Scrittore e gentiluomo: Harmony Destiny
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Kate Hoffmann
Dopo aver lavorato come redattrice di testi pubblicitari, ha intrapreso la difficile strada del romanzo e ha dovuto superare difficili momenti prima di approdare al successo. Ora finalmente può permettersi di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
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Scrittore e gentiluomo - Kate Hoffmann
successivo.
Prologo
L'afa estiva soffocava Kilgore Street mentre Brendan Quinn saliva lentamente gli scalini che conducevano a casa, un'abitazione fatiscente al centro dell'isolato. Le finestre erano tutte spalancate. Brendan tese l'orecchio e, non sentendo le voci dei fratelli, trasse un sospiro di sollievo.
Da qualche tempo i sei fratelli Quinn avevano preso l'abitudine di dormire sullo sgangherato patio posteriore della casa, tramutando ancora una volta la necessità in un'avventura. La notte prima avevano acceso un falò in giardino e cotto hot dog alla griglia, fingendo di essere in vacanza nel Gran Canyon o magari sulle Montagne Rocciose, anziché nel mezzo della soffocante estate di Boston.
Non esistevano vere vacanze, per loro. Il padre Seamus era a pesca in mare da più di un mese. Presto sarebbe tornato a casa e ci sarebbe rimasto lo stretto indispensabile per ubriacarsi cinque o sei volte, per perdere a carte buona parte del denaro che aveva guadagnato e per rivedere i figli. Poi sarebbe ripartito per lunghe settimane.
Brendan crollò sui gradini mentre soffocava un gemito di dolore. Non voleva entrare in casa. Faceva un caldo infernale, là dentro, senza contare che non aveva nessuna voglia di affrontare le domande che gli avrebbero posto inevitabilmente i fratelli. Come si era procurato quell'occhio nero e il taglio al labbro?
Forse il sedicenne Conor, il fratello maggiore, era ancora a lavorare alla drogheria all'angolo e Dylan era a casa di Tommy Flanagan a lavare macchine.
Brendan non aveva ancora voglia di cercare un lavoretto estivo. C'erano troppe avventure da vivere durante l'estate, troppi luoghi da visitare per essere vincolato dagli orari di lavoro. La settimana prima, per esempio aveva preso un treno per New York senza pagare il biglietto e aveva ancora negli occhi le immagini dei grattacieli. La settimana precedente si era nascosto a bordo di uno dei pullman della Greyhound e l'autista si era accorto di avere un clandestino a bordo soltanto quando erano giunti al confine con il Canada. In capo a poche settimane sarebbe partito a bordo della barca da pesca del padre, ma quel giorno aveva deciso di restare a casa, gironzolando nel vicinato.
«Un giorno sarò ricco e potrò vedere il mondo» mormorò abbassando gli occhi. «Nulla potrà trattenermi qui.»
Pochi secondi più tardi, il fratello minore Liam uscì correndo di casa, ma si fermò di colpo nel vedere Brendan. «Cosa cavolo ti è successo?» domandò.
«Santo cielo, Liam, smettila con questo linguaggio. Non sta bene alla tua età.»
Liam non gli diede ascolto e tornò in casa urlando come un ossesso. «Conor! Conor! Brendan si è fatto spaccare il muso.»
Brendan sospirò affranto. Nonostante tutti i suoi sforzi uniti a quelli dei fratelli maggiori, Liam continuava a esprimersi in modo piuttosto colorito.
Conor comparve in cima alle scale e diede un buffetto al fratello più piccolo. «Bada al linguaggio, Liam Quinn, se non vuoi prenderle di santa ragione.» Detto questo, si avvicinò a Brendan e lo guardò dritto in faccia. «Ti è passato sopra un camion?» gli chiese sedendoglisi accanto, poi incominciò a esaminargli le ferite. «Chi ti ha conciato così?»
«Angus Murphy» rispose lui. «Mi ha aggredito con un paio dei suoi scagnozzi.»
Angus Murphy - dall'alto del suo metro e settantacinque e dei suoi novanta chili - era il bullo del quartiere e ce l'aveva a morte con i fratelli Quinn. Sulle prime se l'era presa con Conor, ma era stato battuto vergognosamente. Allora ci aveva provato con Dylan, ma anche in quella occasione le aveva prese di santa ragione. Brendan aveva sempre saputo che prima o poi sarebbe arrivato il suo turno.
«Quell'Angus sembra un carro armato. Quando gli ho dato il primo pugno, gli è affondato nella pancia come se fosse un cuscino. Però poi l'ho colpito al mento. Non se lo aspettava.»
«Dimmi soltanto una cosa» gli chiese Dylan, che usciva di casa in quel momento. «Chi dei due è ridotto peggio?»
Brendan sorrise, prese l'impacco di ghiaccio che nel frattempo gli aveva portato Conor e se lo appoggiò sulle labbra mentre anche i gemelli, Sean e Brian, si univano al gruppetto. «Lui, senza dubbio.» Aggrottò la fronte. «Dio, detesto fare a pugni. Angus ha avuto senz'altro la peggio, almeno finché non gli ho fatto perdere i sensi. A quel punto mi è caduto addosso e mi ha steso. Sembrava Fomor, il gigante della storia dell'Invincibile Odran Quinn.»
Nel sentire parlare degli Invincibili Quinn, a Liam si illuminarono gli occhi. Adorava quei racconti, avevano sempre fatto parte della sua vita. I fratelli se li raccontavano da quando la madre se n'era andata di casa. Aveva incominciato Seamus, il padre, forse per dimostrare ai figli quanto fosse pericoloso l'amore per una donna.
Quando Fiona Quinn li aveva abbandonati, otto anni prima, la vita di tutti loro era cambiata. Conor e Dylan la rammentavano bene, ma Brendan non ne conservava che pochi vaghi ricordi. Ricordava una donna bruna che gli cantava canzoni e gli preparava biscotti. Ricordava una torta di compleanno a forma di macchina e una bella collana che la mamma indossava sempre. A parte quello, però, si era sempre dovuto rivolgere ai fratelli per avere maggiori dettagli.
Quando di notte si ritrovavano soli, lui e i fratelli amavano fantasticare sul conto della madre, domandarsi se fosse ancora viva, se magari fosse miracolosamente scampata all'incidente automobilistico in cui il padre affermava che fosse morta.
Brendan amava pensare che soffrisse di amnesia, che si fosse rifatta una vita altrove con un'altra famiglia e che un giorno, all'improvviso, avrebbe ricordato i figli che aveva abbandonato.
«Odio fare a pugni» ripeté in quel momento. «A cosa serve? Angus resta comunque un bullo, continuerà a prendersela con i più piccoli. I prossimi sarete voi» aggiunse guardando i gemelli.
Liam lo guardò a occhi sgranati. «Ti sei comportato come Dermot» gli disse. «Dermot Quinn. Te ne ricordi? Quello che prese a pugni tutti i ragazzini del paese.»
Brendan gli scompigliò i capelli con una carezza. «No, non me ne ricordo molto bene. Perché non mi parli di lui? Sono sicuro che mi farà sentire meglio.»
Il fratello più piccolo gli si appoggiò alla gamba e lo guardò con occhi adoranti. «Dermot era il ragazzo che i coetanei avevano deciso di annegare. Ma tu sei più bravo di me a raccontare le storie. Ti prego, Brendan! Raccontala tu.»
Traendo un lungo sospiro, lui si accinse a narrare la storia. «Dermot Quinn era stato allevato da due donne nella foresta. Una di loro era un druido, l'altra un guerriero. Lo avevano preso con sé quando il padre era stato ucciso da un capo cattivo. Sotto la loro guida, Dermot divenne un abile cacciatore. Un giorno, mentre camminavano nella foresta, videro un cervo. Stasera mi piacerebbe mangiare selvaggina!
disse la donna druido, ma purtroppo nessuno di loro aveva portato armi con sé.»
Liam si raddrizzò e sostituì il fratello nella narrazione. «Catturerò il cervo per voi
, gridò Dermot correndo dietro alla bestia, e riuscì a farlo a mani nude.»
«È vero» convenne Brendan. «E a quel punto le due donne gli dissero che, poiché era già un ottimo cacciatore, era giunto il tempo che imparasse a essere anche un bravo guerriero. Prepararono il suo bagaglio e lo fecero partire alla ricerca di un maestro.»
A quel punto fu Conor a proseguire il racconto. «Un giorno, Dermot incontrò dei ragazzi che giocavano. Lo invitarono a unirsi al gruppo, ma lo costrinsero a giocare da solo contro cinque di loro. Nonostante questo, Dermot vinse. Il giorno seguente, i ragazzi lo fecero giocare di nuovo da solo contro dieci di loro, e Dermot vinse ancora. A quel punto tutti i ragazzi del villaggio giocarono contro di lui, ma Dermot continuò a vincere. I giovani, allora, si lamentarono con il capo del villaggio e questi rispose loro che avrebbero dovuto ammazzare il rivale.» Conor prese fiato, attese un istante, poi proseguì. «Il giorno successivo, dunque, i ragazzi invitarono Dermot a fare una nuotata nel lago, poi lo circondarono e cercarono di annegarlo. Dermot, tuttavia, era forte, e alla fine fu lui ad annegare nove ragazzi nel tentativo di salvarsi. Quando il capo del villaggio venne a saperlo, sospettò che Dermot fosse il figlio del suo vecchio nemico, un uomo che aveva ucciso diversi anni prima, così partì alla ricerca del giovane per fargli subire la stessa sorte.»
«Dermot, però, non voleva combattere» aggiunse Brendan. «Era una persona pacifica e decise di diventare un poeta, perché in Irlanda i poeti erano tenuti in grande considerazione. E se fosse diventato un poeta, il capo del villaggio non avrebbe più potuto fargli alcun male. Fu così che trovò un maestro che abitava accanto al fiume, un tale Finney. Dermot lo accompagnava ogni giorno al fiume, dove Finney pescava nella speranza di catturare un salmone magico che viveva in quelle acque.»
«Era un pesce fatato» spiegò Liam. «E chiunque ne avesse mangiato avrebbe avuto...»
«La conoscenza di tutte le cose» concluse Brendan al suo posto. «Finalmente un giorno Finney acchiappò il pesce e lo consegnò a Dermot affinché lo cucinasse. Si raccomandò di non assaggiarlo, ma purtroppo, mentre Dermot lo cuoceva, una goccia di salsa bollente gli cadde sul pollice. Lui se lo portò alla bocca per alleviare il dolore.»
«E così facendo assaggiò il pesce» concluse Liam.
«Infatti.» Brendan annuì. «E lo confessò a Finney quando gli servì la pietanza. Allora sei tu che devi mangiare il salmone
gli disse Finney, e dal pesce riceverai il dono dell'eloquenza, un dono preziosissimo per i poeti.
E da quel giorno, la poesia di Dermot divenne tra le più amate di Irlanda.»
«Tornerai ad affrontare Angus?» domandò all'improvviso Liam.
«No» fu la secca replica di Brendan. «Detesto fare a pugni. Forse diventerò un poeta come Dermot, poiché lui ha dimostrato che le parole possono avere lo stesso potere delle armi.»
Mentre se ne stava seduto sui gradini del porticato in quella calda giornata estiva, Brendan ripensò a tutti gli Invincibili Quinn, a tutti quegli eroi che avevano lasciato traccia di sé nel mondo.
Un giorno anche lui sarebbe diventato famoso. Era sicuro che ci fosse qualcosa di grande che lo aspettava. Ma non lo avrebbe di certo trovato se fosse rimasto dov'era. No, doveva partire e andarlo a cercare.
1
Brendan Quinn se ne stava seduto in un angolo remoto del Longliner Tap, uno dei pub di Gloucester, nel Massachusetts, più frequentato dai pescatori di pescespada e dalle loro famiglie.
La sua barca, la Mighty Quinn, era ormeggiata al porto a poche centinaia di metri dal pub e anche se il vento dicembrino già tagliava l'aria gelida, la barca era calda e accogliente: l'ambiente adatto per concludere il suo ultimo libro.
Era venuto al Longliner per parlare ancora con le famiglie dei pescatori di cui aveva tracciato il ritratto nel libro e quella sera era riuscito a intervistare ben sei persone, scribacchiando appunti sui tovaglioli di carta e su qualsiasi superficie utile che