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Quando meno te lo aspetti: Harmony Destiny
Quando meno te lo aspetti: Harmony Destiny
Quando meno te lo aspetti: Harmony Destiny
E-book155 pagine2 ore

Quando meno te lo aspetti: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Solo una grande occasione o il vero amore? Tori Barnett ha appena visto materializzarsi, sulla porta del locale dove stanno festeggiando il matrimonio della sua migliore amica, il milionario Mitch Warner e subito ha scorto la possibilità della cosiddetta "intervista della vita" per assicurare un florido destino alla sua carriera di giornalista. E mentre pensa a come avvicinarlo, Mitch le chiede di ballare. Entrambi vengono catturati da un desiderio irrefrenabile che li porta dalla sala da ballo alla camera da letto. L'irruenza e l'incontrollabilità dei loro sentimenti spaventa Mitch, abituato da sempre a controllare ogni emozione. Non sa come comportarsi, soprattutto davanti alle insistenti domande di quella splendida ragazza che gli ha rubato cuore e anima. Perché è tanto curiosa?

LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2016
ISBN9788858940631
Quando meno te lo aspetti: Harmony Destiny
Autore

Kristi Gold

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Quando meno te lo aspetti - Kristi Gold

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Unmasking The Maverick Prince

    Silhouette Desire

    © 2004 Kristi Goldberg

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-063-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    L’indomani mattina, Mitchell Edward Warner III avrebbe finalmente detto addio a Harvard e sarebbe tornato nel suo ranch in Oklahoma, dove trascorreva l’estate sin da quando era bambino. Era il posto in cui aveva imparato a cavalcare e a prendere un manzo al lazo senza rompersi l’osso del collo. Dove a quindici anni aveva tentato i suoi primi, maldestri approcci con il sesso insieme a una ragazza del paese, lungo il ruscello, con l’adrenalina che pompava a mille per lo smanioso desiderio adolescenziale, oltre che per l’ansia di essere beccati.

    Nell’estate del suo diciottesimo anno, era diventato piuttosto bravo a fare tutte e tre le cose.

    Ma non era mai stato bravo a essere quello che voleva suo padre, l’erede di una dinastia di insigni politici che si tramandavano il potere da quattro generazioni. Aveva preso la decisione di sottrarsi a quel retaggio dapprima rifiutandosi di frequentare la prestigiosa università del Texas presso la quale si erano laureati stirpi di Warner, in favore di Harvard, e poi scegliendo degli studi di economia piuttosto che di legge, come voleva la tradizione di famiglia. Si rifiutava di entrare nel torbido mondo della politica dei partiti e della scalata sociale, territorio nel quale suo padre e il tradimento regnavano sovrani.

    Le urla e gli schiamazzi provenienti dall’esterno accesero in Mitch un desiderio di libertà che gli sembrava per il momento ancora negata. Insieme ai suoi due migliori amici, Marc DeLoria e Dharr Halim, si era rifugiato nell’appartamento condiviso durante gli anni dell’università. Formavano un trio improbabile, agli occhi di molti osservatori, eppure avevano un punto in comune molto importante: la sgradita attenzione della stampa su di loro, per via delle loro famiglie. Quella sera non era diversa da tante altre. Figli di re e senatori faticavano a restare invisibili.

    Mentre la festa di laurea imperversava all’esterno, Mitch reclamò il suo posto a sedere preferito sul pavimento, la schiena appiattita contro la parete. Mise via la rivista che aveva finto di sfogliare fino a quel momento, prese la bottiglia di champagne e si riempì il bicchiere, desiderando che fosse birra. «Abbiamo già brindato al nostro successo» disse. «Ora, suggerisco un brindisi al nostro lungo celibato.» Colmò fino all’orlo anche i bicchieri di Dharr e Marc, appoggiò la bottiglia a terra e alzò il calice.

    Dharr lo imitò. «Approvo il brindisi.»

    Marc esitò, poi, qualche istante dopo, rilanciò: «Io preferirei proporre una scommessa».

    Dharr e Mitch si guardarono negli occhi prima di rivolgere la loro attenzione all’amico. «Che genere di scommessa, DeLoria?» si informò Mitch.

    «Be’, dal momento che siamo tutti d’accordo che il matrimonio non fa per noi, io suggerirei di restare fedeli a questo nostro proposito, scommettendo che saremo ancora scapoli tra dieci anni.»

    «E se così non fosse?» domandò Dharr.

    «Ci obbligheremo a rinunciare al nostro bene più prezioso.»

    Perdiana. A Mitch veniva in mente una sola cosa, qualcosa che per lui valeva più di qualsiasi oggetto materiale avesse mai posseduto. E ne possedeva tanti. «Dovrei privarmi del mio stallone? Sarebbe un colpo durissimo.»

    Dharr si mostrò ancora meno entusiasta, allorché il suo sguardo si posò sul dipinto di donna appeso alla parete dietro la testa di Mitch. «Immagino che nel mio caso dovrei rinunciare al mio adorato Modigliani, ma devo ammettere che privarmi di quel nudo mi causerebbe non poco dolore.»

    «È proprio questo il punto, signori» argomentò Marc. «La scommessa perderebbe di significato, se la posta in gioco non fosse così importante.»

    Mitch trovò strano che Marc non avesse ancora nominato il bene a cui avrebbe rinunciato. «D’accordo, DeLoria. Che cosa metti in gioco tu?»

    «La Corvette.»

    Diamine, quella vettura era leggendaria e Mitch stentava a credere che Marc fosse disposto a privarsene. «Daresti via la tua amata automobile?»

    «Certo che no. Sono sicuro che non perderò la scommessa.»

    «Se è per questo, neanch’io!» esclamò Dharr. «Dieci anni sono un lasso di tempo adeguato prima di essere costretto ad accettare un matrimonio di convenienza al fine di produrre un erede al trono.»

    «Nessun problema neppure per me» disse Mitch, ed era così. «Intendo rifuggire dal matrimonio a tutti i costi.»

    Dharr sollevò un’altra volta il bicchiere. «Tutti d’accordo, allora?»

    Mitch accostò il bicchiere a quello di Dharr. «D’accordo.»

    Marc fece altrettanto. «Che la scommessa abbia inizio.»

    Mitch sorrise, il primo sorriso sincero da giorni. Erano una squadra sino alla fine.

    Non aveva dubbi che li avrebbe battuti. A Marc piacevano troppo le donne per evitare di cadere nella trappola di una di loro. Dharr avrebbe ceduto prima o poi alle pressioni di suo padre e avrebbe sposato la donna scelta dalla sua famiglia. Il che non lasciava fuori che lui, che avrebbe fatto di tutto per condurre una vita ritirata.

    Immaginava che i giornalisti si sarebbero stufati prima o poi di stargli alle calcagna, se non avesse fornito loro nulla di cui scrivere. Si sarebbe rifugiato in qualche paesino sperduto dove nessuno lo conosceva o lo guardava come se fosse una specie di divinità. Si sarebbe sbarazzato di giacche e cravatte, trascorrendo le sue giornate in jeans e stivali e le serate nei locali, in compagnia di donne che non si aspettavano nulla da lui, se non un giro di ballo e un po’ di sano svago dopo la chiusura.

    E se era fortunato, sarebbe stato lasciato finalmente in pace, a vivere la sua vita a modo suo, libero di passeggiare per strada senza essere riconosciuto.

    1

    Nove anni dopo

    Quando Mitch Warner oltrepassò le porte del locale con tutta la sicurezza di una leggenda vivente, mancò poco che Victoria Barnett non si versasse addosso il bicchiere di plastica con lo Chardonnay di infima qualità.

    Il paio di Wrangler consumati in punti impossibili da ignorare, la camicia di jeans con le maniche risvoltate che esponevano avambracci abbronzati coperti da una patina di fine peluria e il cappello nero calato sulla fronte fornivano la classica immagine del ruvido cowboy in cerca di baldoria in un venerdì sera... magari sotto le lenzuola.

    Ma quello non era un cowboy qualsiasi.

    Era nientemeno che il miglior virgulto di Quail Run, l’espressione più fulgida della nobiltà americana, il probabile biglietto di Tori per un aumento di stipendio e una promozione.

    La giornalista che era in lei reagì con entusiasmo alla prospettiva di firmare l’articolo del decennio. La donna, invece, reagì con un calore improvviso alla vista di quegli occhi azzurri che scrutavano guardinghi la folla mentre lui avanzava verso il bancone gremito.

    Alcuni uomini rimarcarono la sua presenza con un saluto disinvolto, come se la sua comparsa in quella bettola fumosa fosse un evento di normale amministrazione. Più di una donna, invece, lo fissò come se fosse la risposta ai suoi sogni più trasgressivi.

    Tori non riusciva a immaginare come un uomo del suo calibro potesse frequentare un posto come il Sadler’s Bar and Grill, o scegliere di risiedere in quella cittadina sperduta del sud dell’Oklahoma. Se non fosse stato per l’imminente matrimonio della sua migliore amica, lei non sarebbe mai ritornata a Quail Run, dove era cresciuta tra la commiserazione altrui, in una sordida baracca. Povera piccola Tori, la cui mamma non si era preoccupata di sposare il suo papà, ammesso che lui gliel’avesse chiesto.

    Ma per la prima volta in due giorni era contenta di essere tornata. E, con un pizzico di fortuna, Mitch Warner le avrebbe fornito ciò di cui aveva bisogno.

    «Dovresti proprio farti un giro, Tori.»

    Tori si voltò verso destra, prestando attenzione a Stella Moore, la ragione della sua presenza in quel locale. Era lì, infatti, insieme alle sue amiche, per festeggiare l’addio al nubilato di Stella, prima che sposasse Bobby Lehman il giorno dopo. «Un giro di cosa?» chiese perplessa.

    Stella indicò il piccolo palco di fronte alla pista, dove alcuni uomini barbuti, con lo stomaco gonfio di birra e la T-shirt con su scritto Mordimi, stavano allestendo un karaoke. «Dovresti cantare. Ti è sempre piaciuto.»

    «Dai, Tori, canta» la incitò Janie Young sferrandole una piccola gomitata al fianco. Janie la scialba, così la chiamavano ai tempi della scuola. Ma ora, con i capelli biondi lunghi fino alla vita, gli occhi verdi perfettamente truccati e il suo fisico statuario, Janie non meritava più quel nomignolo. Al contrario, la carriera che si era scelta prevedeva che percorresse con grazia le passerelle di moda da New York a Parigi come modella nota semplicemente come Jada.

    «Perché non canta una di voi?» rilanciò Tori. «Io preferisco restare qui a sorseggiare il mio vino.» Anche se era veramente pessimo.

    «Su, Tori» la supplicò Stella. «Avevi la voce più bella nel coro della scuola. Tirala fuori.»

    Una vampata di calore salì lungo il collo e le guance di Tori. «Figuriamoci. Eravamo solo in dieci.»

    Janie corrugò la fronte. «Smettila di fare la modesta. Lo sai anche tu di essere brava. Inoltre, sarà l’occasione per esercitarti un po’ prima di cantare domani al matrimonio.»

    Tori prese una ciocca di capelli e iniziò ad attorcigliarla attorno al dito, un tic nervoso che l’accompagnava da quando aveva due anni, non appena le erano cresciuti un po’ i capelli, in pratica, come la mamma le aveva raccontato. Ai tempi in cui la madre ricordava ogni tappa importante nella vita di sua figlia, prima di dimenticarsi addirittura del suo nome. Ai tempi in cui sua madre c’era ancora.

    Scacciando la tristezza, Tori si schermì: «È passato tanto tempo da quando cantavo in pubblico». Tanto tempo da quando non aveva più

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