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Un papà per Natale: Harmony Collezione
Un papà per Natale: Harmony Collezione
Un papà per Natale: Harmony Collezione
E-book150 pagine2 ore

Un papà per Natale: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era il più bel regalo di Natale della sua vita.

Prossima a presentarsi dal giudice per

definire una separazione che lei non ha mai

chiesto, Shea Burrough si accorge di essere in dolce attesa. Visto che il motivo principale dei dissidi col marito era proprio la prospettiva di un figlio, parlargli non sarà facile.

Inoltre, per motivi di lavoro, loro due...
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2016
ISBN9788858958568
Un papà per Natale: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Un papà per Natale - Hayley Gardner

    successivo.

    1

    Shea Denton Burroughs riattaccò il telefono e rimase a fissare il muro davanti alla sua scrivania, con il cuore in tumulto. Un conto era sospettare di essere incinta, un altro averne la conferma.

    Per pochi secondi pensò solo al bambino che sarebbe nato e si lasciò invadere dall'amore che già provava per lui. Avrebbe avuto un figlio o una figlia, non le importava il sesso. Voleva solo che avesse un'infanzia felice come la sua, nella piccola e tranquilla cittadina di provincia dov'era nata e aveva sempre vissuto, a parte una breve parentesi a Topeka.

    Poi, però, la dura realtà ebbe il sopravvento. Ci sarebbe stata davvero un'infanzia felice per il suo bambino? Con un padre che non voleva affatto saperne di lui? Gli occhi di Shea si riempirono improvvisamente di lacrime.

    «Perché piangi? Tutti devono essere felici a Natale.»

    Era stata una bambina di quattro o cinque anni a parlare. Aveva fatto capolino nel suo ufficio, probabilmente per curiosare. Capitava spesso che qualche bambino, mentre i genitori facevano la spesa nel supermercato del padre di Shea, arrivasse fino agli uffici del secondo piano e li esplorasse per passare il tempo. Perciò Shea non si dimostrò affatto sorpresa.

    «E tu chi sei?» le chiese.

    «Sono uno dei piccoli aiutanti di Babbo Natale» fu la risposta della biondina con i capelli ricciuti e gli occhi azzurri come il cielo.

    In epoca natalizia i bambini non facevano altro che parlare di regali e di Babbo Natale. Eccone una che si credeva uno gnomo o un folletto, di quelli che aiutavano il vecchio dalla barba bianca a costruire i giocattoli da portare in dono.

    «Davvero?» replicò Shea asciugandosi in fretta gli occhi. «Anch'io avrei bisogno di un po' di aiuto in questo momento.»

    «Lo dirò a Babbo Natale» dichiarò la piccola. «Ma prima devo sapere il tuo nome.»

    «Il mio nome? Mi chiamo Shea Burroughs. Gli potresti dire che sono stata buona, quest'anno? E che meriterei una mano da lui, come regalo di Natale?»

    «Glielo dirò» le assicurò la bambina fissandola seria con i suoi occhioni.

    Era adorabile, pensò Shea. Le sarebbe piaciuta una figlia così. Si chinò per aprire un cassetto della scrivania e prendere una caramella alla frutta da dare alla sua piccola amica. Ma quando rialzò il capo, la bambina era sparita.

    Si alzò e andò alla porta, con la caramella in mano. Il piccolo aiutante di Babbo Natale, come si era definita, sembrava essere svanito nel nulla. Nel corridoio non c'era nessuno e Shea si chiese come avesse potuto correre via così in fretta. Ma i bambini, lo sapeva, avevano energia da vendere.

    Chissà di chi era figlia? Forse di qualcuno di passaggio a Quiet Brook. Shea conosceva quasi tutti nei dintorni e non si ricordava di quella bambina. Ma nella stagione natalizia capitava spesso che i viaggiatori che attraversavano il Kansas si fermassero nel piccolo supermercato di suo padre per fare compere, prima di proseguire verso la loro destinazione.

    Sono uno dei piccoli aiutanti di Babbo Natale, ricordò sorridendo per il tono serio di quell'affermazione, mentre rimetteva la caramella nel cassetto. Chissà se anche suo figlio le avrebbe detto una frase così carina, fra qualche anno.

    Ma perché pensava al futuro? Era al presente che doveva pensare, si rimproverò. Desiderava un figlio con tutte le sue forze, anche se il suo bambino aveva scelto il momento meno adatto per venire al mondo.

    Jared che cosa avrebbe detto? Come avrebbe accolto la notizia che la moglie, dalla quale stava per divorziare, l'avrebbe reso padre? Non poteva soffrire i bambini.

    Shea aveva sempre sognato di avere dei figli. Era stata una bambina felice e voleva che anche i suoi figli godessero di un'infanzia serena e spensierata a Quiet Brook. Suo padre sarebbe stato uno splendido nonno, proprio come il nonno che Shea aveva avuto. Avrebbe portato a pescare i nipotini, raccontando loro le storie degli indiani che avevano popolato quella terra per molti secoli prima di loro, come aveva fatto il nonno di Shea.

    Quando si erano sposati aveva detto a Jared che voleva avere una bella famiglia all'antica, con tanti figli come quelle dei pionieri. Lui non si era mai opposto all'idea. Annuiva quando lei gli parlava dei suoi progetti e, in un'occasione o due, si era limitato a commentare che sarebbe stato meglio aspettare un po' di tempo prima di mettere al mondo qualche bambino.

    Jared faceva ancora il poliziotto quando Shea l'aveva conosciuto. Suo padre aveva sorpreso un borseggiatore nel supermercato e dalla centrale di polizia avevano mandato un paio di reclute ad arrestarlo. Una delle giovani reclute era appunto Jared Burroughs, che veniva dall'Arkansas, e Shea se n'era innamorata al primo istante.

    Ma Jared non voleva restare poliziotto per sempre. Voleva trasferirsi a Topeka, a un'ora da Quiet Brook, e aprire un'agenzia di investigazioni private. Quelle sì che rendevano, le diceva. Sarebbe diventato ricco lavorando per uomini d'affari e mariti gelosi, come tanti dei suoi ex colleghi che avevano intrapreso quella carriera prima di lui.

    Così, dopo il matrimonio, si erano trasferiti in città sperando in un radioso futuro. In effetti gli affari erano andati subito bene per Jared, ma qualcosa nel loro rapporto si era guastato.

    Shea non si trovava molto bene a Topeka. Non era di certo paragonabile a una metropoli come New York, ma l'atmosfera agreste di Quiet Brook le mancava ogni giorno di più. Detestava il traffico, non sopportava l'odore dell'asfalto e dell'inquinamento, cercava disperatamente un po' di verde fra i palazzi grigi e non trovava altro che tristi giardinetti con qualche albero stentato.

    E poi Jared le sembrava sempre più distante. Pensava solo al lavoro, non a lei. Non c'era gente così preoccupata per il successo e la carriera, a Quiet Brook. La vita era molto più tranquilla, meno competitiva. I mariti non restavano fuori casa fino a tarda ora. Tornavano per cena, scherzavano con la moglie e giocavano a baseball con i figli in cortile, mentre il sole tramontava e la brezza della sera portava i profumi della prateria.

    Shea non nascose più a Jared di essere infelice e di volere tornare a Quiet Brook quando il padre, durante una delle sue frequenti visite, le confidò di avere problemi di cuore.

    «Da solo non ce la faccio più a mandare avanti il supermercato. Perché tu e Jared non venite di nuovo a vivere qui? Perché non mi fate un bel nipotino?» le aveva detto.

    Al suo ritorno a Topeka, quella sera, Shea aveva affrontato l'argomento con il marito. Ma non aveva usato la malattia di suo padre come scusa, non gliene aveva nemmeno parlato. Aveva preferito andare subito al punto, discutere del loro futuro, del figlio che ancora non arrivava e del luogo dove sarebbe stato meglio allevarlo.

    «Jared, sono molto infelice» aveva esordito.

    Suo marito l'aveva guardata come se non fosse minimamente sorpreso. Aveva sempre capito che lei non era felice, ma sperava che col passare del tempo si sarebbe adattata alla sua nuova vita in città.

    «Voglio tornare a Quiet Brook» aveva aggiunto Shea. «Ma soprattutto voglio un figlio.»

    Jared aveva preferito ignorare l'ultima richiesta, almeno per il momento.

    «Sai benissimo che non posso tornare a Quiet Brook. Il mio lavoro mi tiene occupato qui a Topeka. A Quiet Brook non avrei alcun futuro.»

    «E qui che futuro abbiamo?» aveva replicato lei. «Non ti vedo quasi mai. La mattina esci prestissimo e la sera torni tardi. Non mi piace assolutamente la vita che facciamo.»

    Trascorrevano insieme così poco tempo che era no quasi diventati due estranei, gli disse. Jared annuì, come faceva sempre, ma insistette che non era possibile cambiare.

    «Devo vivere in città, Shea. Quali prospettive avrei a Quiet Brook? Che cosa potrei fare? Un'agenzia di investigazioni non renderebbe bene come a Topeka.»

    «Meglio, così non avresti tanto da fare. Potresti allevare insieme a me i nostri figli, invece di passare tanto tempo fuori casa.»

    Lui avrebbe preferito ignorare di nuovo il problema, ma Shea non glielo permise.

    «Voglio un figlio, Jared. E lo voglio subito. Abbiamo aspettato anche troppo.»

    Forse avrebbe anche aggiunto che suo padre era malato e che desiderava dargli un nipotino, prima che un infarto se lo portasse via. Ma Jared non gliene diede il tempo.

    «Io non sarei mai un buon padre» dichiarò per la prima volta da quando si conoscevano.

    «Che cosa?»

    «Non sarei mai un buon padre. Hai capito benissimo e se vuoi te lo posso ripetere ancora. Sono negato per questo tipo di cose. Non capisco i bambini. Non mi piacciono. Anzi, non li posso soffrire» aveva concluso come se si fosse tolto un peso dal cuore, adesso che aveva avuto il coraggio di rivelarglielo.

    «Tu odi i bambini?»

    Shea era incredula. Come poteva esistere qualcuno che odiava i bambini? Non di certo Jared, non l'uomo che amava e che aveva sposato.

    «Non li odio. Non ho mai detto di odiarli. È solo che... Non so come spiegarti, ma proprio non li capisco e non li capirò mai. Non mi interessano. Li trovo completamente estranei.»

    Proprio come loro due. Forse era per quel motivo che il loro matrimonio stava franando miseramente.

    Nelle discussioni che erano seguite, Shea aveva tentato invano di far cambiare idea a suo marito. Jared si era mostrato irremovibile. Niente figli nel suo futuro.

    «Shea, non voglio che tu sia infelice per causa mia. Non sono l'uomo adatto per te. Dovresti trovare qualcuno che vuole una famiglia come la desideri tu, con tanti figli. Se preferisci divorziare, ti capisco» le aveva detto a un certo punto.

    Per Shea era stato un duro colpo. Amava Jared e aveva sempre sperato che il loro matrimonio sarebbe durato per sempre. Ma lui sembrava disposto a perderla pur di non cambiare idea. Gli disse che sarebbe tornata da suo padre per qualche mese, per un breve periodo di riflessione.

    Era aprile quando aveva fatto ritorno a Quiet Brook. La campagna era in fiore, ma nemmeno il profumo della primavera riusciva a farla sentire meno infelice. Si era gettata a capofitto nel lavoro, aiutando suo padre nel supermercato e cercando di non pensare troppo a suo marito.

    Jared le telefonava regolarmente ma non si era fatto vivo per tutta l'estate. Solo all'inizio di settembre, quando cadeva l'anniversario del loro matrimonio, era giunto inaspettato a farle visita.

    Solo per poco Shea aveva sperato che qualcosa fosse cambiato in lui. Avevano fatto l'amore con una passione che non ricordava dalla loro luna di miele. Forse l'amava fino al punto di superare la sua avversione per un figlio.

    Ma l'illusione era durata pochissimo.

    «Non avrebbe dovuto

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