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Signorsì, amore! (eLit): eLit
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E-book146 pagine1 ora

Signorsì, amore! (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Bachelor Battalion 4
Non c'è nulla di strano nel dare un passaggio a una vecchia compagna di scuola, soprattutto se si è diretti entrambi a una riunione di ex alunni. Ma Rick Bennet, ufficiale dei Marines, non si aspettava che il viaggio verso l'Oregon sarebbe stato tanto ricco di sorprese. Prima fra tutte la stessa Tracy, trasformatasi in una donna incredibilmente attraente e desiderabile, poi...
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2020
ISBN9788830511590
Signorsì, amore! (eLit): eLit
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Signorsì, amore! (eLit) - Maureen Child

    Immagine di copertina:

    Vasyl Dolmatov / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

    Mom in Waiting

    Silhouette Desire

    © 1999 Maureen Child

    Traduzione di Giorgia Lucchi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-159-0

    1

    «Detesto i raduni!» borbottò Tracy Hall nel ricevitore del telefono. Inizialmente le era parsa un’ottima idea. Tornare a casa nell’Oregon e partecipare a una riunione organizzata per gli ex alunni diplomatisi negli ultimi quarant’anni nel piccolo liceo della sua città. Ma in quel momento, la partenza ormai prossima, Tracy stava cominciando a dubitare seriamente della validità del piano che, poche settimane prima, le era parso tanto brillante.

    Sempre brontolando, si lasciò cadere sulla propria valigia. Vi aveva stipato vestiti sufficienti per un viaggio intorno al mondo.

    Si chinò in avanti su quel sedile precario, e chiuse il bagaglio con un sospiro di trionfo.

    Un tremore nervoso le rimescolò lo stomaco. E se qualcuno l’avesse scoperta? Serrò nervosamente la mandibola, immaginando le risate dei suoi ex compagni.

    «Ma perché lo sto facendo?» si chiese ad alta voce.

    «Perché sarà divertente» le rispose la voce al telefono.

    «Me lo auguro» replicò lei poco convinta. Già solo i preparativi per quel breve viaggio nel passato l’avevano esaurita. Naturalmente senza tenere conto del piano.

    «Dai, Tracy, un po’ di entusiasmo!» la redarguì sua sorella Meg.

    Era stata entusiasta. Qualche settimana prima. Quando le era venuta in mente quell’idea assurda. Doverla mettere in pratica, però, la rendeva assai meno esaltante.

    Guardò lo specchio di fronte a sé. Dal momento che l’immagine era sfuocata, chiuse l’occhio sinistro. Quando Meg le aveva telefonato si stava mettendo le lenti a contatto nuove, e si era dovuta fermare dopo aver inserito quella destra.

    La donna che la guardava dallo specchio aveva un aspetto elegante, professionale e sicuro di sé, occhio chiuso a parte. L’apparenza inganna, pensò Tracy. Dietro quella nuova facciata appariscente lei era infatti la Tracy Hall di sempre. La perdente della classe. Il brutto anatroccolo, accanto allo splendido cigno rappresentato da sua sorella maggiore Meg.

    Non sarebbe mai diventata una ragazza copertina. Aveva imparato ad accettare quella realtà. Ma, si era ripetuta più volte che perfino i brutti anatroccoli crescono. Per diventare, se non proprio dei meravigliosi cigni, almeno delle anatre dignitose.

    «Tracy?» la chiamò sua sorella.

    «Sono sempre qui» rispose lei, sorridendo per il trambusto che udì provenire dall’altro capo del telefono. «Cosa sta succedendo?»

    «Il solito» rispose Meg con una risata rassegnata. Poi, coprendo il ricevitore urlò: «Tony! Non provare a saltare giù da quella scala!».

    «Crede di essere Superman?» domandò Tracy.

    «Sei poco informata, sorellina. È fuori moda ormai. Adesso ci sono i Power Rangers e Hercules

    Lei si sentì trafiggere da una punta di rammarico. Era poco informata, lo sapeva bene. A ventotto anni sembrava avere ben poche probabilità di avere dei figli suoi. Se non altro aveva almeno accettato il fatto che probabilmente non sarebbe mai riuscita ad avere la famiglia che sognava.

    Lavorare in casa, sola, non era il modo migliore per incontrare uomini liberi e disponibili.

    «Meglio che vada ora» riprese Meg. «Jenny si è messa il costume da Xena, e ha deciso di sfidare Hercules in uno scontro all’ultimo sangue.»

    Tracy sorrise. Forse non sarebbe mai diventata madre, ma adorava senza dubbio essere una zia. E, raduno o no, era ansiosa di trascorrere qualche giorno con i suoi quattro nipoti.

    Il suono di un clacson attirò la sua attenzione, e lei si diresse verso la finestra più vicina. «È arrivato Rick!» esclamò, osservando la Range Rover nera che si era appena fermata sul vialetto di fronte a casa sua.

    Socchiuse gli occhi per proteggerli dal sole, poi chiuse completamente quello sinistro, ma non riuscì lo stesso a distinguere il conducente. Una macchia indistinta emerse dall’auto e chiuse la portiera.

    «Che aspetto ha?» domandò Meg ansiosa.

    «Sfuocato.»

    «Mettiti gli occhiali!» le ordinò sua sorella sospirando esasperata.

    Tracy tenne lo sguardo fisso sulla macchia e domandò: «Cosa ti ha detto esattamente quando gli hai chiesto di darmi un passaggio?».

    «Ha detto d’accordo, testuali parole» rispose Meg.

    Stava commettendo un errore, si disse Tracy. Un grave errore.

    «Se non ti va di viaggiare con lui, puoi sempre prendere un aereo» la schernì Meg con tono sarcastico.

    «Oh, no» ribatté Tracy scuotendo il capo. «Gli aerei sono più pesanti dell’aria. Possono cadere. Da molto in alto.» Non aveva alcuna intenzione di salire su un aeroplano. «Però potrei prendere il treno.»

    «Piantala, Tracy!» sbottò Meg spazientita. «Qual è il problema? Rick sarebbe venuto comunque al raduno.»

    Era vero. E dal momento che era di stanza a Camp Pendleton, poco più di venti miglia a sud rispetto a casa di Tracy, per tornare nell’Oregon sarebbe dovuto passare in ogni caso dalle sue parti. Negli ultimi due anni un paio di volte lei era stata tentata di recarsi alla base per vedere Rick. Ma aveva sempre lasciato perdere.

    Se avesse agito diversamente, forse quel giorno non le sarebbe sembrato tanto anomalo accettare un passaggio da lui.

    «Non so» riprese Tracy, chinandosi in avanti per seguire i movimenti di Rick finché la sua fronte non andò a sbattere contro il vetro. «Mi sembra così strano. Non lo vedo da più di dieci anni. E se non trovassimo niente di cui parlare? Ci vuole un bel po’ per arrivare in Oregon.»

    Meg le rispose con una risata. «Da quando conversare ti crea dei problemi?»

    Loro padre aveva sempre dichiarato che Tracy sarebbe stata capace di far cadere le orecchie a una statua a furia di parlare.

    Tuttavia la sua lingua non aveva perso la pessima abitudine di bloccarsi in presenza di un uomo affascinante. Come se ciò non bastasse, quello era Rick. Tracy poteva quasi sentire i propri nervi che si tendevano, preparandosi per un buon vecchio attacco d’ansia. I ricordi si affollarono istantaneamente nel suo cervello, e lei fu tentata di fuggire.

    Come se avesse letto nei suoi pensieri, Meg aggiunse: «Sono certa che si è dimenticato dei tuoi pedinamenti».

    Tracy raddrizzò le spalle. «Non l’ho mai pedinato! Lo guardavo. Con discrezione e da lontano.»

    «Già! Da dietro ogni albero e cespuglio dell’isolato!» ribatté Meg con una risata.

    Ricordando quei giorni lontani, Tracy si sentì investire da un’onda di timori adolescenziali. Quanto aveva amato Rick Bennet! Il ragazzo di sua sorella.

    Sentì bussare alla porta al piano inferiore. Si alzò di scatto dalla valigia, abbandonando i ricordi.

    «Devo andare, Meg!» esclamò. «A presto.» Riagganciò e si precipitò in bagno. Rick avrebbe dovuto aspettare un minuto o due. Non aveva intenzione di accoglierlo con una sola lente a contatto. Se voleva che il suo piano funzionasse, doveva recitare la parte fin dall’inizio.

    Accese la luce, raccolse la seconda lente, e reclinò il capo all’indietro. Si stava esercitando a mettersi quei dannati aggeggi da una settimana, ma non si era ancora abituata a infilarsi dei corpi estranei negli occhi.

    Ma ci sarebbe riuscita. Doveva riuscirci. Gli occhiali appartenevano alla vecchia Tracy. E quella lì non sarebbe andata al raduno.

    «Fatto!» esclamò, sbattendo furiosamente la palpebra.

    Il campanello squillò. Apparentemente Rick si era stufato di bussare.

    «Accidenti!» esclamò lei, coprendosi l’occhio sinistro con la mano. Rick era fuori della porta, non si vedevano da anni, e lei lo avrebbe accolto come un pirata orbo. Meglio affrettarsi, prima che quello stupido campanello suonasse di nuovo.

    I precedenti proprietari del suo appartamento dovevano aver sofferto di manie di grandezza, perché avevano installato un campanello la cui suoneria rivaleggiava con l’organo di una cattedrale. Pur essendosi trasferita lì ormai da sei mesi, Tracy non aveva ancora trovato un po’ di tempo per farlo sostituire.

    Era stata troppo occupata a seguire il proprio lavoro, e poi si era persa nei preparativi per quello che si sarebbe potuto rivelare un raduno assai interessante.

    Incespicando lungo le scale, Tracy inveì sottovoce, infastidita dalla sensazione di prurito che le tormentava il bulbo oculare. Avrebbe voluto strofinarselo, ma temeva di perdere la lente nuova in ciò che restava del suo cervello.

    Il campanello suonò di nuovo. Le sue note avevano appena finito di riecheggiare, quando Tracy aprì la porta, ritrovandosi a faccia a faccia con una parte consistente del proprio passato.

    Rick era ancora sfuocato.

    Ma la sua memoria le fornì i dettagli mancanti, mentre il suo stomaco eseguiva una serie impressionante di insolite evoluzioni. Proprio come ai vecchi tempi.

    Sarebbe stato un viaggio molto lungo.

    «Tracy?»

    «Ciao!» esclamò lei, trasalendo per l’inusuale suono gracchiante che proruppe dalla sua bocca. La voce di Rick aveva ancora il potere di scenderle rimbombando lungo la spina dorsale con velocità strabiliante. Tracy deglutì faticosamente, arretrò di un passo e gli fece cenno di entrare con la mano libera, mentre cercava di ricordare a se stessa di non avere più quattordici anni. La timida adolescente impacciata che era stata, era ora diventata un richiestissimo genio del computer.

    Allora perché, si domandò, per un momento le era sembrato di sentire ancora sotto le labbra i fili di metallo dell’apparecchio per i denti? «Entra pure» riuscì finalmente a dire.

    Rick Bennet aveva accettato di dare un passaggio a Tracy solo perché glielo aveva domandato Meg, che era stata la sua ragazza ai tempi del liceo. Ma la Tracy che rammentava era del tutto diversa dalla donna in piedi di fronte a lui in quel momento.

    La ricordava come una ragazzina irritante, timida, leggermente in sovrappeso, con le unghie mangiucchiate e la coda di cavallo. La sorella minore che aveva dovuto sopportare tutte le volte che andava a trovare Meg a

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