Caroline (eLit): eLit
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Caroline Fortune è il direttore marketing della Fortune Cosmetics. Fondata da sua nonna Kate, l’azienda di famiglia sta vivendo un momento magico grazie al lancio di una nuova linea di cosmetici la cui formula è in via di definizione. Il direttore del laboratorio di ricerca è l’insostituibile Nick Valkov, di origine russa, che però improvvisamente viene invitato dall’ufficio immigrazione a lasciare gli Stati Uniti perchè sospettato di pericolosi legami. Nonna Kate non ha dubbi: Caroline deve sposare Nick per dargli la cittadinanza americana. Il patrimonio di famiglia va salvato a ogni costo. E l’amore?
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Anteprima del libro
Caroline (eLit) - Rebecca Brandewyne
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Prologo
Washington, D.C.
«Dicevo, Duckie...» Parlava con voce bassa, roca. Una voce da gatta in calore. «Con tutte le conoscenze che hai all'Ufficio Immigrazioni... In fondo è un piccolo favore che ti chiedo. E poi, a chi vuoi che importi se revocano il permesso di soggiorno a quel russo? Puoi dire che hai avuto una soffiata da un informatore anonimo, e sei venuto a sapere che Nicolai Valkov è stato un agente del KGB, o che è collegato alla malavita. Come preferisci. L'importante è che venga dichiarato persona non grata e sia rispedito a casa. Quelli non oseranno mettere in dubbio la tua parola, Duckie. La parola di uno dei senatori più in vista di Capitol Hill. So che puoi farlo... che puoi aiutarmi a sbarazzarmi di Nick Valkov. Inutile dire che saprò esserti riconoscente, Duckie. Verrò apposta a Washington e festeggeremo insieme, io e te da soli. E porterò quel négligé di pizzo che ti piace tanto...»
Sprofondato nella sua poltrona di pelle, dietro l'immensa scrivania di legno di quercia, Donald Devane chiuse gli occhi per assaporare le immagini evocate dalla voce sensuale che lo tentava, dall'altra parte del filo. Il suo respiro si fece affannoso, il cuore prese a martellargli per l'eccitazione mentre ricordava il loro ultimo incontro. E quel négligé di pizzo. Si schiarì la voce. «Io... sì, credo di avere un paio di amici all'Ufficio Immigrazioni. Mi basterà fare una telefonatina... sarà uno scherzo da bambini. Per quel che mi riguarda, Nick Valkov è già in partenza sul primo aereo per la Russia.»
«Oh, Duckie, sapevo di poter contare su di te. Chiamami non appena avrai sistemato tutto, e correrò da te, a Washington, te lo prometto. Nel frattempo, tieni caldo il letto e... sognami. A presto, Duckie caro.» Una lieve risatina risuonò nel ricevitore un attimo prima che la comunicazione venisse interrotta.
Devane si concesse qualche secondo, per ricomporsi e riprendere a respirare normalmente. Quindi premette il pulsante della linea interna e chiese alla sua segretaria di chiamare l'Ufficio Immigrazioni.
Pochi minuti più tardi, il computer dell'Ufficio Immigrazioni e Naturalizzazioni degli Stati Uniti cominciava a elaborare i dati necessari per revocare il permesso di soggiorno dell'ignaro Nicolai Valkov, responsabile del Reparto Ricerca e Sviluppo della Fortune Cosmetics. Una pedina troppo importante, e scomoda, agli occhi di qualcuno.
1
Caroline Fortune guardò con apprensione il suo orologio d'oro di Piaget, dopo aver arrestato la Volvo station-wagon nel parcheggio sotterraneo del palazzo di vetro e cemento che ospitava la sede della Fortune Cosmetics. Un incidente per strada, forse causato dal maltempo, aveva rallentato il traffico facendole perdere minuti preziosi. E la riunione era fissata per le 9 in punto...
Se c'era una cosa che sua nonna non sopportava, era la mancanza di professionalità sul lavoro. E arrivare in ritardo, per lei, era un sintomo di scarsa professionalità, e di disorganizzazione.
Il pensiero di dover subire una delle terrificanti sfuriate di Kate Winfield Fortune la fece tremare. Kate l'avrebbe freddata con una di quelle occhiate accusatorie, e rimproverata con quel tono glaciale che più di una volta, in passato, aveva ridotto alle lacrime diversi pezzi grossi della società, maschi e femmine indistintamente. Caroline aveva spesso assistito a quelle scene umilianti, e per fortuna non le era quasi mai capitato di essere il bersaglio dell'ira della nonna.
Sperava di non esserlo nemmeno quella mattina.
Afferrò dal sedile accanto al suo la borsa di Louis Vuitton e la valigetta, scivolò fuori dall'auto e sbatté lo sportello, affrettandosi verso l'ascensore che saliva nel grattacielo di proprietà della sua famiglia.
Tre minuti più tardi, attraversava il corridoio di uno dei piani superiori, diretta in sala riunioni. Mentre saliva, aveva aperto la valigetta e ora rileggeva rapidamente gli appunti che aveva preparato per quell'incontro. Perciò non vide il dottor Valkov, se non dopo che fu andata a sbattere contro di lui.
Come lei, anche Nicolai era intento a rivedere alcuni documenti, e nell'inevitabile quanto violento impatto i fogli che entrambi stringevano in mano finirono per aria.
Caroline perse l'equilibrio, inciampò e sarebbe caduta se le braccia forti e sicure di Nick non l'avessero afferrata. Trasalì, sorpresa e colpita, ritrovandosi con la guancia appoggiata a un torace saldo, e il viso a pochi centimetri da quello del chimico.
Non lo aveva mai visto da quella distanza ravvicinata, e non aveva mai fatto caso a lui... come uomo. Non aveva mai notato quanto fosse alto, e affascinante. Elegantissimo, indossava un gessato scuro dal taglio europeo, una camicia candida e una cravatta di seta firmata. Solo adesso, Caroline notò i capelli scuri, lucentissimi, e gli occhi profondi, sovrastati da un paio di folte sopracciglia nere. Una fila di denti perfetti e bianchissimi, a contrasto con la pelle abbronzata, apparve quando lui abbozzò un risolino derisorio.
«Avevo proprio voglia di qualcosa di dolce stamattina... e sono stato fortunato» esordì, con quella voce profonda dal lieve accento russo.
Il tono era stato così impertinente che Caroline si ritrovò ad arrossire. Che sfacciato, pensò. Chi si crede di essere? Un rubacuori, certo. Un uomo irresistibile. Correva voce che avesse fatto strage di cuori, da quando era arrivato. E per questo, Caroline faceva il possibile per scansarlo.
In seguito ai disordini che avevano sgretolato l'Unione Sovietica, Valkov era emigrato negli Stati Uniti, dove era stato assunto dalla Fortune. Aveva subito rivelato, nei modi e nel carattere, un atteggiamento piuttosto tradizionalista, addirittura antiquato; per lo meno, Caroline si era fatta di lui una idea precisa, inquadrandolo nella detestabile, affollata categoria dei maschilisti convinti. In effetti, quella sua uscita di poco prima era tipica del suo atteggiamento nei confronti delle donne. Insolente. Arrogante. Con quell'aria di superiorità che lei trovava semplicemente insopportabile.
Caroline sapeva che la Fortune, assumendolo, si era assicurata uno dei chimici più validi a livello mondiale; ma questo non gli dava il diritto di prendersi certe libertà con lei!
«Dolce, ha detto? Guardi che so essere più amara di un caffè senza zucchero, dottor Valkov» gli rispose a tono, tentando inutilmente di liberarsi dalla morsa di acciaio che le serrava le braccia. Ma quelle dita forti non accennavano ad allentare la presa.
«Eppure scommetto che dietro la corazza nasconde un cuore infinitamente più dolce di quanto non voglia dare a vedere.» Le fece scivolare una mano sulla nuca, e la affondò nella lussureggiante massa di capelli castani chiari, che lei teneva raccolti in una elaborata treccia alla francese. «Mi chiedo spesso come mai lei porti sempre la stessa acconciatura così... fredda, e severa. Non l'ho mai vista con i capelli sciolti, sa? È così che dovrebbe portarli. Sciolti. E arruffati. Sono così belli... Qualsiasi uomo sarebbe tentato di sfilarle le forcine, per vedere quanto sono lunghi. Dove le arrivano, alle spalle?» Sembrava divertito nel vederla così a disagio. «Non vuole dirmelo? Peccato. E quegli occhiali?» Puntò un dito verso l'enorme montatura di tartaruga appoggiata sul naso diritto di lei. «Io penso che li metta per nascondersi. Perché in realtà ci vede benissimo.»
Caroline sentì il rossore che le saliva fino alla radice dei capelli. Perché quell'insolente aveva ragione: i capelli le arrivavano fin oltre le spalle, e la sua ipermetropia era talmente lieve che avrebbe potuto fare a meno degli occhiali.
Li portava perché le davano un'aria di severa efficienza. Per proiettare una immagine di donna professionale, e nascondere la sua indole vulnerabile e sentimentale al resto del mondo. E agli uomini in particolare.
Si impose di assumere un atteggiamento baldanzoso. «Spiacente, ma quello che pensa lei non mi interessa affatto. E le faccio notare che nessuno dei due può permettersi di stare qui a perdere tempo in chiacchiere. A meno che, non abbia intenzione di sorbirsi una delle famose lavate di testa di mia nonna. Io no di certo. Quindi se vuole lasciarmi andare... Mancano pochi minuti alle nove.»
«Ah, già. La riunione!» Nick parve cadere dalle nuvole. «Mi era sfuggito di mente. Sarà stato per via di questo fortunato incontro...» Si chinò e la aiutò a raccogliere i fogli sparsi sul pavimento.
Quindi entrarono insieme nella sala, dove Caroline constatò, con un certo rammarico, che tutti gli altri erano già arrivati con abbondante anticipo.
Sua nonna sedeva all'estremità del lungo tavolo delle conferenze. Alla sua destra, il padre di Caroline, Jacob Fortune, suo figlio primogenito, nonché amministratore delegato della società; alla sua sinistra, invece, sedeva Sterling Foster, che era da anni il suo avvocato e il suo più caro amico.
Semisdraiato su una delle sedie laterali e con gli occhi socchiusi, quasi stesse smaltendo i postumi di una sbornia colossale, c'era il cugino di Caroline, Kyle, che si era già tolto la giacca e aveva allentato la cravatta.
A settant'anni suonati, Kate Winfield Fortune era tutt'altro che vecchia o decrepita. Il viso dai tratti classici era appena segnato da un paio di rughe, grazie anche ai costosi cosmetici che non aveva mai smesso di usare. La massa di capelli rosso scuro era come al solito, raccolta sulla nuca in una acconciatura elegante, che metteva in risalto gli zigomi e la pelle levigata e morbida, ereditata dalla stessa Caroline. Pur essendo minuta e bassina di statura, Kate aveva un carattere dinamico e autoritario. Gli occhi azzurri che sprizzavano scintille denotavano una energia e una vitalità che avrebbero fatto invidia a una trentenne, e la mente era ancora lucidissima.
Ebbene quella minuta settantenne era a capo dell'impero dei Fortune; un impero comprendente non solo la Fortune Cosmetics, cioè l'azienda che lei stessa aveva fondato anni prima, ma anche una multinazionale che si occupava di edilizia, grosse partecipazioni in società petrolifere, e quote di proprietà di vari ranch.
Caroline adorava sua nonna più di qualsiasi altro membro della sua numerosa famiglia. Il suo più grande sogno era diventare come lei. Sapeva però di non possedere la sua grinta, la sua arguzia e il suo intuito, né il suo amore per la vita e il gusto per l'avventura. Se mai Caroline aveva posseduto queste qualità, erano andate distrutte all'epoca del suo disastroso fidanzamento con Paul Anderson, un giovane di belle speranze, che lavorava alla Fortune Cosmetics. Che delusione era stata, per Caroline, scoprire che Paul era attratto dal suo conto in banca e dal suo nome molto più di quanto non fosse attratto da lei...
Ferita e amareggiata dopo di allora, Caroline si era risolutamente tenuta alla larga dagli uomini, e si era gettata a capofitto nel lavoro, concentrandosi sulla carriera. Con intelligenza, caparbietà e una incrollabile determinazione, si era fatta strada nella compagnia, fino a diventare vicepresidente del Settore Marketing. E sapeva di essersela sudata, quella posizione, perché sua nonna non guardava in faccia nessuno, nemmeno i familiari, quando si trattava di concedere gratificazioni e promozioni.
«Buongiorno a tutti.» Salutò i presenti sfilandosi i guanti e l'elegante cappotto di cammello. «Mi spiace di avervi fatto aspettare, ma sono rimasta bloccata nel traffico per via di un incidente...»
«Per non parlare del piccolo scontro che abbiamo avuto poco fa in corridoio» continuò Nick, senza smettere di guardarla. Adesso la sua disapprovazione era diretta anche al tailleur di Chanel color crema e alla rigorosa camicia di seta dal collo sciallato.
Caroline ebbe la netta, sgradevolissima sensazione che lui la stesse spogliando con gli occhi. E quel sorrisino impertinente che continuava ad avere appiccicato sulle labbra... Dio, cosa avrebbe dato per farglielo sparire a suon di sberle!
Ma che diavolo le prendeva quella mattina? Di solito era così fredda e composta, e controllata. Non era da lei farsi scombussolare tutta. E per giunta da un uomo. A peggiorare le cose, poi, ci si mise anche Kyle, che sembrava essersi addormentato sulla sua poltrona.
Si maledisse mentalmente per averlo promosso a suo assistente, un paio di mesi prima. Sì, era suo cugino, e le stava simpatico; ma era pur sempre un uomo, e cioè un incapace. Irrimediabilmente inetto.
«Comunque siamo in orario» dichiarò Kate, in tono vivace. «E visto che ci siamo tutti, possiamo incominciare. Kyle... Kyle? Puoi farci l'onore di svegliarti e di unirti a noi?» Se il giovane aprì gli occhi fu solo grazie alla gomitata nelle costole che gli venne inferta da Sterling. «Davvero, Kyle, a volte penso che tu non sia tagliato per la Fortune» continuò Kate, asciutta. «Forse dovresti trovarti un impiego che ti costringa ad alzarti all'alba e a lavorare fino allo sfinimento, così a fine giornata non avresti la forza di bazzicare locali notturni e di darti alla pazza gioia.»
«Alzarmi all'alba!? Dio, che orrore!» Tirandosi su con un vistoso sbadiglio, Kyle si trascinò fino al mobile basso appoggiato al muro, per versarsi una tazza di caffè dal