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Tornare ad amare: Harmony Collezione
Tornare ad amare: Harmony Collezione
Tornare ad amare: Harmony Collezione
E-book143 pagine2 ore

Tornare ad amare: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il passato custodisce oscuri segreti, ma Rosie ha sempre cercato di nascondere il suo dolore gettandosi a capofitto del lavoro. Anche Jake fa parte di quel passato...Il destino,però, ha in serbo per lui delle sorprese..Purtroppo, quando si rende conto di essersi sbagliato a giudicare Rosie, teme che sia ormai troppo tardi per cambiare il corso della cose. Ma non si dà per vinto. Anzi. Riuscirà Luke ad aiutare Rosie a superare le incomprensioni e a ritrovare il gusto della vita?
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2016
ISBN9788858955741
Tornare ad amare: Harmony Collezione
Autore

Penny Jordan

Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.

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    Anteprima del libro

    Tornare ad amare - Penny Jordan

    successivo.

    1

    «Comincio a tremare al solo sentir parlare di battesimi. In effetti, di questi tempi, basta che qualcuno pronunci la parola neonato in mia presenza, perché io mi ritrovi immersa in tristi pensieri... proprio io che sono madre di due adolescenti grandi e grossi. Oh, so di che si tratta, naturalmente. È la cosiddetta sindrome da casa vuota che si profila su di me, senza altra prospettiva se non quella di aspettare la crisi di mezza età di Greg e la mia menopausa... Ehi, Rosie, mi stai ascoltando?»

    Docilmente, Rosie volse lo sguardo verso la sorella maggiore e ripeté di buon grado ciò che le era appena stato detto.

    «Naturalmente, un sacco di donne si trovano ad avere figli a quarant'anni, di questi giorni» la sentì proseguire nel suo monologo Rosie. «Anche se... chissà che direbbero i ragazzi se capitasse a me e... soprattutto, come diamine potrei rimanere incinta, questo proprio non lo so. Oh, tu non hai nemmeno idea di che significhi avere dei figli quasi adulti in casa con te. È sorprendente come riescano a farti sentire in imbarazzo. In ogni caso, giusto a proposito di vita sessuale, come sta andando la tua?»

    Rosie sentì i muscoli dello stomaco che le si contraevano e sperò che quelli facciali non stessero reagendo allo stesso modo.

    C'era un decennio di differenza fra lei e la sorella maggiore, e questo aveva spinto Chrissie ad adottare un atteggiamento quasi materno nei suoi confronti. Sapeva che Chrissie si sarebbe risentita nel caso fosse stata lei a dimostrarsi tanto indiscreta da curiosare nell'aspetto più intimo della sua vita privata, ma si rendeva anche conto che la sorella non avrebbe mai capito che ci potessero essere momenti in cui lei trovava le sue domande inopportune e troppo personali. In ogni caso, era meglio fare buon viso a cattivo gioco: sapeva quanto bene le volesse Chrissie, così come era certa che le sue domande, per quanto indiscrete, nascevano dall'amore e dalla preoccupazione che nutriva per lei.

    Semmai era lei, quel giorno, che si sentiva straordinariamente suscettibile, ammise Rosie. I battesimi le procuravano sempre questo effetto, ed era inutile aspettarsi che Chrissie comprendesse ciò che lei stava provando, che immaginasse il lacerante dolore che la pervadeva, il senso di perdita e l'angoscia che la dilaniavano in occasioni come questa.

    Era facile per Chrissie parlare tranquillamente della tristezza legata al desiderio di avere un figlio. Era facile dare per scontato che lei, Rosie, la grintosa single di trentuno anni, con la sua attività in proprio da mandare avanti, non potesse nemmeno lontanamente avvertire quel doloroso senso di vuoto, alla vista di un'altra donna con il proprio bambino.

    Già... quel vuoto fatto di mille sfaccettature che lei stessa stentava tanto a descrivere... Lei, Rosie, una donna che, come spesso Chrissie le ricordava, aveva scelto di tenere a distanza di sicurezza qualunque uomo si profilasse all'orizzonte...

    Be', comunque fosse, forse certi commenti sulla sua vita sessuale sua sorella avrebbe potuto risparmiarglieli!

    Il giardino degli Hopkins non era grande, ma, trattandosi di una coppia molto benvoluta, i padroni di casa avevano invitato un gran numero di persone al party in occasione del battesimo del loro bambino. Rosie sussultò quando qualcuno, in piedi alle sue spalle, indietreggiò, urtandola fortuitamente e rischiando di farle rovesciare il contenuto del bicchiere che teneva in mano. Quando Rosie si girò automaticamente, l'altra donna le porse le sue scuse.

    «Mi spiace» affermò, ma Rosie non la stava ascoltando.

    Irrigidita da capo a piedi, per lo shock e per il forte sentimento di ripulsa, fissava oltre la sua interlocutrice in direzione dell'uomo che se ne stava immobile a qualche metro di distanza, intento a osservarla.

    Jake Lucas! Che cosa ci faceva in quel posto? La stava osservando! Non si era resa conto che potesse conoscere gli Hopkins. Se avesse anche solo sospettato di incontrarlo...

    «Rosie...»

    Lei rabbrividì e la rigidità abbandonò il suo corpo mentre rispondeva alla voce, divenuta improvvisamente ansiosa, di sua sorella.

    Da lontano, Jake Lucas continuava a fissarla. Poteva quasi avvertire il bruciore di quello sguardo su di sé. Sapeva esattamente quello che l'uomo stava pensando, l'opinione che aveva di lei, senza neanche aver bisogno di guardarlo direttamente negli occhi.

    «Rosie...»

    Stavolta Chrissie non si accontentò di parlarle. Le mise una mano sul braccio, dandole una piccola stretta ammonitrice, da sorella maggiore.

    «Che c'è? Cos'è che non va?»

    Che cosa non andava? Un allarme scattò violento dentro di lei.

    «Niente... non c'è niente che non va» si affrettò a negare, tornando a voltarsi verso la sorella, in modo così rapido che i lunghi capelli castani le fluttuarono attorno al viso, nascondendo per un attimo la sua espressione. Poi, quando le si posarono morbidamente sulle spalle, Rosie abbassò il volto, mettendosi sulla difensiva.

    Jake Lucas. Anche ora che non lo stava più guardando, i suoi lineamenti le erano impressi nella mente al punto che non era il volto dolce e preoccupato di sua sorella quello che vedeva, bensì quello di lui, con i suoi tratti duri e mascolini.

    La bocca piegata in atteggiamento sprezzante, gli occhi grigi, penetranti e spietati, che la osservavano con disgusto. Tutto in lui, perfino il suo modo di starsene fermo in piedi, denotava il suo chiaro disprezzo per lei.

    «Rosie, che hai? E non dirmi che non hai niente. Sei bianca come un lenzuolo» le fece presente Chrissie. «È per via del sole? Avresti dovuto tenere il cappellino, sai bene quanto sei soggetta ai colpi di sole. Sarà meglio che non torni a casa con la tua macchina.»

    Stordita, Rosie lasciò che la ramanzina vagamente autoritaria della sorella le scivolasse addosso, per una volta incapace di protestare la sua indipendenza e di rammentarle come fosse una donna adulta e non uno dei suoi figli.

    «E, comunque, è ora che ce ne andiamo. Ho promesso a Greg che non avrei fatto tardi. Abbiamo ospiti i Curtis, stasera, e voglio assicurarmi che a Allison e Paul non passi per la testa di uscire. Non mi va che vadano fuori la domenica sera, non in un momento così delicato dei loro studi.»

    Rosie rimase in silenzio, ascoltando passiva il monologo della sorella. Jake Lucas... Cercò di ricordare l'ultima volta che l'aveva visto. Era stato tre o quattro anni prima? Non ricordava. Si sentiva troppo frastornata per riuscire a concentrarsi.

    Lui viveva dalla parte opposta della città e le loro strade non si incrociavano mai. Inoltre, si muoveva in ambienti sociali diversi, e i suoi interessi in un villaggio turistico su un'isoletta greca facevano sì che fosse assente dal paese per la maggior parte del tempo.

    Era più vicino all'età di Chrissie che alla sua, ma persino la sua agguerrita sorella era sempre stata un po' in soggezione nei suoi confronti.

    Non poteva invece definire soggezione la sua reazione nei confronti di Jake, ammise Rosie. Timore, terrore, panico, angoscia: lui le faceva provare tutte queste sgradevoli emozioni.

    Oltre ad altre ancora più insopportabili.

    Il solo udire il suo nome bastava a farla raggelare per la paura e per la vergogna. E vederlo così inaspettatamente, proprio mentre si sentiva già così agitata, così emotivamente esposta all'angoscia che affiorava dal suo passato e al peso del dolore per qualcosa che non aveva mai confidato a nessuno...

    Tacitamente, lasciò che Chrissie la prendesse per un braccio e la guidasse con fermezza attraverso il folto gruppo di persone radunato attorno al padrone e alla padrona di casa.

    Il bimbo festeggiato, il terzogenito degli Hopkins, si era beatamente addormentato fra le braccia del papà. Rosie accusò una fitta di dolore quando lo vide trasferire con destrezza il peso addormentato dell'ultimogenito da un braccio all'altro, mentre abbassava il capo, per baciare sulla guancia prima Chrissie e poi lei.

    «Non credi sia ora che io ti veda tenere in braccio, a tua volta, uno di questi arnesi?» le chiese, prendendola in giro.

    La sua battuta era assolutamente priva di malizia o di mancanza di educazione. Rosie, Neil e Gemma Hopkins erano andati a scuola insieme e fra loro c'era un certo affiatamento. Gemma aveva la sua età. Guardandola, Rosie si ricordò di essere l'unica delle sue compagne di classe a non aver vissuto un rapporto sentimentale di una qualche importanza.

    Alcune delle sue amiche erano perfino già al secondo matrimonio.

    Lei sapeva quanto la gente fosse curiosa nei suoi confronti, e poteva indovinare le probabili domande che si scambiavano sul suo conto i suoi conoscenti. Sempre sensibile e, per natura, estremamente riservata, era dolorosamente conscia di quanto fosse esclusa dagli affari di cuore che sembravano tanto normali per tutti gli altri.

    Non che non fosse attraente o che gli uomini non fossero attratti da lei, aveva esclamato Chrissie, esasperata, quattro mesi prima, in occasione del trentesimo compleanno di Rosie, quando aveva intavolato la sua solita arringa circa la dedizione di Rosie al suo stato di single.

    «Ti ho osservata» l'aveva accusata Chrissie. «Tu ti chiudi a riccio, non appena qualcuno cerca di avvicinarsi a te.»

    Sua madre era stata più comprensiva, ma non per questo meno preoccupata.

    «Proprio non capisco» aveva detto tristemente. «Rosie, tu sei sempre stata quella che amava giocare con le bambole, che sempre, fin da piccola, parlava di sposarsi e avere un nugolo di bimbi. Delle due, ho sempre pensato che sarebbe stata Chrissie a diventare una donna in carriera. Non mi fraintendere, non sto cercando di dirti come devi gestire la tua vita, cara. Se rimanere single è ciò che vuoi...»

    «Lo è» aveva tagliato corto Rosie con fierezza, sia pur sospettando che sua madre sapesse perfettamente che non le stava dicendo tutta la verità.

    D'altra parte, come avrebbe potuto spiegare a sua madre, o a chiunque altro, ciò che l'aveva resa così, il senso di colpa, il dolore, la sofferenza, a cui si era aggiunta la sgradevole scoperta che la sua stupidità e la sua umiliazione avevano avuto qualcun altro come testimone? Era stato tutto così doloroso per lei, che l'unico modo per sopportarlo era consistito nel cercare di separarsene, di scindersi dalla persona che era stata prima che questo accadesse, per cercare di diventare una persona diversa. Una persona migliore, più responsabile e più controllata.

    No, come poteva raccontare ad altri ciò che le era accaduto? La spaventava che altri potessero condannarla, reagendo nello stesso modo in cui aveva reagito Jake Lucas.

    Nel corso degli anni ci aveva pensato e ripensato, odiandosi per

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