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101 cose da fare a Lisbona almeno una volta nella vita
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E-book377 pagine4 ore

101 cose da fare a Lisbona almeno una volta nella vita

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Come ogni capitale, Lisbona è una città piena di fermento e di contraddizioni, a cui la modernità impone una forte spinta al cambiamento. Ma proprio come ogni altra capitale, anche quella portoghese conserva un’irriducibile capacità di mantenere intatte tradizioni e caratteristiche che, se esplorate, non possono che fare la felicità di qualunque turista. Liliana Navarra, napoletana adottata dal Portogallo, ci mostra una lunga serie di scorci e di attrazioni di Lisbona che non possono mancare nell’itinerario di un viaggiatore degno di questo nome. Dall’iconico Tram 28 all’ospedale delle bambole, dalla bellezza delle stazioni della metropolitana al divertimento assicurato nei container della Village Underground Lisboa: questo libro svela tutti gli aspetti di Lisbona che renderanno il vostro soggiorno in città assolutamente indimenticabile.

Lisbona come non l’avete mai vista!

La blogger italiana più famosa di Lisbona ci accompagna a scoprire i segreti e le meraviglie nascoste della città

Ecco alcune delle 101 esperienze:

• Bere una Ginginha e un Eduardino nell’antica strada della perdizione
• Visitare l’ospedale delle bambole più antico d’Europa
• Andare a caccia di street art nei quartieri periferici
• Assistere a un concerto gratuito nel palazzo dei nobili, massoni e libertini
• Cercare il rinoceronte nella Torre di Belém
• Dormire in una barca e immergersi nell’architettura contemporanea al Parque das Nações
• Entrare nell’antica prigione della polizia politica del regime fascista
• Pranzare tra opere d’arte in una casa nobiliare
• Ascoltare il fado: da musica dei bordelli a patrimonio dell’umanità
• Farsi una foto al tavolino con Fernando Pessoa
Liliana Navarra
Napoletana, si è trasferita a Lisbona nel 2003. Laureata in comunicazione e con un dottorato in cinema portoghese, dal 2012 lavora nell’ambito del turismo e della promozione territoriale.
LinguaItaliano
Data di uscita26 mag 2022
ISBN9788822763334
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    Anteprima del libro

    101 cose da fare a Lisbona almeno una volta nella vita - Liliana Navarra

    PERCHÉ UNA NUOVA GUIDA SU LISBONA?

    Qual è la necessità di scrivere un’altra guida su Lisbona? Ormai, nella sezione viaggi delle librerie e online si trova di tutto. Vero, ma anche no.

    Lisbona è in continua metamorfosi: da città che in pochi sapevano localizzare su una cartina, a meta alla moda presa d’assalto dai turisti. È doveroso quindi scrivere della capitale lusitana e a maggior ragione consigliare 101 cose da fare e visitare in città, soprattutto se i consigli arrivano da chi a Lisbona ci vive da quasi vent’anni (diciannove, per la precisione).

    Lisbona, lodata da molti poeti e cantata da altrettanti fadisti, è una città che si adagia su sette colli, o almeno così si legge un po’ ovunque, ma in realtà di colli ne ha otto. È una donna che, oziosamente distesa, contempla le azzurre acque del Tago e lo ammira trasformarsi in oceano. Una città bianca, come la chiamava Alain Tanner nel suo film Dans la Ville Blanche, che affascina per la sua luce, una luce unica che si riflette sulle colorate piastrelle che adornano il suo manto e le sinuose curve delle sue strade.Lisbona, negli ultimi vent’anni, ha subito una trasformazione così radicale che è anche difficile poterla includere completamente in una singola guida, ma questa non è una guida come le altre, è un compendio di 101 consigli di attività da fare in città per poterla scoprire, vedere e vivere come se a Lisbona ci si vivesse.

    Non è stato semplice selezionare i consigli, non perché non ce ne fossero, ma perché ce ne sarebbero almeno il doppio.

    La selezione è stata pensata per chi viaggia da solo, in coppia, con amici o in famiglia, per chi soggiorna nella capitale solo un weekend o per chi decide di prendersela comoda e trascorrervi almeno una settimana. Ci sono consigli su luoghi ovvi ma presentati sotto una luce più curiosa e diversa, e posti invece sconosciuti molte volte anche agli stessi abitanti. Oltre ai monumenti e ai luoghi d’interesse da visitare, si possono trovare consigli sui locali dove poter fare l’aperitivo, in terrazza o in location insolite, come un tunnel segreto; dritte su dove poter cenare alla cieca o su taverne tipiche, dove il cibo arriva a suon di fado; esperienze come veleggiare con i delfini o farsi portare il conto nella provetta per le urine dopo aver mangiato al ristorante della farmacia.

    Insomma, una guida da studiare per preparare il viaggio e da leggere durante il girovagare tra le luminose stradine di Lisbona.

    1.

    IL TRAM GIALLO, IL SIMBOLO NON SIMBOLO DI LISBONA

    E si sentì spossato, sostiene Pereira. Riuscì a trascinarsi fino alla più vicina fermata del tram e prese un tram che lo portò fino al Terreiro do Paço. E intanto, dal finestrino, guardava sfilare lentamente la sua Lisbona, guardava l’Avenida da Liberdade, con i suoi bei palazzi, e poi la Praça do Rossio, di stile inglese; e al Terreiro do Paço scese e prese il tram che saliva fino al castello. Discese all’altezza della cattedrale, perché lui abitava lì vicino, in Rua da Saudade. ¹

    Di tram gialli che sferragliano per la città con quel loro inconfondibile rumore ferroso ce ne sono tanti e nell’immaginario comune sono stati eletti ufficiosamente simbolo della città di Lisbona.

    Esperienza indimenticabile o infernale, queste le due opinioni di chi, almeno una volta nella vita, è salito sull’iconico mezzo di trasporto. Indimenticabile per il suo giro sinuoso tra le colline della città, passando per il centro storico (nei quartieri di Mouraria, Graça, Alfama, Baixa e Chiado) fino alle zone più occidentali, come il quartiere di Estrela e Campo de Ourique. Infernale perché, in tempi vacanzieri, le file per prendere il tram al capolinea nella Praça Martim Moniz sono lunghe ed estenuanti, molto spesso sotto il sole cocente e con gli oltre quaranta gradi estivi. Unico ristoro, i venditori di granitine colorate, che spuntano come funghi non appena i turisti più mattinieri arrivano alla fermata.

    Per chi non ama le granite, il calore e vuole assolutamente evitare l’esperienza infernale ci sono delle alternative, anche se meno romantiche.

    Salire sul tram 28, il numero più conosciuto e favoleggiato, significa intraprendere un viaggio nel tempo che ci permette di scoprire i vicoletti di alcune delle zone storiche più note della città. L’esperienza è unica, soprattutto quando si passa per vicoli così stretti da poter guardare nelle finestre delle abitazioni o, in attesa che passi l’altro tram nel senso opposto, chiedere un caffè o una Ginjinha nel baretto aperto strategicamente all’intersezione dei convogli.

    Questa è anche una delle ragioni per le quali ancora oggi, a differenza che in molte altre città europee, questi tram antichi circolano ancora e non sono stati sostituiti da nuove tipologie dalle linee moderne e con meno problemi di manutenzione.

    Tornando indietro nel tempo, all’inizio del

    XX

    secolo, i tram erano una novità importata dagli Stati Uniti d’America per sostituire le vecchie carrozze trainate da cavalli, che all’epoca erano il principale mezzo di trasporto non solo a Lisbona ma anche in altre grandi città del Portogallo.

    Il numero 28 fu inaugurato nel 1914 e inizialmente il suo percorso collegava Praça Camões, nel quartiere Chiado, al quartiere Estrela. Oggi invece il suo percorso inizia nella Praça Martim Moniz, in Mouraria, e termina nel Largo dos Prazeres davanti al cimitero nel quartiere Campo de Ourique, passando per diversi luoghi iconici di Lisbona: il quartiere Graça con il suo convento e il romantico belvedere; il Largo das Portas do Sol, uno degli indimenticabili miradouros (belvedere), forse il più fotografato della città; la Sé, la cattedrale nonché chiesa più antica della capitale; l’elegante quartiere dello Chiado con la famosa caffetteria A Brasileira; il palazzo di São Bento, antico monastero della fine del

    XVI

    secolo e oggi Parlamento; il quartiere Estrela con la sua imponente basilica, per concludere poi davanti al cimitero di Prazeres, dove riposa il nostro Antonio Tabucchi.

    Attenzione, il tram 28 non è circolare, quindi se si prende a Martim Moniz in direzione Estrela o Prazeres (indicato sul fronte del tram) si dovranno rifare il biglietto e una nuova fila per prendere un altro convoglio e tornare in centro.

    Ritornando all’esperienza infernale e come evitarla si consiglia di optare per altri numeri, o per meglio dire linee di tram: il 15, il 12 e il 24. Un bel terno secco se si vuole tentare la fortuna.

    Il primo, il numero 15, sia in versione vagoni antichi sia con le sue nuove linee moderne, parte da Praça da Figueira nel quartiere Baixa e porta fino ad Algés, prima località fuori Lisbona, passando per l’imperdibile quartiere di Belém con la sua torre, il suo monastero e i suoi golosi pasticcini alla crema. Come il tram 28, il 15 non è circolare e quindi stessa situazione, c’è da rifare il biglietto (se non si ha il giornaliero) e una nuova fila.

    Il numero 12, anch’esso con capolinea a Praça da Figueira, passa su parte della linea del 28, ma lo si trova quasi sempre meno pieno, e sicuramente senza fare lunghe file. Salendo in Alfama passa per la cattedrale e il Miradouro de Santa Luzia, protagonista di diverse foto e cartoline della città per la sua indimenticabile vista sul fiume e la vasta e colorata buganvillea, per poi scendere verso Praça da Figueira. Il percorso in questo caso è circolare.

    Ultimo numero del terno secco: il 24, riattivato il 24 aprile 2018, dopo 24 anni di inattività (il numero e la data che coincidono non sono una coincidenza). Il percorso è molto diverso e consente di scoprire una parte della città meno turistica. Il capolinea è a Praça Luís de Camões, nel quartiere Chiado, e arriva fino a Campolide. Il percorso passa per il romantico giardino di Príncipe Real, con i suoi eleganti palazzi e gli atelier di moda e design più ricercati in città, per l’Ascensor da Glória, una delle più graffitate funicolari della città che scende lungo la galleria d’arte urbana del centro città gestita dalla Galleria di Arte Urbana di Lisbona e, per concludere, passa per i giardini di Amoreiras, dove parte un percorso sotterraneo nelle antiche gallerie dell’acquedotto di Lisbona.

    Se però si vuole assolutamente prendere il 28, si può sempre optare per una delle prime o ultime corse, così da evitare l’interminabile fila. La prima corsa è alle 5:40 del mattino, l’ultima alle 23:30. Viaggiando in periodi di bassa stagione e durante la settimana, le file sono quasi inesistenti.

    Per tutte le linee, i biglietti possono essere acquistati a bordo, anche se è sconsigliabile. Per risparmiare è meglio munirsi della tessera dei trasporti ricaricabile e utilizzabile anche per metropolitana, autobus, funicolari e ascensori in città. Importante è verificare di avere saldo sufficiente sia per l’andata che per il ritorno. C’è anche la possibilità di optare per un biglietto giornaliero, ma conviene solo se si pensa di utilizzare almeno quattro cinque volte un mezzo di trasporto cittadino durante le 24 ore di validità. Attenzione: il biglietto è personale e non trasmissibile, anche se avete saldo per più di una persona. Le multe sono salate.

    1 Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, Milano 2016, p. 15.

    2.

    BERE UNA GINJINHA E UN EDUARDINO NELL’ANTICA STRADA DELLA PERDIZIONE

    Arrivare a Lisbona e non trovarsi con un bicchierino appiccicoso tra le dita è come visitare la città solo a metà.

    Nel centro cittadino di Baixa, così chiamato per essere l’unica parte bassa della città (baixa significa bassa in portoghese), esiste una zona triangolo imperdibile che i portoghesi chiamano il Triângulo das Bermudas ébrio (Triangolo delle Bermuda ubriaco). I tre vertici sono rappresentati da A Ginjinha, Ginjinha sem Rival e Ginjinha Rubi, tutti locali storici e a una distanza tra loro di meno di 100 metri.

    Tre luoghi iconici, che attirano i visitatori ma soprattutto gli abitanti che di prima mattina, già alle 8, si vedono in fila alla porta per consumare una pinguinha (un goccetto) prima di andare a lavoro. Li troviamo anche dopo pranzo, nel pomeriggio, dopo il lavoro o la sera: è sempre il momento giusto per brindare in compagnia e scambiare due chiacchiere con gli esercenti bevendo la famosa Ginjinha.

    La Ginjinha altro non è che un liquore all’amarena servito in un bicchierino di vetro con o senza la frutta al suo interno. Le versioni moderne (e turistiche) optano per un bicchierino fatto di cioccolata.

    Quando si entra in qualsiasi locale e si chiede una Ginjinha, arriva subito la fatidica domanda com o sem elas? (con o senza di loro, riferendosi alle amarene). È consigliabile chiederla "com elas" se è la vostra prima volta, ma attenzione, perché hanno ancora il nocciolo e si rischia di farsi saltare un molare.

    Anche se ormai questo liquore è identificato come liquore tipico della capitale, in realtà non è così. La sua creazione la dobbiamo a un galiziano di nome Francisco Espinheira e a un frate della chiesa di Sant’Antonio. Fu infatti il religioso a suggerirgli di far fermentare le amarene nella grappa, aggiungendo zucchero, acqua e cannella.

    Non c’è da stupirsi che la Ginjinha sia nata dall’idea di un frate, se si pensa che la creazione dei liquori a base di frutta risale a tempi e luoghi antichi, quando erano considerati medicinali per la cura di vari mali e quasi sempre si producevano tra le mura di conventi e monasteri.

    Svelato il mistero del famoso liquore, è ora di prepararsi ad appiccicarsi le dita.

    A GINJINHA

    Prima tappa di questo giro alcolico è sicuramente al numero 8 del Largo São Domingos, da A Ginjinha, il locale più antico dove si serve la tipica Ginja di Lisbona, conosciuta come Espinheira. Fu esattamente in questo minuscolo locale, fondato nel 1840, che venne venduta per la prima volta l’iconica bibita dai frutti rossi.

    A causa del prezzo elevato, era prevalentemente la borghesia ad acquistare il liquore ma con il passar del tempo la sua consumazione arrivò anche nelle taverne della città.

    Entrando si legge sul marmo del bancone: È più facile con una mano afferrare dieci stelle, far raffreddare il sole, ridurre il mondo ad appiccicoso, ma la Ginja con tale virtù è difficile da trovare! Non è di certo l’unica scritta che ne esalta le virtù: sulle pareti sono visibili vari premi e riconoscimenti, come la medaglia d’oro vinta all’Esposizione Internazionale di Rio de Janeiro nel 1923 e a Macau del 1926.

    GINJINHA SEM RIVAL

    Usciti da A Ginjinha, basterà attraversare il largo di São Domingos per entrare da Ginjinha sem Rival. Questo fu uno dei primi locali a vendere la Ginjinha al bancone, una tradizione che ancora oggi si perpetua. Fondato nel 1890, questo bar mantiene ancora intatto il suo stile originario e, come da tradizione, bisogna bere dal bicchierino stracolmo (per questo appiccica le dita) per strada, al numero 7 di Rua das Portas de Santo Antão, antica strada della perdizione della città. Una strada dove si trovavano cabaret e il primo casinò della capitale, tutti chiusi quando si instaurò il regime salazarista.

    Ginjinha sem Rival continua a vivere nelle mani dei discendenti del fondatore, João Lourenço Cima. Sull’etichetta delle bottiglie leggiamo Questa casa non ha mai gareggiato per nessuna mostra nazionale o estera: sarà, ma la sua Ginjinha non ha rivali, come dice il nome, ed è deliziosa!

    In realtà in questo locale è consigliabile bere anche un altro liquore, questo sì da definire il vero liquore di Lisbona, perché prodotto solo ed esclusivamente in questo bar: l’Eduardino, nome che rende omaggio al pagliaccio che si esibiva nell’attiguo teatro, il Coliseu dos Recreios, e che era un cliente abituale. Lo ritroviamo rappresentato sull’etichetta della bottiglia.

    Sono molte le storie legate a questa figura: si narra che fu proprio lui a inventare per caso il liquore. Pare che chiedesse sempre uno specifico mix di vari liquori, che poi altri avventori incuriositi provarono a loro volta fino a che divenne così famoso da diventare un marchio registrato nel 1908, come si legge sull’insegna del locale. È un liquore dai toni ambrati e dall’aroma pronunciato di anice, assomiglia all’italico centerbe.

    GINJINHA RUBI

    Il meno visibile, ma il più scenico per i suoi magnifici pannelli di azulejos – famose piastrelle decorative del Portogallo – opera dell’artista italiano Leopoldo Battistini, è il Ginjinha Rubi, situato al numero 27 della piccola stradina chiamata Rua Barros Queirós. Una strada nota anche per ospitare l’ultimo segnale stradale indicante la direzione di percorrenza (sinistra o destra) per facilitare lo scarico merci dai carretti trainati in passato dai cavalli.

    Entrati, dopo esser stati rapiti dai pannelli che rappresentano scene di convivio della taverna, leggiamo che in questa casa si produce la Ginjinha solo con le amarene della regione di Óbidos. Perché di Óbidos? Perché esiste ancora oggi la diatriba sull’origine del famoso liquore (nasce a Lisbona, a Óbidos o Alcobaça?), e anche perché è la zona del Portogallo dove si trova la più grande produzione di ciliegie e affini.

    Il locale apre le sue porte il 24 gennaio del 1931, come si legge sulle pareti decorate, ultimo del triangolo ad aprire ma che conserva ancora l’atmosfera originale e familiare del tempo. Qui si possono trovare le etichette con il nome Rubi, che rimanda al color rubino del liquore.

    Il triangolo è stato tracciato e i bicchieri alzati per un brindisi di benvenuto a Lisbona.

    3.

    PASTEL DE NATA, IL DOLCETTO ALLA CREMA NATO IN UN MONASTERO?

    Che i dolci possono essere icone legate al loro Paese d’origine è evidente quando pensiamo alla sfogliatella napoletana, la Sachertorte viennese e ai profiteroles francesi, giusto per citarne alcuni. E in Portogallo?

    La pasticceria in Portogallo è quasi esclusivamente conventuale e, di conseguenza, a base di uova (le suore, che usavano l’albume per inamidare, non potevano certo sprecare i tuorli!) e l’iconico pasticcino alla crema in cestino di pasta sfoglia, il pastel de nata di Lisbona, non è da meno.

    La sua origine risale al 1837 a Belém, oggi imperdibile quartiere della città ma all’epoca una località di vacanza e picnic della nobiltà e della borghesia. Una località che non si raggiungeva, come oggi, in 20 minuti di trasporti pubblici ma che era legata alla capitale da battelli a vapore.

    Il pastel de nata è un goloso e semplice dolcetto che nacque a causa della Rivoluzione liberale del 1820, che portò alla chiusura di tutti i luoghi religiosi del Paese. Per poter sbarcare il lunario, i monaci del famoso monastero di San Girolamo decidono di cominciare a vendere nel 1837 i pastéis de nata, letteralmente pasticcini alla crema, in una piccola pasticceria attigua al monastero. Nascono così i leggendari Pastéis de Belém, da non confondere con i pastéis de nata: i primi sono infatti un marchio registrato e si dice, ancora oggi, che la ricetta sia segreta e si tramandi da allora tra pochi eletti, cioè i proprietari e un paio di pasticceri, che devono custodirla gelosamente per non andare incontro a un processo legale infernale.

    Oggi il pastel de nata è uno dei grandi ambasciatori del Portogallo nel mondo, li si trovano anche in Italia, in Francia, in Irlanda e in Cina, a Macao. Bisogna prevedere una lunga fila per poterli acquistare da asporto nella storica pasticceria, unico luogo dove poter mangiare i Pastéis de Belém caldi, ma se si entra e ci si siede ai tavolini, si può saltare la fila e ci si può anche riposare tra le mura interamente decorate con i famosi azulejos bianchi e azzurri. Sicuramente un’esperienza da fare.

    Si dice che i pastéis de nata nascano dalla voglia di scoprire la ricetta segreta di Belém, ma in realtà una delle ricette più antiche trovate trae origine dal feudo dell’Infanta D. Maria (1521-1577), figlia di D. Manuel

    I

    .

    Dal suo famoso ricettario possiamo leggere una semplice ricetta per dei pasticcini al latte: un cestino di pasta riempito di crema pasticcera. La pasta sfoglia è un’invenzione più recente, quindi non si conoscerà mai la configurazione originaria. La crema pasticcera, molto conosciuta, era ed è una crema preparata con farina, zucchero, latte e uova. Ricorda qualcosa? Come diceva Peppino, «ho detto tutto»!

    Al periodo di D. Maria non si dava ancora molto credito ai pasticcini in Portogallo, la loro fama all’estero si deve alla Cina e più precisamente a Macao, dove sono chiamati dan ta.

    I dolcetti creati dalla principessa D. Maria, al momento dell’estinzione degli ordini religiosi nel 1834, furono l’ancora di salvezza dei gerolamini che occupavano l’omonimo monastero, consentendo loro di assicurarsi entrate monetarie e quindi una certa autonomia finanziaria. Un dolcetto con un potere economico ancora oggi più che evidente.

    Se non si è esageratamente pignoli, si può anche evitare di andare fino a Belém: nel resto della città si possono comunque degustare i pastéis de nata caldi ed è possibile anche vederli preparare. Il momento più fotografato e filmato è quando, con un imbuto di acciaio e una certa sincronizzazione del dito indice, la crema gialla riempie i cestini di pasta sfoglia.

    In centro oggi ci sono più pasticcerie dedicate a questo dolce che ristoranti, quasi ne spunta una al mese, nemmeno fossimo nella stagione dei funghi dopo una bella pioggerella.

    Ci sono due luoghi consigliatissimi per gustarli belli caldi, quasi appena usciti dal forno (basta stare attenti a non ustionarsi lingua e palato!). Il primo è da Manteigaria, sia nel suo primo negozio a Chiado in Rua do Loreto, al numero 2, che nel neonato negozio in Rua Augusta al numero 195-197. Quest’ultimo, sede di un antico camiciaio e negozio di abbigliamento per uomo, fu anche location del film Treno di notte per Lisbona. È esattamente lì dentro che Jeremy Irons, nelle vesti del professore svizzero, compra la camicia per il suo soggiorno portoghese a caccia della misteriosa donna dal cappotto rosso.

    Altro indirizzo da segnare è Fábrica da Nata, sempre in Rua Augusta ma al numero 275

    A

    . Qui si potrà anche degustare il pasticcino al primo piano, dove si trova un’ampia sala con balconcini panoramici sulla pittoresca strada.

    All’interno dei tre indirizzi consigliati è possibile, a seconda del momento della giornata, vedere l’intero processo di produzione attraverso un vetro. Dalla preparazione dei cestini di sfoglia, alla cottura della crema, alla fase dell’imbuto e alla loro messa inforno. Se per strada si sente una campanella suonare significa che è il momento… della sfornata. Da non dimenticare la cannella.

    4.

    FOTOGRAFARE LE TERRAZZE PANORAMICHE PIÙ INSTAGRAMMABILI DELLA CITTÀ

    Viste le otto colline di Lisbona, è facile dedurre che la città offra numerosi punti panoramici, i famosi miradouro (letteralmente, belvedere). Tra selfisti (coloro che si fanno selfie ovunque) e foto da social network, i miradouros di Lisbona sono diventati famosissimi e sono molto ricercati per un tag da sogno.

    Per non esser da meno, se si è amanti dello scatto compulsivo, o se si è osservatori romantici di altri tempi, le terrazze che si devono assolutamente inserire nella lista dei luoghi imperdibili e gratuiti della città sono sicuramente quelle di Graça, di Senhora do Monte, di Santa Luzia, di Portas do Sol e di São Pedro de Alcântara.

    Il Miradouro da Graça è ospitato nel largo dell’omonimo convento nel

    XIII

    secolo. È una terrazza molto intima e pittoresca, che offre una vista mozzafiato sulla città e sul castello con tanto di chiosco bar.

    Il convento, nonostante lo stile rococò dell’ultimo intervento architettonico dopo i danni causati dal terremoto del 1755, ha una facciata sobria ed elegante, con un bassorilievo dedicato a sant’Agostino. All’interno, non si può restare indifferenti all’immagine del Cristo presente nelle processioni di Lisbona e a un patrimonio di azulejos (maioliche) del

    XV, XVI, XVII

    e

    XVIII

    secolo. Non di minore importanza gli altari rococò e le sculture settecentesche delle cappelle intermedie. Gli interventi effettuati dopo il terremoto hanno conferito alla struttura un carattere tardo barocco, anche se rimase intatto il nucleo manuelino, costituito dal battistero e dalla Capela dos Almadas, nonché il chiostro manierista.

    Non molto distante da Graça, imperdibile una visita al Miradouro da Senhora do Monte, sull’antico Monte de São Gens. Anche questo belvedere ospita un tempio religioso, la cappella della Madonna del Monte, un piccolo eremo eretto nel 1147 su quello che, pare, fu l’antico accampamento di D. Afonso Henriques, primo re cristiano portoghese, quando conquistò la città ai Mori.

    Una vista indimenticabile vi attende: in un unico scatto fotografico è possibile racchiudere il fiume, il castello, la Baixa, il Bairro Alto e il parco forestale di Monsanto. Spesso si incontrano degli urban sketchers (disegnatori urbani) intenti a disegnare quest’incredibile vista.

    La collina a lato, l’Alfama, ospita altre due imperdibili terrazze. La prima è quella dedicata a Santa Luzia, rappresentata su un pannello di azulejos sulla facciata laterale della bianca chiesa dell’Ordine di Malta che sovrasta il Miradouro de Santa Luzia.

    La terrazza, oltre alla sua romantica vista sul fiume, è ricca di maioliche, ristrutturate da pochi anni. Si distinguono soprattutto il magnifico pannello piastrellato che raffigura la Praça do Comércio vista dal fiume, un secondo pannello che rappresenta la stessa piazza prima del terremoto del 1755, quando ancora si chiamava Terreiro do Paço, e, per concludere, il pannello laterale che immortala la leggenda di Martim Moniz che si sacrifica per la conquista cristiana della città.

    Altro angolo della terrazza molto fotografato è sicuramente quello con la magnifica e gigante buganvillea che incornicia una vista incredibile del fiume Tago (Tejo in portoghese) e i tetti rossi dell’Alfama.

    Proseguendo in salita si arriva dopo meno di 50 passi al Miradouro das Portas do Sol.

    Il nome del belvedere deriva dall’antica Porta do Sol, una delle porte d’accesso alla Lisbona medievale che faceva parte della cinta muraria della città moresca e che fu distrutta dal terremoto del 1755.

    Oggi è meta di visitatori per la sua grande terrazza con vista privilegiata sul monastero di San Vincenzo, vero patrono della città, sulla chiesa di Santo Estêvão, sul cupolone del Pantheon (ovvero, la chiesa di Santa Engrácia) e sul

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