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Ispirazione italiana
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E-book176 pagine1 ora

Ispirazione italiana

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!
Incinta e senza un quattrino, Laura Beth Matthews non ha molte opzioni di fronte a sé. La più sensata l'unica? è di accettare un lavoro come assistente personale di Antonio Bartolucci, ricco e scontroso pittore, che ha il suo studio nel cuore della campagna italiana. Non sembra proprio il più malleabile dei datori di lavoro, ma Laura Beth è decisa a far funzionare la loro collaborazione. Quello che ignora è che Antonio abbia bisogno più di una musa che di una segretaria e che sia convinto che la sua bellezza classica possa finalmente liberarlo dall'inspiegabile blocco che lo tiene lontano dalla tela. Lei si è sempre ritenuta un brutto anatroccolo, non certo un ideale di bellezza, ma se è quello che ci vuole per placare il suo ombroso capo, perché no?
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515871
Ispirazione italiana
Autore

Susan Meier

Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.

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    Anteprima del libro

    Ispirazione italiana - Susan Meier

    1

    New York City, primavera

    Laura Beth Matthews si sedette sul bordo della vasca, nel bagno dell'appartamento che avrebbe dovuto lasciare la mattina seguente.

    Aveva i lunghi capelli castani raccolti in un nodo sofisticato, e l'elegante abito da damigella che indossava era stato disegnato personalmente dalla sua amica Eloise Vaughn. Aveva un test di gravidanza in mano e le lacrime agli occhi.

    Non c'erano più dubbi. Era incinta.

    «Laura Beth! Sbrigati!» le intimò Eloise, battendo alcuni colpi alla porta del bagno. «Sono io la sposa! E ho bisogno di controllare il trucco!» aggiunse in tono allegro.

    «Arrivo!» rispose Laura Beth, asciugandosi in fretta le lacrime. Si guardò allo specchio, per essere sicura di non avere macchie di mascara sul viso.

    In quel momento rimpianse che lei, Eloise e Olivia Prentiss Engle, che in passato avevano condiviso quell'appartamento, avessero deciso di trascorrere insieme la notte prima delle nozze di Eloise e di vestirsi insieme per la cerimonia.

    Si guardò freneticamente intorno, chiedendosi dove potesse nascondere un test di gravidanza in un bagno così piccolo. Alla fine lo avvolse in un po' di carta igienica e lo gettò nel cestino, sicura che né Olivia né Eloise avrebbero guardato là dentro. Dopodiché respirò a fondo, sorrise e aprì la porta.

    Ferma di fronte a lei, Eloise era una vera e propria visione nell'abito da sposa di seta che le sottolineava la figura sottile e ben modellata. Al collo aveva una splendida collana di diamanti che sarebbe bastata a sfamare per una decade un paese del terzo mondo.

    Gli occhi di Laura Beth si riempirono di nuovo di lacrime, ma questa volta erano lacrime di gioia per la sua amica.

    Si erano trasferite insieme a New York con tanti sogni, tante speranze. Adesso Olivia era sposata e madre di due bambini. Anche Eloise stava per convolare a nozze, mentre lei... aspettava un bambino, e di lì a meno di ventiquattro ore avrebbe dovuto traslocare.

    Insomma, era a dir poco nei guai.

    Antonio Bartolucci controllò allo specchio i folti capelli scuri. Doveva partecipare a un matrimonio e li aveva tagliati per l'occasione, ma erano comunque indisciplinati. Dopo aver cercato inutilmente di metterli in ordine, decise di non preoccuparsi. Ricky ed Eloise erano suoi amici e lo avrebbero accettato così com'era. Un po' originale, come tutti gli artisti.

    Raddrizzò il nodo della cravatta color argento che indossava e uscì dalla suite degli ospiti dell'attico di proprietà di suo padre, in Park Avenue.

    Dal salone, arredato in una gradevole gamma di sfumature verde acqua, bianco e grigio perla, si godeva una vista mozzafiato dei grattacieli di New York, ma Antonio ci fece appena caso. Da quando sua moglie era morta, aveva perso completamente il gusto di vivere.

    «Sei pronto, Antonio?» gli chiese suo padre.

    Constanzo Bartolucci, milionario di origine italiana, indossava il tight e, benché avesse ormai superato i settant'anni, era ancora un bell'uomo. Un uomo il cui aspetto indicava prestigio e potere. In altre parole, a Constanzo piaceva avere il mondo sotto controllo. Al contrario di suo figlio, nella cui vita predominavano la passione per l'arte, l'ispirazione, l'anticonformismo.

    «Eccomi» rispose Antonio.

    «Quasi non ti riconoscevo» disse Constanzo, osservando i capelli corti e il tight che il figlio indossava.

    «Ci credo» sorrise Antonio.

    «Visto che siamo pronti, sarà meglio andare... sperando di non finire nella solita ressa di reporter che ci piomba addosso ogni volta che usciamo insieme.»

    «Sei tu che hai contribuito a fare di me il mostro che sono» commentò Antonio con ironia.

    «Non sei affatto un mostro» ribatté il padre, con un leggero accento italiano. «Hai molto talento. Sei uno dei migliori pittori del XXI secolo.»

    Nulla che non sapesse già, pensò Antonio. Ma possedere del talento non era come la gente immaginava. Di sicuro non poteva mettere il dono che aveva in un cassetto e tirarlo fuori solo quando ne aveva bisogno.

    Le sue doti artistiche lo avevano portato rapidamente sulle vette dell'arte. Ma negli ultimi due anni aveva preso raramente un pennello in mano. Come se il sacro fuoco che c'era stato in lui si fosse spento.

    Aveva praticamente smesso di dipingere e organizzare mostre. Non accettava più opere su commissione. In altre parole, la vita aveva smesso di avere un senso.

    Viveva come un automa.

    Per fortuna poteva permettersi di vivere di rendita, grazie ai guadagni stratosferici degli anni precedenti e agli investimenti che gli aveva suggerito il padre.

    Il denaro, quindi, non era un problema e poteva affrontare tranquillamente quella crisi artistica e personale.

    Le porte metalliche dell'ascensore privato si aprirono con un fruscio ovattato e Antonio e suo padre entrarono nella cabina.

    «Se tu avessi un'assistente personale, non sarebbe successo» disse Constanzo.

    «Mi spiace» rispose Antonio, immaginando a cosa si riferisse il padre.

    «Mi sarebbe piaciuto molto che fossi tu l'artista a dipingere i murales nella nuova sede dell'azienda di Tucker. Quelle opere saranno viste ogni giorno da migliaia di persone. Gente comune. In quel modo saresti riuscito ad avvicinare all'arte le masse in modo concreto... Ma non ti sei accorto che c'era una scadenza di tempo per iscriversi al concorso.»

    «Lo sai che non ho memoria per le date.»

    «È proprio per questo che ti serve un'assistente.»

    Antonio represse un sospiro. Tutto quello di cui aveva bisogno era starsene da solo e in pace. Meglio ancora, di tornare indietro nel tempo e di non sposare la donna che lo aveva tradito. Ma quello, naturalmente, era impossibile. Era come prigioniero di un vortice di sofferenza e sensi di colpa che lo paralizzavano.

    La limousine di Constanzo li stava aspettando davanti al portone d'ingresso. Un attimo dopo i due uomini erano seduti sui comodi sedili in pelle bianca.

    Constanzo premette un tasto e un sottofondo di musica classica si diffuse nell'abitacolo.

    L'autista chiuse la portiera e poco dopo l'auto si mosse.

    «Un'assistente personale ti aiuterebbe anche a risolvere i problemi che Gisella ti ha lasciato.»

    Antonio non rispose e il padre sospirò.

    «Sono passati due anni, ormai... Non puoi restare in lutto per sempre» mormorò Constanzo.

    Antonio strinse la mascella. Fingere di essere inconsolabile per la morte della moglie era stato l'unico modo per sopravvivere da quando lei non c'era più.

    Gisella era entrata nella sua vita come un turbine. Si erano conosciuti e poco tempo dopo si erano sposati. Un vero e proprio colpo di fulmine per entrambi. Lui era stato così perdutamente innamorato che per settimane e mesi gli era sembrato di camminare sulle nuvole.

    In retrospettiva, si era reso conto di avere sottovalutato i segni premonitori che avevano portato al disastro.

    La carriera come modella di Gisella non si era arenata, ma aveva subito una battuta d'arresto. Il matrimonio con uno dei maggiori pittori contemporanei l'aveva messa di nuovo sotto i riflettori della stampa internazionale.

    L'improvviso interesse che Gisella aveva sviluppato per la beneficenza e le buone cause era stato un altro modo per farsi pubblicità e mantenere desta l'attenzione dei media nei suoi confronti. Aveva persino tenuto un discorso all'ONU, e lui era stato così orgoglioso... Così stupido.

    «Antonio, sei un uomo adulto e so che alla tua età non si accettano volentieri i consigli dei genitori» proseguì Constanzo, «ma parlo per il tuo bene... Vorrei tanto che dimenticassi il passato e pensassi al futuro.»

    Di nuovo Antonio non rispose. Fissò distrattamente fuori dal finestrino il traffico caotico di New York. I marciapiedi affollati di persone in abiti primaverili. Il sole che scintillava sui vetri dei grattacieli.

    C'era stato un periodo in cui aveva amato quella città più della campagna italiana in cui abitava attualmente. Ma Gisella aveva rovinato anche il legame che aveva con la Grande Mela.

    «Per favore, non rovinare il giorno più bello di Ricky ed Eloise con la tua tristezza» lo supplicò Constanzo.

    «Non sono triste, papà. Sto bene» gli assicurò Antonio.

    Dieci minuti dopo la limousine si fermò e padre e figlio entrarono in una grande cattedrale di marmo grigio.

    La cerimonia si protrasse e Antonio non poté fare a meno di ricordare le proprie nozze, in quella stessa chiesa, con una donna che non era stata veramente innamorata di lui.

    No, non era triste. Era furioso con se stesso per essersi lasciato così facilmente ingannare dalle apparenze.

    Furioso per non poter distruggere il ricordo di una donna che lo aveva usato per diventare una specie di icona culturale. La musa che aveva ritratto in decine di opere. La moglie perfetta che era stata agli occhi del mondo.

    Quelli erano i motivi per cui non poteva permettersi di assumere un'assistente. Ovvero una persona che avrebbe ficcato il naso fra i documenti del suo ufficio, nel suo computer.

    La cerimonia era terminata e gli invitati applaudirono gli sposi.

    Richard Langley, uno dei suoi migliori amici, e la novella sposa, Eloise Vaughn, si voltarono verso la piccola folla di parenti e invitati. Dopodiché la damigella d'onore Olivia Prentiss e il testimone dello sposo, Tucker Engle, seguirono gli sposi giù dai gradini dell'altare.

    Antonio si mosse verso la navata centrale, per incontrare la dama cui avrebbe dovuto fare da cavaliere per il resto della giornata.

    Laura Beth Matthews era una delle amiche più care di Eloise e Olivia. Si erano già conosciuti durante una vacanza nella villa che Tucker e Olivia avevano in Italia.

    Di solito incontrava puntualmente Laura Beth in occasione di compleanni, battesimi o feste fra amici, sempre in compagnia del fidanzato, un certo Bruce, che trascorreva lunghi periodi all'estero come ufficiale dell'esercito e che faceva fatica a legare con il resto del gruppo.

    Laura Beth gli posò la mano sul braccio e sorrise mentre tutti si disponevano a uscire in corteo dalla chiesa.

    «Quell'abito ti dona molto, Laura Beth» le disse Antonio gentilmente.

    «Grazie. È un modello disegnato da Eloise» lo informò lei con un sorriso.

    Antonio, però, notò che i begli occhi di lei avevano una strana espressione. Era triste perché era rimasta sola nell'appartamento al Village adesso che anche Eloise si era sposata? Oppure era depressa per qualche altra ragione che lui non conosceva? A proposito, dov'era Bruce? Era di nuovo in missione?

    «Tutto bene?» le domandò.

    «Oh, sì, certo! Magnificamente! Solo che... È stata una mattinata un po' stressante» rimediò Laura Beth.

    «Non dirmelo» sospirò Antonio. «Hai mai viaggiato in limousine con un milionario che si aspetta che tutto e tutti obbediscano ai suoi ordini?»

    «No, ma non dovresti parlare male di lui!» rise Laura Beth. «Adoro tuo padre. Non è affatto il tiranno che vuole far credere di essere.»

    «Forse perché hai avuto a che fare con lui quando era in vacanza o a una festa di compleanno dei figli di Tucker e Olivia. Prova a viaggiare con lui o a stare mezz'ora nel suo ufficio» la sfidò.

    Lei rise di nuovo e Antonio trovò contagioso il suo buonumore.

    Capelli castani e occhi verdi, Laura Beth era troppo bella per essere così... così... Antonio rifletté un istante, cercando la parola giusta. Nervosa o emozionata non rendevano affatto l'idea. E nemmeno infelice.

    Sembrava più che altro... distaccata. Come se qualcosa la preoccupasse e con la mente fosse mille chilometri lontano da lì.

    Notando che Ricky ed Eloise stavano ricevendo le congratulazioni di altri ospiti, Antonio decise di insistere: «Allora, che ti succede? Hai un'aria distratta, per non dire preoccupata».

    Quell'intuizione da parte di lui la lasciò un istante senza parole. «Io... mmm... dovrò lasciare l'appartamento entro domani a mezzogiorno» gli disse.

    «E non hai ancora fatto i bagagli?» le domandò lui.

    «Non solo. Il problema è che non so dove andare.»

    «Puoi trasferirti nell'attico di mio padre. Io e lui ce ne andiamo domani.»

    Lei arrossì. «Se è per questo, potrei sistemarmi in quello di Tucker e Olivia... Il problema è che non mi va di approfittare degli altri» gli spiegò, imbarazzata.

    I baci e gli abbracci erano finiti e Ricky ed Eloise si diressero fuori dalla chiesa.

    «Vieni, usciamo di qui» disse Antonio a Laura Beth. «Dobbiamo tirare i coriandoli agli sposi.»

    Quando Antonio la prese per mano e la guidò all'esterno della cattedrale, sotto il tiepido sole primaverile, Laura Beth sentì il cuore accelerare i battiti.

    Alto, bruno, con uno splendido paio di occhi scuri, Antonio Bartolucci era la quintessenza del fascino latino. L'artista più attraente che le

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