L uomo di Hong Kong (eLit): eLit
Di Anne Mather
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L uomo di Hong Kong (eLit) - Anne Mather
successivo.
1
Il tramonto offriva un meraviglioso tripudio di colori, con la sua luce scarlatta che tingeva di rosso le nuvole minacciose addensate contro l'orizzonte. Non era uno spettacolo che ispirava sentimenti sereni, ma si adattava perfettamente all'umore di Oliver Lynch.
Se ne stava in piedi di fronte alla finestra del suo appartamento, le mani infilate in tasca, lo sguardo posato sulla penisola di Tsim Sha Tsui.
A detta di tutti i conoscenti, la vista che si godeva da casa sua era suggestiva, con lo scorcio della collina che scendeva fino ad abbracciare il porto e il profilo della città di Hong Kong che si stagliava sull'acqua. Chilometri di cemento, acciaio e vetro arroventati dal calore dell'estate. Eppure, in quel momento Oliver notava a malapena ciò che lo circondava.
«Ma... tesoro, tu devi venire con me!»
Alle sue spalle, la voce di Rose Chen insisteva nel suo ritornello. Per oltre un'ora la donna cinese dalle forme sinuose aveva cercato di convincerlo che non avrebbe potuto partire per l'Inghilterra senza di lui, e per lo stesso tempo Oliver non aveva fatto altro che ribattere che non l'avrebbe accompagnata.
«Perché dovrei venire?» le chiese per l'ennesima volta. «Non sei una bambina, Rose, e non hai certo bisogno che io ti tenga la mano.»
«E invece sì!» Con un gridolino, Rose Chen abbandonò l'ampio letto ricoperto da preziose stoffe cinesi su cui era adagiata e gli si avvicinò, stringendosi ancora di più al suo petto.
Mentre con un piede gli accarezzava con sensualità la caviglia, teneva le braccia strette attorno alla vita di Oliver e la guancia premuta contro la sua schiena, continuando a ripetere la sua affermazione. «Tesoro, io non sono mai stata a Londra, tu sì. Mi odieranno, lo sai anche tu. Avrò bisogno del tuo aiuto.»
Oliver resistette a quei tentativi di seduzione con fermezza invidiabile. Sarebbe stato facile cedere a quelle lusinghe, facile lasciarsi andare e concederle quello che chiedeva. Rose Chen era sensuale in ogni movimento che faceva e il suo corpo delicato premuto contro la sua schiena, avvolto solo in una vestaglia di seta, costituiva senza dubbio una grossa tentazione.
Sfortunatamente per Rose Chen, però, Oliver possedeva una forza di volontà per nulla inferiore alla sua testardaggine.
Del resto, lui sapeva benissimo che quella donna dall'apparenza fragile non era affatto indifesa come invece voleva fargli credere. Rose Chen sapeva essere senza scrupoli, quando si trattava di affari, e lui era certo che sarebbe stata in grado di tenere a bada i suoi parenti di Londra anche da sola.
Quella considerazione gli ricordò che ormai non doveva più pensare a Rose come a una donna cinese. In fondo era la figlia di James Hastings, e perciò per metà inglese. Ora sapeva che non era mai stata la sua amante, come il governo di Oliver aveva creduto, bensì il risultato
di una relazione illegittima.
«Ce la farai» la rassicurò di nuovo, mentre si liberava dalla sua stretta per evitare di soccombere alle sue tenere carezze. Purtroppo il corpo di Oliver non possedeva la stessa risolutezza della sua anima.
«Non mi vuoi?» esclamò lei, soffocando un gridolino di frustrazione.
Oliver sospirò e si chiese come avesse potuto lasciar precipitare la situazione in quel modo.
Quando era stato assunto da un'agenzia del governo degli Stati Uniti per condurre un'operazione di sorveglianza nei confronti di James Hastings, aveva trovato divertente l'idea di attrarre e sedurre la donna che lui credeva essere l'amante dell'inglese.
Rose Chen aveva lavorato con Hastings e lo conosceva bene. Abitava persino nello stesso stabile, anche se non nello stesso appartamento. Ma questo lo aveva scoperto in seguito. Restava il fatto che Hastings la trattava con ogni riguardo, e Rose Chen aveva sempre vissuto in un ambiente molto superiore a quello che avrebbe potuto permettersi con il salario concessole dalla società di import-export che l'imprenditore inglese sosteneva di gestire.
Sedurre quella donna gli era apparso il modo migliore di avvicinarsi al suo uomo e ai suoi loschi traffici. L'aveva conosciuta per puro caso un giorno a una bancarella di Cat Street, il vicolo su cui si affacciano milioni di bancarelle piene di cianfrusaglie in cui è divertente passare qualche ora a cercare gli oggetti d'antiquariato più disparati, dai ferri da stiro alle porcellane cinesi. Nessuno, nemmeno l'arrogante James Hastings, aveva sospettato che Oliver potesse essere nient'altro che lo stanco veterano di guerra che voleva apparire.
In quel periodo Hong Kong pullulava di sbandati provenienti da tutte le parti del mondo e corrispondeva al vero il fatto che, quando Oliver vi era approdato, lui stesso non era altro che uno dei tanti esiliati.
All'inizio non gli era importato molto di niente e di nessuno, impegnato com'era a cercare di sfuggire gli orrori di una guerra tragica. Non si preoccupava del futuro e cercava di non pensare al passato. Viveva giorno per giorno, cercando di dimenticare con ogni mezzo possibile l'inferno del Vietnam.
Naturalmente, dopo la fine della guerra, la sua famiglia si era aspettata che lui rientrasse negli Stati Uniti, ma Oliver non ce l'aveva fatta. Non allora. Non riusciva a sopportare l'idea di ritornare a Maple Falls, dove la vita scorreva con tanta semplicità e chiarezza. La sua mente si trovava ancora intrappolata nella giungla, con le povere, patetiche vittime di un conflitto che sentiva completamente estraneo.
Ironia della sorte, era stato l'esercito a salvarlo e a restituirgli il rispetto di se stesso, nella persona del suo ex comandante ormai in pensione.
Il colonnello Archibald Lightfoot lo aveva raccolto dalla strada, dove Oliver viveva, e lo aveva fatto ricoverare in una clinica. E non appena il suo fisico era stato rimesso in sesto, anche la sua mente aveva ripreso a funzionare con chiarezza.
A quel punto era rientrato negli Stati Uniti, ma solo per una breve visita. Il colonnello lo aveva persuaso che ci sarebbe stato bisogno di lui presto, e così aveva rinunciato all'idea di diventare il più giovane procuratore distrettuale della Virginia per far ritorno a Hong Kong.
I suoi genitori, naturalmente, erano rimasti contrariati da quella decisione. Il padre, lui stesso avvocato prima di diventare giudice, si era aspettato che il figlio maggiore seguisse le stesse orme. Come i fratelli e le sorelle minori di Oliver, che gravitavano tutti nel campo giuridico, erano ormai sposati e sistemati.
Lui, invece, si era rifiutato di soddisfare quelle aspettative e aveva deciso di stabilirsi nell'Asia sudorientale.
Ormai la sua famiglia aveva smesso di criticarlo. Il lavoro contro il traffico dei narcotici che svolgeva per il governo di Hong Kong e per l'agenzia degli Stati Uniti, gli avevano permesso di accumulare una notevole somma di denaro e, benché come copertura fosse costretto a vivere in ambienti modesti, possedeva a Kowloon, nella parte moderna, un appartamento confortevole quanto quello di Rose Chen. Era un membro stimato dello squadra del colonnello Lightfoot e, se avesse deciso di rientrare negli Stati Uniti, avrebbe avuto i contatti necessari per una buona sistemazione.
Naturalmente Rose Chen ignorava il suo coinvolgimento con l'agenzia. Per quanto ne sapeva lei, Oliver viveva di espedienti, guadagnando con alcuni lavoretti che l'agenzia inventava per garantirgli una copertura.
Il fatto che parlasse poco di sé, l'aveva convinta che quei lavoretti non fossero esattamente puliti, una convinzione che lui stesso cercava in tutti i modi di alimentare. La sua intenzione era farsi considerare da Rose Chen, come prima da James Hastings, corruttibile.
Non che Oliver stesse pensando a tutto questo, mentre osservava il neon aggressivo di uno dei tanti locali che sorgevano a ridosso dell'acqua. Il buio donava alla città una diversa energia, un'aura che mascherava la povertà che regnava nelle strade sottostanti.
«Non verrò con te a Londra» ripeté senza tentennare. «Ti accompagnerò all'aeroporto, ma questo è tutto.»
Le labbra rosa di Rose Chen si incurvarono per la collera. «Suntong mi accompagnerà all'aeroporto» dichiarò bruscamente.
Oliver inclinò il capo. «Naturalmente» replicò, ricordando l'uomo che era stato l'autista di James Hastings. «Quando conti di partire?»
«Presto.» Rose Chen gli rivolse un'occhiata ostile. La collera e la frustrazione erano evidenti in ogni movimento del suo corpo snello e sensuale. Era abituata a ottenere sempre ciò che voleva, e in quel momento Oliver rappresentava l'oggetto di un suo preciso desiderio. Lo desiderava a tal punto che, per lui, in passato era stata disposta ad affrontare le ire del suo datore di lavoro.
Anzi, di suo padre, ricordò Oliver per l'ennesima volta. Quel padre di cui Rose Chen aveva ignorato l'identità fino a quando era morto, in Inghilterra, rivelandole quale fosse il loro vero legame.
Stava scritto chiaramente nel testamento. Alla fine, James Hastings aveva riconosciuto l'esistenza di quella figlia oltre all'unico maschio, erede designato della sua società. Rose Chen avrebbe dovuto dividere con il fratellastro tutti i beni del padre, compreso ciò che possedeva a Londra.
«Ti prego, Lee» cambiò improvvisamente tattica lei. «Ti prego, cambia idea. È tutto così nuovo per me. Jay-Jay non mi aveva mai fatto sospettare che... che lui fosse mio...» Le si spezzò la voce mentre stringeva convulsamente le mani. «Non puoi capire che cosa provo. Se avessi saputo...»
Oliver si sentì toccato da quelle parole. Tuttavia sapeva meglio di chiunque altro quanto Rose Chen sapesse essere convincente. Il ricordo dei loro corpi avvinghiati si risvegliò vivido nella sua mente, e nella luce perlacea del tramonto il richiamo di tanta sensualità gli risultò quasi irresistibile.
«E io, che cosa dovrei fare mentre tu ti intrattieni con questi nuovi parenti?» le chiese a bassa voce. Intanto rimuginava sul fatto che il colonnello Lightfoot gli avrebbe certamente consigliato di seguire la donna in Inghilterra. E tutto sommato, benché non lo attirasse per niente l'idea di accompagnarla, la prospettiva di un viaggio in Europa lo stuzzicava.
Rose Chen spalancò gli occhi a mandorla. «Allora verrai? Oh, Lee...»
«Non ho detto questo» la interruppe lui. «Mi incuriosisce solo sapere come mi presenteresti. Non credo che tuo fratello sarebbe felice di trovarsi di fronte un intruso.»
«Un altro intruso» commentò lei, e schioccò le dita. «Che cosa mi importa di quello che pensa Robert? Non ha neppure risposto al fax che gli avevo mandato alla morte di Jay-Jay. Già, prima ancora di sapere che era mio padre.» La voce le si affievolì. «È stato un vero shock.»
Oliver si strinse nelle spalle. «Non credo sia stato facile neppure per lui» sottolineò con freddezza, ma Rose Chen non mostrò alcuna compassione.
«Forse no» rispose, lo sguardo assorto. «Allora mi accompagnerai? Sarebbe molto importante per me. Sei l'unica persona al mondo di cui m'importi qualcosa.»
Oliver strinse le labbra. «E tua madre?»
«Mia madre?» ripeté lei in tono sprezzante. «Non si è mai curata di me, perché dovrei preoccuparmene? Inoltre non mi ha mai approvato. Non avrebbe neanche voluto che lavorassi per Jay-Jay. Solo adesso capisco perché.»
Oliver aggrottò la fronte. «L'hai vista da quando sei stata informata del testamento?»
«No.» Rose Chen infilò le mani nelle ampie maniche della vestaglia e si strinse nelle spalle. «Non è una cosa che la riguardi. A Jay-Jay non