Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Memorie di un matrimonio: Harmony Collezione
Memorie di un matrimonio: Harmony Collezione
Memorie di un matrimonio: Harmony Collezione
E-book160 pagine2 ore

Memorie di un matrimonio: Harmony Collezione

Valutazione: 1 su 5 stelle

1/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Ritenuto morto in seguito a un tragico incidente, il milionario Leonidas Betancur non ricorda i voti nuziali pronunciati quattro anni prima. Ma quando rivede sua moglie Susannah, alcuni frammenti di memoria cominciano a tornare a galla. Appena sposati, lui le aveva negato la prima notte di nozze. Ora però è pronto a rimediare...

Dopo essere stata abbandonata con ancora indosso il vestito da sposa, e convinta di essere rimasta vedova, Susannah aveva rinunciato per sempre all'amore. Ma quando scopre che Leonidas è vivo e vegeto, pretende che lui le restituisca la libertà. Peccato che i piani di suo marito siano diversi, e decisamente più piccanti.
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2018
ISBN9788858987063
Memorie di un matrimonio: Harmony Collezione

Leggi altro di Caitlin Crews

Autori correlati

Correlato a Memorie di un matrimonio

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Memorie di un matrimonio

Valutazione: 1 su 5 stelle
1/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Memorie di un matrimonio - Caitlin Crews

    successivo.

    1

    «Lo chiamano il Conte» le disse l'uomo burbero mentre la conduceva sempre più nel profondo della foresta, con indosso più flanella di quanta Susannah Betancur ne avesse mai vista su una sola persona. «Ma lo trattano come un dio.»

    «Un dio vero o uno finto?» domandò lei, come se potesse fare qualche differenza. Se il Conte era l'uomo che credeva, di certo non ne avrebbe fatta nessuna.

    La sua guida le lanciò un'occhiataccia. «Non sono sicuro che abbia importanza a questo punto della collina, signora.»

    La collina che stavano risalendo era più una montagna, dal punto di vista di lei, ma dopotutto, ogni cosa sulle Montagne Rocciose sembrava essere stata costruita su larga scala.

    «Che buffo» mormorò Susannah, mentre arrancava e faceva del proprio meglio per non ruzzolare giù, o arrendersi all'alta quota, che le faceva sentire la testa leggera.

    Inutile dire che era anche senza fiato.

    Il suo amico in flanella l'aveva accompagnata in automobile il più avanti possibile lungo quella che passava per essere una strada in una remota landa selvaggia dell'Idaho. In realtà assomigliava più a uno sterrato fangoso che si insediava sempre più in profondità tra i boschi fitti, nonostante la ripida salita indicasse chiaramente che stavano andando sempre più su. Poi l'uomo si era fermato, molto tempo dopo che Susannah si era rassegnata al fatto che quello sbandare e rimbalzare sarebbe durato per sempre, e le aveva detto che avrebbero dovuto proseguire a piedi fino a quello che chiamava il Rifugio. Così Susannah lo seguì, nonostante fosse l'ultima delle cose che avrebbe voluto fare dopo un volo dalla ben più civilizzata collina dove sorgeva casa sua, a Roma.

    Perché lei era la Vedova Betancur e, che le piacesse o no, non aveva altra scelta se non andare fino in fondo a quella storia.

    Si concentrò nel mettere uno stivale davanti all'altro, consapevole di indossare vestiti che non erano adatti per quel tipo di avventura. Non le era venuto in mente che si sarebbe trovata davvero nel bel mezzo della natura selvaggia, così si era vestita di nero dalla testa ai piedi per annunciare il suo stato di perenne vedovanza. Era una sua consuetudine. Quel giorno indossava un elegante cappotto di cashmere sopra un abito invernale in lana merino e un paio di pesanti stivali dal tacco alto, perché si era aspettata che facesse freddo, ma non di dover marciare con quella temperatura.

    «È sicura di non volersi cambiare?» le aveva chiesto la guida. Si erano guardati l'un l'altro nella cabina diroccata di lui in un campo ricoperto da vari pezzi di auto. Presumibilmente, si era trattato del suo ufficio. «Qualcosa di meno...»

    «Meno?» gli aveva fatto eco Susannah, come se non riuscisse a cogliere il significato delle sue parole, inarcando un sopracciglio nella perfetta imitazione del marito che aveva perso.

    «Non c'è una strada vera e propria» le aveva risposto l'uomo, come se si aspettasse di vederla demoralizzarsi a quella notizia. Come se un montanaro o le Montagne Rocciose stesse, per quanto ardue, potessero essere paragonabili agli intrighi della sua vita e della Betancur Corporation, che era stata sotto il suo controllo, almeno nominalmente, per gli ultimi quattro anni. «È fuori dal mondo, sa, è un posto selvaggio. Sarebbe meglio vestirsi in modo adeguato per affrontare gli elementi atmosferici.»

    Susannah aveva educatamente obiettato. Sin dal funerale, in pubblico indossava solo il nero, poiché era la vedova di uno degli uomini più ricchi del mondo. Trovava che quel nero inflessibile trasmettesse il giusto messaggio circa le sue intenzioni di rimanere in lutto a tempo indeterminato, a prescindere dai complotti dei suoi genitori e dei suoi suoceri, o di chiunque altro avesse delle mire su di lei.

    Nessun uomo avrebbe preso il controllo, non importava quanta pressione le facessero da ogni lato affinché si risposasse.

    La sua vedovanza la rendeva libera.

    A meno che Leonidas Cristiano Betancur fosse sopravvissuto a quell'incidente aereo quattro anni prima, motivo per cui Susannah aveva attraversato il globo per scoprire la verità.

    Leonidas era stato diretto in un remoto ranch in quella stessa zona per un incontro di lavoro con qualche potente investitore, quando il suo piccolo jet era precipitato da quelle parti nella quasi impenetrabile foresta nazionale. Il corpo non era mai stato ritrovato, ma le autorità erano convinte che l'esplosione avesse incenerito ogni cosa.

    Susannah ne era meno convinta. O, forse, sarebbe stato più accurato dire che si era convinta sempre più del fatto che quanto era capitato a suo marito la loro prima notte di nozze non era stato un incidente.

    Questo aveva portato ad anni di investigazioni e all'analisi di fotografie sgranate di uomini che non erano mai Leonidas. Anni in cui aveva tessuto la tela di Penelope con i suoi subdoli genitori e con i suoi parenti acquisiti, fingendo di essere talmente distrutta per la perdita da non poter nemmeno sopportare una conversazione sull'ipotesi di chi avrebbe potuto sposare dopo.

    In realtà, però, non era affatto distrutta. Conosceva a malapena l'erede di quei vecchi amici di famiglia che i suoi genitori le avevano fatto sposare quando era stata così giovane. Lei aveva fantasticato su di lui come avrebbe fatto qualsiasi altra adolescente al suo posto, ma Leonidas aveva schiacciato tutti quei sogni dandole un colpetto sulla testa come se fosse stata una bambola il giorno delle loro nozze, poi era sparito nel bel mezzo del ricevimento a causa di alcune chiamate di lavoro.

    «Non essere così ingenua, Susannah» le aveva detto fredda sua madre quella notte, quando si era ritrovata abbandonata nel suo pomposo vestito bianco, cercando di non piangere. «Le favole sono per le bambine. Adesso tu sei la moglie dell'erede dei Betancur, ti suggerisco di approfittarne e decidere quale tipo di moglie vorrai essere. Una principessina viziata, segregata lontano in una delle proprietà dei Betancur, o una donna forte da tenere in grande considerazione?»

    Prima del mattino Leonidas era stato dato per scomparso. E Susannah aveva scelto di essere forte in quei quattro anni durante i quali si era trasformata dalla diciannovenne ingenua che era, in una donna che era molte cose, ma sempre, sempre, qualcuno da tenere in grande considerazione. Aveva deciso che sarebbe stata più di una moglie-trofeo, e lo aveva dimostrato.

    E questo l'aveva portata fino a lì, su una montagna americana fuori dal mondo dove un uomo che corrispondeva alla descrizione di Leonidas si diceva fosse a capo di un culto locale.

    «Non è proprio uno di quei culti apocalittici» le aveva spiegato l'investigatore nel grande attico romano dove lei viveva.

    «Fa qualche differenza?» aveva chiesto lei, cercando di suonare distante e disinteressata, mentre teneva quelle fotografie tra le mani. Erano scatti di un uomo vestito di bianco, con i capelli più lunghi di come Leonidas li aveva portati, eppure con la stessa spietatezza nello sguardo scuro. La stessa figura atletica e snella, slanciata e pericolosa, con nuove cicatrici che avevano perfettamente senso sul corpo di qualcuno che fosse sopravvissuto allo schianto di un aereo.

    Leonidas Betancur in carne e ossa. Susannah ci avrebbe giurato.

    «La differenza sta nel fatto che, se desiderasse andare lì, signora, è probabile che venga rapita o uccisa.»

    «Qualcosa da desiderare con impazienza allora» aveva affermato lei, con un altro sorriso freddo.

    Dentro, invece, tutto aveva continuato a fremere, perché suo marito era vivo. Vivo.

    Non poteva fare a meno di pensare che, se Leonidas era davvero riuscito a rifugiarsi lì e a mettere insieme un seguito di fedeli, era stato perché aveva appreso l'arte della leadership nella più difficile delle situazioni: le acque infestate di squali della Betancur Corporation.

    Lei aveva appreso molto negli ultimi quattro anni nelle stesse acque. Soprattutto che quando i vari Betancur volevano una cosa - per esempio, Leonidas fuori da un accordo che avrebbe reso la compagnia ancora più ricca ma che lui aveva considerato losco - generalmente trovavano il modo per ottenerla.

    Essere la Vedova Betancur l'aveva resa libera da tutte quelle trame, al di sopra di esse, ma c'era una cosa che sarebbe stata ancora migliore: riportare Leonidas indietro dal regno dei morti.

    Lui avrebbe finalmente potuto riprendere i suoi dannati affari da solo, mentre Susannah si sarebbe potuta riprendere la vita che non aveva saputo di volere quando aveva avuto diciannove anni. Avrebbe potuto essere felicemente divorziata, libera e spensierata entro il suo ventiquattresimo compleanno.

    Dover raggiungere quella landa selvaggia dall'altra parte del mondo era un prezzo molto basso da pagare per la sua libertà.

    «Che tipo di leader è il Conte?» domandò Susannah alla sua guida. «Benevolo? O qualcosa di più disperato?»

    «Non saprei dire, dato che non conosco la differenza» le rispose l'uomo. «Un culto vale l'altro per me.»

    Come se ce ne fossero una dozzina da quelle parti. O, forse, era proprio così. In ogni caso non aveva importanza, perché avevano raggiunto il Rifugio.

    Fino a un attimo prima non c'era stato altro che la foresta, mentre un momento dopo dei grandi cancelli si stagliarono dall'altro lato della piccola radura, fasciati da filo spinato e dotati di cartelli che avvertivano gli intrusi di stare alla larga, pena conseguenze orribili per chi avesse oltrepassato il limite. Erano sormontati da telecamere.

    «Qui è fin dove io posso arrivare» le disse allora la guida.

    Susannah non conosceva nemmeno il suo nome, eppure desiderò che potesse andare con lei, dato che si era già spinto tanto lontano. Tuttavia non erano quelli gli accordi. «Capisco.»

    «Aspetterò accanto al pick-up finché non vorrà ridiscendere la montagna» continuò l'uomo. «L'accompagnerei dentro...»

    «Capisco che non può farlo» rispose lei, perché le era già stato spiegato tutto. «Devo fare il resto da sola.»

    Non sarebbe mai potuta entrare in uno di quei complessi sperduti con un intero reparto di guardie del corpo al seguito quando era chiaro che suo marito si stava nascondendo dal mondo. Persino qualche robusto uomo del posto sarebbe stato troppo, le aveva detto la sua guida, poiché il tipo di gente che si nascondeva in quei luoghi inaccessibili sulle Montagne Rocciose era spesso anche il tipo di gente che non si preoccupava molto dei visitatori. Soprattutto se tali visitatori non erano armati.

    Ma una giovane donna sola e vedova, vestita in modo così inadeguato per quel posto, era tutt'altra cosa.

    Qualcosa di non minaccioso, sperava lei.

    In ogni caso non si concesse di pensare troppo a ciò che stava facendo. Aveva letto troppi thriller quando aveva vissuto nel collegio in Svizzera durante la sua adolescenza, e ognuna di quelle storie adesso le stava affollando la mente in un loop infinito che durava da tutto il pomeriggio.

    Non è d'aiuto, si rimproverò. Non voleva pensare ai rischi. Tutto ciò che voleva, e che aveva sempre voluto, era scoprire che cosa fosse successo a Leonidas.

    Perché la triste verità era che lei era l'unica persona a cui importava.

    E si disse che l'unico motivo per cui le importava tanto era che trovarlo significava essere libera.

    Susannah si diresse decisa verso i cancelli, i nervi a fior di pelle. Sapeva che le telecamere dovevano essere puntate su di lei, ma temeva qualcosa di peggio della sorveglianza. I cecchini. Dubitava che qualcuno potesse costruire una fortezza nei boschi come quella senza l'intenzione di difenderla.

    «Ferma lì!»

    Non riusciva a capire esattamente da dove provenisse la voce, ma Susannah si fermò comunque. E sollevò le braccia, anche se non del tutto. Non c'era motivo di mostrarsi completamente sottomessa.

    «Sono qui per vedere il Conte» affermò lei nel silenzio della gelida foresta che la circondava.

    Non accadde nulla e, per un momento, temette che non sarebbe successo niente, ma poi, lentamente, una porta su un lato di uno dei grandi cancelli si aprì.

    Trattenne il fiato. Poteva essere Leonidas dopo tutto quel tempo?

    Comparve un uomo, ma non era lui. Questo era molto più basso e aveva un allarmante fucile semiautomatico su

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1