Per l'amore di Sara
Di Anne Mather
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Info su questo ebook
Con quale diritto David Kingsley si oppone al matrimonio di Rachel con suo padre? È vero che alcuni anni prima lui, professore di disegno, e lei, sua allieva, si sono amati, ma... l'ha forse cercata dopo essere stato abbandonato per la sua mancanza di maturità e senso di responsabilità? E adesso Rachel deve pensare all'avvenire di sua figlia Sara, un'affettuosissima e dolce bambina purtroppo malata e bisognosa di assidue cure. James Kingsley è in grado di assicurare a Sara l'uno e le altre e forse anche l'intervento chirurgico che la farà guarire del tutto. Perché Rachel dovrebbe esitare?
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Anteprima del libro
Per l'amore di Sara - Anne Mather
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
For the Love of Sara
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2014 Anne Mather
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 1982 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-916-0
www.harlequinmondadori.it
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1
A Salton, David uscì dall’autostrada e prese a ovest, inoltrandosi nella campagna. Chilometri e chilometri di desolata pianura si stendevano davanti a lui, e le pecore che in gran numero invadevano la strada obbligandolo a frenare di continuo non facevano altro che aumentare la sua irritazione per quel viaggio. In circostanze diverse il suo senso artistico avrebbe apprezzato l’accostamento quasi magico dei colori del tramonto, ma in quel momento la sua mente era occupata da pensieri assai meno piacevoli. Non si sentiva affatto in armonia con il paesaggio spazzato dai venti e si rammaricava solo che la sua destinazione fosse così lontana dalle comodità a cui era abituato.
Le poche automobili che incrociava erano obbligate a spostarsi fin quasi sul ciglio della strada a causa della larghezza della sua Mercedes. I guidatori locali sembravano convinti di essere i padroni della carreggiata, pensò. Non si sentiva in vena di gentilezze e generosità. Il suo stomaco cominciava a farsi sentire, ricordandogli che non aveva mangiato niente dopo la colazione del mattino.
Gettò un’occhiata all’orologio da polso in oro massiccio. Erano già le sette e mezzo passate. Entro poco sarebbe scesa la notte e lui non aveva molta voglia di guidare nell’oscurità. Poco più di un’ora prima aveva attraversato i sobborghi industriali di Doncaster e Leeds, ma le due città erano ormai lontane. Non doveva essere a più di dieci chilometri da Langthwaite e, con un po’ di fortuna, vi avrebbe trovato un albergo che facesse al caso suo. Per lo meno fino al mattino dopo.
Aveva lasciato Londra intorno alle due e aveva viaggiato a buona andatura, senza fretta eccessiva, ma senza nemmeno perdere tempo. Al momento di mettersi in viaggio non si sentiva molto desideroso di raggiungere la sua destinazione e, benché poi la sua opinione fosse mutata, i suoi sentimenti erano ancora confusi. Nel fondo del suo cuore, la vicenda lo riempiva di amarezza e non riusciva a convincersi di far bene ad agire come aveva deciso in un primo tempo. Si diceva che lo faceva per il bene di Francis, ma non ne era del tutto convinto.
Si agitò inquieto sul sedile, poco disposto a interrogarsi sulle sue vere motivazioni. Ormai, al punto in cui si trovava, doveva andare fino in fondo. Vide brillare alcune luci in lontananza e accese i fari per leggere il cartello segnaletico. Rischiò quasi di non vederlo, nascosto com’era nell’erba alta, simile a una stele funeraria. Per un attimo si chiese se non fosse un cattivo presagio, poi alzò le spalle. Non era il momento di avere dubbi.
Il villaggio era minuscolo: poche casette raggruppate intorno a una piazza lastricata. C’era la solita cabina telefonica all’esterno dell’ufficio postale, una drogheria che vendeva di tutto e un albergo. Al Fagiano d’Oro! Le labbra di David si piegarono in una smorfia ironica. Dopo tutto, era un po’ diverso dall’Albergo del Cavallino Bianco o dalla Locanda della Posta! Non si trattava di un albergo di lusso ma, se le lenzuola erano pulite e la birra fresca, sarebbe andato benissimo.
Alcuni ragazzotti bighellonavano nella piazza e l’apparizione della Merdedes color crema scatenò lazzi e commenti volgari. David fu obbligato a lasciare la macchina fuori e ad affidarsi alla sua buona stella, sperando di ritrovarla indenne. Dov’era andato a finire il fascino campestre che aveva immaginato? Sparito, come tutto il resto, nell’indifferenza generale?
Lasciò la valigia nel portabagagli, s’infilò la giacca di montone e si sistemò il nodo della cravatta. Quindi si diresse verso l’ingresso dell’albergo. Era ancora presto e al bar c’erano solo due o tre avventori. La ragazza che serviva era una bionda fascinosa ed era notevolmente incuriosita dall’apparizione di quel cliente sconosciuto, così diverso dai soliti habitués. David se ne rese conto dal modo in cui lo osservò dalla testa ai piedi. Il suo aspetto dovette piacerle perché gli parlò con grande cordialità.
«Che cosa desidera, signore?»
David esitò, poi tirò fuori il portafoglio dalla tasca interna della giacca.
«Prenderò una birra.» Gettò un’occhiata intorno. «Avete anche delle camere?» chiese poi.
La ragazza gli riempì un bicchiere e lo spinse verso di lui. Ora lo osservava con sorpresa.
«Delle camere, signore? Be’, credo che il signor Harris ospiti ogni tanto uno o due clienti di passaggio, ma non so se in questo periodo dell’anno...» Gli dette il resto e lo guardò con insistenza. «Vuole che m’informi?»
David intascò il resto.
«Se non le dispiace.»
Portò il bicchiere alle labbra e bevve con gusto.
La ragazza lo osservò ancora per qualche secondo, poi si strinse nelle spalle, fece dietrofront e uscì. David sedette su uno sgabello. La birra era buona, fredda proprio come piaceva a lui e ristoratrice dopo tutte quelle ore di guida. Si rendeva conto che la sua presenza stava suscitando un certo interesse anche negli altri clienti: evidentemente non erano abituati a vedere forestieri in quel periodo dell’anno, da quelle parti.
La ragazza tornò accompagnata dal padrone, un uomo di mezz’età. David si sforzò di sorridere.
«Vorrebbe alloggiare qui, da quanto ho capito» disse il signor Harris. «Pensa di fermarsi molto?»
«Una notte soltanto» rispose lui, calmissimo.
«È qui come turista, signore?» azzardò il padrone che moriva di curiosità.
David scosse la testa.
«Sono qui per affari» ammise, riconoscendo di dover fornire un minimo di spiegazioni. «Può ospitarmi?»
«D’accordo. Le faccio preparare una camera» rispose il signor Harris. «Desidera cenare, intanto?»
David si trattenne dal dare in escandescenze. Certo che voleva cenare! Per chi lo prendevano?
«Sì, se è possibile. Naturalmente non pretendo che sua moglie mi prepari qualcosa di speciale. Mi basterà qualche panino e forse un po’ di pane tostato per la colazione di domani.»
Qualche secondo dopo, apparve la signora Harris.
«È questo il signore che vuole passare la notte qui?» chiese.
Il marito assentì.
«Bene, signore» disse la donna. «La sua camera è pronta. Immagino che abbia fame.»
«Ecco, io...»
David gettò un’occhiata al signor Harris, e quest’ultimo approvò con un cenno.
«Ellie, il signore... non so il suo nome, signor?... Il signore ha fame.»
«Kingsley» disse prontamente David. «David Kingsley di Londra.»
Subito dopo la signora Harris gli fece vedere la sua camera e il bagno comune, quindi lo accompagnò in una saletta da pranzo che di solito doveva essere riservata ai componenti della famiglia. David venne servito dalla stessa signora Harris, mentre la bionda del bar veniva ogni tanto a chiedergli se avesse bisogno di qualcosa.
Abituato al fascino che esercitava sull’altro sesso e non apprezzando particolarmente la bellezza troppo procace della ragazza, lui era molto seccato di doverle sorridere continuamente.
Alla fine della cena la signora Harris venne ad assicurarsi di persona che tutto fosse stato di suo gradimento e, davanti al piatto vuoto, assunse un’espressione soddisfatta.
«Le è piaciuto, signore?»
«Era tutto molto buono, grazie, signora Harris. Lei è molto gentile.»
Un largo sorriso illuminò la faccia della signora Harris.
«Riparte domani?» gli chiese, accingendosi a sparecchiare.
David si alzò.
«Lo spero.»
La donna gli lanciò una rapida occhiata.
«Voglio dire» aggiunse lui «che spero che i miei affari non mi rubino troppo tempo. Devo rientrare a Londra al più presto.»
«Lavora a Londra, signor Kingsley?»
«A volte.»
«Ma abita lì, vero?»
«Sì... diciamo di sì.»
Evidentemente, la signora Harris cercava in tutti i modi di sapere perché fosse venuto a Langthwaite, e lui era costretto a svicolare per non darle la possibilità di fargli delle domande troppo precise.
Sbadigliò e riprese: «Se non le dispiace, signora, andrei a coricarmi. La giornata è stata lunga e sono stanco».
La signora Harris riuscì a dissimulare la delusione.
«Certamente, signore! Conosce la strada, vero?»
«Sì» rispose David con un sorriso. «Buonanotte.»
«Buonanotte, signore» rispose la donna.
David uscì dalla stanza e si diresse verso la scala.
La bionda fece capolino nel vano della porta del bar e chiese con voce languida: «Non viene a bere qualcosa?».
David scosse la testa.
«No, grazie.»
«Non andrà già a letto?» insisté la ragazza.
«Sono le dieci passate» rispose lui.
«Le dieci!» esclamò la ragazza alzando gli occhi al cielo. «Veramente, credevo che voi londinesi foste abituati ad andare a letto tardi...»
«Non sempre. Buonanotte» le disse David, seccamente.
La camera era nel sottotetto, tanto basso che lui non poteva neanche stare diritto. Il letto, però, sembrava comodo e lui aveva una gran fretta di cacciarvisi dentro.
Dopo una rapida toeletta, tornò in camera e s’infilò tra le lenzuola. La camera era gelida perché l’albergo non aveva riscaldamento centrale.
David si mise supino, incrociò le braccia dietro la testa e fissò il soffitto. Dunque, ecco che era a Langthwaite, a meno di un chilometro di distanza da Rachel... Rachel Gilmour, come ormai lei si chiamava, ma sempre Rachel.
Come aveva avuto il coraggio di fargli una cosa del genere? Strinse i pugni. Se in quel momento fosse stata lì davanti a lui, l’avrebbe strozzata!
Ma non era il caso di lasciarsi trascinare dalla collera, lo sapeva benissimo. Ci volevano calma, sangue freddo e un certo distacco. In fondo