Il chirurgo che non ho mai dimenticato: Harmony Bianca
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Il leggendario neurochirurgo Lewis Beck e il suo fascino malizioso rischiano di mettere a dura prova l'equilibrio di Mikki. Costretti a lavorare insieme per lunghi ed estenuanti giorni - e notti ancora più lunghe ed eccitanti - come potrà ignorare la bruciante attrazione che la lega all'uomo che non è mai riuscita a dimenticare?
Melanie Milburne
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il chirurgo che non ho mai dimenticato - Melanie Milburne
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Surgeon She Never Forgot
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2011 Melanie Milburne
Traduzione di Rita Orrico
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-238-9
1
Mikki si era aspettata di imbattersi in lui, prima o poi, ma non in quel modo. Nella sua mente, aveva immaginato più volte la scena: lei sarebbe stata nella saletta dei medici, lui sarebbe entrato e lei avrebbe sollevato lo sguardo con noncuranza, comportandosi come se ciò che c’era stato tra loro sette anni prima non fosse mai accaduto. Oppure l’avrebbe trovata in terapia intensiva, dove lei si sarebbe mostrata fredda e professionale e l’avrebbe trattato come un qualsiasi specialista del St Benedict.
Purtroppo la realtà non rispose ai sogni della fantasia.
Lo vide non appena mise piede nel ristorante. A dispetto dell’illuminazione tenue e romantica della sala, era impossibile non notare l’uomo alto e dai capelli scuri, seduto da solo a un tavolo d’angolo. Il suo sguardo era fisso sul menu, ma poi, come allertato da un radar interno, lui sollevò la testa e i suoi straordinari occhi azzurri incontrarono quelli di lei.
Mikki ebbe l’impressione di ricevere un pugno in pieno stomaco. Non fu in grado di respirare, o di muoversi. Per un lungo momento, durante il quale il suo sguardo restò fisso in quello di lui, il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Poi la sua mente registrò il fatto che qualcuno si stava rivolgendo a lei.
«Dottoressa Landon?» mormorò il maitre, «sua madre ha chiamato per dire che sarebbe arrivata con dieci minuti di ritardo. L’accompagno al suo solito tavolo?»
Mikki si voltò e si sforzò di sorridere. «Volentieri, grazie Gino.»
Il maitre le spostò la sedia e lei si sedette con sollievo, perché le gambe le tremavano al punto di cedere. Tenne la testa bassa, armeggiando col cellulare per qualche momento, prima di appoggiarsi allo schienale con una noncuranza che era ben lontana dal provare. Non osava guardare verso il tavolo di lui, ma percepiva intensamente il peso di quello sguardo troppo penetrante e critico.
Stava pensando a quanto era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista? I suoi capelli castani erano più lunghi adesso, acconciati in uno stile sofisticato ma facile da gestire dopo una lunga giornata di lavoro. Era anche dimagrita molto negli ultimi sette anni. In passato il suo approccio all’esercizio fisico era stato saltuario e casuale, mentre ora era diventato una dipendenza, come sua madre non mancava mai di farle notare. Mikki non era completamente d’accordo; l’esercizio l’aiutava a tenere lontani i suoi demoni. Il risultato era un fisico che aveva sognato di possedere per anni e che non era mai riuscita a ottenere fino a quel momento.
«Ciao, Mikki.»
La voce profonda, con un accenno di accento londinese, la costrinse a sollevare la testa. Il cuore le batteva più in fretta che dopo una corsa. Lei guardò negli occhi colore del ghiaccio e sentì il gelo del suo sguardo sprezzante trafiggerle il petto.
«Ciao, Lewis» lo salutò, felice di essere riuscita a imprimere un tono compassato alla propria voce.
Lui la scrutò in viso, fermandosi per un fugace momento sulle labbra prima di tornare a guardarla negli occhi. «Come stai?»
«Ah... bene. E tu?» Mikki sentiva che la facciata stava per incrinarsi. Perché le aveva guardato la bocca in quel modo? La reazione del proprio corpo era stata immediata, turbandola profondamente. Prese nota con un unico sguardo del volto di lui: qualche filo d’argento striava i suoi capelli scuri, sebbene lui avesse solo trentasei anni. Il suo corpo, benché snello, era muscoloso, a riprova che anche lui passava del tempo in palestra. La bocca sensuale era scavata agli angoli da due piccole rughe, che avrebbero fatto sembrare più vecchio un uomo qualsiasi, tuttavia nel caso di Lewis gli conferivano un’aria distinta e autoritaria.
Sul suo sopracciglio destro era ancora evidente la cicatrice, risultato di una rissa in cui era stato coinvolto da ragazzo. Non le aveva mai raccontato i dettagli di quel fatto; aveva dichiarato che faceva parte di un passato di cui non andava fiero e per quanto lei avesse tentato, non era riuscita a estorcergli di più.
«Ceni da sola stasera?» le domandò lui.
«No, aspetto...» Mikki esitò. Come le sarebbe piaciuto avere appuntamento con un collega, o meglio ancora un incontro galante, «... mia madre. È in ritardo.»
L’espressione del viso di Lewis ebbe un movimento quasi impercettibile. «Ti prego di porgerle i miei saluti» mormorò. «Immagino che non si sia dimenticata di me.»
Come potrebbe qualcuno dimenticarsi mai di te?, pensò lei con un tuffo al cuore. «Certo che no. Ho detto ai miei genitori che saresti entrato a far parte del team di neurochirurgia del St Benedict. Erano interessati alla tua carriera.»
«Forse sorpresi sarebbe un termine più appropriato, non credi?» domandò lui con lo stesso sguardo ironico.
Mikki nascose un moto di rabbia dietro un sorriso impersonale. Sarebbe morta piuttosto che mostrargli quanto quell’incontro la turbasse. «Nessuno ha mai messo in dubbio la tua ambizione, Lewis.»
«Ah, tesoro, non posso credere di essere così in ritardo!» Heloise Landon sopraggiunse in una nuvola di profumo, annunciata dal ticchettio dei sandali di marca sul pavimento del ristorante. «Non puoi capire il traffico! E Rashid, il mio autista, non riusciva a far partire la macchina... oh!» s’interruppe poi, sussultando. «Sei proprio Lewis? Lewis Beck?»
Lui tese la mano. Nemmeno un muscolo del suo viso si mosse. «Heloise. Ti trovo bene.»
Lei gli offrì la mano perfettamente curata, che poi si portò al collo. «Santo cielo! Quanto tempo è passato?»
«Sette anni» rispose lui con tono indecifrabile.
«Ma certo. Be’, è proprio una coincidenza incontrarti in questo modo! Ho saputo del tuo arrivo al St Benedict. Era sui giornali e ovviamente Michaela l’ha confermato. Non che si sia lasciata sfuggire molto, ho dovuto cavarle le parole di bocca» aggiunse Heloise, lanciandogli un’occhiata come a dire sai com’è fatta. «Comunque, credo che sia normale non voler spifferare al mondo dell’arrivo del tuo ex fidanzato, solo perché d’ora in poi lavorerete insieme ogni giorno.»
Mikki desiderò che il pavimento si aprisse e l’inghiottisse. Guardò Lewis di sottecchi, ma la sua espressione era immutata, sebbene le sembrò di scorgere un guizzo di risentimento nei suoi occhi quando per un attimo incontrarono i suoi. Lei restò fredda e compassata, ma lo sforzo si rivelò molto più grande di quanto avrebbe mai immaginato.
Heloise continuò imperterrita. «Non vuoi unirti a noi? Puoi raccontarci della tua stellare carriera. Sarebbe carino e civile, non credi anche tu, tesoro?» aggiunse, rivolta alla figlia.
Mikki aveva cominciato a temere quegli incontri a settimane alterne con la madre, e in circostanze diverse avrebbe gradito la compagnia di qualcun altro, ma il pensiero di cenare con Lewis andava al di là della sua capacità di sopportazione, in quel momento. «Sono sicura che Lewis ha altri progetti per la serata» commentò in tono sostenuto.
«In effetti li ho» confermò lui, facendo cenno con la testa in direzione della giovane donna che era appena stata accompagnata al suo tavolo. «Forse un’altra volta» concluse, e con un freddo sorriso si accomiatò.
La morsa che attanagliava il petto di Mikki si accentuò quando lui salutò la sua compagna stringendola in un abbraccio che quasi la sollevò da terra. Sapeva che era sciocco da parte sua provare un tale fastidio nel vederlo con un’altra. Era ovvio che in quegli anni lui avesse avuto altre donne e lei avrebbe dovuto prepararsi meglio a una situazione come quella. Si era concentrata interamente sul lavoro, tralasciando il lato personale perché la faceva soffrire troppo. Non avrebbe dovuto, ma la feriva ancora, persino dopo tutto quel tempo.
Mikki distolse lo sguardo prima che le labbra di lui toccassero quelle rosate della donna. «Allora, come stai, mamma?»
«Michaela» sussurrò la madre, sporgendosi in avanti con fare da cospiratrice, «hai visto la ragazza che sta con lui? Sono sicura che è poco più di un’adolescente.»
«Sì, be’, gli è sempre piaciuto il tipo giovane e innocente» ribatté Mikki, studiando la lista dei vini con una sorta di accanimento.
«Tesoro, tu avevi ventidue anni, non eri una bambina.»
Lei lanciò alla madre un’occhiata carica di sarcasmo. «Mi sembra che tu e papà mi riteneste troppo giovane per sapere quello che facevo e foste convinti che stavo buttando la mia vita col primo amore.»
La madre rispose con una smorfia di disapprovazione. «Ha fatto un’ottima carriera.»
«Che cosa stai insinuando, mamma? Che quando l’ho lasciato ho commesso l’errore più grande della mia vita?»
Seguì un breve silenzio carico d’imbarazzo. Fu Heloise a romperlo con un sospiro frustrato. «Michaela, sei sempre così sulla difensiva! Certo che hai fatto la cosa giusta lasciandolo, non avevi nulla in comune con lui.»
Mikki posò la lista dei vini e incontrò lo sguardo della madre. «Lo amavo, mamma. Come terreno comune, mi sembra sufficiente.»
«Ma, tesoro, lui ti amava? C’è una grossa differenza tra desiderio e amore, lo sai.» La madre coprì una mano della figlia con la propria e l’accarezzò. «So che perdere il bambino è stato brutto, ma alla fine si è risolto tutto per il meglio, non credi?»
«Sì.» Mikki ritrasse la mano e si sforzò di ignorare la fitta di dolore che provava ogni volta che si accennava al bambino che aveva perso. Si era vergognata così tanto per aver deluso i suoi genitori. Il primo viaggio all’estero da sola e guarda cos’era successo! I suoi avevano sempre immaginato per lei un matrimonio in grande e con tutti i crismi. Invece, si erano dovuti accontentare della prospettiva di una firma frettolosa in un ufficio del registro di Londra e un panino tra un’operazione e l’altra nell’agenda di Lewis.
«Sai se è sposato?» domandò Heloise. «Non ho notato nessuna fede, e tu?»
Mikki aveva guardato, ma non l’avrebbe ammesso. «Non ne ho idea.»
«Pensi che quella sia la sua amante? Gli uomini ricchi e potenti ne hanno sempre una, pare che sia di moda, ultimamente.»
Stavolta Mikki posò la lista dei vini con un sospiro. «Senti, mamma, non mi interessa chi è. Lewis ha tutto il diritto di vedere chi vuole, non sono affari miei.»
Heloise si mosse sulla sedia come un uccello che arruffa le penne. «Non voglio discutere con te, tesoro, sto solo cercando di fare conversazione. Sembri così stressata ultimamente! Tuo padre mi ha detto che l’ultima volta che ha pranzato con te non hai mangiato quasi niente. C’è qualcosa che non va?»
«Certo che no» replicò Mikki. «Sto solo lavorando molto.»
«Lavori troppo» la rimproverò la madre. «Non credi di aver bisogno di un po’ di equilibrio? Non stai certo ringiovanendo.»
«Ventinove anni sono i nuovi diciannove, non lo sai?» fu la caustica replica della figlia.
«Puoi fare del sarcasmo finché vuoi, ma quand’è l’ultima volta che sei uscita con un uomo?»
«Sono andata a cena con un collega l’altro giorno.»
Heloise socchiuse gli occhi. «Un incontro di lavoro.