Uno scomodo destino: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
L'amica d'infanzia Kayla Porter ricompare per chiedergli aiuto a realizzare il desiderio espresso in punto di morte dalla sorella Sienna. Quando cinque anni prima aveva accettato di fecondare gli ovuli di Sienna, Van non avrebbe mai immaginato di doversi assumere davvero il ruolo di padre, ma decide comunque di essere per suo figlio quella figura che a lui è sempre mancata.
Dovrà però fare i conti con la cocciutaggine di Kayla: i due in passato hanno condiviso una notte di passione che è rimasta indelebile nella mente di entrambi, ma comprendere che il destino sta loro offrendo la seconda occasione che in fondo hanno sempre desiderato non è così facile come potrebbe sembrare.
Yvonne Lindsay
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Uno scomodo destino - Yvonne Lindsay
successivo.
1
Van infilò l'anello nel taschino della giacca e richiuse la scatola. Quel magnifico diamante era proprio ciò che Dani si aspettava di ricevere per la proposta di matrimonio che le avrebbe fatto a pranzo.
Sapeva, però, che si sarebbe aspettata anche altro e, istintivamente, posò lo sguardo sui documenti sopra la scrivania. La fusione tra l'azienda a conduzione familiare di Dani, la Matthews Electronics, e quella di Van, la DM Security, avrebbe sancito un rapporto d'affari vantaggioso. Era sembrato più che naturale trasferire quel legame dalla sala riunioni alla camera da letto. In fondo, erano due persone molto simili. Conducevano una vita dedita al lavoro e libera dal fardello dei figli. Non si aspettavano, né tantomeno ambivano ad avere una storia d'amore romantica e passionale. Erano uniti dal rispetto e dalla reciproca attrazione fisica. Cos'altro poteva desiderare? Anche se non si era mai sentito veramente legato a nessun posto, Van aveva avuto una vita perfetta. E quel matrimonio sarebbe stato la ciliegina sulla torta.
Una notifica sullo schermo del computer lo avvisò di un messaggio di Anita, la segretaria alla reception. Mise l'auricolare bluetooth e rispose.
«Signor Murphy, c'è una donna che vorrebbe vederla. Non ha un appuntamento, ma è molto insistente.»
Malgrado la perfetta dizione di Anita non lasciasse trapelare nulla, era evidente che fosse contrariata.
«Questa donna ha un nome?» le chiese. Era raro vedere la sua segretaria scomporsi, perciò Van non poté fare a meno di essere divertito. Di solito gli forniva tutti i dettagli su eventuali visitatori inaspettati, in modo da permettergli di prendere una decisione in fretta.
«Dice di essere una vecchia amica e di non aver bisogno di un appuntamento.»
Un presentimento gli fece venire un brivido lungo la schiena. Quel sesto senso gli aveva salvato la pelle in più di un'occasione, sia durante il servizio attivo nell'esercito sia nel campo della sicurezza privata. Perciò non poteva ignorarlo.
«Prendi i suoi dati e dille di tornare quando avrà un appuntamento. Grazie, Anita.»
Da un nome si potevano scoprire molte cose, specialmente per un uomo con i suoi mezzi. Stava per chiudere la chiamata, quando sentì una grande confusione in sottofondo.
«No» stava dicendo Anita con fermezza. «Non ho alcuna intenzione di tenere...»
Iniziò a preoccuparsi, ma non dovette aspettare molto per scoprirne il motivo. Quel rumore si stava avvicinando sempre di più alla porta del suo ufficio. Van serrò la mascella. Possedeva un'azienda specializzata in sicurezza internazionale. Come poteva vantarsi della sua attività se chiunque poteva fare irruzione in quel modo? Si alzò di scatto e si diresse alla porta. Tuttavia, prima che potesse aprirla, una donna la spalancò ed entrò. Nel vederla, Van si sentì mancare il fiato.
Kayla Porter.
L'ultima volta che l'aveva vista era stato cinque anni addietro.
Stava riposando rannicchiata sul divano dell'appartamento che divideva con la sorella. E proprio quel divano era stato testimone del sesso sfrenato che avevano condiviso, prima che Van decidesse di andarsene.
Kayla si fermò non appena i loro sguardi si incrociarono. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che l'aveva vista, e non era cambiata di una virgola. Continuava a vestirsi come una hippy appena uscita dagli anni Sessanta e portava ancora i capelli biondi lunghi sulle spalle. Riusciva a ricordare il profumo dello shampoo che usava, una fragranza dolce e a base di erbe che la rappresentava perfettamente. Quel ricordo così vivido lo colpì nel profondo.
«Mi fa piacere rivederti, Van» dichiarò lei con voce sensuale mentre entrava nel suo ufficio. Lo squadrò da cima a fondo, partendo dai capelli con un costosissimo taglio volutamente scompigliato, fino alla punta dei piedi infilati in lucide scarpe realizzate a mano.
Poi gli sorrise.
«È evidente che un uomo può anche lasciare l'esercito, ma l'esercito rimarrà sempre parte di lui» commentò guardando le scarpe immacolate.
Non era cambiata per niente. Era ancora la stessa donna sfacciata, convinta di poterla avere sempre vinta.
«Quindi sei tu ad aver fatto agitare la mia segretaria. Non potevi prendere un appuntamento?»
Appena pronunciò quelle parole, gli occhi azzurri di Kayla assunsero un'espressione sorpresa e ferita. E Van si pentì di essersi lasciato sfuggire quel commento. D'altra parte, il loro rapporto era sempre stato così. Kayla riusciva a tirare fuori il peggio da lui, fin da quando erano ragazzi e vivevano uno accanto all'altro. Il fatto che avesse quattro anni in meno di sua sorella Sienna, coetanea di Van, la rendeva ancora più insopportabile. E, una volta cresciuti, le cose non erano certo andate meglio. Riusciva sempre a trovare il modo di fargli perdere la pazienza. Per questo, dopo quella notte di passione trascorsa insieme, aveva deciso di allontanarsi da lei. Era consapevole di essersi comportato in maniera ignobile, visto e considerato che, prima che Sienna morisse, le aveva promesso di prendersi cura di Kayla.
Il passato riesce sempre a trovare il modo di tornare a galla, si ricordò.
«Mi dispiace» si corresse avvicinandosi a lei. «Che cosa posso fare per te?»
Cercò di non farsi distrarre dalla pelle morbida del suo collo, altrimenti sarebbe stato impossibile non ricordare la sera in cui lo aveva baciato. Van cercò di ricomporsi. Non era più quel genere d'uomo, guidato unicamente dall'istinto. Aveva imparato a controllarsi cercando di evitare rischi e pericoli inutili. E quella donna aveva scritto in fronte pericolo.
Un altro rumore proveniente dal corridoio fece voltare Kayla.
Si avvicinò a lui a braccia aperte. «Devo parlarti di una cosa importante. Ho bisogno del tuo aiuto. Sai...»
Anita si precipitò nell'ufficio con un'espressione sconcertata. E non c'era da meravigliarsi, dato che stava tenendo in braccio una bambina. Van abbassò lo sguardo e notò che la piccola aveva infilato in bocca la collana di perle della sua segretaria, evidentemente alterata. Poi tornò a guardare Kayla.
«Presumo che sia tua» disse.
Poi quella bambina lo guardò e Van rimase colpito dal colore dei suoi occhi. Gli stessi che vedeva davanti allo specchio ogni mattina.
«In realtà, è anche tua» replicò Kayla.
Kayla riusciva a vedere la mente di Van tornare a quell'unica notte di passione condivisa dopo il funerale di Sienna. Stava cercando di fare i calcoli ma sembrava che per lui quella situazione non avesse alcun senso. La bambina cominciò ad agitarsi e Kayla si affrettò a prenderla dalle braccia della segretaria. Avrebbe preferito non portare la piccola a quell'incontro, però la babysitter se n'era andata.
«Sienna, non fare i capricci. Lascia andare la collana della signora.»
«Sienna?»
Van, dapprima catturato dalla bambina, tornò a concentrarsi su Kayla.
«Sì, ha lo stesso nome di sua madre.»
Van le rivolse uno sguardo minaccioso, come se le stesse facendo il terzo grado. Non le aveva mai detto quale ruolo avesse ricoperto nelle Forze Speciali, tuttavia aveva la sensazione che condurre interrogatori facesse parte dei compiti di routine.
«Sienna è sua madre?»
Kayla si voltò verso la segretaria, ancora sulla porta. «La ringrazio, me ne occuperò io.»
La donna osservò prima Kayla e poi Van.
«Sì, Anita. Puoi andare, ti ringrazio. Potresti chiamare Dani e dirle che farò tardi per pranzo? Forse potremmo posticipare l'incontro a cena.»
«Sì, signore. È sicuro che...» chiese Anita indicando Kayla e la bambina.
«Penso di potermela cavare» le assicurò.
Poi continuò a fissare Kayla, alla ricerca di una spiegazione.
Il suo sguardo penetrante le fece venire un brivido lungo la schiena. Non riusciva a capire se fosse dovuto all'agitazione, alla paura o al ricordo della notte rovente che aveva trascorso con lui. In ogni caso era evidente che Van non era interessato a lei, visto che se n'era andato senza dire una parola né lasciare un biglietto.
Kayla cercò di farsi forza, stringendo Sienna a sé.
Appena la porta si richiuse, Van le domandò: «Come mai sei venuta qui?».
Kayla fece un respiro profondo. «Come ti ho detto, ho bisogno del tuo aiuto.»
«E non potevi semplicemente telefonarmi?»
Quella freddezza la feriva ma, al tempo stesso, la rendeva più determinata. «No. L'ultima volta che ci siamo visti, hai detto che avrei potuto contare su di te se ne avessi avuto bisogno.»
«Ed è così. D'altra parte non puoi piombare nel mio ufficio e pretendere di vedermi subito.»
«Mi dispiace, ma se non si fosse trattato di un'emergenza...»
Vai al punto! Kayla alzò lo sguardo. Il Van che aveva davanti era lontano anni luce dal ragazzo che abitava nella casa accanto, maltrattato ingiustamente dal padre. In lui non intravedeva più l'adolescente che era diventato amico di sua sorella e che, in più di un'occasione, l'aveva tirata fuori dai guai. E anche il soldato e l'uomo passionale che le aveva sconvolto la vita sembrava solo un ricordo ormai. Era diventato un uomo freddo e distaccato. Le appariva così diverso da farle dubitare di averlo conosciuto veramente.
«Ha a che fare con lei?» chiese indicando Sienna.
«In un certo senso, sì. Vuoi tenerla in braccio?»
Senza aspettare la risposta, Kayla si avvicinò e mise la bambina in braccio a suo padre. Si sarebbe dovuto trattare di un momento memorabile, invece Van la teneva con un'espressione terrorizzata.
«Visto? Non è andata così male, vero?»
Sienna si voltò verso Kayla con espressione imbronciata e sembrava che fosse quasi sul punto di piangere. Kayla le rivolse un sorriso d'incoraggiamento. Allora la piccola rivolse tutta l'attenzione all'uomo che la stava tenendo in braccio. Con una manina afferrò il bavero della sua giacca, e con l'altra gli sfiorò la bocca. Kayla si trattenne dallo scoppiare a ridere. Van aveva l'aria di uno che teneva in mano una granata.
Qualcuno bussò alla porta e una donna elegante entrò senza attendere risposta.
«Scusa il disturbo Donovan, ma ero già nel parcheggio quando ho ricevuto la chiamata di Anita. Perciò ho pensato di...»
La donna si fermò appena notò Kayla e la bambina che Van stava tenendo in braccio.
«Scusa, vedo che sei occupato. Ripasserò più tardi.»
«No, Dani. Ti prego, aspetta.»
Van porse di nuovo la piccola a Kayla. «Non dire niente» le bisbigliò. Kayla alzò gli occhi al cielo e lo seguì. Tenne Sienna su un fianco e porse la mano libera alla donna. «Piacere» la salutò. «Sono Kayla. Io e mia sorella siamo cresciute insieme a Van.»
Dani le strinse la mano. «Piacere, Dani Matthews» rispose affabile prima di rivolgere uno sguardo eloquente a Van.
«Puoi scusarci un istante?» le chiese Van, aspettando un cenno di approvazione.
Dani rimase impassibile. Kayla era affascinata dai capelli perfettamente acconciati. Come facevano a essere così impeccabili, con tutta l'umidità che c'era a San Francisco? I suoi erano sempre arruffati, indipendentemente da quanto si sforzasse di tenerli in ordine.
«Grazie» le sussurrò Van. «Sarò da te tra poco.»
«Fai pure con calma» rispose Dani ma i suoi occhi erano pieni di domande.
In un attimo, Van afferrò Kayla per un braccio e la condusse fuori dall'ufficio. Ignorando le sue proteste, la fece accomodare in una piccola sala riunioni.
«Basta girarci intorno. Sputa fuori il rospo, Kayla.»
«Ho bisogno del tuo aiuto.»
Sienna si mise a piagnucolare e Kayla le accarezzò nervosamente la testa. D'un tratto, pensò di aver avuto una pessima idea. Eppure ci aveva riflettuto a lungo, e non era riuscita a trovare un altro modo per recuperare i soldi di cui aveva bisogno.
«Che cos'ha?» chiese Van. Il suo tono brusco fece agitare ancora di più la bambina.
«Ha fame e si trova in un posto che non conosce. Mi dispiace, ho avuto un pessimo tempismo. Avrei dovuto rifletterci più a lungo.»
Il dolore che sentiva al seno le fece capire che mancava poco alla poppata di Sienna.
«Tu dici? Mi sembra che questo non ti abbia mai impedito di fare a modo tuo.»
Kayla ignorò quella provocazione. «Cinque anni fa hai detto che mi avresti aiutato se ne avessi avuto bisogno. Dicevi sul serio?»
Pregò che quell'offerta fosse ancora valida, altrimenti sarebbe andato tutto in fumo: i piani per il futuro e la promessa fatta a sua sorella.
Van guardò l'orologio costoso che portava al polso, evidentemente spazientito. «Sono un uomo di parola. Spiegami il problema, ti do dieci minuti al massimo.»
«Grazie.»
Kayla si avvicinò e gli posò una mano sul petto. Sotto la fredda stoffa del suo completo riusciva a sentire il calore che quel corpo perfettamente scolpito emanava. Per quanto cercasse di rimanere impassibile, il