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Il diario rubato
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E-book240 pagine3 ore

Il diario rubato

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816 - Lady Eloise Allyngham non si cura delle rigide convenzioni sociali che impongono a una donna sola come lei di condurre una vita morigerata, e per questo è spesso oggetto di fastidiosi pettegolezzi. Tuttavia, quando inizia a ricevere misteriosi e allarmanti biglietti riguardanti un diario molto personale che ha perso tempo prima, si preoccupa seriamente per la propria reputazione. Chi può essere interessato a ricattarla? Forse il giovane Clifton, così affascinante ma al tempo stesso ambiguo e sfuggente? La realtà, tuttavia, è molto diversa da ciò che appare. E Clifton si rivela l'ultimo uomo che si sarebbe mai immaginata di incontrare.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2017
ISBN9788858973479
Il diario rubato
Autore

Sarah Mallory

Sarah Mallory grew up in the West Country, England, telling stories. She moved to Yorkshire with her young family but after nearly 30 years living in a farmhouse on the Pennines, she has now moved to live by the sea in Scotland. Sarah is an award-winning novelist with more than twenty books published by Harlequin Historical . She loves to hear from readers and you can reach her via her website at: www.sarahmallory.com

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    Anteprima del libro

    Il diario rubato - Sarah Mallory

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Disgrace And Desire

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2010 Sarah Mallory

    Traduzione di Mariadele Scala

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-347-9

    Prologo

    Il Maggiore Jack Clifton si passò la manica impolverata della giacca sulla fronte per detergere il sudore. La battaglia aveva imperversato per tutta la giornata attorno alla cittadina di Waterloo e il loglio che cresceva nei prati era stato completamente distrutto dagli zoccoli dei cavalli francesi lanciati contro le truppe inglesi, sotto il fuoco implacabile dell’artiglieria. Una fitta nube di fumo grigio gravava sul campo di battaglia e i colori vivaci delle uniformi erano offuscati da uno spesso strato di polvere e fango.

    «Guardate. Quello lassù è il Bonaparte!» esclamò il suo sergente, indicando la sommità della collina.

    A quelle parole un mormorio di allarmato stupore passò fra i soldati.

    «Sì» replicò Jack allegramente. «E Wellington è dietro di noi, che osserva ogni nostra mossa.»

    «Già. Allora facciamo vedere al nostro comandante che non abbiamo paura di questi francesi» affermò il sergente con un sorriso.

    Un’altra carica della cavalleria francese si abbatté su di loro, ma tosto batté in ritirata in un caotico guazzabuglio di fango, sangue e fumo. Jack radunò i suoi uomini, sapeva che conservare la calma era fondamentale per mantenere la posizione raggiunta. Ma un’improvvisa agitazione attirò la sua attenzione e quando si girò vide che un drappello di soldati si avvicinava trasportando un uomo avvolto in un lenzuolo.

    «È Lord Allyngham, maggiore» annunciò uno dei soldati, mentre gli altri adagiavano il fardello per terra. «Ha preso una palla di cannone in una spalla. Chiedeva di voi.»

    La figura sanguinante stesa sul lenzuolo sollevò una mano. «Clifton, siete lì?»

    Jack s’inginocchiò accanto al ferito, ma evitò di guardargli la spalla dilaniata dal colpo di cannone. «Sono io, milord.»

    «Non... vi vedo.»

    Jack gli prese la mano. «Sono qui, Tony.» La sua voce calma sembrò rassicurare Lord Allyngham.

    «Lettere...» mormorò il ferito a fatica. «Ci sono delle lettere nella mia giubba. Dovete mandarle in Inghilterra, Jack. Una è per mia moglie, una per Mortimer, il mio... vicino di casa. È importante che... le ricevano.»

    «Naturalmente. Provvederò a farle spedire questa sera stessa con i dispacci.»

    «Grazie.»

    Jack sollevò gli occhi sul sergente. «Portatelo via, Robert, e mandate a chiamare un chirurgo...»

    «No.» Lord Allyngham serrò le dita attorno alla sua mano. «È inutile, so di essere spacciato.»

    «Sciocchezze. Vi faremo ricucire e...»

    Gli occhi vitrei di Lord Allyngham ebbero un guizzo di vitalità mentre guardavano Jack. «Non c’è molto da ricucire, amico mio» sussurrò. «Un’ultima cosa... ho ancora la mano sinistra?»

    Jack abbassò gli occhi sulla poltiglia di sangue da cui spuntavano le ossa. «Sì. Ce l’avete.»

    «Bene. Potete sfilarmi l’anello? E il medaglione... che ho al collo. Mi farete il piacere di portarli a mia moglie? Andateci di persona. Non voglio consegnare oggetti così cari a quei maledetti corrieri. Adesso prendeteli, Jack.» Con una smorfia di dolore, Lord Allyngham si levò dal collo il nastro di seta a cui era appeso il medaglione.

    «Li consegnerò personalmente» promise Jack, sfilandogli l’anello dal dito insanguinato.

    Allyngham annuì e chiuse gli occhi. «Grazie. Brava donna, la mia Eloise. Dolce e fedele. Meritava di meglio. Ditele di essere felice.»

    Jack infilò il medaglione e l’anello nella tasca della giubba. «Lo farò, avete la mia parola. Se posso essere di aiuto a Lady Allyngham...»

    «Vi ringrazio. Mortimer si occuperà di lei durante il periodo di lutto, ma poi non perdetela d’occhio, Jack. È una creatura così ingenua.»

    Un grido improvviso risuonò nell’aria e Jack sollevò gli occhi. Si era quasi dimenticato della battaglia che infuriava attorno a lui.

    Anche Allyngham aprì gli occhi. «Che c’è? Perché gridano?»

    «I francesi si stanno ritirando» rispose Jack con voce che tremava un poco.

    Allyngham annuì e abbozzò un sorriso. «Maledizione. Sapevo che Wellington ce l’avrebbe fatta.» Poi agitò la mano sana. «Adesso andate, maggiore. Andate a compiere il vostro dovere. I miei uomini rimarranno qui con me.»

    L’alfiere che gli stava al fianco annuì. «Sì, ci prenderemo cura di lui.»

    Jack guardò di nuovo il viso sfigurato dalla sofferenza dell’uomo steso per terra, ma Lord Allyngham si sforzò di sorridere. «Andate, amico mio.»

    A quelle parole lui si alzò in piedi e si rivolse ai suoi soldati. «Coraggio, ragazzi!» gridò a quel punto, estraendo la spada. «Inseguiamoli fino a Parigi!»

    Immobile davanti a una finestra del salotto di Allyngham Park, Eloise non vedeva niente perché i suoi occhi erano colmi di lacrime. Tornò ad abbassarli sui due fogli di carta che stringeva fra le dita, poi appoggiò la missiva sulla mensola che aveva accanto. Era inutile cercare di leggere con la vista offuscata. Tirò fuori il fazzolettino dalla tasca, ma era troppo bagnato per essere utile.

    «Mr. Mortimer, milady» annunciò il maggiordomo affacciandosi sulla porta.

    «Hai saputo?» chiese lei con voce incrinata, girandosi verso l’ospite fermo sulla soglia.

    Alex Mortimer era più pallido del solito e aveva un’espressione desolata dipinta in viso. «Sì, ho saputo. Sono venuto appena l’ho ricevuta. Mi dispiace, mi dispiace tanto.»

    «Oh, Alex, lui è m... morto» singhiozzò Eloise, attraversando la stanza e gettandosi fra le braccia dell’amico. «Adesso che cosa faremo?»

    Mortimer la tenne stretta e la fece sedere sul sofà, mettendosi al suo fianco. Rimasero a lungo abbracciati, cercando di confortarsi a vicenda, mentre le ombre della sera invadevano il salotto.

    «Dic... dicono che è morto alla fine del giorno, e che aveva saputo che la battaglia era stata vinta» farfugliò Eloise quando alla fine si ritrasse e si tamponò gli occhi con un lembo dello scialletto di lino che le copriva le spalle.

    «Almeno ha saputo di non morire invano» commentò Alex, che si era girato dall’altra parte per asciugarsi a sua volta le lacrime. «Ho ricevuto la notizia dal Maggiore Clifton, che mi ha inviato anche una lettera personale di Tony.»

    Eloise si alzò in piedi e si avvicinò alla mensola per prendere i fogli. «Sì. Anche qui c’è scritto quel nome. Dice che Tony gli ha consegnato le lettere per noi» mormorò con un profondo sospiro. «Tony sapeva quale pericolo stava affrontando. Lui... ha scritto per dirci addio.»

    Alex annuì. «Nella lettera mi chiede di prendermi cura di te finché non ti risposerai.»

    «Oh...» Eloise si coprì il viso con le mani. «Non mi risposerò mai» dichiarò alla fine.

    «Elle, non lo sai» protestò Alex.

    «Oh, lo so. Non credo proprio che ci sia un altro uomo al mondo buono, gentile e generoso com’era Tony Allyngham.»

    «Come potrei contraddirti?» commentò Alex con un mesto sorriso. «Ma tu sei giovane, troppo giovane per seppellirti qui ad Allyngham.»

    Eloise sollevò l’ultima lettera di Tony. «Mi chiede di assicurarmi che i nostri programmi di fondare un orfanotrofio vengano realizzati. Ti ricordi che ne avevamo parlato prima che partisse per Bruxelles? Era tipico di Tony pensare agli altri mentre si preparava ad affrontare il pericolo.»

    «Prima sarà necessario espletare tutte le formalità, mia cara» osservò Alex prendendole la mano. «Devi chiamare il vostro amministratore e notificare a tutti la notizia della morte di Tony.»

    «Sì, sì» annuì Eloise, serrandogli le dita. «Mi aiuterai, vero, Alex? Non mi lascerai sola?»

    «No, non ti lascerò sola» la rassicurò Mr. Mortimer, battendole sulla mano. «Come potrei? Il mio cuore è qui con te, mia cara.»

    1

    Era passato più di un anno dalla decisiva battaglia di Waterloo quando Jack Clifton fece ritorno in Inghilterra. Mentre si congedava dai suoi compagni d’armi e dall’esercito, a cui aveva dedicato più di dieci anni di vita, si ripromise di assolvere due compiti prima di dedicarsi ai propri affari. Uno di questi era restituire l’anello e il medaglione di Allyngham alla sua vedova, ma prima doveva recarsi in una chiesetta di campagna nel Berkshire.

    Il villaggio nei dintorni di Thatcham era deserto e nessuno vide l’impolverato forestiero che legava il cavallo alla staccionata del cimitero vicino alla chiesa. Jack si tolse il cappotto e lo gettò sulla sella. La pioggia lo aveva accompagnato per tutto il viaggio, ma adesso un caldo sole di settembre splendeva nel cielo azzurro. Jack si aggirò fra le tombe finché non arrivò davanti a un cumulo di terra all’ombra di un faggio. La tomba era segnata solo da una piccola lapide e non c’erano fiori. Jack rimase stupito, ma poi incurvò le labbra in un sorriso.

    «Per te, Clara. Spero che adesso tu sia in pace» sussurrò, inginocchiandosi accanto alla tomba per deporre un fascio di rose bianche contro la lapide.

    Poi si alzò in piedi, si tolse il berretto e rimase a capo scoperto sotto il sole battente per qualche minuto prima di raddrizzare le spalle e di allontanarsi, la mente rivolta a Londra.

    Eloise entrò nei saloni affollati della casa di Lady Parham aggrappandosi al braccio del suo accompagnatore. «Sono contenta che tu sia qui con me a darmi coraggio, Alex.»

    «Non hai mai avuto bisogno di essere incoraggiata, Elle.»

    Eloise scosse il capo e si girò a salutare la padrona di casa, che avanzava verso di lei sorridendo.

    «Mia cara Lady Allyngham! Sono felice di vedervi. E anche onorata, giacché avete accettato di partecipare al mio piccolo ballo, quando tutti vorrebbero la vostra compagnia! E benvenuto anche a voi, Mr. Mortimer.»

    Gli occhietti penetranti di Lady Parham si spostarono su Alex, ed Eloise immaginò con una punta di sdegno che cosa la matrona stesse pensando. Tutti in città credevano che Alex fosse il suo amante. Non avrebbe potuto dire niente per convincerli del contrario, così non ci provò nemmeno. E poi le faceva comodo che pensassero che lei fosse l’amante di Alex. Aveva visto troppe donne virtuose essere circuite e perseguitate da libertini senza scrupoli fino a cedere alle loro profferte. Se gli uomini pensavano che era la protetta di Alex, potevano anche farle la corte ma non avrebbero mai invaso il territorio di un altro. Però, quando notava gli sguardi allusivi delle nobildonne, come Lady Parham, si irritava parecchio.

    Dodici mesi di lutto le avevano permesso di accettare e di vincere il dolore che l’aveva sopraffatta alla notizia della morte di Tony. In quelle settimane terribili, Alex le era stato vicino a sostenerla e a dividere con lei la sofferenza. Mortimer era un vero amico: erano cresciuti insieme e gli voleva bene come a un fratello. Non voleva che lo giudicassero un disonesto donnaiolo deciso a rubare la moglie al suo amico, ma Alex le aveva assicurato che era felice che tutti lo considerassero il suo cicisbeo.

    «Se ciò appaga la loro curiosità, lasciamo che pensino tutto quello che vogliono» le ripeteva spesso. «È meno pericoloso della verità.»

    Ed Eloise aveva dovuto ammettere che ciò teneva a bada i lupi, anche se era una menzogna. Così rivolse alla padrona di casa un sorriso radioso, decisa a impedire che qualcuno pensasse che era infelice.

    «Mr. Mortimer è stato tanto gentile da accettare di farmi da scorta.»

    «Oh, ma non avete bisogno di una scorta per partecipare ai miei ricevimenti, mia cara. Sono sicura che qui troverete solo amici.»

    «Sì, il genere di amici che ti sorridono poi ti fanno a pezzi non appena volti le spalle» mormorò Eloise quando la padrona di casa si girò verso un altro ospite.

    «Sono gelose perché le offuschi tutte» osservò Alex a quel punto.

    «Non immaginavo che fosse così difficile riprendere la vita di società» sospirò Eloise.

    «Possiamo sempre tornare ad Allyngham.»

    «Se non fossi così decisa a realizzare l’ultimo desiderio di Tony di fondare un orfanotrofio, partirei all’istante» borbottò Eloise, ma dopo un istante serrò il braccio di Alex e sorrise. «No, non è vero. Non ho intenzione di ritirarmi in campagna. Non sono un eremita, Alex. Voglio poter venire a Londra, voglio ballare, andare a teatro, partecipare a riunioni e conferenze. Ma non posso farlo, se tu non mi accompagni, amico mio.»

    «Potresti, se assumessi una dama di compagnia.»

    Eloise fece una smorfia. «Ciò mi darebbe rispettabilità, ma sarei sempre vulnerabile. E tutti penserebbero che sono in cerca di un altro marito.»

    «Che cosa ci sarebbe di sbagliato?»

    «Tutto. Sono stata padrona della mia vita per troppo tempo e non voglio cambiare.»

    «Ma potresti innamorarti, lo sai.»

    Eloise si girò verso Alex e si ritrovò a ricambiare il suo sorriso. «Sì. Potrebbe essere possibile, ma è improbabile. So che cosa è una devozione sincera e profonda. Solo una perfetta intesa spirituale mi indurrebbe a prendere in considerazione un altro matrimonio. Ma penso che un rapporto del genere sia molto raro.»

    «È vero» confermò Alex in tono solenne. «Amare qualcuno in quel modo, e sapere di essere riamati con la medesima intensità, è la più grande fortuna che si possa immaginare.»

    «E io non potrei accontentarmi di meno» asserì Eloise dopo una breve riflessione, tornando a sorridere. «Ma questi sono pensieri troppo seri da fare a una festa! Dico solo, amico mio, che sono molto felice di avere un protettore come te.»

    «Allora devi accettare i pettegolezzi» osservò Alex. «Che non sono poi tanto diversi da quelli che si facevano quando Tony era al fronte e io ti accompagnavo in città.»

    «Ma nel momento in cui una donna è vedova, i pettegolezzi assumono aspetti più licenziosi e scandalosi» gli fece notare lei.

    «Ti abituerai. Ma adesso non pensarci» la rassicurò Alex, battendole sulla mano. «Non vedo Berrow» soggiunse guardandosi attorno.

    «No, non c’è» confermò Eloise. «Pensavo di trovarlo qui, perché Lord Parham è un suo vecchio amico. Perché quell’uomo è così sfuggente?»

    «Potevi scrivergli» le fece notare Alex.

    «Negli ultimi sei mesi, il mio avvocato gli ha scritto varie volte senza ottenere risposta» rispose Eloise in tono amareggiato. «Per questo volevo incontrarlo di persona.»

    «Per indurlo a darti ciò che vuoi?» domandò Alex con un sorriso malizioso.

    «Be’, sì. Ma per riuscirci devo trovarlo. In ogni modo, la serata è appena iniziata. Potrebbe ancora arrivare» osservò lei.

    «E fino a quel momento sei libera di divertirti. Hai intenzione di ballare?» le chiese Alex.

    «Sai che non vedo l’ora.»

    «Allora mi concedi l’onore dei prossimi due balli?»

    Alex Mortimer era un bravo ballerino ed Eloise si divertì a ballare con lui, ma non accettò di esibirsi nel valzer perché l’avrebbero criticata aspramente, anche se sapeva che ballare il valzer sarebbe stata una piccola infrazione alle regole, al paragone di quello che si diceva già di lei a poche settimane di distanza dal suo ritorno a Londra.

    La chiamavano la Scandalosa vedova, una definizione che detestava ma che doveva sopportare, se ciò proteggeva coloro che amava.

    Otto anni addietro, quando Lord Allyngham aveva presentato la sua bella moglie in società, tutti avevano detto che era un uomo fortunato. Sua moglie era un tesoro e lui l’aveva protetta in tutti i modi. E durante gli anni passati a combattere aveva chiesto ad Alex di farle da scorta, ma Eloise si rendeva conto solo ora del vero significato degli sguardi e dei commenti maliziosi e allusivi di cui loro due erano stati oggetto. Se era infuriata che tutti la ritenessero capace di tradire suo marito, era ancora più adirata che pensassero male di Alex. Ma poiché la verità era più sconvolgente delle menzogne, lei e Alex avevano deciso di continuare a fingere.

    L’arrivo della bella Lady Allyngham a Parham House era stato atteso con ansia ed Eloise fu presto circondata da un gruppo di gentiluomini. Accettò i loro complimenti con sorrisi e parole gentili, ma sempre stando ben attenta a non incoraggiare troppa familiarità in nessuno di loro e contenta che Alex non la perdesse mai di vista, pronto a proteggerla e difenderla. Era piacevole scoprire che a venticinque anni fosse ancora considerata bella e desiderabile, e che gli uomini facessero di tutto per ricevere uno sguardo dagli incantevoli occhi azzurri della vedova. Ma sapeva che se tutti scuotevano il capo e fingevano di partecipare al dolore per la perdita di suo marito, ognuno di loro sperava di diventare il fortunato destinatario dei suoi favori. Così fece del suo meglio per scoraggiare tutti, anche i giovanotti che potevano provare un serio interesse per lei.

    Non voleva risposarsi e non voleva infrangere cuori, ma era disposta ad accettare di farsi corteggiare, giacché aveva la certezza che Alex si sarebbe assicurato che la situazione non le sfuggisse di mano.

    Eloise ballò e rise per tutta la serata, e quando Alex le propose di passare in sala da pranzo per la cena, corse fuori dal salone da ballo agitando il ventaglio davanti al viso accaldato.

    «Santo cielo, mi ero dimenticata di come

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