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Notte greca: Harmony Collezione
Notte greca: Harmony Collezione
Notte greca: Harmony Collezione
E-book159 pagine3 ore

Notte greca: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dietro quel durissimo ricatto, Savannah scopre un uomo che non avrebbe mai immaginato.

Savannah non sa come comportarsi. E nemmeno ha idea del motivo che può aver spinto un uomo potente e desiderabile come Leiandros Kiriakis a pretendere in maniera quasi dispotica di sposare proprio lei. Fatto sta che il ricchissimo imprenditore greco non vuole sentir ragioni. Servendosi della sua raffinata capacità di persuasione, la induce a trasferirsi ad Atene e la mette davanti a un rigido aut aut: il matrimonio con lui, oppure la rovina economica. Savannah accetta di sposarlo, ma per un solo, semplice motivo: è davvero innamorata. Decisa a non farlo sapere al futuro sposo, viene colta alla sprovvista quando il duro e misterioso Leiandros, una notte, si decide a rivelarle che...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788858948576
Notte greca: Harmony Collezione
Autore

Lucy Monroe

Innamorata dei libri fin da bambina, per le sue storie crea eroine indipendenti e sensibili allo stesso tempo.

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    Anteprima del libro

    Notte greca - Lucy Monroe

    successivo.

    1

    «Che strega senza cuore!»

    Per non dare peso alle parole velenose uscite dalla bocca di sua cognata, Savannah Marie Kiriakis si costrinse a mantenere lo sguardo fisso davanti a sé, sull'erba verde smeraldo del prato.

    Nel cimitero greco-ortodosso il rito funebre era ap-pena terminato, e tutti avevano espresso le loro condo-glianze. Tutti, tranne lei.

    In piedi accanto alla fossa, in mano una sola rosa bianca, cercava di fare i conti con la fine ultima del proprio matrimonio.

    Il dolore per l'attacco verbale di Iona era passato subito in secondo piano, superato dal conflitto interiore tra il sollievo e la colpa, che la stava dilaniando.

    Sollievo per la fine della propria sofferenza, perché ormai nessuno l'avrebbe più minacciata di portarle via le bambine; e colpa, perché il sollievo era l'unica reazione che riusciva a provare di fronte alla morte di un altro essere umano.

    E non di un essere umano qualunque, ma di Dion, l'uomo che aveva sposato sei anni prima, carica di fiducia e tanta giovanile ingenuità.

    «Non ha il diritto di essere qui» riprese Iona, visto che il suo primo insulto era stato ignorato non solo da Savannah ma anche dagli altri partecipanti alla cerimonia. La sorella minore di Dion aveva sempre mostrato uno spiccato senso della teatralità.

    Senza una volontà precisa lo sguardo di Savannah si posò su Leiandros Kiriakis, e poté vederne la reazione di fronte allo scatto di rabbia della cugina.

    Non stava guardando Iona. Fissava Savannah, e i suoi occhi scuri erano carichi di un disprezzo così profondo da impedirle di distogliere l'attenzione da lui, anche se lo desiderava con tutte le proprie forze.

    Poteva darsi che Leiandros avesse le sue ragioni, ma a lei tornarono alla mente solo le frequenti infedeltà e le temibili esplosioni di violenza di Dion.

    Investita dall'odore della terra smossa e dei fiori recisi, che i presenti avevano gettato sul coperchio della cassa appena chiusa, Savannah guardò nuovamente la tomba.

    «Mi dispiace» mormorò tra sé prima di lasciar cadere la rosa sulla bara.

    «Un gesto toccante, ma vuoto.»

    Queste parole, pronunciate con l'unico scopo di ferirla, e stavolta indirizzate direttamente a lei, la trafissero con la precisione di una lama affilata puntata dritta al cuore.

    Savannah dovette far ricorso a tutta la sua forza interiore per voltarsi verso Leiandros, considerato il modo in cui l'aveva fissata poco prima.

    «È un gesto vuoto, per una moglie, dare un ultimo addio?» chiese alzando il capo per guardarlo negli occhi. Ma subito se ne pentì.

    Quegli occhi erano scurissimi, quasi neri, e carichi di uno spregio che Savannah sapeva di essersi meritato, ma che comunque la addolorava.

    Di tutto il clan Kiriakis, Leiandros era il solo ad avere un valido motivo per disprezzarla. Perché era il solo ad aver avuto esperienza diretta del fatto che lei non amava Dion, non con la passione e la totalità di cui un uomo come lui aveva bisogno.

    «Sì, vuoto. Hai già detto addio a Dion. Ben tre anni fa.»

    Savannah scosse il capo, negando istintivamente quell'affermazione.

    Leiandros si sbagliava, se non altro perché non avrebbe mai corso il rischio di dire addio a Dion prima di aver lasciato la Grecia con le sue bambine.

    La sua unica possibilità di fuga era stata quella di saltare su un aereo per gli Stati Uniti prima che lui avesse il tempo di rendersi conto che se ne era andata.

    Quando era riuscito a rintracciarla, lei aveva già chiesto la separazione legale, adducendo come prova dei maltrattamenti subiti gli ematomi e le costole rotte, ancora in via di guarigione. Così, gli aveva anche impedito di sottrarle le figlie.

    I Kiriakis erano all'oscuro di tutto. Perfino Leiandros, a capo dell'impero economico, e quindi anche di tutta la famiglia, ignorava le ragioni della rottura del matrimonio tra Dion e Savannah.

    «È la verità, anche se non gli hai mai dato un addio definitivo. Non hai voluto restituirgli la sua libertà, ma non hai nemmeno voluto continuare a vivere con lui. Come moglie, sei stata un vero incubo.»

    Ognuna di queste parole le penetrava nel profondo del cuore e nella parte più intima del suo essere, ma si rifiutò di piegare il capo per la vergogna sotto il peso del giudizio negativo di Leiandros.

    «Gli avrei accordato il divorzio in qualunque momento, in questi ultimi tre anni.»

    In realtà, era stato Dion a minacciarla di portarle via le bambine se solo avesse cercato di mettere definitivamente la parola fine al loro matrimonio.

    Sul viso di Leiandros apparve un sorriso di scherno, e Savannah sentì ancora una volta quel tormento ormai familiare che il suo disprezzo le causava. Il giudizio di quell'uomo su di lei era stato scolpito nella pietra fin dal loro primo incontro, a una festa organizzata dal potente capo della grande famiglia Kiriakis.

    Non lo aveva ancora conosciuto di persona, e in quella occasione era molto nervosa perché Dion ne parlava sempre con ammirazione, insistendo sul fatto che doveva fargli buona impressione per essere accettata nel clan Kiriakis.

    Come se ciò non fosse bastato a farle tremare le ginocchia per l'ansia, Dion l'aveva anche lasciata sola in mezzo a gente sconosciuta, che parlava una lingua che lei non capiva.

    Non le era rimasto che appoggiarsi discreta a una parete vicino alla porta della terrazza, isolata dagli altri ospiti.

    «Kalispera. Pos se lene? Me lene Leiandros

    Una profonda voce maschile che parlava in greco aveva interrotto il suo isolamento.

    Savannah aveva alzato lo sguardo, vedendo l'uomo più affascinante che avesse mai incontrato. Il suo sorriso indifferente quasi le aveva tolto il respiro. L'aveva fissato magnetizzata da una raffica di emozioni inspiegabili, non contrastate né dalle convenzioni sociali né dalla mancanza di familiarità.

    Era arrossita e aveva abbassato lo sguardo, il senso di colpa che faceva capolino per la reazione provata nei confronti di un uomo che non era suo marito.

    Con l'unica frase in greco che conosceva, "Then katalaveno", gli aveva risposto che non capiva la sua lingua.

    Il sorriso di lui era diventato quasi diabolico. «Balliamo?» le aveva proposto in un inglese perfetto.

    Savannah aveva scosso il capo, cercando di far uscire dalle corde vocali congelate la parola no, ma lui possessivamente le aveva passato un braccio attorno alla vita, spingendola sulla terrazza.

    Quando l'aveva abbracciata, stringendola in modo tutt'altro che formale, lei aveva cercato di divincolarsi, ma i loro corpi già si muovevano al ritmo seducente di una canzone greca.

    «Rilassati. Non ho intenzione di mangiarti» le aveva detto lui, stringendola ancora di più.

    «Ma io non dovrei ballare con lei.»

    «Perché? Sei qui con qualcuno in particolare?»

    Cominciava a stringerla in modo sempre più possessivo, ma lei non riuscì a spiegargli che era lì con suo marito.

    E anche quando aveva cercato, con tutte le migliori intenzioni, di divincolarsi, il calore del corpo di lui e delle sue mani che la accarezzavano, scivolando dalla schiena alla nuca, le avevano fatto smarrire il senso del dovere...

    Savannah si era persa in quel bacio, con un senso di vergogna che non avrebbe più dimenticato, ma anche provando un'emozione che Dion non aveva mai nemmeno lontanamente suscitato in lei.

    Avrebbe voluto che quell'attimo fosse durato da allora e per sempre, e la consapevolezza di doversi sottrarre alla seduzione delle labbra di Leiandros era ancora lontana.

    Una mano di lui le aveva stretto un seno, come se ne avesse diritto, e Savannah era rimasta sconcertata più dalla reazione del proprio corpo che non dal senso del possesso e dall'intimità di quelle carezze.

    Non si era mai sentita così con Dion.

    A quel pensiero era riuscita a strapparsi dall'abbraccio, con l'onore in frantumi e il corpo vibrante per il desiderio di stare ancora tra le sue braccia.

    «Sono sposata» balbettò.

    Gli occhi di Leiandros si erano illuminati di una luce battagliera, e Savannah per alcuni interminabili minuti era rimasta come paralizzata, lo sguardo intrecciato con quello di lui, il respiro affannoso.

    «Leiandros, vedo che hai conosciuto mia moglie!» esclamò Dion, sopraggiungendo alle spalle del cugino, che la fissò con uno sguardo carico di odio e di biasimo. Lo stesso con il quale l'avrebbe salutata da quel momento in avanti.

    «Non credere di poter liquidare il tuo comportamento con qualche bugia solo perché mio cugino non è più qui per difendersi.»

    La voce di Leiandros la riportò al presente e alla donna che era diventata, incapace di qualsiasi reazione di fronte a un uomo.

    Per un attimo rimpianse il ricordo di quei sentimenti, che da sei anni non provava più e che era convinta non avrebbe più provato.

    Colpa di Dion.

    Savannah si sentì piccola e vulnerabile di fronte alla virilità e alla rabbia che emanavano dalla imponente figura di Leiandros, che torreggiava su di lei. Arretrò involontariamente, rifugiandosi nel silenzio, e si limitò a piegare il capo in segno di saluto prima di voltarsi e andarsene.

    «Non crederai di scappare... Io non sono arrendevole come mio cugino.»

    A quell'implicita minaccia Savannah si fermò senza voltarsi.

    «Non ho alcun bisogno di manipolarti, Leiandros Kiriakis. Da oggi in poi, non ci sarà più alcun rapporto tra me e la tua famiglia.»

    «Mi dispiace contraddirti, ma è qui che ti sbagli.»

    Savannah girò su se stessa per fissarlo, cercando di leggere qualcosa in quello sguardo imperscrutabile, inebriandosi del suo volto maschio e dei riflessi del sole sui suoi capelli corvini, nonché dell'aura di potenza che lo circondava.

    «Cosa intendi dire?»

    Possibile che Dion alla fine gli avesse raccontato la verità?

    «Ne parleremo un'altra volta, fra poco comincia il funerale di mia moglie. Tieni comunque presente che dovrai per forza avere contatti con me, visto che sono il responsabile legale dell'eredità delle tue figlie.»

    Savannah provò pena per lui, una pena simpatetica per il dolore che quell'uomo arrogante e sicuro di sé doveva provare per la morte della moglie, avvenuta nello stesso incidente in cui era morto il cugino.

    «Mi spiace. Non ti trattengo.»

    «Tu non vieni?»

    «Non è il mio posto.»

    «Iona pensa che neanche questo sia il tuo posto, eppure sei venuta.»

    Non lo avrebbe mai fatto se Dion non l'avesse chiamata la sera prima dell'incidente.

    «Nonostante ciò che i Kiriakis possono pensare, ero la moglie di Dion. Glielo dovevo.» Lo doveva all'uomo che Dion era stato ai tempi del loro fidanzamento, e a quello che le aveva telefonato un'ultima volta.

    «Non credi di dovere a me la tua partecipazione al funerale di Petra? Visto che ti ritieni un membro della famiglia, è tempo che ti faccia carico anche dei doveri che questo status comporta.»

    Savannah soffocò in gola una risata amara. Farsi carico dei doveri? Non aveva fatto altro per sei anni! Aveva pagato abbastanza caro il privilegio di portare il nome dei Kiriakis, possibile che nessuno se ne rendesse conto?

    Leiandros osservò le emozioni contrastanti attraversare il viso altrimenti inespressivo di Savannah. Era molto

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