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Un amore di capo: Harmony Collezione
Un amore di capo: Harmony Collezione
Un amore di capo: Harmony Collezione
E-book142 pagine2 ore

Un amore di capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Da banale governante...
Raffaele De Ferretti è sempre circondato da donne stupende e raffinate, oltre che desiderose di dividere il proprio letto con lui. Ora però che si trova nella necessità di avere al fianco una fidanzata ufficiale, l'unica in grado di ricoprire quel ruolo gli sembra Natasha Philips, la sua timida governante.

... a sensuale sirena.
Un cambio di look è inevitabile, ma il risultato è del tutto inatteso. Raffaele non può credere di avere sempre avuto sotto gli occhi una donna tanto bella, e per questo separare finzione e realtà diventa sempre più difficile.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2019
ISBN9788830506114
Un amore di capo: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Un amore di capo - Sharon Kendrick

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Italian Boss, Housekeeper Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2007 Sharon Kendrick

    Traduzione di Paola Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-611-4

    1

    Natasha non ebbe bisogno di vedere il suo viso per capire che qualcosa non andava e mettersi in allarme.

    Lo intuì dal modo in cui sbatteva la porta e attraversava l’ingresso. Lo udì bofonchiare e pensò che stesse imprecando in italiano, poi sentì che appendeva la giacca all’attaccapanni e saliva la scala per andare nel suo studio.

    Raffaele era stato in America a visitare le sue proprietà sulle due coste e ogni volta che tornava da quei viaggi, la cercava subito e le domandava come era stata e come stava Sam.

    Talvolta, se prendeva un volo commerciale anziché il suo jet privato, si ricordava di portare al bambino un giocattolo comperato all’aeroporto. Una volta l’aveva visto tirare fuori dalla valigetta una bottiglia di profumo. Il suo cuore si era messo a battere in fretta, fremente di emozione, ma quella bottiglietta era scomparsa.

    Non era destinata a lei.

    Probabilmente era finita a quella modella con le gambe lunghe con cui era stato visto alcune volte, la stessa che lasciava sempre nel bagno una calza o una sciarpa, quasi a segnare il territorio.

    Dallo studio non giungeva alcun suono e Natasha si mise a preparare un caffè forte, come le aveva insegnato a fare Raffaele la prima volta che era andata a lavorare per lui. Non era assurda la tenacia con cui i ricordi si conficcavano nella testa anche se non significavano niente? Natasha rammentava ancora il brivido che aveva provato quando lui si era chinato su di lei per mostrarle quello che doveva fare.

    La sua voce si era abbassata, assumendo un tono vellutato. «In Italia diciamo che il caffè deve sembrare inchiostro e avere il sapore del paradiso. Forte e scuro come il migliore degli uomini. Capisci?» E i suoi occhi neri l’avevano fissata con un lampo di divertimento, come se gli sembrasse ridicolo insegnare a una donna a fare il caffè.

    Ma lei aveva avuto bisogno d’imparare quasi tutte le cose che per Raffaele erano scontate. Il solo pensare ai guai in cui si era cacciata la faceva tremare di apprensione. Non voleva ricordare quei giorni di fame, d’incertezza, di paura prima che Raffaele giungesse a salvarla.

    Era per questa ragione che fin da allora lo aveva messo su un piedistallo?

    Natasha sistemò la tazza su un vassoio insieme a due biscotti alle mandorle che erano i preferiti di Raffaele e che aveva imparato a fare grazie a un libro di ricette che le aveva regalato a Natale.

    Poi, come qualunque cameriera avrebbe fatto prima di presentarsi al padrone, controllò il proprio aspetto nello specchio della cucina.

    Poteva andare. I suoi capelli castani erano ben tirati, il grembiule stirato con cura e il viso privo di trucco. Sembrava efficiente e innocua.

    Mostrarsi a viso nudo era una cosa che aveva iniziato a fare quando Sam era piccolo e il terrore che la gente la giudicasse peggiore di quanto fosse l’aveva condizionata pesantemente.

    Secondo lei andare in giro con il viso lavato significava che, pur essendo una madre nubile, non era disponibile sessualmente.

    Inoltre semplificare era vantaggioso in molti campi. Niente trucco voleva dire avere più tempo la mattina, proprio come legarsi i capelli e le dava l’aspetto che voleva, quello di un rispettabile membro della servitù di Raffaele.

    «Natasha!»

    Udendo quella chiamata imperiosa, lei afferrò il vassoio e salì le scale di corsa, ma arrivata davanti alla porta spalancata dello studio, si fermò, vedendo la sua posa rigida.

    Raffaele De Ferretti. Multimiliardario. Scapolo. Il suo padrone e l’uomo che amava dalla prima volta che aveva posato lo sguardo su di lui. Ma chi non l’amava? Nonostante la sua arroganza e l’aria sdegnosa che assumeva qualche volta, quando ti ascoltava, non amarlo era impossibile.

    Lui non l’aveva udita arrivare e guardava fuori dalla finestra il giardino bagnato di pioggia al centro della piazza di Londra. Le gocce che cadevano dalle foglie degli alberi erano fitte come le lacrime di una donna disperata.

    Quel giorno il giardino era deserto, ma nelle belle giornate si riempiva di bambinaie che spingevano le carrozzine lungo i viali, o che portavano i bambini nella piccola area destinata ai giochi. O anche di giovani mamme che portavano a spasso i figli prima di andare al lavoro. In quella zona popolosa della città erano numerose le mamme che lavoravano o per necessità, oppure spinte dal desiderio di essere indipendenti.

    Potendo, Natasha non sarebbe mai andata a lavorare fuori di casa. Per lei la possibilità di non lavorare era una grazia che non le era stata concessa.

    Quando Sam era piccolo, lo portava nel giardino pubblico, sentendosi una privilegiata perché poteva farlo, ma anche timorosa che qualcuno potesse dirle che lei non aveva il diritto d’essere là.

    Il suo adorato bambino, ignaro dei suoi pensieri, correva felice, si buttava nella sabbia e ne sollevava delle manciate, ridendo di gioia e lei ogni volta ringraziava il destino d’aver portato Raffaele De Ferretti nella sua vita.

    «Raffaele?» chiamò sottovoce.

    Ma lui non si voltò nemmeno quando posò il vassoio sulla scrivania. Rimase immobile come una statua, silenzioso come una tomba. Il suo atteggiamento era così sconcertante che lei si schiarì la gola.

    «Raffaele?» tentò di nuovo.

    Il suo dolce accento inglese penetrò nei suoi pensieri e lui si voltò adagio. Natasha. Onnipresente e innocua come l’aria che respirava. Con un sobbalzo, tornò alla realtà. «Che cosa c’è?»

    «Le ho portato un caffè.»

    Caffè? L’aveva chiesto? Forse no, ma gli faceva piacere berlo e lei l’aveva indovinato. Annuì e si sedette dietro la scrivania, passandosi le dita sul mento ruvido di barba, come usava fare quando aveva in mente qualcosa. E doveva trattarsi di qualcosa di personale, pensò lei, perché Raffaele sapeva risolvere le questioni di lavoro anche dormendo.

    «Ha chiamato qualcuno questa mattina?» domandò.

    «No. Nessuno.»

    «Giornalisti?»

    «No.» La stampa si era concentrata su di lui da quando una diva della televisione che lui aveva a malapena conosciuto aveva proclamato di essere andata a letto con Rafaele De Ferretti. Cinque volte in una notte!, aveva specificato.

    Adesso la faccenda era nelle mani del suo avvocato ma, pur sapendo che si trattava di una menzogna, al solo pensarci Natasha si sentì male. Per alleggerire la tensione che vibrava nell’aria, tentò di scherzare. «Per lo meno nessuno visibile, ma potrebbe essercene qualcuno nascosto dietro i cespugli. È già successo.»

    Ma lui non sorrise. «Sei stata sempre qui?»

    Natasha annuì. «Eccetto quando ho accompagnato Sam a scuola, ma alle nove e mezza sono sempre rincasata.» Il cuore le si strinse. Adesso che gli stava vicino, vedeva che lui era diverso. I suoi occhi neri, di solito luminosissimi, sembravano opachi e le rughe che gl’incidevano le tempie, più marcate, come se non avesse dormito da quando era partito. «Perché? Aspettava qualcuno?»

    Raffaele scosse la testa. Non concedeva con facilità la sua fiducia. Troppa gente aveva cercato di carpire la sua buona fede perché voleva qualcosa da lui. Sesso, soldi, potere, una magica triade che lo distingueva dalle masse.

    Con Natasha era stato più volte sul punto di confidarsi, ma era stato trattenuto dalla consapevolezza del pericolo insito nell’aprire il proprio animo a qualcuno se non era assolutamente indispensabile.

    Con più persone parlavi e più debole diventavi. Perché la conoscenza è potere e di sicuro quella tranquilla donna inglese sapeva già troppe cose che lo riguardavano. Per il momento gli era fedele perché era in debito con lui, ma se un giorno l’avidità l’avesse spinta a divulgare quello che sapeva? Era già successo. Raccontare di lui alla stampa sempre bramosa di arricchire la sua storia, le avrebbe permesso di vivere agiatamente per anni.

    «No, Natasha. Non aspetto nessuno» rispose con freddezza.

    «È rientrato presto dall’America.»

    «Non sono andato in America. Sono stato in Italia.»

    «Davvero? Motivi particolari?» domandò lei, pur sapendo di essere troppo insistente.

    «Niente d’importante.»

    Ma siccome lo amava, Natasha non tenne conto del suo tono brusco. «C’è qualcosa che non va, vero, Raffaele?»

    Per un istante lui fu tentato di parlarle dei suoi crucci, poi piegò le labbra in un sorriso sdegnoso che non le rivolgeva quasi mai.

    «Non rientra nei tuoi compiti fare questo genere di domande. Lo sai» rispose con freddezza.

    Sì, lo sapeva e lo accettava. Così come accettava tante altre cose: le donne che a volte dividevano il suo letto e che il mattino dopo scendevano a fare colazione, spettinate e con le guance rosse, molto dopo che lui era andato in ufficio. Ridacchiando, le chiedevano delle fette di pane tostato e del succo di arancia e il cuore di Natasha andava in mille pezzi.

    In verità per un certo periodo quelle presenze non c’erano state. Era mai possibile che il suo malumore dipendesse dal fatto che per una volta nella vita una donna lo aveva rifiutato? Se era così, perché non glielo diceva? Se non altro avrebbe scacciato la paura che questa volta potesse trattarsi di una cosa seria.

    A parte quell’aspetto, la vita di Raffaele era specchiata. Forse era stato a causa della

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