Questione di adrenalina: Harmony Destiny
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Kate Hoffmann
Dopo aver lavorato come redattrice di testi pubblicitari, ha intrapreso la difficile strada del romanzo e ha dovuto superare difficili momenti prima di approdare al successo. Ora finalmente può permettersi di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
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Anteprima del libro
Questione di adrenalina - Kate Hoffmann
forte.
1
L'esplosione giunse dal nulla, distruggendo la vetrina del negozio di antichità Ford-Farrell. Dapprincipio Olivia Farrell pensò che si fosse rotto un vaso di cristallo, ma quando il secondo proiettile le sibilò sopra la testa, corse a ripararsi dietro una chaise-longue in stile vittoriano.
«Oh, dannazione!» mormorò, non sapendo bene che cosa fare. Sarebbe dovuta scappare? Restare nascosta? «Mio Dio, perché non li ho voluti ascoltare?»
Sollevandosi dal pavimento, calcolò la distanza che la separava dalla porta di servizio, che si affacciava sul vicolo posteriore.
E se i suoi assassini si fossero appostati lì fuori ad aspettarla? No, improbabile. In fondo non l'avevano colpita. Forse non avevano intenzione di ucciderla. Forse volevano soltanto spaventarla.
«Il telefono, che stupida» mormorò a se stessa, prendendo dalla tasca della giacca il cellulare che portava sempre con sé e componendo con mani tremanti il numero del Pronto Intervento.
Aveva gli occhi pieni di lacrime e tratteneva a stento i singhiozzi, ma si rifiutava di cedere alla paura e al panico.
Aveva imparato a controllare le emozioni, a conservare sempre un atteggiamento distaccato, per quanto riguardava gli affari. Forse, però, un proiettile esploso attraverso la vetrina del negozio era un motivo sufficiente per giustificare un piccolo attacco isterico.
E dire che non sarebbe accaduto niente se avesse tenuto la bocca chiusa, se quella sera di qualche mese prima se ne fosse andata in silenzio. Invece aveva avuto paura, paura che tutto quello per cui aveva lottato le fosse strappato di mano.
In vita sua non aveva mai infranto la legge, a eccezione di qualche multa per eccesso di velocità. Adesso, invece, tutti i suoi libri contabili erano sotto sequestro, la polizia aveva indagato sul suo passato e buttato in galera il suo partner. La sua reputazione era in frantumi. Era testimone in un processo per omicidio e riciclaggio di denaro sporco contro un uomo pericoloso, un uomo che evidentemente non pensava ad altro che a farla fuori prima che lei potesse raccontare la sua storia in tribunale.
Attese che un operatore le rispondesse, poi diede in fretta il suo indirizzo e raccontò l'accaduto.
«Stia calma, signora» la esortò l'agente. «E continui a parlarmi. Una pattuglia è già in arrivo.»
Olivia strinse i denti. «Di che cosa dovrei parlarle?» domandò innervosita. L'unica cosa che le veniva in mente era la velocità con cui la sua vita era cambiata.
Fino a due mesi prima era stata una delle più importanti commercianti di antiquariato di Boston, la sua era una clientela selezionata e il lavoro le consentiva di viaggiare in lungo e in largo per il mondo.
Era un risultato meraviglioso, per una ragazza nata e cresciuta in un quartiere operaio della città. Olivia era una delle poche che erano riuscite a lasciarsi alle spalle il passato e a crearsi una nuova identità. L'unica cosa che aveva conservato dell'infanzia era l'interesse per tutto ciò che era antico.
«I miei genitori erano fanatici di antiquariato» mormorò all'agente che la ascoltava dall'altro capo del telefono. «Mi trascinavano da una mostra all'altra, anche se a stento riuscivano a sbarcare il lunario. Spesso non sapevamo neppure quando avremmo avuto i soldi per comprare il pasto successivo. Tanta incertezza era spaventosa, per una bambina.»
«Non deve avere paura» la esortò l'operatore. «La polizia è già per strada.»
«Quando sono cresciuta» proseguì Olivia, «i miei incominciarono a rivolgersi a me per un consiglio. Diventai una vera esperta in pezzi di antiquariato del Diciottesimo e del Diciannovesimo secolo. Infine, quando terminai il liceo, i miei aprirono un piccolo ristorante lungo un'autostrada in Florida.»
«Tra pochi minuti la polizia sarà da lei, signora Farrell.»
E Olivia continuò a parlare, rendendosi conto che il suono della sua stessa voce riusciva a calmarla. «Io restai sola per potere frequentare l'università. Facevo tre lavori diversi per mantenermi agli studi, finché non trovai il mio primo tesoro: una poltrona antica che comprai a un prezzo stracciato e che rivendetti a un'asta di antiquariato, guadagnando una fortuna.»
Da quel momento in poi, Olivia si era mantenuta agli studi comprando e vendendo pezzi antichi.
«Mi laureai a Boston e subito intrapresi la car-riera di commerciante di antiquariato. Sei anni più tardi entrai in società con uno dei miei clienti, Kevin Ford. Era un uomo molto ricco e io ero convinta di avere fatto la mia fortuna.» Un sospiro le sfuggì dalle labbra. «Come ho potuto essere tanto ingenua?»
«La polizia sarà da lei tra circa trenta secondi, signora» la informò l'operatore.
Olivia già sentiva in lontananza il suono delle sirene. Neppure la polizia, però, poteva toglierla dal pasticcio in cui si era cacciata. Era soltanto colpa sua.
Quando Kevin aveva acquistato l'intero edificio, era stata la prima ad avere dei dubbi. Sapeva che Kevin era ricco, ma non immaginava che avesse la liquidità necessaria a comprare uno stabile lungo una delle strade più eleganti di Boston. Ciononostante, aveva deciso di non preoccuparsene.
E aveva fatto male.
Se avesse seguito l'istinto, avrebbe capito che le risorse inesauribili di Kevin Ford derivavano dai suoi contatti con la malavita. E aveva trovato la conferma a quei sospetti la sera in cui aveva sentito una conversazione tra Ford e uno dei suoi più importanti clienti, Red Keenan, un boss che soltanto nell'ultimo anno aveva ordinato l'assassinio di diverse persone.
Una voce familiare risuonò in quel momento nel negozio. «Signora Farrell? Sta bene?»
Olivia sporse la testa dal suo rifugio dietro la poltrona e fece un cenno al sostituto procuratore Elliott Shulman, l'uomo che indagava sul conto di Red Keenan. «Sono... sono ancora viva» balbettò.
Shulman le corse incontro per aiutarla ad alzarsi. «È inaccettabile» mormorò. «Dov'è la protezione che avevo chiesto alla polizia?»
«Parcheggiata davanti a casa mia» ammise Olivia arrossendo.
Shulman sussultò. «Vuol dire che è uscita senza avvertirli?»
Lei annuì. «Dovevo lavorare. Il negozio è chiuso da due mesi e io devo mantenere i contatti con i clienti, se non voglio perderli uno dopo l'altro.»
Il sostituto procuratore la afferrò per un braccio. «Spero che si sia resa conto di che cosa è capace Keenan» inveì. «E spero anche che adesso si decida a seguire i nostri consigli.»
Olivia si liberò dalla sua stretta. «Non capisco per quale motivo mi voglia morta. Anche Kevin può testimoniare. Io ho sentito soltanto pochi brani di quella conversazione.»
«Il suo amico non parlerà, signora Farrell. Lei è l'unica a potere collegare Ford a Keenan, e dopo quello che è accaduto oggi, saremo costretti a tenerla nascosta fuori città.»
«Ma io... io non posso andarmene» balbettò lei. «Chi si occuperà del negozio?»
«Chiameremo qualcuno a sostituire la vetrina» la rassicurò Shulman. «Lei, per il momento, deve venire con me.»
Olivia non ebbe altra scelta. Prese il cappotto, seguì Shulman per strada e consegnò le chiavi a un agente di pattuglia che era fuori.
«Almeno mi prometta che tornerò presto alla mia vita normale» mormorò con un sospiro.
«Farò del mio meglio, signora Farrell.»
Conor Quinn sapeva riconoscere una pessima giornata. Da quando lavorava al dipartimento di polizia di Boston, ogni giorno della sua vita era stato intaccato dai mali della società.
Infilò una mano in tasca per prendere il pacchetto delle sigarette, poi ricordò che aveva smesso di fumare tre giorni prima.
Soffocando un'imprecazione, tese il bicchiere al barista. Seamus Quinn si avvicinò lentamente. Aveva abbandonato da anni la vita da pescatore e aveva adoperato i magri risparmi per comprare un pub alla periferia meridionale di Boston. La Mighty Quinn adesso era ormeggiata nel porto e il fratello Brendan la utilizzava come abitazione provvisoria le poche volte che faceva un salto in città.
«Una birra, Con?» domandò Seamus.
«No, papà. Tra mezz'ora monto di turno. Passa a prendermi Danny.»
Mentre il padre serviva alcolici agli altri avventori, Conor si guardò intorno nel tentativo di distogliere la mente dagli eventi della giornata.
Il pub di Seamus era rinomato per tre fattori: l'atmosfera tipica irlandese, la migliore birra della città e la musica che vi si suonava ogni sera dal vivo.
Era anche conosciuto, però, per i sei fratelli scapoli che si trattenevano ogni sera al bar.
In quel momento Dylan stava giocando a biliardo insieme ad alcuni colleghi pompieri. Brian lavorava al bancone insieme al padre e stava facendo del suo meglio per ammaliare la nuova cameriera. Liam giocava a freccette con una bella rossa, mentre Sean ballava al suono di un violino con una brunetta mozzafiato.
Neanche Brendan si comportava diversamente, quando era in città al termine di un viaggio di lavoro. Faceva il giornalista e lo scrittore e quando tornava a casa, la prima cosa che faceva era cercare una donna bella e compiacente. Gli ammonimenti del padre riguardo al pericolo di innamorarsi avevano attecchito da anni nel cuore di tutti i fratelli, ma questo non impediva loro di approfittare di ciò che le donne erano disposte a offrire loro anche al di fuori di un legame serio.
Negli ultimi tempi, tuttavia, Conor si era stancato dei rapporti futili di cui si era accontentato in passato.
«Buonasera, signore. La macchina è pronta fuori, quando vuole muoversi.»
Conor guardò il collega, Danny Wright, mentre si