voce venata da un accento irriconoscibile. «James Dalton.»

    Sforzandosi con tutta se stessa per respirare normalmente, Emily indicò il proprio tavolo. «Vorresti farmi compagnia?»

    Lui non rispose. Invece, tese la mano e sganciò la sbarretta di metallo che teneva fermi i capelli di Emily in una coda di cavallo.

    Allibita, rimase ferma mentre i lunghi capelli ondulati le ricadevano sulle spalle. Sapeva che Meg li stava osservando, altrettanto sbalordita dalla condotta spavalda di James.

    Lui agganciò la sbarretta sul risvolto della giacca come se fosse intenzionato a conservarla. «Mi piace il colore dei tuoi capelli» disse. «Mi ricorda...»

    Il cuore le balzò in gola. «Che cosa?»

    «Qualcuno che conoscevo un tempo.»

    L’espressione di James si incupì e lei capì che era stato toccato un tasto sbagliato. Gli occhi che l’avevano osservata erano colmi di una luce tormentata accentuata dal velo incolto di barba che gli ombreggiava il viso.

    Ma era sempre bellissimo, ancora più attraente a quella distanza ravvicinata. Una cicatrice frastagliata attraversava il sopracciglio destro e il mento era segnato da una leggera fossetta. Gli zigomi alti e pronunciati tradivano una discendenza indiana. Forse quell’uomo veniva dalla riserva dei Nasi Forati? Per questo motivo si trovava a Lewiston?

    Lui si avvicinò e un brivido le attraversò la schiena. Emily si chiese quali sensazioni avrebbe provato ritraendolo, fissando la sua immagine su tela.

    Lei si guadagnava da vivere servendo ai tavoli nella tavola calda della sua città, riempiendo tazze di caffè e chiacchierando con la gente che conosceva da tutta una vita. Tuttavia si dilettava a dipingere e a vendere i suoi lavori ai mercatini dell’artigianato che avevano luogo nel corso della settimana. Non aspirava a essere qualcosa di più di quello che era. Semplicemente era felice di avere un hobby e dipingere i volti le piaceva.

    «Balla con me» la invitò inaspettatamente lui.

    Lei sbatté le palpebre mentre sentiva le dita di James scorrere tra i suoi capelli. «Non c’è una pista da ballo.»

    «Però c’è la musica.»

    Sì, pensò lei. La musica che aveva scelto lui. «Meg ha detto che dovrei offrirti da bere.»

    Lui continuò a passarle le dita tra i capelli, separando ciocca dopo ciocca. «Meg?»

    «La cameriera» gli spiegò, domandandosi se lui si rendesse conto che la stava seducendo. Quell’uomo doveva essere in parte mago, in parte guerriero e in parte lupo... l’eroe di una fiaba di magia.

    «Balla con me» ripeté lui.

    Avrebbe dovuto rispondergli di no. Avrebbe dovuto girare sui tacchi e andarsene. Perché nel profondo del suo cuore, Emily sapeva benissimo dove l’avrebbe portata tutto quello. Quando la serata fosse volta al termine, James Dalton le avrebbe chiesto qualcosa di più di un ballo. Senza dubbio lo solleticava l’idea di condividere il suo letto con una bionda smaniosa per una rapida avventura di una sola notte.

    Ma nonostante tutto, Emily gli permise di prenderla per mano e di guidarla verso un angolino tranquillo vicino al jukebox.

    Anche Emily aveva i

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