Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Maga per caso
Maga per caso
Maga per caso
E-book164 pagine2 ore

Maga per caso

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook


Lisa ha fatto mille lavori, meteorologa, sommelier, cuoca. In ognuno ha investito più fantasia che abilità, perché ancora non sa cosa vuole diventare. Dopo un ultimo incarico, concluso con un mezzo disastro, entra per caso nello studio di una maga che dopo averle letto le carte e previsto una passione incendiaria, le confida che cerca qualcuna che la sostituisca. Non importa che sia davvero una cartomante, in realtà quel piccolo studio è soprattutto un’esca per il negozio di articoli esoterici a fianco, e poi l’importante non è leggere le carte, ma l’animo delle persone. Lisa accetta, ma per entrare nel personaggio sacrifica i suoi capelli biondi e gli occhi nocciola e, con l’aiuto della stravagante zia Enrichetta, si trasforma nella fatale Madame Vivienne. Lisa è timida, imbranata e crede nell’amore, Madame Vivienne invece è sexy, spavalda e vive l’amore come un’avventura. Di quale delle due si innamorerà l’affascinante Brando?
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2018
ISBN9788833280493
Maga per caso

Leggi altro di Manuela Chiarottino

Autori correlati

Correlato a Maga per caso

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Maga per caso

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Maga per caso - Manuela Chiarottino

    Chiarottino

    Lisa

    La pentola straborda di acqua bollente, il timer del forno è già scattato da qualche secondo e le patate hanno ormai assunto un colore suola di scarpa. Non ho ancora avuto il coraggio di estrarre il soufflé per rendermi conto se almeno quello si è salvato o se si affloscerà come un palloncino sgonfio.

    Mi vedo riflessa sul bordo a specchio bronzato della cappa collocata al centro della stanza, proprio sopra il grande tavolo da lavoro. La fronte madida di sudore, i capelli raccolti in una coda così stretta che la testa inizia a farmi male.

    Sono davvero disperata, anche perché la messa in piega di Jacques è ormai andata a farsi benedire e, pensando a quanto mi è costata, mi viene da piangere ogni volta che sbircio il mio riflesso. Durerà una settimana, aveva detto. Ma chi poteva prevedere che avrei ingaggiato una lotta contro fornelli, forno e pentola a pressione?

    E adesso? Come faccio a uscire da questa situazione? Mi stupisco io per prima di essermici cacciata.

    Appoggiandomi sulla penisola della cucina, invasa da ogni tipo di pentolame, tiro indietro il ciuffo che continua a scendermi sugli occhi. Guardo sconsolata i gusci d’uovo sparsi ovunque, le patate bruciacchiate, la padella dal fondo annerito, dimenticata sul fuoco giusto da quei due o forse tre minuti per via della pubblicità della nuova collezione di Jolie. Le scarpe della nuova stagione sono splendide. E in ogni caso non è colpa mia se c’è una televisione in cucina e che io mi sentissi troppo sola in questo silenzio per rinunciare a seguirne i programmi.

    Osservo imbronciata quella che avrebbe dovuto essere una rosa ricavata da un pomodoro: sembra tutto tranne che una rosa, e di profilo mi ricorda il mio vicino. Eppure in quel programma di cucina che ho seguito con attenzione sembrava così facile trasformare frutta e verdura in fantastiche e fantasiose composizioni floreali!

    È inutile, devo rassegnarmi, lo so. Non riuscirò mai a preparare una cena coi fiocchi per dieci persone, non questa sera almeno. Avrei prima dovuto frequentare un corso di alta cucina, cosa nella quale ho finto di essere specializzata, oppure guardare il corso in dvd di Gordon Ramsey che mi ha regalato Greta un anno fa e che è, ancora sigillato, nell’armadio. In alternativa, per rimediare a questo disastro, potrei telefonare a mia madre, sorbirmi una buona mezz’ora di ramanzine e poi sperare che in pochi minuti il sapere culinario mi venga trasmesso in modo trascendentale, per eredità di sangue, come una luce che dall’alto mi illumini.

    Del tutto improbabile.

    C’è solo una cosa da fare se voglio salvare la faccia e forse anche il lavoro.

    «Pronto? Gastronomia? Dovrei ordinare una cena per dieci persone, ma dovrebbe essere pronta tra, diciamo, due ore. Può farlo? Bene, grazie. Posso pagare con il bancomat? Ancora una cosa: potreste presentarvi con discrezione? Sa, in incognito, magari con un furgone anonimo. No, non è che non voglio che… Insomma, potete o no? Se pago di più? Bene. Grazie mille.»

    Brutti avvoltoi, pure una maggiorazione sul prezzo! E che aveva poi da ridere, quello, penso appena chiusa la comunicazione.

    La prima ora rimango in quieta attesa, mordicchiandomi le unghie e rovinando in buona parte la manicure che mi sono fatta, sì, sempre da Jacques. Adoro quel salone. Poi decido di riassettare almeno in parte la cucina, lasciando solo qualche traccia del duro lavoro svolto. Si dovrà capire che ho passato ore a faticare e che mi sono guadagnata la paga, no? Giusto qualche indizio.

    Butto nel cestino il cibo, o almeno, quello che una volta avrebbe potuto essere definito tale mentre ora ha colori e forme improbabili, per non parlare degli odori per nulla invitanti. Riempio la lavastoviglie di pentole e utensili vari. Alcuni ancora intonsi perché non ho nemmeno capito come usarli.

    Come quel cavolo di taglia mele! Ho cercato con tutte le mie forze di spingerlo oltre la buccia facendolo scivolare lungo il frutto, per aprire la mela in una corona di spicchi così come mostrato nella sua pubblicità, ma mi sono quasi slogata un dito.

    Sbircio attraverso le tende e, mentre sono ormai sull’orlo di una crisi isterica, vedo spuntare il furgoncino della gastronomia. Un bianco e anonimo furgoncino della gastronomia. Perfetto! So che è una delle migliori della città, fanno servizio di catering per cerimonie importanti e anche quell’antipatica di Matilde si è rivolta a loro per il suo matrimonio, ambientato niente po’ po’ di meno che in un castello. È andata avanti per mesi a parlare dei piatti prelibati scelti per l’occasione, postando online ogni singola portata per far vedere a tutti noi comuni mortali di che alto livello fosse stata la sua cena. E, non contenta, per mesi ha continuato a chiedere conferma, in lungo e in largo, della perfezione delle pietanze. Patetico!

    Se devo essere onesta, non ricordo un granché. Le tartine dell’aperitivo erano buonissime e mi pare di rammentare anche una torta deliziosa, una nuvola di panna soffice che faceva l’amore con il palato, ma di tutto il resto ho solo delle visioni vaghe e confuse.

    Ho bevuto così tanto che per reazione sono stata chiusa un’ora in bagno. Sono tornata a sentirmi un essere umano quando già stava albeggiando e Greta mi ha portato una fetta di torta. Sì, quella era proprio buona, da far resuscitare i morti e gli ubriaconi.

    Infatti ho cliccato mi piace sotto il post di Matilde. In fondo è stata carina a invitare le sue ex compagne di liceo, anche se sappiamo tutti che l’ha fatto solo per ostentare il suo bellissimo, affascinante e ricchissimo fidanzato.

    Quello che io non avrò mai.

    Un uomo con indosso un berretto bianco recante la scritta Il paradiso del palato mi viene incontro sorridendo. Non sembra proprio un sorriso cordiale, è più un ghigno strafottente, nel quale si può leggere a chiare lettere: Ecco un’altra che non sa cucinare manco un uovo e stasera farà lo stesso una bella figura.

    E poi non doveva essere in incognito?

    Gli faccio cenno di passare dal retro. Poi, con nonchalance, allungo un braccio mimando uno sbadiglio e gli faccio cadere in terra quello stupido berretto, con tanto di scuse. Non vorrei mai che qualcuno lo notasse, non sarebbe molto facile da spiegare.

    Per il resto non mi importa cosa lui possa pensare. Ciò che conta è che tutto sia pronto prima dell’arrivo dei signori Ducanti, quelli cui ho promesso una cena prelibata per questa sera. Già, una cena tra amici per festeggiare il compleanno del signor Ducanti, motivo per cui hanno assunto una prestigiosa ed esperta cuoca, specializzata in cucina francese.

    Chi? Ma io, naturalmente.

    Pago ostentando freddezza e congedo il fattorino, che si rimette anche il berretto mentre se ne torna al furgone; maledetto. Poi scarto ogni confezione per preparare i piatti.

    Qualche cibo lo metto nelle pentole, per evitare che la cucina sembri troppo immacolata, quindi osservo il mio operato con soddisfazione.

    È tutto perfetto e nell’aria si è sprigionato un effluvio invitante, che fa venire l’acquolina in bocca.

    Sulla tavola poi, niente da ridire. Ho copiato quella immortalata in una fotografia della rivista Case da sogno. Ritraeva quella di una cena organizzata dalla principessa Catherine Middleton nella tenuta di campagna della famiglia reale; un tripudio di raffinatezza e addobbi floreali.

    Per ottenere lo stesso effetto ho anche usato il servizio di ceramica ricamata della signora Ducanti. Solo che mi è caduto un piattino da dolce, e si è disintegrato. Però il servizio è da dodici, quindi, almeno per stasera, non se ne accorgeranno. Vorrà dire che ne farò fare uno simile dalla zia Enrichetta; lei dipinge su ceramica con estrema bravura e sono sicura che saprà riprodurre il disegno di una damina che passeggia tra le rose, con un ombrellino che la ripara dal sole. Niente di che.

    Certo se avessi scelto il servizio bianco…

    Sfioro con un dito la torta che ho deposto su uno splendido piatto da portata raffigurante delle dame intente a consumare un tè e decido di conferirle il mio tocco personale aggiungendo, accanto alle farfalle posate sui ghirigori di panna, delle roselline di zucchero acquistate al supermercato. Un gesto studiato, quello dell’acquisto del dolce: budini al latte o una semplice torta margherita non sarebbero stati adatti come dessert per la serata. Ecco, ora non si dica che non ho fatto nulla. In fondo sono i dettagli a fare la differenza, giusto?

    Adesso ho tempo per dedicarmi alla seconda parte del piano. Raccolgo tutte le prove del crimine, buste e contenitori recanti il logo della gastronomia, e le butto in un grosso sacco nero. Quindi lo trascino fuori per gettarlo nel bidone della spazzatura e cancellare così ogni indizio.

    Faccio qualche passo, ma mi accorgo che quel ficcanaso del giardiniere mi sta osservando con uno sguardo interrogativo.

    Fa un cenno come per chiedere se ho bisogno di aiuto. Per carità! Rispondo con un enorme sorriso e scuoto la testa per dire che va tutto bene, di non muoversi di lì. Non posso permettermi che capisca cosa sto trasportando. Anzi, ora che ci penso bene, è meglio portare il sacco fino in fondo alla via e occultarlo in un bidone lontano.

    Sì, buona idea.

    Sbuffando e imprecando trascino il sacco, quando vedo la signora della villa di fronte che mi sta controllando con… un cannocchiale? Guardo il sacco: in effetti potrebbe sembrare che io stia trasportando un cadavere, viste le sue dimensioni, ma non lo crederà davvero, no? Cerco di capire dove stia puntando quell’arnese e mi rendo conto che osserva un micetto, arrampicato su un albero del viale. Scuoto la testa e mi metto a ridere da sola.

    Le confezioni de Il paradiso del palato sono perse per sempre, nessuno le troverà mai.

    «Allora? Com’è andata la cena?»

    Greta mi guarda attraverso gli occhiali da sole, sorseggiando con la cannuccia la sua bibita.

    «La cena è stata grandiosa. La signora Emilia non faceva altro che complimentarsi e pregarmi di lavorare ancora per loro, almeno per la festa di compleanno della figlia e il loro anniversario di matrimonio, tra un mese.»

    Poso il bicchiere e afferro qualche nocciolina.

    «Ma tu le hai detto di no, vero Lisa?»

    «Beh», continuo a giocare con la cannuccia, rimescolando l’aperitivo, senza decidermi a rispondere.

    «Lisa?»

    «No, no, le ho detto di no. Come avrei potuto accettare? Per organizzare quella fantastica cena ho speso più di quanto mi abbiano pagato!»

    Così dicendo mi lascio cadere sulla spalliera della sedia, sospirando amareggiata. Sono dettagli, in fondo. L’importante è che ne sia uscita a testa alta e abbia mantenuto la parola data, no? Certo, se avessi pensato di pagarmi l’abbonamento alla palestra con quell’introito, addio palestra!

    «Lisa, mi spieghi come ti è venuto in mente di rispondere a quell’annuncio? A mala pena sai fare una frittata.»

    Storco la bocca in una smorfia, assumo una postura dritta e guardo fissa la mia amica, spostando gli occhiali da sole sulla sommità della testa.

    «Mi serviva un lavoro e questo annuncio è stato l’unico a dare un esito positivo. Ho detto qualche parola in francese, fatto il nome di un ristorante di cui avevo letto… Non mi hanno chiesto neppure un curriculum. In fondo si trattava solo di cucinare. Che ne potevo sapere che avrebbero preteso un menù da ristorante stellato?»

    Greta scuote la testa.

    «Tu non sei una cuoca e non sei neanche un’esperta meteorologa, anche se hai avuto il coraggio di presentarti a un colloquio con una rete televisiva. Lo vedi che c’è un

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1