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Il profumo del diavolo (eLit): eLit
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Il profumo del diavolo (eLit): eLit
E-book277 pagine3 ore

Il profumo del diavolo (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Fiona Gallagher è un ottimo avvocato, forte e deciso, ma la sua apparente freddezza nasconde una natura appassionata e una grande paura di abbandonarsi alle emozioni. I demoni interiori che la perseguitano sono nati dopo una relazione disastrosa. David Mackenzie non era solo l'uomo sbagliato, era anche un maniaco assassino, colpevole della morte di tre donne. E sei anni prima era stata proprio Fiona a ucciderlo! Ora il passato riemerge dalle profondità della sua anima, uno strano profumo suadente sembra avvolgerla, e il caso che sta seguendo non l'aiuta a rilassarsi. Ed è solo l'inizio di un terribile incubo...

LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2014
ISBN9788858928127
Il profumo del diavolo (eLit): eLit
Autore

Amanda Stevens

Amanda Stevens is an award-winning author of over fifty novels. Born and raised in the rural south, she now resides in Houston, Texas.

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    Anteprima del libro

    Il profumo del diavolo (eLit) - Amanda Stevens

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Gallagher Justice

    Harlequin Books

    © 2003 Marilyn Medlock Amann

    Traduzione di Silvia Maria Cristina Calandra

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-812-7

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Non era stato un rumore a svegliare Fiona Gallagher, ma un odore. Un profumo ardente, eccitante, sospinto da una tenue nota di legno di sandalo. Aveva cercato di svegliarsi per controllare, ma era come se il sogno la trattenesse tra le sue spire.

    «Hai sempre un profumo così buono.»

    Lui le passò le mani nei capelli. «Buono come?»

    Lei levò lo sguardo su di lui con un sorriso e glielo dimostrò.

    Col cuore che le batteva all’impazzata, Fiona balzò a sedere sul letto, scrutando affannosamente le zone più recondite della stanza. Era buio, ma dalla finestra filtrava abbastanza luce da consentirle di distinguere tutti gli angoli e i recessi più nascosti.

    Non c’era anima viva. Era sola, al sicuro da eventuali malintenzionati, grazie a un sistema di serrature e chiavistelli che suo fratello Tony l’aveva aiutata a installare nell’appartamento al secondo piano quando vi si era trasferita, sei anni prima. Nessuno poteva entrare. Era tutto a posto.

    Oh, no, non era affatto tutto a posto... Aveva di nuovo sognato David, aveva sognato di essere ancora innamorata di lui, e le accadeva ormai soltanto nei giorni in cui era particolarmente sotto tensione.

    Il caso DeMarco aveva fatto riaffiorare gli incubi, pensò passandosi una mano sugli occhi, in un gesto stanco. Come Pubblico Ministero dell’ufficio del Procuratore Distrettuale della contea di Cook, Fiona in passato si era già trovata faccia a faccia col male, più spesso di quanto non si prendesse la briga di ricordare. Ma c’era qualcosa nello sguardo di Vince DeMarco... il modo in cui lui la guardava... quel suo sorriso malizioso...

    Vi era qualcosa in lui che le ricordava David.

    Lasciandosi nuovamente sprofondare nei cuscini, tenne la mano sugli occhi, nel tentativo di cancellare i brutti ricordi e le sensazioni negative.

    Erano trascorsi sei anni da quella notte e David Mackenzie continuava a perseguitarla, a tal punto che talvolta, nei momenti di maggiore debolezza, immaginava addirittura di sentire il suo profumo. Di udire la sua voce al telefono. Di vedere il suo sorriso sul volto di tutti gli imputati.

    Perfino ora che era completamente sveglia, riusciva a sentire la fragranza della sua acqua di colonia, ma si rendeva conto che non era vero. Non poteva essere vero. Con l’aiuto dell’analista aveva da tempo sviscerato tutte le allucinazioni.

    Il profumo ha un valore simbolico, Fiona. Non simboleggia David, ma il tuo senso di colpa.

    Il suo senso di colpa odorava di legno di sandalo. Buono a sapersi!

    Resasi conto che non si sarebbe più riaddormentata, si alzò e andò in bagno a sciacquarsi il viso con l’acqua fredda. Si premette la salvietta sulla pelle e studiò la propria immagine riflessa nello specchio. Esteriormente era la stessa di sempre, ma nel suo animo, dove celava i segreti più oscuri, aveva subito una drastica metamorfosi.

    Non poteva aspettarsi di essere ancora in grado di avere una relazione normale. Tutto sommato, riteneva che l’importanza di avere delle relazioni venisse comunque sopravvalutata. Lei aveva un gatto, una carriera ben avviata, un abbonamento con il canale satellitare HBO. Che cosa poteva desiderare di più una ragazza...?

    Spense la luce e tornò in camera da letto, si infilò una vestaglia sul pigiama e poi, a piedi nudi, si diresse con passo incerto in salotto. Il suo appartamento era piccolo, angusto e pieno di correnti d’aria, con le assi del pavimento che scricchiolavano e le condutture dell’acqua rumorose, ma non se ne dava pensiero. Il quartiere tranquillo e in passato elegante nella Near North Side di Chicago, con i suoi giardini ben curati e le strade ombreggiate, la ripagava abbondantemente di quei disagi.

    Ed era ben lontano da Bridgeport, ricordò a se stessa in modo mesto guardando fuori della finestra la strada nascosta dalla nebbia. E forse non tanto in termini di miglia, quanto per cultura e mentalità.

    I suoi genitori erano cresciuti nello stesso modesto quartiere nel South Side dove ancora vivevano, nella stessa casa acquistata quando si erano sposati. Avevano gli stessi vicini, la stessa cerchia di amici, gli stessi valori e le stesse speranze. Avevano cresciuto lì quattro figli e due dei fratelli di Fiona si erano trasferiti a solo pochi isolati dalla casa di famiglia.

    Al contrario, gli ambiziosi professionisti trentenni che affluivano nelle ristrutturate case in arenaria del quartiere in cui viveva Fiona difendevano la propria privacy come rottweiler rabbiosi. Lei conosceva di vista solo un ristretto numero di persone e per nome ancora meno. La maggior parte di loro, come lei, rientrava tardi la sera, con la valigetta in una mano e il telefono cellulare stretto nell’altra, e si chiudeva in casa isolandosi dal resto del mondo fino alla mattina dopo, quando usciva di corsa per tornare al lavoro.

    Le famiglie si potevano contare sulle dita della mano e di bambini che giocavano davanti alle case non se ne vedevano. Le strade erano stranamente tranquille e, benché questo accrescesse il senso di isolamento di Fiona e i suoi rari attacchi di solitudine, per lo meno non vi era nessuno da quelle parti che sapesse di David. Nessuno che quando rientrava la sera la spiava dalla finestra, scrollando il capo in segno di disapprovazione, domandandosi come avesse potuto una brava ragazza come Fiona Gallagher, col suo cervello e la sua istruzione, niente meno che la figlia di un piedipiatti, innamorarsi di un assassino.

    A loro modo, tuttavia, nel suo vecchio quartiere erano ancora orgogliosi di lei. Era una stella nascente del firmamento dell’ufficio del Procuratore Distrettuale, un sostituto procuratore duro, che con pugno di ferro combatteva il crimine con la stessa ferocia con cui si opponeva ai propri demoni interiori.

    Negli ultimi sei anni aveva vinto tutti i casi più importanti, compreso un famoso processo per omicidio per cui era finita nel mirino dei politici di Chicago.

    Era stata così spietata durante il controinterrogatorio dell’imputato, un noto uomo d’affari, che il giornalista di un quotidiano locale l’aveva definita la Rossa di Ferro, il Pubblico Ministero che non temeva di pestare i piedi a nessuno, neanche ai ricchi, potenti e politicamente protetti.

    Nessuno è al di sopra della legge, avevano scritto i giornali citando una sua dichiarazione e, anche se forse lei e suo fratello Tony erano gli unici ad apprezzare veramente l’ironia di quel motto, Fiona in realtà aveva già da lungo tempo deciso che era così che doveva essere.

    Distolse lo sguardo dalla finestra e si avvicinò al piccolo tavolo da pranzo che utilizzava come scrivania e osservò il solito disordine: un lattina vuota di Diet Coke, un piatto di carta unto con una fetta di pizza sbocconcellata, pile di cartelle, rapporti di polizia e un blocco giallo con un foglio di carta immacolato che la fissava.

    Aveva lavorato all’arringa finale del caso DeMarco fino a poco dopo la mezzanotte, quando si era trascinata a letto. Ora, fissando la pagina vuota, Fiona aggrottò le sopracciglia. Non aveva fatto grandi progressi e sapeva bene perché. Era nervosa per quel caso. Nervosa come non lo era più da molti anni.

    Per prima cosa, si trattava di un caso di stupro e, a parte il fatto che negli ultimi anni si era occupata quasi esclusivamente di omicidi, quel genere di processo era notoriamente imprevedibile. In questo caso, poi, non vi era neppure la prova del DNA a suffragare la testimonianza della donna. Vincent DeMarco aveva usato il preservativo. Inoltre era un agente di polizia, un poliziotto esperto che lavorava agli ordini di Frank Quinlan.

    E Quinlan era intoccabile. Fiona aveva scoperto che poteva contare su numerose conoscenze e relazioni quando le era capitato di collaborare a un’indagine interna sui suoi metodi di interrogatorio.

    Un tale, che Fiona aveva indagato e fatto condannare per omicidio e che attualmente scontava l’ergastolo a Stateville, aveva in seguito sporto denuncia contro il Dipartimento di Polizia in quanto sosteneva che Quinlan e alcuni dei suoi agenti, compreso DeMarco, lo avevano costretto a confessare il reato con minacce e torture.

    Fiona si era indignata. Si prefiggeva sempre di vincere in tribunale, ma l’ultima cosa che voleva era mandare in carcere un innocente o scoprire che quella che riteneva una convinzione legittima era in realtà infondata a causa della trascuratezza delle indagini o del comportamento riprovevole della polizia. Quel fatto screditava la sua persona e l’ufficio del procuratore e perciò in seguito aveva raccolto personalmente le testimonianze.

    Alla fine le accuse erano state lasciate cadere e Quinlan era stato prosciolto da una commissione disciplinare. Tuttavia lui continuava a nutrire un violento rancore nei confronti di Fiona. Si era rifiutato di cooperare per le indagini del caso DeMarco, in parte per un senso di lealtà verso uno dei suoi agenti, ma, secondo Fiona, soprattutto perché voleva vederla sprofondare nel fango.

    Una possibilità che, con il passare del tempo, si faceva sempre più realistica. Il processo non stava andando bene e lei ne era consapevole.

    Fissò la pagina vuota per un istante ancora, poi annotò il primo dato statistico che le venne in mente. Una donna su tre in questo paese subisce almeno un’aggressione a sfondo sessuale nel corso della sua vita. Una su tre...

    Quando squillò il telefono, senza smettere di scrivere, allungò automaticamente la mano verso la base del cordless sistemata sul banco della cucina. Poi, quando si rese conto di che ora era, la mano iniziò a tremare. Erano le due del mattino passate. A quell’ora non giungevano mai buone notizie.

    «Pronto?»

    «Fiona? Sono Guy Hardison.»

    Udendo il suono della voce del suo capo, lei aggrottò le sopracciglia. «Hai idea di che ora è? Che cosa è successo?»

    «Ho appena sentito Clare Fox» disse riferendosi al vice capo del distretto di polizia del North Side. «Abbiamo un problema. Potrebbe essere un problema grosso.» Il timbro mellifluo e levigato della sua voce coglieva Fiona sempre di sorpresa.

    Anche lui era cresciuto a Bridgeport, ma ormai da tempo era sparita dal suo modo di parlare ogni traccia residua di inflessione dialettale.

    Era il diretto superiore di Fiona alla Sezione Omicidi e Crimini Sessuali e nel corso degli anni i due erano riusciti ad appianare le loro talvolta enormi divergenze filosofiche e a costruire un rapporto di lavoro abbastanza congeniale a entrambi.

    Guy era un procuratore scaltro e ambizioso che col tempo aveva imparato a padroneggiare l’arte della convenienza politica e del compromesso. Fiona no. La sua passione per la giustizia era paragonabile solo al suo caratteraccio e alla sua naturale inclinazione a saltare senza guardare, una tendenza che quasi sempre la portava a farsi male.

    «È stato ritrovato stanotte il corpo di una donna in un vicolo tra la Bleaker e la Radney» continuò lui. «Sembra opera di un professionista e, se lo è, la stampa ci andrà a nozze. È proprio quel genere di cose su cui piacerebbe mettere le mani a qualche ambizioso giornalista, soprattutto considerando le ultime notizie apparse sui giornali.»

    Alludeva a un rapporto del Dipartimento di Giustizia secondo cui Chicago aveva superato New York per numero di omicidi all’anno. Le statistiche sulla criminalità avevano occupato la prima pagina di tutti i quotidiani locali e il sindaco, a pochi mesi dalla sua eventuale rielezione, era furibondo.

    «Sia il sindaco sia la stampa stanno col fiato sul collo al Dipartimento di Polizia.» La voce di Guy pareva tesa, come se anche lui fosse sotto tiro. «Clare vuole assolutamente che questo caso venga gestito in maniera più che corretta. Non sono ammessi errori. Bandito il tecnicismo. Ha richiesto l’intervento di un sostituto sulla scena del delitto.» Fece una pausa. «Sarai tu a occupartene, Fiona. In questo momento hai la stampa dalla tua e poi piaci ai giornalisti. Non solo. Se riuscissi a spuntare un’altra condanna alla pena capitale, certe persone potrebbero anche cominciare a spaventarsi.»

    Lei non poté fare a meno di dubitare che Guy Hardison nascondesse un asso nella manica. «Hai detto tra la Radney e la Bleaker, giusto? È nel Terzo Distretto.» Territorio di Frank Quinlan.

    «Non avrai paura di Frank Quinlan, vero, Fiona?» Traspariva dalla sua voce un pizzico di desiderio di sfida, a cui, lui lo sapeva, non sarebbe stata capace di resistere.

    Lei si accigliò. «Niente affatto.» Non l’aveva forse già dimostrato?

    «Allora recati subito sul posto e accertati che i suoi uomini non si allarghino troppo, prima ancora di avere eseguito l’arresto. Porta Milo con te.»

    Milo Cherry era il braccio destro di Fiona, un giovane e zelante avvocato con uno strano senso dell’umorismo e una memoria quasi fotografica.

    Dopo vari tentativi, Fiona riuscì a mettersi in contatto con lui sul suo cellulare. Sentiva in sottofondo della musica e delle risate e ne dedusse che probabilmente si trovava a una festa protrattasi fino a tardi o in un locale notturno. La cosa la sorprese, considerato che la mattina seguente avrebbero dovuto trovarsi in tribunale alle nove. Tuttavia, fin tanto che faceva il suo lavoro e interveniva prontamente nei momenti di crisi, la sua vita sociale non la riguardava. E a lui non parve per nulla dispiacere quella convocazione a un’ora così impossibile. Accettò infatti di buon grado di passare a prenderla entro dieci minuti.

    Fiona si affrettò a vestirsi, e in quel trambusto improvviso, dimenticò completamente l’incubo che poco prima l’aveva svegliata. Ma davanti alla porta, tutto d’un tratto il sogno le tornò in mente costringendola a fermarsi, come se l’idea che dall’altra parte potesse esserci in agguato il fantasma di David Mackenzie minasse in qualche modo la fiducia in se stessa.

    Per un breve istante non riuscì ad aprire la porta e a uscire nella penombra del pianerottolo. Era come se non riuscisse a muovere un muscolo.

    È pazzesco, disse tra sé con severità. David Mackenzie era morto. Non era il profumo della sua acqua di colonia quello che aveva sentito in casa. Non era lui l’assassino che aveva abbandonato il corpo di quella povera ragazza nel vicolo. David era morto e sepolto e non poteva tornare indietro.

    Mentre Fiona faceva appello a tutta la propria forza e usciva sul pianerottolo, qualcosa le fece venire la pelle d’oca. Per una frazione di secondo avrebbe giurato di aver percepito una presenza invisibile in corridoio. Un fantasma del passato venuto dall’oltretomba per chiedere giustizia.

    2

    L’omicidio della sua prima moglie perseguitava Ray Doggett da vent’anni, ma ultimamente lo aveva assillato più del solito. Lei lo aveva assillato. Non sapeva perché, ma aveva ricordato piccole cose di Ruby a cui non aveva più pensato. Cose che lei aveva detto. Il suo modo di vestire. Il suo sorriso. L’aveva anche sognata, era stato come ossessionato dal suo assassinio.

    Per questo quella telefonata di Frank Quinlan lo aveva particolarmente colpito.... un corpo ritrovato in un vicolo a nord tra la Bleaker e la Radney. Giovane, femmina, caucasica. Alza il culo, Doggett e va’ a vedere. Non mi piace.

    In tutti gli anni in cui Doggett era stato nel Dipartimento di Polizia di Chicago aveva visto la sua razione di omicidi. Ne aveva visti alcuni che sapeva non avrebbe mai potuto dimenticare. Ma non era certo la morte di un’altra giovane donna che lo turbava quella sera quanto piuttosto il fatto che il suo corpo fosse stato rinvenuto in un vicolo.

    Anche il corpo di Ruby era stato abbandonato in un vicolo. Erano trascorsi tre giorni dalla sua scomparsa quando fu ritrovata. La telefonata via radio era arrivata subito dopo la mezzanotte, ricordò Doggett. Lui e il suo collega, Joe Murphy, avevano il terzo turno di guardia e risposero immediatamente. Quando arrivarono, una pattuglia li aveva già preceduti. Murphy era sceso dall’auto e si era diretto verso il vicolo e Doggett, invece di seguirlo, si era avviato lentamente lungo la via principale. Aveva scorto qualcosa sotto un lampione.

    Aveva riconosciuto subito la scarpa. Rossa col tacco alto, decorata con cristalli rossi. Quel genere di scarpa che affascinava una semplice ragazza di campagna dell’Indiana.

    Guarda, Ray! Non sono magnifiche? Non le trovi adorabili? Sono scarpe da sera di rubini. Hai capito? Scarpe da sera di rubini...

    Doggett si era voltato e aveva cominciato a correre verso il vicolo. Murphy gli era andato incontro, gli aveva afferrato il braccio e, quando lui aveva cominciato a divincolarsi, lo aveva gettato contro il muro.

    «Sta calmo, amico.»

    «Lasciami andare, Murphy. Lasciami andare, maledizione. È Ruby.»

    «Non devi vederla ridotta così.»

    «Lasciami andare, dannazione!»

    Murphy lo aveva trattenuto con la forza. «Non puoi andare. Mi hai sentito? È conciata male, amico. C’è sangue dappertutto. Non devi vedere. Non è così che devi ricordartela.»

    Invece fu proprio così che se la ricordò per diversi mesi dopo la sua morte. Non aveva visto il corpo sulla scena del delitto, né in seguito all’obitorio, ma si era recato così tante volte sulla scena di altri delitti da riuscire a immaginare gli indumenti intrisi di sangue, lo sguardo fisso e vitreo.

    Vent’anni dopo quell’immagine era ancora con lui, sulla scena di ogni delitto, a ogni indagine. La consapevolezza che l’assassino era ancora la fuori, impunito e impenitente, lo teneva ancora sveglio la notte.

    Forse stava invecchiando, rifletté. Rimuginava sul passato perché la vita non era andata come avrebbe voluto.

    Al diavolo, adesso aveva un altro omicidio di cui occuparsi, un altro assassino da trovare. Era un poliziotto e c’era un mucchio di delinquenti in giro che occupavano la sua mente.

    Svoltò l’angolo e parcheggiò dietro una delle auto di pattuglia. La fitta nebbia attenuava le luci dei lampeggiatori e, poiché era mattina molto presto, la scena era ancora relativamente tranquilla. Non vi erano curiosi da tenere a bada né erano già giunti gli operatori televisivi con le loro telecamere. Regnava una calma quasi surreale, come se fosse ancora immerso in uno dei suoi sogni, pensò Doggett. Ma quando scese dall’auto, la voce gracchiante proveniente dalla radio di una pattuglia lo riportò con forza alla realtà.

    Seguì le voci che provenivano dal fondo del vicolo, mostrò il documento di riconoscimento al giovane agente che pattugliava il perimetro della scena e passò sotto il nastro che la delimitava e si guardò intorno.

    Gli edifici che sorgevano su entrambi i lati del vicolo erano di diversi piani, squallidi e imbrattati da graffiti e con poche finestre. A pochi isolati di distanza sulla Rush Street, i locali alla moda dovevano ancora essere gremiti di giovani in cerca di divertimento e di un po’ di droga facile, ma la zona limitrofa dove era stato rinvenuto il cadavere era terra di nessuno, un’area impigliata tra l’abbondanza e il fascino della Gold Coast e

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