Ho voglia di baciarti: Harmony Jolly
Di Cara Colter
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Info su questo ebook
Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Brendan Grant, architetto di successo, le cui opere sono apprezzate in tutto il Paese, ormai conosce solo questo. Lui è. Ma lui sa una cosa che gli altri paiono ignorare: le sue costruzioni non hanno un'anima e non potrebbe essere altrimenti, visto che ha deciso di non innamorarsi più. Ma è veramente così? Forse no. Da quando ha conosciuto Nora Anderson, qualcosa gli si è risvegliato dentro. Sarà per lo strano lavoro che lei svolge, ha un rifugio per animali abbandonati; sarà per come sa ascoltarlo... Una cosa è certa: Brendan ha ritrovato la voglia di baciare.
Cara Colter
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Ho voglia di baciarti - Cara Colter
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
How to Melt a Frozen Heart
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Cara Colter
Traduzione di Daniela Alidori
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-252-4
1
Brendan Grant si svegliò di soprassalto. All’inizio udì solo il ticchettio della pioggia sul tetto, ma poi il telefono squillò ancora. Gli occhi volarono verso la sveglia sul comodino.
Le tre.
Sentì il cuore che martellava forte, come un tamburo nel petto. Una telefonata alle tre del mattino poteva portare solo cattive notizie.
Toccò il posto vuoto nel letto accanto al suo. Due anni e mezzo dopo provava ancora la stessa fitta di panico. Becky se n’era andata.
Il peggio era già successo.
A tastoni, nel buio, cercò il telefono.
«Sì?» La voce suonò roca di sonno.
«Charlie sta morendo.»
La cornetta divenne muta.
Brendan rimase sdraiato per un lungo istante, tenendo in mano il ricevitore, incapace di alzarsi. Non gli piaceva Charlie. In più, il giorno dopo avrebbero cominciato i lavori per il nuovo complesso residenziale, il Villaggio sul lago.
Il progetto aveva già attirato l’attenzione di parecchie riviste di architettura ed era stato proposto per il prestigioso premio Michael Edgar Jonathon.
Eppure, come sempre, prima che iniziassero a spaccare il terreno per fare le fondamenta, e anche dopo, lottava con la sensazione che non fosse venuto come voleva. Probabilmente era colpa dello stress, si ripeté per l’ennesima volta, consapevole di avere bisogno delle sue ore di sonno, se non voleva lasciarsi travolgere.
Ma con un gemito rassegnato buttò giù le gambe dal letto e restò seduto, la testa tra le mani, ad ascoltare il rumore della pioggia. Era così stufo del maltempo. E non aveva voglia di uscire sotto l’acqua alle tre del mattino.
Poi, con un sospiro, prese i jeans.
Dieci minuti dopo, lui era davanti all’abitazione di Deedee e stava bussando alla porta. La casa era a due minuti di macchina dalla sua. Brendan si girò e ammirò la vista spettacolare che si godeva da lì. Era una zona residenziale e malgrado la nebbia si vedeva tutta la città, le case d’inizio secolo dipinte nei colori pastello sotto gli enormi aceri rossi che si aggrappavano sui versanti della collina. Al di là degli edifici in centro, le luci riflettevano le acque nere e agitate del lago Kootenay.
Brendan si voltò appena udì il rumore della porta che si apriva. Deedee lo scrutò sospettosa come se, per qualche strana coincidenza, potesse esserci uno sconosciuto sulla sua soglia in attesa di rapinarla.
Soddisfatta che si trattasse di Brendan Grant in carne e ossa, si decise ad aprire.
«Somigli a un diavolo» esordì. «Uscito dalla tempesta, tutto scuro e minaccioso, oltre che dotato di un pessimo carattere. Dicevo sempre a Becky che dovevi avere del sangue irlandese nelle vene. O di qualche antenato pirata.»
Brendan entrò e guardò la nonna acquisita con un’espressione di affetto.
«Cercherò di contenere il brutto carattere» ribatté. Sul resto, era impotente. Lo scuro faceva parte dei suoi colori: occhi marroni, capelli più neri della notte. E il cuore ugualmente tetro.
Deedee aveva novantadue anni, era piccolina e spaventosamente magra. Eppure, nonostante fossero le tre e un quarto del mattino e il suo gatto, Charlie, stesse morendo, era vestita elegante, come per andare in chiesa. Indossava una tuta rosa, i capelli bianchi come la neve legati con un nastro dello stesso colore.
Un giorno, Becky sarebbe stata come lei? Se avesse avuto la possibilità di invecchiare? Il dolore era aspro, il senso di colpa così intenso che era come un coltello piantato nelle costole. Ma lui era abituato a quel dolore che arrivava all’improvviso, nei momenti più inaspettati, e trattenne il respiro, mentre si guardava dentro quasi perplesso.
Dolore, ma nessuna emozione. Un uomo così svuotato che non aveva versato una sola lacrima al funerale della moglie.
A volte, aveva l’impressione che il suo cuore fosse diventato come una tomba sigillata per sempre, con una pietra sopra.
«Prendo il cappotto» disse Deedee. «Ho già messo Charlie nel trasportino.»
Si girò per recuperare il cappotto, rosa anche quello, dal bracciolo del divano e lui vide Charlie che lo fissava da dentro una borsa fatta a mano, con un buco rotondo per respirare da cui si affacciava la testa, il pelo rosso ritto in tutte le direzioni, i baffi attorcigliati, gli occhi due fessure cariche di rabbia. Fece un debole tentativo di uscire da quell’apertura, ma la rapida rassegnazione con cui accettò la sconfitta e il respiro affannoso per lo sforzo fecero capire a Brendan che quell’anziano animale era giunto alla fine della strada.
Mentre Deedee si allacciava il cappotto con cura, Brendan prese il trasportino con una mano e con l’altra tenne sottobraccio la nonna, cercando di non essere impaziente quando la pioggia gli scivolò dentro il collo mentre lei gli porgeva un anello pieno di chiavi.
«Chiudi a chiave e con il chiavistello» gli ordinò come se fossero nel quartiere più malfamato di New York.
Brendan obbedì e si fece un appunto mentale di lubrificare le serrature che erano un po’ arrugginite.
La aiutò a scendere quei pochi gradini che portavano al marciapiede e adattò il proprio passo all’incedere lento e faticoso di Deedee. Lui era alto poco più di uno e settanta, il fisico slanciato da corridore più che da culturista, ma accanto a lei sembrava un gigante.
Brendan si scoprì a desiderare che si fosse rivolta a uno dei suoi figli per farsi accompagnare in quel tragitto notturno verso l’ambulatorio del veterinario. Ma per una ragione che non riusciva a capire, telefonava a lui quando aveva bisogno di qualcosa.
Deedee non era una cara e dolce vecchietta. Era prepotente, ingrata, esigente e concentrata solo su se stessa, ma lui l’aveva ereditata da sua moglie. Becky e Deedee si erano adorate. Solo per quel motivo, arrivava di corsa quando lo chiamava.
Dopo che ebbe sistemato entrambi, il gatto dietro, la nonna davanti, si augurò che Charlie non perdesse sangue e macchiasse il sedile di pelle della sua macchina nuova. Una rombante auto sportiva che aveva comprato sperando di riempire un po’ di vuoto? Se era per quello, si era sbagliato di grosso. Nessuna gratificazione. Era come mettere un sassolino in un buco lasciato da una palla di cannone.
Brendan scacciò quel pensiero, seccato. Era l’anomalia di essere sveglio alle tre di notte a renderlo così vulnerabile.
«Qual è il tuo veterinario? Ci sta aspettando?» chiese girandosi verso Deedee che sembrava più eccitata che angosciata da quell’uscita notturna, non come un’anziana donna che stava per accompagnare il suo gatto nell’ultimo, doloroso viaggio.
«Ti darò le indicazioni strada facendo» rispose lei.
Era il tono di voce dispotico che usava in quei frangenti, perciò lui si strinse nelle spalle e avviò il motore, immettendosi nelle viuzze deserte di Hansen.
Aveva deciso di stare calmo. Era un’altra perdita per lei. Rinunciare al compagno di una vita. Aveva tutti i diritti di essere acida e lui non voleva che fosse sola quando sarebbe tornata a casa senza il suo amato gatto.
Lei gli spiegò la strada e lui guidò in silenzio, le montagne su entrambi i lati della vallata che rendevano la notte ancora più scura, l’acqua che frusciava sotto le gomme. Il respiro del gatto era affaticato.
A un certo punto, Deedee frugò nella borsetta ed estrasse un pezzo di carta e lo tenne in alto, vicino al viso.
«Se mi dai l’indirizzo esatto, questa macchina ha il GPS.»
Lei rifletté a quella notizia, sospettosa sulle nuove tecnologie, poi, ancora un po’ riluttante, glielo lesse.
Lui lo inserì e vide che dovevano dirigersi verso Creighton Creek, una zona abitata da giovani professionisti che ambivano ad avere dei figli, un cane e una villetta recintata.
Tutto quello che Brendan aveva desiderato, essendo cresciuto figlio unico di madre single, la più irraggiungibile delle ambizioni, la normalità. E quando ci era arrivato vicino, a un battito di ciglia, il suo sogno era svanito.
Sentì ancora la fitta di dolore, la sensazione di impotenza, e per un attimo si chiese se un giorno o l’altro sarebbe crollato in mille pezzi.
Invece no, fu in grado di concentrarsi sulle vecchie case che pian piano venivano sostituite da nuove costruzioni. La società di Brendan, la Grant Architects, ne aveva progettate parecchie in quella parte della città e lui si lasciò distrarre, nel tentativo di non pensare più alla vita che non avrebbe mai vissuto.
«Non ricordo un veterinario da queste parti» osservò. «Anzi, non ho forse accompagnato te e Charlie recentemente dal dottor Bentley?»
«Il dottor Bentley è un idiota» borbottò Deedee. «Mi ha proposto di addormentare Charlie. È vecchio. Ha un cancro. Lascialo andare.» Fece una smorfia. «Io sono vecchia. Tu hai intenzione di lasciarmi andare? Di mettermi a dormire, forse?»
Brendan la guardò poi con cautela azzardò: «Non è forse quello che stiamo per fare? Portare Charlie... a farlo addormentare?»
Deedee girò la testa di scatto e gli lanciò un’occhiataccia. «Lo sto portando da un guaritore.»
A Brendan non piacque il suono di quella frase, ma tentò di eliminare ogni traccia di giudizio dalla voce. «Cosa intendi per guaritore?»
«Si chiama Nora. Ha un rifugio per cuccioli abbandonati. Babs Taylor mi ha detto che ha un dono.»
«Un dono» ripeté lui.
«Come quei predicatori di un tempo che imponevano le mani sulle persone.»
«Mi stai forse prendendo in giro?» Cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di uno spazio dove