Uno sceicco da baciare
Di Kristi Gold
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Kristi Gold
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Anteprima del libro
Uno sceicco da baciare - Kristi Gold
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Challenged By the Sheikh
Silhouette Desire
© 2004 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-665-5
Frontespizio. «Uno sceicco da baciare» di Gold Kristi1
La ricerca di un purosangue l’aveva portata alle scuderie SaHràa.
La scoperta di uno splendido esemplare di maschio era adesso una gradevole sorpresa.
Ferma sulla soglia della stalla, Imogen osservava la schiena nuda dell’uomo intento a sparpagliare della paglia per terra. Un rivoletto di sudore gli scivolava in mezzo alle scapole e scendeva lungo il solco della spina dorsale prima di sparire sotto la cintura di un paio di jeans sdruciti. Avevano un interessante spacco sotto un gluteo, notò Imogen, dal quale si intravedeva uno scorcio di pelle olivastra che catturò tutta la sua attenzione.
Purtroppo ammirare quell’affascinante sconosciuto non rientrava nei suoi impegni della giornata. Lo scopo della sua visita era trovare un cavallo che facesse al caso suo, compito alquanto arduo viste le sue scarse conoscenze in materia di equini e di equitazione.
L’ultima volta che era salita su una sella aveva avuto cinque anni e il pony l’aveva scaraventata a terra dopo pochi minuti.
L’ultima volta che aveva avuto a che fare con un uomo, invece, questi l’aveva scaricata per un’altra.
Insomma, in fatto di uomini e di cavalli, Imogen Danforth non poteva reputarsi una persona troppo fortunata. Tuttavia, nonostante quegli avvilenti precedenti, continuava ad apprezzare gli uni e gli altri.
La polvere che svolazzava nella stalla irritò le narici del suo sensibilissimo nasino aristocratico.
Dopo cinque starnuti in rapida successione, cercò nella borsa un fazzoletto con il quale si tamponò gli occhi umidi. Quindi guardò in direzione dello stalliere, che si era interrotto e si era voltato verso di lei.
Era incredibilmente alto e bello, anche più di quanto avesse immaginato: folti capelli corvini scompigliati, naso lungo e diritto. Sotto l’ombra della barba non ancora fatta, Imogen mise a fuoco un paio di labbra piene, carnose, sicuramente allenate a baciare. I muscoli cesellati del petto, appena spruzzati di peluria scura, dovevano essere il risultato dell’intenso lavoro fisico.
Risalendo verso il viso, Imogen si ritrovò a fissare due tumultuosi occhi grigi che la scrutavano con aperto interesse.
«Desidera?» le chiese l’uomo. Aveva una voce profonda e pacata. Ben modulata.
A Imogen vennero in mente diverse risposte, nessuna delle quali però avrebbe rivelato il vero motivo che l’aveva condotta lì. «Vorrei parlare con lo sceicco Shakir.»
«Ha fissato un appuntamento?»
Non ce ne era stato il tempo. Imogen aveva trovato l’indirizzo della scuderia su Internet, scoprendo che era la più vicina a Savannah, e vi si era recata subito, senza prima chiamare per assicurarsi che il proprietario potesse riceverla. «No, ma il cartello lì fuori dice che i visitatori sono sempre i benvenuti.»
«Dipende da che cosa vogliono dallo sceicco.»
«Ho bisogno di un arabo, e con una certa urgenza.»
L’uomo sorrise, un sorriso lento, un tantino sardonico ma apertamente sensuale, mentre la percorreva da capo a piedi con uno sguardo sfacciato. «Io sono arabo. E sono disponibile.»
Stava flirtando con lei! E, incredibile ma vero, lei era tentata di stare al gioco. «Grazie per l’offerta, ma ovviamente mi riferivo a un cavallo.»
L’uomo spostò il peso da una gamba all’altra. «Le interessa la riproduzione?»
Purtroppo nemmeno quella era nei programmi imminenti di Imogen, ma l’idea non era da scartare. «Ha detto, scusi?»
«Chiedevo se fosse interessata a un animale da riproduzione. Magari uno stallone.»
«Veramente ne cercavo uno da cavalcare. Un cavallo, intendo» aggiunse, perché le sue parole non si prestassero ad altri malintesi.
Il sorriso del giovane si allargò. Sembrava divertito. «Avrà una certa esperienza, spero.»
Imogen diede per scontato che stesse parlando di una certa esperienza da cavallerizza, ma il tono provocatorio lasciava intendere che lui si riferisse anche a qualcos’altro. «Diciamo di sì» rispose, vaga.
L’uomo posò il forcone e si allacciò le braccia sul petto. «E vorrebbe montare un cavallo tranquillo o è più portata per una monta più scatenata?»
Imogen inclinò la testa e concesse al suo interlocutore un sorriso civettuolo. Quel breve scambio di battute piene di allusioni, tutto sommato, era divertente e stimolante. «Mi va bene una qualsiasi cosa su cui riesca a stare in sella per più di cinque minuti di seguito» replicò.
«Per questo, basta un po’ di allenamento.»
«E devo dedurre che lei sia molto allenato.»
«Allenatissimo» sussurrò lui.
Un uomo sicuro del fatto suo, consapevole del proprio, innegabile fascino.
E lei, Imogen Danforth, si sentiva andare a fuoco... per un mozzo di stalla! Se in quel momento l’avessero vista i suoi, chissà quanto avrebbero riso.
Il problema era che lei non aveva tempo da perdere con quell’aitante giovanotto e con le sue spiritosaggini: doveva trovare un cavallo e ritornare di corsa in ufficio.
Sid Kramer, quel simpaticone del suo capo, l’aveva messa in un bel pasticcio, raccontando a un cliente che lei era un’abilissima cavallerizza. Di lì a un mese, lei doveva recarsi al ranch di quel cliente assieme al suo arabo, vincitore di innumerevoli competizioni, fingendo di essere una campionessa di equitazione, oltre che un’abile consulente finanziaria. Se non fosse stato per la promozione che Sid le aveva sventolato sotto il naso, non si sarebbe mai sognata di mettere piede in una stalla rischiando di calpestare... qualcosa di non troppo piacevole.
Imogen si abbottonò la giacca del tailleur e tornò ad assumere un tono e un atteggiamento professionali. «Sono qui per chiedere allo sceicco di prestarmi uno dei suoi campioni.»
L’espressione dell’uomo si fece seria. «Lo sceicco Shakir non ha l’abitudine di prestare i suoi cavalli al primo che capita. Prima dovrebbe conoscere meglio le sue intenzioni.»
«Mi sembra giusto. Io ho appunto intenzione di parlargliene. Se vuole andare a chiamarlo...»
Lo stalliere prese una camicia di denim che aveva appeso a un chiodo, sulla parete, e se la infilò senza preoccuparsi di abbottonarla. «Mi segua. L’accompagno nel suo ufficio. Potrà aspettarlo lì.»
Attraversarono il corridoio centrale, che tagliava in due la scuderia. In fondo c’era una scala, in cima alla quale l’uomo aprì una porta. Da questa, si accedeva a un minuscolo appartamento, attrezzato con un angolo cottura, un divano di pelle e un ufficio.
Imogen guardò incuriosita in direzione di un arco, al di là del quale c’erano due porte, forse di un bagno e di una camera da letto.
Non poté curiosare oltre, perché lo stalliere le indicò una poltrona. «Si metta comoda. Se ha sete, lì c’è un frigorifero. Si serva pure.»
«Grazie.» Imogen finse di guardarsi intorno per non essere tentata di fissare troppo sfacciatamente il giovane. «Carino qui. Lo sceicco ci viene spesso, immagino.»
«Sì.»
«E... anche lei vive da queste parti?»
«Sì.»
Una risposta monosillabica. Evidentemente, lui non aveva voglia di fare conversazione. «Bene. La ringrazio, signor... Scusi, temo di non aver afferrato il suo nome.»
«Nemmeno io il suo, ma forse è meglio così.»
Il giovane si girò e uscì.
E Imogen dovette dedurre che gli era stato ordinato di non dare troppa confidenza alle clienti della scuderia. Peccato, perché non le sarebbe dispiaciuto affatto approfondire quella conoscenza...
Sprofondò nella poltrona e sospirò.
Che cosa le stava succedendo? Era senza un uomo da un bel po’ di tempo, ora che ci pensava. Da quando aveva rotto con Wayne, più di un anno prima. Il caro Wayne, che voleva al suo fianco un campione di dolcezza e di femminilità.
Peccato che Imogen non era e non sarebbe mai stata un fragile bocciolo di rosa. Aveva sempre preferito sobri tailleur da ufficio a sontuosi abiti da sera. Preferiva i titoli di borsa ai mazzi di rose rosse. E non aveva più intenzione di legarsi a un uomo che pretendeva di dirle come doveva vestirsi, parlare e comportarsi.
Lei amava il suo lavoro e non intendeva rinunciare alla carriera, anche se il prezzo che doveva pagare per quello era rinunciare ad avere una vita sentimentale.
Poi, però, magari le succedeva di reagire in un modo ridicolo alle avance di qualcuno... come era accaduto poco prima, con quel ragazzo di stalla.
Che in fondo, tutto era tranne che un ragazzo. Era un uomo fatto, altroché! Doveva essere alto quasi un metro e novanta. E tutti quei muscoli...
Imogen posò il capo sullo schienale della poltrona e alzò gli occhi al soffitto. Ridicolo: abbandonarsi a certe fantasie su un uomo che neanche conosceva.
Chiuse gli occhi, sperando così di riuscire a rilassarsi per qualche minuto. Ultimamente era sempre troppo occupata, sempre di corsa: gli impegni si accavallavano durante tutta la giornata e di notte dormiva poco e male.
Fu più forte di lei: appena chiuse gli occhi, l’immagine che le apparve davanti fu quella dello stalliere. Provò a scacciarla per diversi minuti, inutilmente. Alla fine, si arrese e si abbandonò a quella sciocca fantasia. Tanto nessuno avrebbe mai saputo. Nessuno avrebbe mai sospettato che la sua fervida immaginazione la stava riportando nella stalla, a riprendere quella conversazione pepata con lo stalliere nel punto in cui si era interrotta. E a tramutare le parole che si erano detti in una scena erotica nitidissima...
Quando lo sceicco Rafi ibn Shakir entrò nella stanza, la ragazza era ancora seduta sulla poltrona e aveva gli occhi chiusi. Ma non dormiva. E non si accorse del suo arrivo.
A guardarla così, a prima vista, pareva la quintessenza della donna in carriera: capelli biondi perfettamente acconciati, un filo di trucco che esaltava i tratti delicati di un viso molto attraente, abbigliamento sobrio.
Eppure, mentre osservava la punta della sua lingua che scorreva su un labbro e la mano che scendeva ad accarezzarsi una gamba inguainata nel collant velatissimo sotto la gonna nera, Raf si convinceva sempre di più che dietro quell’immagine professionale si nascondeva una creatura calda e appassionata.
Senza aprire gli occhi, lei si slacciò un bottone della giacca, sotto la quale indossava una camicia di seta beige. Un lento sospiro le fuoriuscì dalle labbra mentre si posava un palmo sul collo nudo e poi faceva scivolare pian piano la mano sotto i due lembi aperti della camicia.
Raf immaginò la propria mano lì. E dappertutto, su quel corpo di donna. Un pensiero che accese in lui una fame divorante.
Forse sarebbe stato arrogante da parte sua immaginare che la sua ospite si stesse abbandonando a una fantasia erotica che riguardasse loro due, insieme. Ma aveva sempre avuto un certo intuito in fatto di donne, un istinto