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Posizioni compromettenti
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E-book206 pagine3 ore

Posizioni compromettenti

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Info su questo ebook

Amelia Sheffield è arrivata nella noiosa cittadina di Millhaven per assicurarsi ciò che le è stato pro-messo per la sua futura mostra: il letto su cui un tempo si dice abbia dormito George Washington in persona! Il problema è che un arrogante, maleducato - e tremendamente sexy! - proprietario alberghiero insiste nell'affermare che il letto sia di sua proprietà. Peggio per lui. Sam Blackstone non ha la più pallida idea di quanto Amelia sia in grado di giocare sporco per ottenere ciò che desidera.



Sam è furioso - ed eccitato! - quando scopre che quella donna irritante ha programmato di dormire nel letto che entrambi si contendono fino a quando non sarà suo. Ah è così? Bene, lui saprà essere anche più ostinato di lei. In fondo in quel letto c'è posto per due, e se Amelia si illude di essere una dura, dovrà dimostrarlo quando, sotto quelle lenzuola, lui la accarezzerà dappertutto.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2018
ISBN9788858978634
Posizioni compromettenti
Autore

Kate Hoffmann

Dopo aver lavorato come redattrice di testi pubblicitari, ha intrapreso la difficile strada del romanzo e ha dovuto superare difficili momenti prima di approdare al successo. Ora finalmente può permettersi di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.

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    Anteprima del libro

    Posizioni compromettenti - Kate Hoffmann

    successivo.

    1

    «Samuel Jefferson Blackstone! Dove sei?»

    Sam trasalì sentendo la voce di sua sorella minore riecheggiare in tutto il pianterreno della Blackstone Inn e, dopo aver stretto bene il tubo con la chiave inglese, uscì da sotto il mobiletto.

    «Sono qui» rispose. «In cucina.»

    Quando Sarah lo raggiunse, Samuel si stava lavando le mani nel lavello che aveva appena riparato. O che si era illuso di aver riparato. Il rumore inconfondibile di una perdita d'acqua gli strappò un'imprecazione.

    Quello era uno dei momenti in cui non poteva fare a meno di pensare alla triste situazione della locanda, il cui bilancio non era più in attivo da qualche anno. Un minimo guadagno gli avrebbe permesso di affidare a un vero idraulico la soluzione dei problemi di manutenzione. Purtroppo, da quando Sam aveva memoria, la locanda non aveva mai reso molto ai suoi proprietari e ancora meno ora che il proprietario era lui.

    «L'hai aggiustato?» gli chiese Sarah.

    «Non ancora» bofonchiò lui.

    «Hai usato silicone e stoppa?»

    «Solo il silicone.»

    Sarah strabuzzò gli occhi e scosse la testa. «Ti ho detto che devi usare anche la stoppa. È così che James l'ha aggiustato, l'ultima volta.»

    Sam spostò lo sguardo su sua sorella. «Forse dovresti chiamare James e invitarlo a cena. Oppure al cinema e poi, così, casualmente, lasciarti sfuggire che le nostre tubature perdono.»

    «Vuoi davvero che faccia la corte a tutti gli artigiani della città?» gli chiese Sarah afferrando una mela da un portafrutta di legno sul ripiano di lavoro. «Sono uscita con elettricisti, lattonieri, carpentieri, muratori... ma non voglio nemmeno sentir parlare di idraulici.»

    «James mi sembra un tipo a posto» obiettò Sam, «e sarebbe molto utile se tu sposassi un artigiano. Risolveremmo tutti i nostri problemi.»

    «Non uscirò con James.» Sarah si allontanò dal ripiano della cucina. «Inoltre tu e io sappiamo benissimo che cosa risolverebbe i nostri problemi. E dal momento che tu ti rifiuti di trovare una moglie ricca da far schifo, dovremo vivere in queste condizioni per almeno altri venticinque anni.»

    Una moglie facoltosa sarebbe stato un bell'aiuto, Sam era d'accordo, ma perché mai una donna ricca si sarebbe voluta sistemare con un uomo legato a una vecchia locanda come un'ancora alla sua nave? Quel peso era suo e non se la sentiva di imporlo a una donna, soprattutto a una donna che avesse amato.

    «Non sei obbligata a restare qui» le fece presente Sam. «La locanda non è un tuo problema.»

    Sarah si strinse nelle spalle. «In questo momento non ho un altro posto dove andare. E poi, se me ne andassi, chi cucinerebbe per i nostri clienti esigenti?» Era già quasi fuori dalla cucina quando si fermò. «Ah, penso che dovresti sapere che ho visto alcuni camion dei traslochi parcheggiati davanti alla casa di Abigail Farnsworth. A quanto pare stanno sgomberando tutta la sua roba. Dovresti andare a prendere il letto di George Washington prima che lo portino via.»

    «Jerry Harrington mi ha detto che mi avrebbero chiamato per andarlo a prendere» la tranquillizzò Sam.

    «Io non mi fiderei di lui per una cosa così importante.»

    «Ma è nostro cugino.»

    «Oh, Signore!» esclamò Sarah. «Più o meno alla lontana siamo imparentati con metà della popolazione di questa città. La stessa Abby Farnsworth è una nostra cugina di terzo grado.»

    «Quarto» la corresse lui. Sam estrasse le chiavi dalla tasca e si diresse verso la porta. «Metti un secchio sotto il lavandino per raccogliere l'acqua. Lo aggiusterò più tardi.» Sospirando pensò a tutte le altre riparazioni urgenti di cui il vecchio edificio necessitava.

    La Blackstone Inn era la terza locanda più vecchia dello stato di New York e l'unica delle tre ancora aperta dopo l'inaugurazione, risalente ai tempi della Guerra di Indipendenza. Arroccata su un bellissimo promontorio sopra il fiume Hudson, ai margini della cittadina di Millhaven, era stata costruita da un avo di Sam, ampliata dai suoi discendenti e lasciata in eredità per nove generazioni al primogenito del primogenito della famiglia.

    Durante la Guerra di Indipendenza, la locanda era stata un punto di riferimento importante sulla strada tra New York, Albany e Québec City a nord. Dopo la guerra, era stata una tappa intermedia per i coloni diretti verso le zone più a nord dello stato. E più tardi ancora, nel 1797, quando Albany era stata eletta capitale dello stato, era diventata la meta di viaggio preferita di politici e uomini d'affari.

    Sam percorse con il pickup le strade della ridente cittadina. Era cresciuto a Millhaven e aveva sempre saputo che il suo futuro era predestinato. In quanto primogenito di un primogenito, la Blackstone Inn era sua per diritto di nascita.

    C'erano dei momenti in cui sentiva sulle spalle tutto il peso della storia di famiglia, un po' come un reale infastidito all'idea di affrontare una vita carica di oneri. Per molto tempo aveva cercato una via di fuga, ma alla fine si era rassegnato all'idea che, dopo suo padre e suo nonno, ora toccava a lui prendere il comando perché non c'era modo di evitarlo.

    Se se ne fosse andato, suo padre Joseph non sarebbe potuto andare in pensione e alla sua morte sarebbe stato un comitato di famiglia a scegliere un erede e con ogni probabilità la scelta sarebbe caduta su Sarah. Sua sorella era dotata di un grande talento e Sam non voleva vederla relegata in una vecchia locanda ai margini del mondo. Perciò aveva accettato l'eredità a denti stretti e con un sorriso forzato. Avrebbe fatto il suo dovere fino a quando fosse riuscito.

    Dopo essersi fermato davanti alla casa di Abigail, non scese subito dall'auto. Il letto di George Washington era diventato il simbolo degli alti e bassi della Blackstone Inn. Era stato venduto e riacquistato tre volte negli anni, spesso da parenti. Il nonno di Sam era stato l'ultimo a venderlo. Dovendo affrontare una crisi finanziaria, aveva accettato l'offerta di Abigail Farnsworth, ma solo perché Abigail gli aveva promesso che lo avrebbe restituito gratuitamente non appena fosse riuscita a ricavare il suo valore in denaro. Sam si augurava che il momento fosse quello.

    Saltò giù dal pickup e si fece strada tra la folla di curiosi raggruppati uno vicino all'altro per proteggersi dal freddo di febbraio, che avevano approfittato dell'occasione fornita dai traslocatori, impegnati a portare via i vari pezzi d'antiquariato, per ammirare l'opera di una vita di una collezionista tra i più rispettati dello stato. In seguito a una recente lesione all'anca, Abigail Farnsworth aveva deciso di andare ad abitare a Phoenix, in Arizona, con sua sorella Emily, dove il clima era più mite, e quel giorno molti dei suoi preziosi oggetti antichi sarebbero stati trasferiti in una casa d'aste.

    Sam individuò uno dei traslocatori che reggeva la testata del letto e mentre si dirigeva verso di lui fu scansato da una donna vestita di nero.

    «Mettetelo in fondo al pianale» ordinò, «e assicuratevi di avvolgerlo con cura nelle coperte.»

    «Ehi!» gridò Sam. «Fermi tutti.» Il traslocatore sollevò lo sguardo su di lui. «Dove sta andando con quel letto?»

    L'operaio scrollò le spalle. «Eseguo semplicemente gli ordini» rispose.

    «Quello è il mio letto.»

    La donna si voltò verso di lui e nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono, Sam sentì il respiro lasciare lentamente il suo corpo. Era una di quelle donne che si sarebbero volute incontrare solo nei giorni in cui si era al proprio meglio, rasati e con indosso abiti curati, non un vecchio paio di jeans sbiaditi e una maglietta. E magari con qualcosa di tremendamente interessante da dire nel caso in cui la conversazione fosse stata stentata, esattamente come in quel momento.

    La donna fece scivolare gli occhiali sulla punta del naso e lo studiò con occhi del colore del cognac prezioso. Tutto in lei sembrava sprigionare eleganza, dai capelli scuri raccolti in una crocchia alla base della nuca, al profilo perfetto, chiaro testamento di generazioni frutto di un'attenta selezione del lignaggio. Un brivido lo percorse e Sam si agitò, a disagio.

    È fuori dalla tua portata, amico.

    «Deve esserci un errore» mormorò lei, inarcando un sopracciglio.

    Sam si passò una mano tra i capelli arruffati, sforzandosi di sorridere. «Quello è il mio letto» ripeté.

    «Questo?» gli chiese lei. «No, no, questo letto è mio.»

    Sam estrasse dalla tasca la lettera scritta da Abigail in cui la sua lontana parente specificava che intendeva fargli dono di quello che in famiglia chiamavano affettuosamente Il GW.

    «Ho una lettera dell'attuale proprietaria, Abigail Farnsworth.»

    La donna si incupì, poi anche lei estrasse una lettera dalla tasca. «Ho anch'io una lettera della signorina Farnsworth, ma la mia dice che vuole che il letto vada al Museo di Arti Decorative Mapother di Boston. E io mi trovo qui per ritirarlo e portarlo a Boston.»

    «Dovrà passare sul mio cadavere» sentenziò Sam.

    La donna lanciò un'occhiata al traslocatore. «Lo carichi sul carrello» ordinò.

    «Se non vuole passare dei guai, lo lasci dov'è» lo avvertì Sam, poi, guardandosi intorno vide Jerry Wright, l'avvocato della città, in piedi, vicino al portico. «Resti lì» ordinò al traslocatore. «Vado a prendere una persona che è in grado di dirimere la questione.»

    Mentre si allontanava lanciò un'occhiata dietro le spalle verso la donna vestita di nero che si era tolta gli occhiali da sole. I loro sguardi si incrociarono di nuovo e lei distolse subito il suo. Sam sorrise tra sé. Quello era il primo segno di debolezza che aveva mostrato. L'attrazione non era unilaterale. Che cosa si agitava in quella testolina?

    «Jerry! Vieni qui.»

    «Sam, stavo appunto per chiamarti.»

    Sam imprecò. «Immagino. Vieni qui e sistema le cose. C'è una tizia di Boston che vuole prendersi il mio letto. Il letto che Abigail ha promesso di rendere ai Blackstone.»

    Jerry lo raggiunse di corsa. «Sembra che la signorina Abigail abbia fatto molte promesse di cui non mi ha messo al corrente, Sam. Metà delle cose che ci sono in quella casa sono state promesse a più di una persona e adesso tocca a me risolvere il contenzioso.»

    «A me non importa un bel niente degli altri oggetti, io voglio solo il letto.»

    L'altro uomo sospirò. «Va bene, andiamo.»

    Quando furono davanti al carrello, il letto era già stato caricato. «Lo tiri giù di lì» ordinò Sam al traslocatore. «Quel letto non va da nessuna parte. Almeno non oggi.»

    «Temo che lei si sbagli» intervenne la donna e allontanandosi da quello che doveva essere il suo SUV Lexus nero, tese la mano a Jerry. «Sono Amelia Sheffield del Museo di Arti Decorative Mapother. Ho una lettera firmata dalla signorina Farnsworth nella quale dichiara di voler cedere il letto al nostro museo.»

    «Non è suo, di conseguenza non può lasciarlo a un museo» specificò Sam. «Quel letto appartiene alla mia famiglia da generazioni e tornerà da dove è venuto.»

    La donna lo studiò, come un guerriero valuta il suo nemico. «E lei sarebbe?»

    «Sam Blackstone.»

    «Ah, sì, ho letto della provenienza del letto. Lei l'ha venduto ad Abigail. Temo però di non aver visto niente che lasci intendere che lei l'abbia ricomprato. Se lo avesse fatto, ci sarebbe stato qualche documento a confermare l'acquisto, immagino.»

    Sam si soffermò a guardare i suoi bellissimi lineamenti. «Il letto fu venduto da mio nonno. Anche lui si chiamava Samuel Blackstone. Chiamiamo Abigail e sentiamo che cosa ne pensa.»

    «Dubito che parlando con Abigail possiate risolvere il problema» intervenne Jerry. «A quanto mi pare di capire, ha preso un impegno con entrambi.»

    «A chi ha promesso il letto per primo?» chiese Sam, poi confrontò la sua lettera con quella di Amelia Sheffield. «A me.»

    «Ma questa non dovrebbe avere lo stesso valore di un testamento?» chiese Amelia mostrando la sua. «Se così fosse, lo scritto con la data più recente invaliderebbe tutti i precedenti.»

    «Non posso essere io a deciderlo» dichiarò Jerry. «Per il momento il letto sarà sistemato in un luogo sicuro insieme agli altri mobili oggetto di disputa.»

    «Una soluzione di questo genere è inaccettabile» protestò Amelia. «Contiamo sulla presenza del letto a una mostra che sarà inaugurata la prossima settimana.»

    «Se lo può scordare» sentenziò Sam.

    «Vuole levarsi di torno, per favore? Ho bisogno di questo letto, che è mio di diritto.»

    «Neanche per sogno. Crede che sia pronto a rinunciare solo per il suo bel sorriso e la sua voce sensuale?»

    Amelia trasalì. «Come, scusi?»

    «Non faccia finta di essere indignata. Ho visto come mi studiava poco fa. Non c'è niente di male ad ammettere che si sente attratta da me.»

    «Attratta? Da te? Stai delirando?»

    Sam rise. Di solito non era così insolente con le donne, ma in quel caso voleva spiazzare la sua avversaria. Amelia Sheffield rappresentava una minaccia per il suo lavoro e per una tradizione antica di secoli. E poi si stava divertendo a flirtare con lei.

    Amelia non ci mise molto a rispondere a tono e il successivo lancio di granate verbali attirò intorno a loro una piccola folla incuriosita. Minerva Threadwell arrivò di corsa con il suo taccuino e, vedendola, Sam emise una specie di grugnito di irritazione. Minerva era l'editore del giornale della cittadina e suo marito Wilbur dirigeva la radio locale. Erano il re e la regina del pettegolezzo.

    «Mi sembra di capire che sia sorta una disputa riguardo alla proprietà del letto di George Washington» osservò Minerva. «Volete rilasciare una dichiarazione?»

    «No» negò Sam.

    «Sì, volentieri» annuì Amelia. «Mi chiamo Amelia Sheffield e lavoro per il Museo di Arti Decorative Mapother di Boston. I nostri legali hanno valutato la lettera con la quale ci è stato donato il letto e mi hanno assicurato che è perfettamente valida. Il letto andrà a Boston, al nostro museo.»

    Minerva rivolse a Sam uno sguardo interrogativo.

    «No comment» bofonchiò lui.

    «Non rilasceremo dichiarazioni, fino a quando la questione non sarà risolta» confermò Jerry.

    Sam aspettò che i traslocatori avessero spostato il letto dal carrello agganciato al SUV di Amelia Sheffield a un furgone, poi diede istruzioni specifiche affinché lo maneggiassero con le dovute cautele. Salendo sul suo pickup, lanciò un'ultima occhiata ad Amelia che se ne stava appoggiata alla Lexus, le braccia conserte sul petto, e prese un respiro profondo.

    Si sentiva esattamente come il giorno in cui, mentre camminava ai bordi del precipizio sul fiume Hudson, una pietra aveva ceduto sotto i suoi piedi. In quell'attimo tutta la vita gli era passata davanti agli occhi e lui aveva avuto la certezza che sarebbe caduto nell'abisso. Fortunatamente, in quell'occasione, all'ultimo momento era riuscito a ritrovare l'equilibrio e a mettersi in salvo.

    Ora stava provando la stessa sensazione, come se fosse riuscito a scampare a un brutto pericolo.

    Amelia Sheffield era troppo bella e troppo sofisticata; proprio il tipo di donna che lui trovava intrigante. «Tira dritto, Sam» mormorò a se stesso. «Tira dritto.»

    «Dovrò restare qui fino a quando la questione non sarà risolta» spiegò Amelia, appoggiandosi alla portiera del lato passeggero del SUV. «Se me ne andassi, non farei in tempo a uscire dalla città che quel tizio

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