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La felicità all'improvviso: Harmony Bianca
La felicità all'improvviso: Harmony Bianca
La felicità all'improvviso: Harmony Bianca
E-book157 pagine2 ore

La felicità all'improvviso: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Jade:
Ho sempre vissuto come volevo, lontana da qualsiasi tipo di responsabilità. Ma quando mia sorella è morta lasciandomi la custodia di Amber, tutta la mia vita è cambiata. Adesso sono madre e farei qualunque cosa per la mia bambina. Anche rinunciare all'amore di Mitchell Forrester, non importa quanto sexy sia!


Mitchell:
Mi hanno sempre descritto Jade come una donna viziata e ribelle, ma quella che adesso ho di fronte è una mamma premurosa e amorevole che lotta per la felicità di sua... di mia nipote. Mentre cerco di convincerla a rivedere le sue priorità in fatto di uomini, mi accorgo che lei e Amber mi sono entrate sotto pelle e che insieme potremmo formare la famiglia che non ho mai avuto. L'unica che sembra non crederci davvero è Jade...

LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2018
ISBN9788858984598
La felicità all'improvviso: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    La felicità all'improvviso - Susanne Hampton

    Prologo

    Jade Grant canticchiava seguendo la radio mentre si preparava da mangiare. La musica era alta, proprio come piaceva a lei quando non aveva nessuno intorno che potesse lamentarsi per il volume troppo forte. Non aveva molto orecchio e quindi più che altro si accontentava di canticchiare.

    A piedi nudi si diresse a passo di danza verso il frigorifero. Ondeggiò i fianchi snelli, stretti da un paio di pantaloncini, e fece una giravolta a tempo di musica. La sua voce non era granché, ma era brava a ballare.

    Seguendo il tempo della canzone prese dal frigorifero carote e broccoli. Dalla radio portatile sul davanzale della finestra uscivano le note della sua canzone preferita e lei sorrise alla vita. Finalmente le cose andavano per il verso giusto. La sua carriera come infermiera neonatale procedeva bene, le piaceva lavorare al Los Angeles District Hospital e, anche se al momento non usciva con nessuno, c'era più di un interno meritevole della sua attenzione. Pulì la verdura e poi diede un'occhiata all'orologio appeso alla parete della cucina e sorrise. Sua sorella e suo cognato dovevano essere già arrivati a Palm Spring, pronti per passare un lungo weekend in un albergo che prometteva meraviglie.

    Jade sperava che non si trattasse della solita pubblicità ingannevole e che Ruby e David potessero passare davvero alcuni giorni speciali prima della nascita del loro bambino. Ruby era già oltre il sesto mese e Jade aveva voluto offrire loro la possibilità di vivere una specie di secondo viaggio di nozze perché sapeva che, una volta diventati genitori, non avrebbero avuto facilmente un'altra occasione come quella. Anche se sua sorella aveva una gravidanza difficile e soffriva ancora per le nausee mattutine sperava che lei e suo marito riuscissero a tirare un poco il fiato.

    Ruby e David avevano ospitato Jade a casa loro dopo che il mese precedente il suo appartamento al piano terra era stato allagato dalla rottura di una conduttura dell'acqua e quel weekend era stato il suo modo di sdebitarsi. Aveva progettato di tornare a casa appena terminati i lavori per riparare la conduttura, ma la compagnia di assicurazione stava ancora discutendo con i proprietari e quindi non si sapeva con certezza quando tutto sarebbe finito. Jade non aveva perso nulla di importante a causa dell'allagamento, perché aveva affittato un appartamento arredato, quindi non era stato un disastro, ma solo una seccatura.

    Finì di preparare le verdure e le mise a bollire. Poi spense la radio e andò in soggiorno. Anche se era solo per pochi giorni era bello avere una grande casa tutta per sé. Il suo appartamento a Santa Monica era piuttosto piccolo e i muri così sottili da permetterle di sapere dei vicini più di quanto avrebbe desiderato.

    Si lasciò cadere sulla grande poltrona e cercò il telecomando. Aveva nelle gambe tutta la fatica di una giornata piena all'ospedale e decise che dopo avere guardato il notiziario delle sei avrebbe cenato, fatto una doccia calda e letto un libro.

    Accese la televisione e il suo buonumore se ne andò appena vide le riprese drammatiche di un tamponamento mortale fra otto auto avvenuto nel pomeriggio sulla Pacific Coast Highway. Davanti a quel macello sentì chiudersi lo stomaco e accelerare i battiti del cuore e il suo pensiero corse non solo alle vittime, ma anche ai loro familiari perché sapeva che le loro vite non sarebbero più state le stesse.

    Era quello che era successo a lei e a sua sorella quando i loro genitori erano morti in un incidente d'auto e loro due erano ragazzine. Era stato un punto di svolta per tutte e due. Ruby che era la maggiore sentiva il dovere di prendere il controllo. Era diventata più cauta e alla ricerca di una situazione di stabilità, mentre Jade era cambiata nel modo opposto. Aveva deciso di vivere fino in fondo ogni singolo momento ripetendosi come un mantra che la vita è breve.

    La TV mostrò i lampeggianti delle auto della polizia di Los Angeles e delle ambulanze ferme lungo le corsie della superstrada vicino ai rottami che intrappolavano le vittime. Il traffico era bloccato in tutte le direzioni per chilometri e le riprese degli elicotteri che sorvolavano la zona mostravano tutto l'orrore della situazione. Spense il televisore e tornò in cucina con un passo che di colpo si era fatto pesante. Stava spegnendo sotto la pentola quando sentì che il cellulare che aveva in borsa si era messo a squillare. Notò, prima che rispondesse, un numero sconosciuto.

    «Jade Grant?» chiese una voce femminile in tono tetro.

    «Sì, sono io.»

    «Sono il sergente Meg Dunbar della polizia di Los Angeles. Mi spiace doverle comunicare che c'è stato un incidente sulla Pacific Coast Highway. Al momento sua sorella è ricoverata al Los Angeles District Hospital

    Jade si sentì gelare. «Ci deve essere un errore» riuscì a borbottare. «Lei è a Palm Springs con suo marito.»

    «Mi spiace, ma sua sorella e suo marito sono stati coinvolti in un incidente sulla Pacific circa due ore fa. Quando sono riusciti a estrarre sua sorella dall'auto l'hanno trasportata qui. Non è cosciente, ma siamo riusciti a risalire a lei dal contenuto del suo cellulare. La prego di venire subito. La stanno portando in sala operatoria e le sue condizioni sono critiche.»

    «Cosa mi sa dire del bambino?»

    «Signorina Grant, mi spiace, ma non posso dirle altro sulle condizioni di sua sorella. Questo è tutto quello che so. I medici sapranno informarla meglio quando arriverà qui.»

    «E David, suo marito, che era con lei?»

    Ci fu un attimo di silenzio. «Mi spiace signorina Grant, ma il marito di sua sorella non è sopravvissuto all'incidente.»

    Le cadde il telefono di mano, si mise a tremare mentre le usciva dalla bocca un grido strozzato. Con le parole della poliziotta che le rimbombavano nella testa si lasciò andare contro il muro freddo. Rivide davanti agli occhi la scena dell'incidente e si rese conto che David stava ancora giacendo là nel massacro. Era stordita, ma questo non le impediva di essere straziata dal dolore.

    Di colpo tornò indietro di otto anni a quando era un'adolescente diciottenne che aveva saputo da un addetto dei servizi sociali che i suoi genitori erano morti. Un autocarro troppo carico aveva bruciato un semaforo rosso e loro erano rimasti uccisi nello scontro.

    Rimase per qualche istante a fissare il muro con aria assente, gli occhi accecati dalle lacrime, ma si affrettò a riscuotersi. Non poteva crollare come aveva fatto otto anni prima. Allora c'era Ruby a dirle che tutto sarebbe andato a posto e che sarebbero state sempre una vicina all'altra. Ora invece toccava a lei sostenere sua sorella quando si fosse accorta che David non c'era più.

    Cercò di trovare un minimo di lucidità, prese la borsa e le chiavi e si avviò di corsa verso la porta con le guance rigate di lacrime. Doveva correre all'ospedale perché Ruby aveva appena perso l'amore della sua vita e il padre della sua bambina.

    La casa era solo a dieci minuti dall'ospedale, ma le sembrò molto più lontano bloccata com'era nel traffico serale. Aveva il cuore in gola e lo stomaco sottosopra mentre cercava di abituarsi all'idea dell'incidente che aveva preso la vita di David.

    Solo poche ore prima erano insieme in cucina parlando della vacanza che li aspettava. Erano così eccitati per la nascita della loro bambina! La nuova arrivata sarebbe stata la prima di quattro figli aveva scherzato David accarezzando la pancia rotonda della moglie.

    Jade entrò finalmente nel parcheggio dell'ospedale. Aveva gli occhi asciutti e continuava a ripetersi che doveva mostrarsi forte per sostenere Ruby mentre camminava verso il reparto. Non sapeva che in quel momento il cuore di sua sorella aveva smesso di battere. Ruby era morta sul tavolo operatorio solo dieci minuti dopo avere subito un taglio cesareo d'emergenza per cercare di salvare la piccola che portava e che lei e David avevano già deciso di chiamare Amber.

    Quando seppe la notizia Jade scoppiò a piangere senza controllo. Niente di quello che le dicevano le infermiere o gli agenti di polizia poteva fermare quelle lacrime. Anzi dubitava che sarebbe mai riuscita a smettere di piangere e sapeva che il dolore che le straziava il cuore non sarebbe mai cessato del tutto. Questa volta non aveva nessuno su cui appoggiarsi.

    «Vivrà?» si sforzò di chiedere Jade anche se la risposta le faceva paura. Aveva passato i due giorni precedenti al fianco della sua fragilissima nipotina concedendosi solo qualche agitata pausa di sonno.

    «Jade, lo sai che Amber sta avendo le cure migliori possibili» cercò di rassicurarla la neonatologa.

    Jade rimase in silenzio per un po' cercando di raccogliere i pensieri. Poi la risposta le uscì dalle labbra senza volere. «Lo so, dottoressa Greaves, e non voglio essere sbrigativa, ma non voglio che lei mi addolcisca la pillola. Lavoro qui da oltre due anni quindi la prego di essere sincera con me sulla prognosi.»

    La dottoressa la guardò con una smorfia che stravolse ancora di più il suo sottile viso stanco. Jade sapeva che la pediatra aveva passato tutta la notte a occuparsi di Amber e i risultati erano evidenti sul suo viso alla luce del mattino. Ma anche lei era stanca come Melissa Greaves e non voleva lasciarsi vincere dall'emozione che l'avrebbe sicuramente trasformata in un pupazzo senza forza. Invece doveva essere forte e determinata perché sapeva che la dottoressa era professionale, ma anche materna e se fosse crollata l'avrebbe presa fra le braccia per consolarla.

    L'esitazione della dottoressa confermò i timori di Jade. Le si chiuse lo stomaco e sentì che la sua finta compostezza stava per cedere.

    Melissa la fissò con uno sguardo che esprimeva la sua volontà di dirle la cruda verità. «Se devo essere sincera sono molto preoccupata per tua nipote. Era molto leggera quando è nata e ha già perso altri nove grammi e come sai bene ogni grammo perso è critico con gli immaturi di peso molto basso.» Fece una breve pausa.

    «Amber si è dimostrata una piccola combattente, ma visto che non vuoi che ti dica bugie se, ed è un grosso se, riesce a farcela a passare la giornata di oggi secondo me ha ancora non più del cinquanta per cento di possibilità di sopravvivere. È di ventinove settimane e quindi sarebbe stata comunque in pericolo, ma il fatto che sia rimasta due ore nel ventre di tua sorella intrappolata nell'auto con metabolismo e circolazione cardiovascolare compromessa ha aggiunto ulteriori complicazioni. Se vuole vivere Amber deve davvero lottare.»

    Con ansia Jude si girò verso la figurina stesa dietro i vetri sterili. Un mare di fili, tutti collegati ai monitor, sostenevano la sua fragile vita. La piccola sembrava una bambolina di porcellana che lottava per la vita, ignara che quelle dei suoi genitori erano state portate via da un destino crudele.

    Melissa riprese a parlare. «C'è un aspetto positivo in questo quadro così critico. Amber non soffre di problemi respiratori e questo significa che i suoi polmoni stanno funzionando e quindi non ha bisogno di un ventilatore polmonare. È un aspetto che mi lascia sorpresa e che mi permette di fissare al cinquanta per cento la sua possibilità. Altrimenti la probabilità sarebbe molto minore. Quando è nata non le attribuivo più di un venti per cento di probabilità.»

    Jade fece un altro sospiro. Le prospettive stavano migliorando, ma il cauto ottimismo manifestato dalla dottoressa non la rassicurava del tutto. Lei avrebbe voluto sentirsi dire che le probabilità di Amber erano il cento per cento anche se sapeva che nessuno avrebbe potuto farlo.

    Quell'ambiente le era familiare da quando vi lavorava come infermiera neonatale. Tutti i giorni si occupava di neonati prematuri, ma vedere Amber nelle stesse condizioni la rendeva vulnerabile. Doveva riprendere il controllo, non per se stessa, ma per amore di Amber. Doveva essere in grado di capire cosa stava succedendo e di prendere le decisioni giuste riguardo a sua nipote.

    «E l'avete spostata dall'isola neonatale a raggi infrarossi all'incubatrice questa notte?» chiese Jade.

    «Sì. Quando stamane ti sei addormentata per un po'

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