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E-book355 pagine5 ore

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Info su questo ebook

Che fare quando il mondo ti crolla addosso? Quando il marito che ti teneva nella bambagia, l'uomo che credevi infallibile, su cui facevi affidamento, pone fine alla propria vita e ti lascia nell'indigenza? Che fare quando un uomo ti obbliga a scegliere tra lui e la carriera? Che fare quando la famiglia non apprezza i tuoi sacrifici e ti allontana? Stringi i denti e vai avanti. Scopri in te risorse sconosciute, capacità che nessuno ti attribuiva. Phillis, Deborah e Sally... come affrontano le avversità del destino?
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2018
ISBN9788858981474
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Autore

Penny Jordan

Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Intrecci (eLit) - Penny Jordan

    successivo.

    Prologo

    «Hai sentito l'ultima?» domandò l'infermiera. Sally sistemò le coperte del numero nove, un uomo che non aveva parenti e a cui lei cercava sempre di dedicare qualche minuto in più. «No, che cosa è successo?»

    «Un suicida. Un uomo, in una bella macchina di lusso. Chissà che cosa lo ha spinto a fare un gesto così, povero diavolo... A che ora smonti?»

    «Dovevo uscire mezz'ora fa, ma la mia sostituta non è ancora arrivata.» Sally si massaggiò stancamente la schiena. Era stata una settimana pesante, avevano avuto tre emergenze, e due colleghe erano malate: ma nonostante questo non le dispiaceva di fermarsi un po' di più, così sarebbe arrivata a casa dopo che Joel era già andato al lavoro. La caposala le aveva di nuovo domandato se le andava di lavorare a turno pieno anziché part time e lei sapeva bene come Joel avrebbe reagito a una proposta del genere. Già non accettava l'idea che lei avesse ripreso a lavorare in ospedale...

    «Posso fare degli straordinari» aveva protestato testardamente. Ma poi la fabbrica in cui lavorava, la Kilcoyne, aveva cominciato a ridurre la produzione. Si parlava di licenziamenti, e Joel era stato costretto ad ammettere che lo stipendio di lei era davvero necessario.

    Sì, Sally era contenta di lavorare un paio d'ore in più. Di solito, quando tornava a casa Joel era ancora a letto, ma sveglio... Sally fece una smorfia. Aveva troppi pensieri per soffermarsi sul disaccordo sessuale che si era creato tra lei e suo marito. Arrivava a casa sfinita, preoccupata per i soldi che non bastavano mai, come poteva Joel pretendere che lei...? Come poteva non capire?

    In corridoio intravide un medico accompagnato da due poliziotti in divisa, senza dubbio diretti all'obitorio dove era stato portato il suicida di cui la collega le aveva appena parlato.

    Rabbrividì. Chissà se l'uomo che si era tolto la vita aveva una famiglia, dei figli, una moglie che adesso giaceva sola nel suo letto, domandandosi dov'era il marito, sentendo la mancanza del suo calore? O era come lei, Sally, che invece...?

    Basta. Non doveva pensarci. Si chinò e raccolse gli occhiali che il numero nove aveva lasciato cadere.

    Deborah Franklin si stiracchiò voluttuosamente, ripensando alla sera prima. Com'era stato bello... lei e Mark erano fantastici insieme, a letto e fuori del letto. Era davvero fortunata. Ma era una fortuna che si era guadagnata duramente.

    Ridacchiò pensando alla reazione di Mark quando, la sera prima, gli aveva parlato della promozione promessale da Ryan. «Non solo una gratifica per l'ultimo lavoro, ha detto. Qualcosa di più.»

    «Buon per te» aveva grugnito lui. Gli uomini, era noto, non amavano parlare dopo l'amore; ma lei era così eccitata per la promozione che non riusciva proprio a tacere. E Mark doveva essere contento per lei, no?, dal momento che era stato lui a suggerirle di far domanda per il posto che occupava attualmente nello studio associato di commercialisti, dove lui stesso lavorava.

    Lo vide rientrare in camera da letto, con i capelli umidi dopo la doccia, e sorrise battendo la mano sullo spazio vuoto accanto a sé.

    «Oh Dio, no... non di nuovo...» gemette lui. Deborah rise. Non aveva mai fatto mistero della sua natura sessualmente disinibita, e d'altronde perché avrebbe dovuto? Lei e Mark erano uguali, sullo stesso piano, professionalmente e in privato.

    «Ho promesso a Peter che stamattina sarei andato in ufficio presto» spiegò lui serio.

    «E come mai? Non mi sembra che il vostro ufficio sia particolarmente impegnato, di questi tempi.»

    Mark si volse di scatto. «Senti, Deborah, capisco che tu sia molto soddisfatta di te stessa, ma non potresti smetterla di gongolare, solo per un po'?»

    Gongolare? Che strano modo di esprimersi. Mark non era così scostante, di solito. Che cosa gli prendeva?

    Mentre lo guardava infilarsi una camicia pulita ascoltò distrattamente la radiosveglia e sentì la notizia che veniva letta dall'annunciatore. Un uomo era stato trovato morto nella sua macchina. Suicidio. Deborah sospirò. Un evento purtroppo frequente in quel periodo di depressione economica, ma lei aveva altri problemi a cui pensare. Come lo strano ri sentimento di Mark nei suoi confronti, per esempio.

    «Allora, com'è andata?» domandò Elizabeth mentre suo marito entrava in cucina. Richard era stato chiamato per un'emergenza alle due di notte. Un incidente sulla nuova superstrada, un ragazzo in motocicletta ferito seriamente.

    «Se la caverà, ma ce la siamo vista brutta ed è stato molto pesante. A volte temo di essere diventato troppo vecchio per passare le notti in bianco.»

    «Tu non sei vecchio» protestò lei. Richard non aveva ancora compiuto cinquantacinque anni.

    «Com'è che sei già alzata?» le domandò. «Non vai al consultorio fino alle dieci, no?»

    Caro Richard, pensò lei. Ricordava sempre i suoi orari, per quanto fosse impegnato.

    Era stato lui a spingerla verso il lavoro volontario presso un consultorio familiare, subito dopo che Sara aveva messo su casa per conto proprio. E adesso, con la recessione che colpiva tutto il paese, lei era più impegnata che mai.

    «Ha telefonato Sara» riprese Elizabeth versandogli una seconda tazza di tè. «Dice che probabilmente Jenny ha la varicella, e che Jan è fuori di sé dall'ansia.»

    «Un po' di bollicine non sono poi la fine del mondo.»

    «Sì, ma sai come sono i medici quando si tratta dei loro figli.»

    «Già... Stanotte abbiamo avuto un'altra emergenza, e lì purtroppo non abbiamo potuto far niente. Un tale che si è suicidato.»

    «Oh, poveretto.» Elizabeth depose la teiera. «Per lui i guai sono finiti, in un modo o nell'altro... Ma per la sua famiglia cominciano adesso.»

    Phillis si svegliò di soprassalto, allungò la mano verso l'altro lato del letto e lo trovò freddo e vuoto. Rabbrividì, ma non perché sentisse la mancanza di Andrew. Il lato fisico del loro matrimonio non aveva più alcun interesse per nessuno dei due, da anni. Solo che negli ultimi tempi Andrew aveva preso a comportarsi in maniera sempre più strana. Lavorava fino a tardi, scattava per un nonnulla. Non che fosse mai stato un carattere facile, tanto che lei era stata quasi contenta di mandare i ragazzi in collegio all'inizio di quell'anno. Così avrebbe evitato loro l'atmosfera tesa che regnava in casa, l'irritazione di Andrew, i continui rimbrotti a lei e a loro.

    Lui lavorava come un pazzo per mantenerli in una casa di lusso, con uno stile di vita che tutti i loro amici invidiavano. Non poteva ottenere in cambio un po' di comprensione?, aveva gridato Andrew una sera, prima di uscire sbattendo la porta.

    «Lo fa per sé, non per noi» aveva bofonchiato Rory.

    Era vero, ma Phillis aveva zittito dolcemente il figlio maggiore. Amici?, aveva pensato. Quali amici? Le sole persone che frequentavano erano quelle che Andrew riteneva socialmente utili; quanto alla sua unica, vera amica, lui la disprezzava perché non apparteneva al loro stesso ceto.

    Il ceto sociale era qualcosa a cui Andrew teneva molto. Criticava il cognato Robert, il fratello maggiore di Phillis, perché aveva sposato Lydia per la sua ricchezza e la sua posizione sociale, non certo per amore; ma in realtà lo invidiava. E lei, Phillis, non si opponeva mai alle sue critiche. Come avrebbe potuto? Anche lei aveva sposato Andrew per motivi diversi dall'amore. Lo aveva sposato senza dare ascolto alla vocina che la supplicava di ripensarci. Lo aveva sposato per rabbia, frustrazione, ripicca. Perché sapeva di non valere nulla come persona, di non essere niente se non la figlia obbediente che i suoi desideravano. La Phillis che non era potuta essere non avrebbe mai sopportato un matrimonio privo d'amore. Ma quella Phillis non esisteva più...

    Andrew e Robert erano compagni di scuola, e fin dai tempi del ginnasio Andrew era stato estremamente competitivo e invidioso nei confronti dell'amico. Così, quando Robert era diventato presidente dell'azienda della famiglia di Lydia, Andrew aveva subito brigato per ottenere la stessa promozione nell'ambito della propria azienda; e non riuscendoci, aveva fatto un colpo di testa e si era dimesso, acquistando subito dopo la Kilcoyne.

    Naturalmente, per avere i fondi necessari si era pesantemente indebitato con la banca, ma invece di riconoscere il proprio errore si era scagliato contro la prozia Maud, che morendo aveva lasciato tutto al giardiniere ventinovenne anziché a lui.

    «Come ha potuto far questo a me e ai miei figli?» aveva gridato. «Una vecchia pazza che perde la testa per uno straccione! Ma io lo cito in giudizio, lo denuncio per circonvenzione di incapace!»

    A nulla era valso ricordargli che Tom Forster aveva assistito zia Maud nell'ultimo anno di vita, curandola quando si era rotta il femore e dandole quel minimo di calore umano che i parenti non avevano saputo offrirle.

    Qualche tempo dopo, prevenendo inconsciamente le azioni legali minacciate da Andrew, Forster aveva offerto loro metà dell'eredità. E dopo un iniziale rifiuto Andrew, dietro pressione di Robert e del padre di Phillis, aveva accettato.

    L'ultima cosa che Phillis si sarebbe aspettata era che Andrew spendesse quel denaro ottenuto dopo tante traversie; e invece lui aveva investito non solo quello, ma anche un altro consistente prestito ottenuto dalla banca, nell'ampliamento della fabbrica.

    Phillis ricordava con un brivido il modo in cui suo marito si era vantato con lei dell'importo del prestito, che secondo lui mostrava la considerazione in cui era tenuto dall'istituto di credito. E quando lei, sgomenta, gli aveva domandato come avrebbe mai potuto ripagare una somma così ingente, era scoppiato a ridere. «È evidente che di affari non capisci niente» aveva detto in tono sprezzante. «Tuo padre ha proprio ragione, l'intelligenza di famiglia è andata tutta ai tuoi fratelli.»

    La poca stima che i suoi genitori nutrivano nei suoi confronti non era un segreto per Phillis. I suoi avrebbero voluto un terzo maschio, e l'avevano sempre trattata come se il suo sesso fosse colpa sua. In seguito avevano deciso che lei non era in grado di competere intellettualmente con i fratelli, perciò l'avevano messa da parte e si erano dedicati esclusivamente ai figli maschi. E quando Andrew l'aveva chiesta in moglie, avevano provato un enorme sollievo. Così avrebbero accasato la figlia diciannovenne che mostrava una preoccupante tendenza a ribel larsi, che parlava di università e di lavoro...

    «Non voglio assolutamente che mia moglie lavori» aveva dichiarato Andrew subito dopo il matrimonio. «Non sopporto queste arroganti donne in carriera che non hanno più la minima femminilità.» E Phillis si era rassegnata ad accantonare qualsiasi progetto di carriera.

    Eppure tutti la ritenevano fortunata. Ammiravano i costosi regali che Andrew le faceva a ogni compleanno, gioielli, abiti eleganti, una macchina. Invidiavano la sua bella casa, la scuola privata dei figli, i segni esteriori del successo cui Andrew teneva davvero tanto.

    Come alla sua bellezza. «Perché voglio sposarti? Ma perché ti amo, cara. Sei così bella...»

    E suo padre: «Forse non sei molto intelligente, ma per fortuna sei una ragazza molto graziosa». Bella. Graziosa. Aggettivi che Phillis aveva imparato a detestare.

    Udì una macchina sul vialetto e si alzò, infilando la vestaglia di seta, ma quando sentì che il motore veniva spento corrugò un sopracciglio. Il rumore era diverso da quello della nuova Jaguar di Andrew.

    Dapprima, quando lui aveva cominciato a rientrare sempre più tardi, Phillis aveva pensato che avesse un'amante... e si era stupita di quanto poco la cosa la addolorasse. Ma poi aveva scoperto che in realtà quel che tratteneva Andrew lontano da casa era unicamente il lavoro.

    «Non tormentarmi anche tu» aveva esclamato lui quando Phillis gli aveva manifestato la sua preoccupazione. «Ho già abbastanza pensieri in testa, con questa maledetta recessione!»

    «Se le cose vanno così male, forse dovremmo vendere la casa e ritirare i ragazzi dalla scuola...» aveva detto lei timidamente.

    «Sei pazza? Tanto varrebbe mettere un annuncio sul Times per dire che siamo alla bancarotta! Non capisci che non possiamo permetterci di perdere la fiducia della gente?»

    Poi, la settimana prima, erano andati a trovare Robert e Lydia. I due uomini avevano giocato a golf, mentre lei faceva una stentata conversazione con la cognata. Finita la partita a golf i due uomini le avevano raggiunte, e Andrew, con espressione tesa e cupa, le aveva annunciato che dovevano tornare subito a casa. Peccato, aveva pensato lei. Non era mai stata molto vicina a Robert, era più affezionata al minore dei due fratelli, Michael, ma per una volta che Andrew sembrava intenzionato a frequentare i parenti di lei...

    Sentì squillare il campanello e si avvicinò alla porta, pensando che Andrew doveva aver dimenticato le chiavi di casa. Strano. Poi aprì e vide la macchina della polizia.

    «Signora Ryecart... possiamo entrare?» L'agente aveva un'espressione molto grave, e la giovane poliziotta che lo seguiva osservava Phillis con serietà mista a compassione.

    Phillis capì subito che Andrew era morto. Ma pensava a un incidente, non a un gesto così... così terribile. Togliersi la vita. Dio mio.

    Lo avevano trovato per caso, una macchina di pattuglia, spiegò il poliziotto. La corsa in ospedale, purtroppo, era stata inutile.

    «L'agente Lewis resterà qui con lei» aggiunse indicando la ragazza. «Ci sono altre persone che devono essere informate... vuole che ci pensiamo noi? I genitori di suo marito, magari...?»

    Phillis scosse la testa, incapace di parlare. Suicidio.

    «Vado a prepararle una tazza di tè» disse l'agente Lewis. «Le farà bene.»

    Suicidio. Andrew si era suicidato...

    Phillis cominciò a tremare, poi cadde sul pavimento priva di sensi.

    1

    «Mamma, Paul è ancora in bagno e non mi fa en trare» protestò Cathy. «Sa che devo andare da Jane e lo fa apposta per farmi arrivare in ritardo!»

    Sally si chinò a raccogliere un calzino che le era caduto mentre metteva la biancheria sporca in lavatrice. «Su, non agitarti. Vedrai che arriverai in tempo.» Bussò alla porta del bagno. «Paul, sbrigati!»

    Poco dopo Paul entrò in cucina. «Dov'è papà?» domandò.

    «Non è ancora tornato.»

    «Ma aveva promesso di portarmi a pescare!» protestò il ragazzo.

    Sally strinse le labbra. Non era la prima volta che Joel dimenticava una promessa fatta in famiglia. Sì, d'accordo, da quando Andrew Ryecart si era suicidato era ancor più preoccupato per il suo posto di lavoro, ma perché doveva riversare il suo malumore su di loro?

    Come la settimana prima, quando si era dimenti cato che avevano combinato di uscire con la sorella di lei ed era andato a giocare a biliardo con i compagni di lavoro. Quella sera avevano litigato, e più tardi, a letto, lei gli aveva voltato la schiena respingendo la mano di lui che cercava di carezzarla.

    E avevano litigato anche per quello, sussurrando irosamente per non svegliare i ragazzi. «È solo una altra scusa» l'aveva accusata Joel. «Tanto, di questi tempi non è che abbiano molto da sentire!»

    A sua volta lei lo aveva accusato di essere ossessionato dal sesso. «Non possiamo più discutere di niente senza che tu tiri in ballo il sesso!»

    «Così almeno ne parliamo, visto che non lo facciamo» aveva ribattuto Joel aspro.

    Ma tra loro non era stato sempre così. All'inizio, appena sposati, e anche prima...

    Sally lo aveva conosciuto a quattordici anni, quand'era una ragazzina timida e sperduta appena arrivata in città. I compagni di scuola avevano cominciato a prenderla in giro, e Joel era venuto in suo soccorso. Aveva poco meno di sedici anni, allora, ma sembrava già un uomo fatto. Alto, robusto, con una massa di riccioli neri e un sorriso pieno di calore. Era il terzo di cinque figli, e la casa caotica che la madre di lui mandava distrattamente avanti era così lontana dalla propria, tutta ordine e pulizia ossessiva, che Sally ne era rimasta affascinata. Quanto al padre di Joel, era un omone robusto e cordiale che viveva di mille lavoretti, dalla vendita di ortaggi in un banco del mercato alla gestione occasionale di un pub in società con un amico. Aveva qualcosa dello zingaro, e in giro si diceva che la madre di Joel, così esile e vagamente aristocratica, avesse fatto un grave errore sposando un uomo ben al di sotto del proprio livello sociale.

    Dopo la scuola Joel e Sally avevano cominciato subito a lavorare e si erano persi di vista, per ritrovarsi qualche anno dopo tramite un amico comune. A quel punto, la timida adorazione di Sally per l'amico così protettivo era diventata attrazione fisica, e poi amore.

    I genitori di Sally non avevano visto di buon occhio il loro matrimonio. Sua sorella Daphne aveva sposato un insegnante, e la madre di Sally sperava che lei finisse col diventare la moglie di un dottore. Come tutto sembrava lontano, ora... I loro genitori erano morti, i fratelli di Joel si erano trasferiti in una altra città, e l'unica parente rimasta era Daphne, la moglie del professore, che riusciva sempre a farla sentire una nullità, che non perdeva occasione per vantarsi dei nuovi acquisti, del proprio guardaroba elegante, della cucina completamente rinnovata.

    Quando Joel aveva visto gli opuscoli delle cucine che Sally aveva portato a casa era esploso. «Sei pazza? Non hai visto quanto costa questa roba?»

    «Potremmo chiedere un prestito» aveva detto lei cocciuta. «Daphne e Clifford hanno fatto così. E io potrei lavorare un po' di più per pagare le rate...»

    «No. Non possiamo permettercela, punto e basta» aveva dichiarato Joel secco.

    «Non potevamo permetterci nemmeno la macchina nuova, eppure tu te la sei comprata.» Joel era impallidito, ma lei non era stata capace di fermarsi. «Se devo lavorare di più per pagare la tua macchina, tanto vale che lo faccia anche per qualcosa che piace a me.» E tanto peggio per l'orgoglio smisurato di lui, aveva pensato. Quel che gli aveva detto era la pura verità!

    Alla fine Joel aveva ceduto e Sally aveva avuto la cucina nuova. Era stato lui a installare i pensili, lavorando la sera e nei ritagli di tempo, e una mattina Sally era rientrata dal lavoro per scoprire che Joel era stato sveglio tutta la notte pur di finire la cucina.

    Quella mattina, commossa e felice, lei aveva recitato con Joel una scena d'amore simile a quella di Attrazione fatale.

    Paul, con il giubbotto addosso, stava aprendo la porta sul retro.

    «Dove vai?» domandò Sally brusca.

    «Me ne vado da Jack. Tanto, anche se papà rientra adesso, ormai è tardi per andare a pesca.»

    L'irritazione di Sally crebbe. Non era giusto che Joel lasciasse tutto il peso della casa e dei figli sulle sue spalle. Prima era diverso, ma adesso che lei lavorava...

    «E tu smetti di lavorare» aveva brontolato lui una sera, mentre Sally lo rimproverava perché lo aveva trovato davanti al televisore con la casa tutta in disordine.

    Facile a dirsi. Ma come avrebbero tirato avanti senza lo stipendio di lei?

    «Mamma, io sono pronta» annunciò Cathy dall'ingresso.

    «Va bene, tesoro, andiamo. E non dimenticare che viene a prenderti papà.»

    «Sempre che se ne ricordi» brontolò la ragazzina scuotendo i capelli.

    Fisicamente, Cathy somigliava alla nonna paterna: era esile, bionda, molto graziosa. Ma al contrario della madre di Joel era forte e determinata, a volte testarda. Era Paul che aveva preso i capelli e gli occhi neri di Sally, e il suo carattere accomodante. Erano bravi ragazzi, tutt'e due; forse non geniali come Edward, il figlio di Daphne, ma comunque bravi a scuola ed educati. Forse un po' disordinati...

    «Dovresti farti aiutare di più dai tuoi figli» aveva osservato Daphne il giorno che era passata a farle una visita inaspettata e l'aveva trovata immersa fino al collo nelle faccende domestiche.

    «Come fai tu con Edward?» aveva ribattuto lei.

    «Edward è un ragazzo speciale, e la sua intelligenza eccezionale ha bisogno di stimoli intellettuali molto particolari. E poi è naturalmente ordinato e preciso. I tuoi due dovrebbero avere un po' più di disciplina, d'altra parte non è tutta colpa loro. Se avessero un padre diverso... Clifford, a esempio, non si sognerebbe mai di starsene seduto e lasciarmi fare tutto il lavoro, ma immagino che dipenda anche dall'esempio della famiglia di origine. E la famiglia di Joel, si sa...»

    «Tua sorella è una snob» era solito dire Joel. E Sally era d'accordo con lui, ma non voleva ammetterlo. In fondo si trattava della sua unica sorella e lei si sentiva in dovere di difenderla.

    Tornata a casa, Sally guardò l'orologio e vide che aveva ancora mezz'ora prima di andare in ospedale. Svuotò la lavatrice, fece un altro carico, mise in ordine il bagno. Le camere dei ragazzi erano nel caos più totale, ma lei si rifiutò di farsi intenerire. Cathy e Paul sapevano benissimo qual era il loro dovere.

    Joel non era ancora tornato, così lei gli scrisse un biglietto per ricordargli che doveva passare a pren dere Cathy a casa della sua amica.

    Comodo, essere un uomo. Niente lavori domestici, nessun problema per fare combinare il lavoro di casa con quello in ospedale, niente caposala che la sgridava per ogni minuto di ritardo. Sally chiuse la porta di casa con un sospiro.

    Un'ora dopo, nella cucina fredda e vuota, Joel trovò il biglietto della moglie ed emise un'esclamazione di disappunto. Passare a prendere Cathy, quando l'unico suo desiderio era sedersi a riflettere su quel che stava succedendo in fabbrica!

    Le cose andavano male da mesi, ma era evidente che dopo il suicidio di Andrew Ryecart la situazione stava precipitando. Ormai, lo spettro della disoccupazione si avvicinava sempre di più, e Joel non era in grado di rassicurare gli uomini che si rivolgevano a lui per un consiglio, fidando nella sua autorità di caporeparto. Parlarne con il direttore della fabbrica era impossibile. Troppo occupato per dar retta agli operai. E Sally gli scriveva che si era dimenticato di portare Paul a pesca... ma non si rendeva conto della gravità della situazione?

    Diede un'occhiata all'orologio e decise di andare subito a riprendere la figlia.

    «Sono venuto a prendere Cathy» disse alla madre di Jane che gli apriva la porta.

    «Beata lei!» rise la donna scuotendo i riccioli rossi. «Ma non se ne stia lì sulla porta, entri a bere qualcosa. Magari le troviamo anche una fetta di torta» aggiunse sentendo lo stomaco di lui che gorgogliava.

    «La ringrazio, ma Sally ha già la cena pronta.» Joel non si era mai divertito a flirtare stupidamente, ma l'ovvia disponibilità di quella donna formosa e troppo truccata gli faceva avvertire ancora di più la freddezza di Sally nei suoi confronti.

    In macchina, Cathy chiacchierò animatamente delle sue amiche e delle vacanze che avevano fatto. «Perché non andiamo a Disneyland?» domandò. «Nella mia classe ci sono andate tutte...»

    «Non esagerare» rispose lui seccamente.

    «Perché sei così meschino? Anche la mamma vuole andarci!»

    «Non sono meschino, Cathy. È solo che...» Joel si fermò. Come spiegare a una quindicenne che i soldi non bastavano mai, e che anzi al momento attuale lui non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a pagare il mutuo della casa?

    Anche Paul era tornato, e lo guardò imbronciato quando lui cercò di spiegargli che non lo aveva potuto portare a pesca perché aveva fatto tardi sul lavoro. «Non importa, tanto non ne avevo voglia» ribatté brusco.

    Il rapporto con suo figlio non era mai stato facile per Joel, mentre Sally lo viziava e lo coccolava in modo eccessivo. «È ancora un bambino... non devi essere così severo» protestava Sally. Ma a undici anni lui lavorava nell'orto di suo padre come un adulto!

    «Mamma mi ha incaricata di dirti che per cena c'è del pasticcio di rognone, ma io ho già mangiato alla festa di Jane e non ne voglio» lo informò Cathy.

    «Io ho mangiato un panino da Jack e non ho fame» le fece eco Paul.

    Joel richiuse il frigorifero.

    Più tardi, quando i ragazzi erano già a letto, vagò irrequieto per la casa, troppo agitato persino per sedersi a guardare la televisione. Non aveva cenato, ma non sarebbe riuscito a mandar giù nemmeno un boccone. Finì col farsi una tazza di tè, e lasciò distrattamente la bottiglia vuota del latte sulla credenza.

    Da ragazzo aveva sofferto acutamente dell'atteggiamento sconsiderato del padre, anche se sua madre non sembrava preoccuparsi del fatto che a volte in casa non ci fosse nulla da mangiare per i cinque figli. «Ricordatevi di prendere una doppia porzione alla mensa della scuola» diceva ai ragazzi quando uscivano la mattina. E lui si era ripromesso che mai e poi mai i suoi figli avrebbero sofferto l'indegnità di una simile miseria.

    Tre anni prima, quando Sally gli aveva proposto di avere un terzo figlio, lui aveva cercato di spiegarle ciò che provava; ma visto che lei insisteva, si era fatto fare la vasectomia. Era la sua immaginazione, o da allora Sally aveva cominciato a perdere interesse per lui, come se non lo volesse più perché non era più in grado di generare? E se adesso avesse perso il lavoro e dunque la capacità di mantenere lei e i bambini, lo avrebbe respinto completamente?

    Tutto perché era stato così idiota da chiedere un prestito per la macchina nuova, e poi per la cucina che Sally aveva voluto a tutti i costi per non essere da meno della sorella. Eppure, quand'era tornata a casa quella mattina e avevano fatto l'amore nella cucina appena finita, era stato stupendo. Erano secoli che l'amore tra loro non era così spontaneo e ap passionato, che Sally non gli si aggrappava con tanto ardore. Si era sentito un re, quella mattina. Felice, sicuro, appagato.

    Poi, un mese dopo, la fabbrica aveva cominciato a ridurre gli orari e Sally aveva annunciato che si sarebbe fermata qualche ora in più in ospedale, in modo da potersi pagare la cucina.

    E aveva avuto ragione. La vita aumentava, gli interessi del prestito salivano, il solo salario di Joel non sarebbe più stato sufficiente. Ma ammetterlo lo addolorava più di quanto non potesse dire.

    «Sei fortunato, tu» aveva osservato quel giorno uno dei suoi uomini. «Almeno tua moglie lavora.»

    Già. Fortunato. Se solo avessero saputo!

    Canticchiando, Sally entrò nel reparto di chirurgia maschile e si avvicinò al letto di Kenneth Drummond, rispondendo al sorriso di lui. Il paziente, un assistente universitario sulla quarantina, era stato gravemente ferito in un incidente stradale qualche mese prima, e durante i primi giorni, quando lottava tra la vita e la morte, Sally si era prodigata per assisterlo quasi come se potesse convincerlo a non cedere, ad aggrapparsi alla vita che minacciava di sfuggirgli. Così si era sviluppata una sorta di complicità tra Kenneth e lei, un rapporto esclusivo che nessuno al di fuori della professione sarebbe riuscito a capire, e Joel men che meno.

    «Ha sentito la novità?» domandò Kenneth.

    «Sì, la dimettono lunedì, vero? Non vedrà l'ora di tornare a casa.»

    «A essere sincero, no.

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