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La lettera maledetta
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E-book192 pagine2 ore

La lettera maledetta

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Info su questo ebook

Annelise, allevata da un rigido zio Puritano, viene catapultata nell'atmosfera brillante della Londra cortigiana. Justin Rochefort, il nobile per cui lei ha un debole, si rivela il suo tutore, nominato dal padre della ragazza prima di morire. Ma proprio quando Annelise sta per abbandonarsi all'amore, una misteriosa lettera le rivela un oscuro e terribile segreto che getta un'ombra sul suo rapporto con Justin...
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2021
ISBN9788830534230
La lettera maledetta
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    La lettera maledetta - Anne Herries

    Copertina. «La lettera maledetta» di Herries Anne

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Satan’s Mark

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 1999 Anne Herries

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3053-423-0

    Frontespizio. «La lettera maledetta» di Herries Anne

    1

    Sentendo una risata roca e sguaiata, Annelise si fermò e si voltò. Tre uomini stavano uscendo dalla locanda dietro di lei, tenendosi a braccetto. Erano molto allegri, indubbiamente per aver alzato troppo il gomito. Ridevano e gridavano scambiandosi battute; Annelise pensò che un simile comportamento sarebbe stato giudicato riprovevole da suo zio e da quelli come lui. Sicuramente, perciò, i tre dovevano essere realisti, soldati appena tornati da chissà dove. Riconosceva i cavalieri dal loro abbigliamento stravagante e vistoso, così diverso dagli abiti semplici e sobri che indossavano coloro che abbracciavano gli ideali puritani.

    Gli uomini scherzavano tra loro, scambiandosi spintoni e motteggi in modo chiassoso. Erano chiaramente ubriachi, pensò Annelise, atteggiando il volto a un’espressione di disgusto. Quando si accorsero che lei li guardava, il più alto dei tre le fece un elegante inchino, togliendosi il cappello. Il suo gesto ironico provocò un altro scoppio di risa da parte dei suoi compagni.

    «Va’ così, Justin! Scommetto che la fanciulla gradirà le tue attenzioni.»

    Annelise distolse lo sguardo, riprese a camminare e arrossì per l’irritazione, rendendosi conto di essere oggetto delle battute salaci dei tre. Non poté fare a meno di pensare che, se era così che i sostenitori del re si comportavano tornando in patria dopo il loro lungo esilio suo zio aveva proprio ragione nel sostenere che l’Inghilterra sarebbe caduta di nuovo in mano a gente dai costumi discutibili.

    Sir Hugh Featherstone, lo zio di Annelise, era stato un amico di lunga data di Oliver Cromwell. La loro conoscenza risaliva a molto tempo prima che Cromwell diventasse Lord Protettore. Sir Hugh aveva combattuto al suo fianco nella sanguinosa guerra civile provocata, secondo lui, da re Carlo I. La notizia della morte di Cromwell era stata accolta con sincero cordoglio a casa Featherstone. In cuor suo, Annelise non aveva mai provato una grande simpatia per Cromwell, benché gli avesse sempre tributato il rispetto che gli era dovuto. Lo aveva considerato un uomo troppo severo, rigido e solenne nei modi, malgrado la gentilezza che lui le dimostrava ogni volta che s’incontravano.

    «Signorina Woodward!»

    Sentendosi chiamare, Annelise si fermò e si voltò di nuovo.

    «Vi prego, aspettate!» disse una donna, accelerando il passo per raggiungerla.

    Mentre attendeva che la donna le si avvicinasse, Annelise vide gli uomini avanzare, ma li ignorò di proposito. «Signora Hale!» esclamò con un sorriso. «Cosa posso fare per voi?»

    «Volete dare un messaggio a lady Prudence da parte mia?» le chiese la matrona sbuffando leggermente per lo sforzo. Era la moglie del pastore del paese, una brava donna pia e devota dal fisico robusto. Infagottata nell’abito nero di foggia semplice, con il colletto di lino bianco, la sua figura corpulenta assomigliava a un sacco di patate.

    I tre uomini le passarono accanto e uno di loro diede involontariamente una gomitata al cesto di vimini che le pendeva dal braccio.

    «Che modi!» lo rimproverò la donna, facendosi in fretta il segno della croce, con diffidenza. «Le persone del vostro stampo non sono bene accette qui. Avete su di voi il marchio di Satana!»

    Il cavaliere che lei aveva apostrofato la fissò, stupito e irritato al contempo, con l’aria di pensare che il suo gesto non aveva sicuramente meritato un simile commento. Si fermò davanti alla donna con cipiglio minaccioso, e per un attimo Annelise temette che volesse aggredirla.

    Era un uomo robusto, con il viso rubizzo e gli occhi infossati negli zigomi paffuti. Annelise avvertì un brivido percorrerle la spina dorsale e pensò che la moglie del pastore era stata avventata ad apostrofarlo in modo così aspro. Ora quelli come lui comandavano il paese e nessuno poteva essere certo che il re Carlo II non intendesse perseguitare i seguaci dell’uomo che aveva ucciso tanto crudelmente suo padre. In una situa zione di tale incertezza, sarebbe stato più saggio comportarsi con circospezione ed evitare ogni possibile scontro.

    «Per tutti i diavoli!» tuonò l’uomo. «Ora non si può più camminare liberamente per strada senza essere avvicinati da una bisbetica? Questi puritani hanno reso la nostra allegra Inghilterra un luogo ben tetro! Dovrei insegnarvi le buone maniere, strega!»

    «La signora Hale non intendeva offendervi» intervenne Annelise, notando l’espressione indignata della donna e temendo la sua reazione. «Il vostro gesto involontario l’ha colta di sorpresa, nulla più.»

    L’uomo la fissò con malcelato interesse. Malgrado la semplicità del suo abito, la bellezza di Annelise era innegabile. Qualche sottile ciocca di capelli biondi sfuggiva dalla cuffietta di lino che le incorniciava il viso dall’ovale perfetto e dall’incarnato vellutato, in cui spiccavano i grandi e luminosi occhi grigioazzurri.

    «Forza, Ralph» lo esortò uno dei suoi compagni. «Abbiamo da fare, ricordi?»

    Quello che aveva parlato era l’uomo alto che aveva fatto l’inchino scherzoso ad Annelise. Il suo amico lo guardò e annuì, calmandosi.

    «Come sempre hai ragione, Justin» rispose, tornando a posare lo sguardo su Annelise. «Siete molto bella» osservò, sorridendole con malizia. «È un vero peccato che dobbiate indossare abiti dello stesso colore dei corvi.»

    «Perdonatelo per la sua impudenza» le disse l’altro.

    Annelise lo guardò con maggiore attenzione e non poté evitare di trattenere il respiro, notando la sua avvenenza. Si era di nuovo tolto il cappello e i suoi fluenti capelli neri rilucevano, scendendo morbidi fino alle spalle. Aveva gli occhi azzurri, illuminati da un lampo divertito, e un viso così bello che Annelise provò una strana emozione nel guardarlo.

    Sentendosi sciocca per la propria debolezza, si rimproverò per quei pensieri fatui. Le era stato insegnato a considerare con spregio ogni vanità. Benché in segreto il suo animo si ribellasse spesso alla severità delle regole imposte da suo zio, Annelise era abituata a obbedire e ad accettare le sue parole come legge. Andava in chiesa ogni domenica e ascoltava i lunghi e noiosi sermoni del pastore senza lamentarsi. Di tanto in tanto portava di soppiatto in camera un libro di poesie, da leggere alla luce di una candela nel cuore della notte. Non trovava niente di male nel suo innocente passatempo, benché sapesse che suo zio sarebbe stato tutt’altro che contento se l’avesse scoperta.

    «Purtroppo le maniere del mio amico lasciano alquanto a desiderare» continuò l’uomo. «Tuttavia permettetemi di tranquillizzarvi. Anche se ci siamo fermati alla locanda non siamo affatto ubriachi. Il nostro entusiasmo chiassoso è unicamente dovuto alla felicità per essere di nuovo a casa. Pur essendo goffo e poco attraente, il buon Ralph non porta su di sé il marchio del demonio, rassicuratevi.»

    Annelise trasalì e fissò lo sconosciuto con ap prensione e una sensazione strana che non riusciva a identificare.

    «Accidenti a te, Justin!» tuonò Ralph, posando la mano sull’elsa della spada. «Dovrei sfidarti a duello per la tua sfrontatezza, villano! Lo farei volentieri se non sapessi che non reggerei il confronto.»

    Justin Rochefort rise e Annelise non poté fare a meno di ammirare il suo sorriso. Aveva l’atteggiamento energico e pieno di vitalità di un soldato avvezzo alle battaglie, ma anche lo spirito e l’espressione arguta dell’uomo di mondo. Era così affascinante che il cuore di Annelise perse un battito quando lui posò gli occhi su di lei per un istante, prima di tornare a rivolgersi al suo compagno.

    «Amico mio, non ti ucciderei mai per una stupidaggine del genere, però temo che con la tua goffaggine tu abbia turbato la signora.»

    «Ralph è il solito maldestro!» intervenne il terzo cavaliere, togliendosi il cappello e inchinandosi verso le due donne. «Vi prego di perdonarlo, gentili dame. Permetteteci di presentarci. Io sono sir Robert Harris, figlio del defunto sir Richard di Longton Hall. I miei amici sono il colonnello Ralph Saunders e...»

    «Non importunare le signore oltre il lecito, Robert» intervenne Justin, interrompendolo. «Abbiamo indugiato sin troppo a lungo. Scusateci, signore, siamo in ritardo e dobbiamo andare» aggiunse, inchinandosi di nuovo.

    I suoi amici accolsero le sue parole come se avessero ricevuto un ordine. Quando lui si voltò lo seguirono prontamente, dirigendosi verso i cavalli che erano legati a poca distanza.

    «Dunque quello è il figlio di sir Richard» commentò la signora Hale, aspra, dopo che i tre si furono allontanati. «Era solo un ragazzo quando sua madre lo portò in Francia da suo padre, dopo che la loro proprietà venne sequestrata alla fine della guerra. Ho sentito dire che sir Richard è morto e che il re ha riassegnato l’eredità al giovane sir Robert.»

    «Sbaglio o la tenuta è chiusa da due anni?»

    «Sì, da quando Matthew Clarke è morto, che riposi in pace!» La signora Hale si fece il segno della croce. «Era un brav’uomo e ha gestito la proprietà in modo oculato, ma non aveva più voglia di vivere dopo la morte per malattia di suo figlio e di sua moglie.»

    Annelise annuì, ricordando l’uomo. Matthew Clarke era un amico di suo zio e andava spesso a trovarlo insieme alla moglie e al figlio. Anzi, si era persino parlato di unire le due famiglie facendo sposare Annelise con David Clarke. Se non fosse morto, a quell’ora lei sarebbe stata sua moglie e avrebbe rischiato di essere cacciata di casa a causa del ritorno di sir Robert. Nessuno sarebbe potuto essere sicuro di ciò che avrebbe fatto il re, ora che aveva ripristinato il vecchio ordine. Matthew Clarke aveva acquistato la tenuta dopo che era stata sequestrata dal Parlamento, e forse era meglio che fosse morto senza lasciare eredi prima che sir Robert ne rivendicasse la legittima proprietà.

    Re Carlo II era tornato in Inghilterra nel mag gio di quello stesso anno, facendo un’entrata trionfale a Londra, acclamato dai suoi sostenitori. Il popolo si era stancato delle rigide regole imposte dal Parlamento e dalla fazione dei puritani, che avevano proibito molti dei semplici piaceri di cui godeva una volta. Adesso che re Carlo era di nuovo sul trono, molti tremavano. Alcuni si erano impadroniti di proprietà sottratte in modo dubbio ai legittimi proprietari e ora temevano di essere scacciati dagli esuli al loro ritorno. Altri avevano pagato a peso d’oro le loro terre e avevano tutta l’intenzione di lottare strenuamente per non esserne espropriati.

    Malgrado le apparenze tranquille, l’Inghilterra era ancora un paese inquieto e improntato all’incertezza, con rivalità, tensioni e odio che ribollivano sotto la superficie. Si sussurrava che alcuni fossero stati trascinati fuori di casa per essere picchiati o addirittura uccisi da chi era tornato in patria assetato di vendetta contro coloro che ne avevano provocato la caduta in disgrazia.

    Dopo aver parlato con la signora Hale, Annelise s’incamminò verso casa con aria pensosa. Si disse che la proprietà Woodward era sicuramente sua di diritto, giacché era appartenuta a suo padre, lord Henry Woodward, che aveva combattuto per il re.

    Quando era scoppiata la guerra, Annelise era piccola. Ricordava vagamente il viso sorridente di suo padre quando l’aveva baciata per salutarla e le aveva raccomandato di badare alla mamma fino al suo ritorno. Lord Henry era partito, lasciando la moglie e la figlioletta nella dimora che i Woodward possedevano sin dai tempi dei Tudor; quando Annelise aveva saputo della sua morte a Naseby aveva pianto, pur ricordando poco suo padre.

    In realtà la sua tristezza era dovuta soprattutto al mutamento subito dalla sua vita. Nella casa in cui una volta regnava la felicità, tra musica e facce allegre, ora c’erano solo doveri, visi compunti e parole solenni. Un tempo Annelise era stata una bimba vivace e birichina, benvoluta da tutti per il suo temperamento solare e sereno. Con il passare degli anni si era sforzata di accettare i precetti adottati dai suoi zii, nascondendo nelle profondità del suo animo l’allegria che una volta traspariva dal suo volto. A volte si ribellava contro le dottrine che le venivano imposte e rimpiangeva la vita libera e spensierata che non poteva più condurre, però era grata a suo zio per essersi preso cura di lei e di sua madre.

    Quando finalmente la guerra era finita, la proprietà di suo padre avrebbe potuto fare una brutta fine, come molte altre, se lo zio non si fosse prodigato per aiutare sua sorella. Come amico di Oliver Cromwell, non aveva avuto difficoltà a farsi nominare curatore della tenuta dei Woodward e, alla morte della madre di Annelise, aveva continuato a occuparsi di sua nipote.

    Annelise, in verità, non avrebbe potuto lagnarsi di come la trattava suo zio. Era un uomo di rigidi principi, ma onesto e giusto. Lei era sicura che avrebbe disposto della sua eredità al momento di provvedere al suo matrimonio. Le sue nozze sarebbero già state concordate da tempo se, nel 1658, non fosse morto il Lord Protettore. Annelise aveva quasi vent’anni e sapeva di essere ormai in età da marito.

    Sir Hugh era stato molto colpito dalla morte di Cromwell, avvenuta qualche mese dopo quella di Matthew Clarke. Lo zio di Annelise passava sempre più tempo da solo, immerso nella lettura della Bibbia, trascurando la gestione della tenuta. Annelise sapeva che sua zia era molto preoccupata per lui ma, come lei, non poteva farci niente; sir Hugh non era il tipo da accettare di buon grado i consigli di sua moglie.

    Spesso Annelise si chiedeva che tipo d’uomo suo zio avrebbe scelto come suo sposo. Sperava che fosse almeno gentile e premuroso. Sicuramente non sarebbe stato uno dei sostenitori del re che sir Hugh tanto disprezzava. Lei, comunque, non concordava con l’opinione di suo zio. Suo padre era stato un realista e sua madre l’aveva amato tanto, perciò non poteva essere tanto malvagio quanto sir Hugh sosteneva.

    Affrettandosi verso casa, Annelise scacciò dalla mente l’immagine degli occhi ridenti dello sconosciuto che aveva incontrato in strada. Di certo non l’avrebbe più rivisto e, in ogni caso, il suo futuro marito non sarebbe stato come lui. Sir Hugh avrebbe scelto un brav’uomo, serio e di sani principi; lei sarebbe stata un’ingrata se avesse osato sperare di più.

    Avrebbe fatto meglio a dimenticare al più presto l’affascinante

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