Così lontani, così vicini: Harmony Collezione
Di Penny Jordan
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Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Così lontani, così vicini - Penny Jordan
successivo.
1
«Kate, una notizia da non credere! Lo ha comunicato ufficialmente John questa mattina, mentre eri dal dentista. Ha venduto la società! E domani il nuovo capo vuole avere un colloquio con tutto il personale.»
Kate Vincent assimilò in silenzio le parole della collega. Abbassando le ciglia scure e straordinariamente folte sui grandi occhi color topazio, rifletté sull'informazione appena ricevuta. Lavorava per quell'azienda da soli sei mesi. In precedenza aveva avuto una occupazione part-time che le aveva permesso di conseguire il Master e, solo una volta ottenuto il diploma, aveva presentato il curriculum per quel posto da segretaria, che in passato avrebbe considerato al di sopra delle sue capacità.
«Chi ha rilevato la società?» chiese a Laura, passandosi le dita tra i lunghi capelli castani.
Fuori faceva molto caldo ed era stato un sollievo entrare nell'ufficio dotato di condizionatore.
«John non l'ha detto» rispose l'altra, ammirando con invidia il corpo snello ed elegante di Kate.
Quel giorno indossava una maglietta bianca e una gonna di lino color cioccolato. Laura era insieme a lei quando aveva acquistato quel completo. Erano abiti semplici, in vendita in un grande magazzino, eppure indosso a Kate riuscivano ad apparire eleganti.
«Sembra cha vogliano mantenere il segreto fino a domani» aggiunse in tono preoccupato. «Avremmo dovuto aspettarcelo. Da anni John continua a ripetere che vuole andare in pensione, ma non immaginavo che avrebbe addirittura venduto la società. Del resto, lui e Sheila non hanno figli, giusto? Non ha motivo di continuare a lavorare quando potrebbero ritirarsi nella loro casa di Miami.»
Kate la ascoltava mentre accendeva il computer. L'azienda di John Loames andava a gonfie vele, ma sin da quando aveva iniziato a lavorare lì, nel reparto contabilità, aveva notato che John era sempre meno incline a stipulare nuovi contratti. Personalmente, lo considerava un vero peccato, dal momento che la società possedeva un enorme potenziale, e non era così sorpresa che avesse infine deciso di venderla.
«Siamo tutti preoccupati per ciò che potrebbe accadere» confidò Laura. «Temiamo di perdere il posto.»
«Non è detto che questo passaggio di proprietà sia negativo» le fece notare Kate in tono pacato. «Il settore è in espansione e c'è lavoro per tutti, a meno che, naturalmente, il nuovo proprietario non possieda già una società analoga e non abbia intenzione di fonderle insieme.»
«Oh, non dirlo nemmeno per scherzo!» esclamò Laura. «Io e Roy abbiamo appena chiesto un prestito in banca per ampliare la nostra casa. Abbiamo intenzione di metter su famiglia» aggiunse arrossendo, «e abbiamo bisogno di spazio. Se perdessi il lavoro sarebbe una vera tragedia! John ha detto che domani dovremo essere in ufficio presto, sembra che il nuovo proprietario ci abbia convocati tutti per le otto.»
«Le otto?» Kate spostò l'attenzione dalle e-mail ricevute a Laura. «Ha detto che dobbiamo essere qui alle otto?»
«Esatto.»
Kate impallidì. Le era assolutamente impossibile riuscire ad arrivare a quell'ora. La scuola materna non apriva prima delle otto, e per essere in ufficio in tempo avrebbe dovuto lasciare Ollie alle sette e mezzo, pensò, mentre la tensione le attanagliava lo stomaco.
Era già abbastanza difficile per una madre lavorare a tempo pieno, ma quando a questo si aggiungeva che la madre in questione era single, e che quindi spettava solo a lei assicurare a suo figlio tutto l'affetto e la stabilità di cui aveva bisogno, le cose si complicavano ulteriormente. Per non parlare del fatto che non aveva detto a nessuno in ufficio di avere un figlio.
Il solo pensare a Ollie le provocava una smorfia di ansietà.
«Qualcosa non va?» le chiese Laura, percependo la sua tensione.
«Uhm... no, no, tutto bene.»
Kate non aveva parlato a nessuno di Ollie. Non ne aveva fatto parola durante il primo colloquio con John e, in seguito, quando si era resa conto di quanto fosse importante quel posto per lei, nonostante non le piacesse mentire, aveva deciso di mantenere il segreto sull'esistenza di suo figlio.
Essendo sincera per natura, questa scelta l'aveva fatta sentire in colpa in più di un'occasione, ma si era detta che si trattava di un'omissione necessaria se desiderava fare carriera.
Ora rivestiva una buona posizione, nonostante fosse stata assunta da poco, ed era determinata a offrire a suo figlio almeno parte dei benefici materiali di cui avrebbe goduto se il padre non lo avesse abbandonato.
Il padre! A quel pensiero Kate provò un malessere misto a collera, una miscela pericolosa e velenosa quanto l'arsenico, che purtroppo minacciava di distruggere lei e non l'uomo che le aveva spezzato il cuore, scomparendo dalla sua vita.
Ormai si era convinta che lei e Oliver sarebbero stati meglio senza di lui, anche se quello che guadagnava era a malapena sufficiente a pagare il mutuo del piccolo cottage che aveva acquistato fuori città, lasciandole solo il necessario per le spese essenziali.
Ma il suo impiego attuale rappresentava il primo passo verso la scalata professionale che le avrebbe permesso di mantenersi in modo dignitoso. Nel giro di un paio d'anni il suo capo sarebbe andato in pensione e Kate sperava segretamente che, se fosse riuscita a dimostrare il suo valore, John avrebbe affidato a lei la posizione vacante.
Presto avrebbe compiuto venticinque anni e Ollie cinque. Erano infatti trascorsi cinque anni da quando... Di nuovo, Kate scacciò quel pensiero. Non doveva pensarci e non voleva che il ricordo del suo ex marito turbasse il suo equilibrio.
Doveva focalizzarsi sul futuro, non sul passato! Il fatto che John avesse venduto la società minacciava le sue speranze di una promozione, ma avrebbe anche potuto aprirle nuove prospettive, si disse, mentre studiava i grafici che aveva stilato di propria iniziativa per valutare quali fossero i clienti più promettenti.
Vedendo suo figlio correre verso di lei a braccia aperte, Kate sentì salirle le lacrime agli occhi e, quando si chinò per accoglierlo in un affettuoso abbraccio, stringendolo forte a sé, pensò che era davvero pronta ad affrontare qualsiasi sacrificio per il suo bene.
Il suo sguardo si posò con tristezza sull'aula ormai vuota. Aveva deciso di vivere fuori città perché aveva pensato che Ollie si sarebbe sentito rassicurato da un ambiente più raccolto e accogliente. Ma vivere lì comportava che lei dovesse recarsi in ufficio in città ogni mattina, e che Ollie dovesse attendere il suo ritorno da solo ogni sera, dopo che tutti i suoi compagni avevano già lasciato la scuola materna. Non avrebbe mai voluto che suo figlio crescesse così, senza padre e senza parenti, con soltanto lei su cui poter contare. Per lui avrebbe desiderato una situazione molto diversa da quella che aveva dovuto vivere lei.
Aveva sognato una famiglia unita, numerosa, in cui i figli avevano la certezza di essere amati e desiderati. Amati e desiderati...
Provò una stretta al cuore. Erano ormai passati cinque anni... Nessuna donna con un minimo d'orgoglio e di autostima avrebbe pensato ancora all'uomo che aveva tradito il suo amore e che l'aveva rifiutata. Un uomo che aveva giurato di amarla per sempre, di condividere i suoi obiettivi e i suoi sogni; che le aveva insegnato ad amarlo e ad avere fiducia in lui; che, mentre coglieva la sua verginità, le aveva sussurrato che desiderava avere un figlio da lei, e che a quel figlio avrebbe dato tutto l'amore e la stabilità di cui un bambino aveva bisogno...
Un uomo che le aveva mentito e che l'aveva lasciata con il cuore a pezzi, disillusa e completamente sola.
Per stare con lui, Kate era andata contro la volontà degli zii che l'avevano cresciuta, rompendo per sempre i rapporti con la sua famiglia.
Non che Kate desiderasse che i suoi zii fossero coinvolti in qualche modo nella vita di Ollie. Era vero che le avevano offerto una casa quando era rimasta orfana, ma l'avevano fatto solo per senso del dovere, non certo per amore. Mentre lei aveva disperatamente bisogno di sentirsi amata.
«Ollie stava iniziando a preoccuparsi.»
Kate trasalì, percependo il tono di rimprovero nella voce dell'educatrice.
«Sì, sono un po' in ritardo» si scusò, «ma c'era un incidente sulla tangenziale.»
L'educatrice era una donna in età, dall'atteggiamento molto materno e rassicurante. Aveva figli e nipoti e i piccoli della sua classe l'amavano e la rispettavano. Kate aveva perso il conto di tutte le volte che aveva sentito Ollie ripetere: Ma Mary dice che...
Dieci minuti più tardi, Kate aprì la porta del loro piccolo cottage. La casetta si trovava proprio nel centro del paese. Da un lato le finestre guardavano su un parco con un piccolo laghetto in cui nuotavano le anatre, mentre sul retro della casa c'era un bel giardino di loro proprietà.
Ollie era un bambino sano e robusto, con una gran massa di riccioli scuri, che aveva ereditato da suo padre, sebbene lui non lo sapesse. Kate non gli aveva mai parlato di lui, quell'uomo non esisteva più e lei non voleva che avesse parte alcuna nella loro vita. Fino a quel momento, Ollie aveva accettato il fatto di non avere un padre, ma recentemente, rendendosi conto che tutti i suoi amici ne avevano uno, aveva iniziato a volerne sapere di più.
E a Kate si stringeva il cuore nel vedere con che sguardo osservava Tom Lawson, il padre del suo migliore amico, quando giocavano insieme.
Sean scese dalla Mercedes e si fermò per qualche istante a osservare l'edificio che aveva di fronte. L'abito di sartoria, firmato Savile Row, ricadeva con eleganza sul suo corpo snello e atletico e la giacca dal taglio impeccabile mascherava in parte l'ampiezza delle spalle e i muscoli che aveva sviluppato negli anni in cui si era guadagnato da vivere lavorando nei cantieri edili come operaio.
Sean rammentava bene quanto sudore e fatica gli era costata la costruzione di case e strade, ma già allora, anche se era solo un ragazzino ignorante, aveva giurato a se stesso che un giorno le cose sarebbero state diverse, che un giorno sarebbe stato lui a dare gli ordini e non a obbedire.
Da piccolo aveva dovuto letteralmente lottare per procurarsi il cibo, fino a quando, all'età di cinque anni, sua madre lo aveva abbandonato, affidandolo alle cure di un istituto. Lì almeno aveva ricevuto un'educazione e, terminata la scuola dell'obbligo, aveva iniziato a fare qualsiasi lavoro gli permettesse di vivere, mentre frequentava le scuole serali.
Sean aveva festeggiato il suo trentunesimo compleanno vendendo per venti milioni di dollari la società edile che aveva costruito partendo dal nulla. A quel punto, se avesse voluto, avrebbe anche potuto ritirarsi dagli affari e vivere di rendita grazie ai suoi investimenti, ma aveva deciso altrimenti. Aveva continuato a lavorare e ora, a trentacinque anni, gli era capitata una occasione cui non poteva dire di no.
Quando aveva conosciuto John, aveva subito intuito il potenziale della sua azienda, non sfruttata come avrebbe dovuto, e dal momento che l'altro voleva ritirarsi, ne aveva approfittato facendo un'offerta per rilevarla. Nutriva grandi progetti per quella società ma, per poterli realizzare, aveva bisogno di circondarsi dei collaboratori giusti. Voleva uno staff di persone ambiziose, entusiaste, leali e dotate di grande iniziativa e intraprendenza. Quella mattina avrebbe incontrato i suoi nuovi dipendenti e, come aveva sempre fatto in passato, avrebbe avuto un colloquio personale con ognuno di loro.
Sean era indubbiamente molto attraente. Il suo viso, dai lineamenti marcati e regolari, era quello di un