La donna perfetta: Harmony Collezione
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Melanie Milburne
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La donna perfetta - Melanie Milburne
successivo.
1
Quando finalmente scoprì la verità, Emilio era seduto al tavolino di un caffè nel centro di Roma. Si sentì serrare il petto, leggendo delle due neonate separate alla nascita per un'adozione illegale. L'articolo era un esempio di buon giornalismo: un resoconto accurato e affascinante di come le due gemelle identiche si fossero incontrate per un caso del tutto fortuito, dopo che una commessa in un grande magazzino di Sydney le aveva scambiate l'una per l'altra.
Scambiate per errore...
Emilio dimenticò il caffè e lasciò vagare lo sguardo sulla folla che gli scorreva davanti. Operai e turisti, giovani, vecchi, sposati, single... tutti persi nei fatti propri, ignari del tumulto di emozioni che si era impadronito di lui, e che quasi gli impediva di respirare.
Non era Gisele la ragazza del filmato a luci rosse...
E lui era stato così cocciuto. Testardo. Non aveva voluto credere alle sue proteste di innocenza. Si era rifiutato di ascoltare, nonostante lei lo avesse supplicato. Non si era fidato di lei.
E aveva torto.
Gisele aveva pianto. Protestato. Per tutta risposta Emilio aveva giurato di non volerla rivedere mai più.
E invece aveva torto.
La sua impresa era stata quasi travolta dallo scandalo, ed Emilio aveva lavorato come un pazzo per arrivare dov'era ora. Anche diciotto ore al giorno, con notti insonni e viaggi interminabili, saltando da un fuso orario all'altro cercando di ignorare la stanchezza. Era passato da un progetto all'altro come un automa, cercando di far fronte a tutto, firmando carte e ripianando debiti, finché le cose non avevano cominciato a girare per il verso giusto, facendogli incassare milioni e placando la sua sconfinata sete di successo.
E in tutto quel tempo aveva dato la colpa a Gisele.
Aveva nutrito ogni giorno il suo odio per lei. Ogni volta che la pensava sentiva salire la pressione e un fuoco freddo gli incendiava le vene fino a consumarlo. Era come avere una febbre impossibile da curare.
Ora, un gran senso di colpa gli serrò lo stomaco. Si era sempre vantato di non commettere mai errori di giudizio, ed era stato implacabile nel puntare alla perfezione in ogni sfera della propria vita. Il fallimento per lui era un anatema.
E invece con Gisele si era sbagliato.
Emilio controllò il telefono. Aveva ancora il suo numero, tra i contatti. L'aveva tenuto solo per ricordare di non fidarsi di nessuno, di non abbassare mai più la guardia. Non si considerava un sentimentale, ma gli tremarono le dita quando sul display comparvero i dati di lei.
Sentì, confusamente, che chiamarla al telefono per scusarsi non era la cosa più giusta. Farsi vivo di persona era il minimo, a quel punto.
Doveva fare ammenda del proprio errore, e poi ripartire da lì.
Così, invece che a Gisele, telefonò alla segretaria. «Carla, cancella tutti i miei impegni della prossima settimana e prenotami il primo volo per Sydney» ordinò. «Ho un affare urgente da sistemare laggiù.»
Gisele stava mostrando un camicino da battesimo ricamato a una giovane futura mamma, quando vide Emilio Andreoni entrare nel negozio. Vederlo lì in piedi, alto e terribilmente fuori luogo nel suo esclusivo atelier di articoli per la primissima infanzia, le fece balzare il cuore in gola, neanche fosse stata sul punto di buttarsi da un trampolino di dieci metri.
Con la fantasia si era immaginata quel momento mille volte, casomai a lui fosse venuto in mente di scusarsi di persona, dopo aver appreso dai media la verità su di lei e la sua gemella. Aveva pensato che sarebbe stata la sua vendetta fargli scoprire che si era sbagliato, e che lo avrebbe guardato senza più alcuna emozione, neppure l'odio e l'amarezza per il crudele addio di due anni prima e per l'imperdonabile mancanza di fiducia nei suoi confronti.
E invece, alla prima occhiata le sembrò di sentire il pavimento ondeggiare sotto i piedi. Le emozioni che aveva tentato di soffocare emersero con prepotenza. Le sentì divampare a una a una, così intense da farle scoppiare il cuore. Com'era possibile che solo guardare qualcuno potesse far stare tanto male? Com'era possibile che la figura alta e forte sulla soglia le lacerasse di nuovo il cuore e gli occhi neri puntati nei suoi le facessero tanto male?
Da allora, lei lo aveva rivisto molte volte sui giornali e la pena sottile provata ogni volta non era niente in confronto al dolore lancinante di adesso.
Aveva sempre il suo bel colorito olivastro. Il naso aquilino, gli occhi scuri e profondi, e quell'impossibile mento squadrato, al momento coperto da una barba di almeno trentasei ore. I capelli neri e ondulati erano un po' più lunghi di come li ricordava, e sotto gli occhi due ombre profonde segnalavano una notte insonne, probabilmente in dolce compagnia.
«Mi scusi» disse Gisele rivolgendosi alla cliente. «Sono da lei fra un minuto.»
Si avvicinò a lui, nell'area dei prematuri. Lo vide passare la mano su un camicino con un rametto di rosa ricamato sulla spalla. Così piccolo che la sua mano al confronto sembrò enorme. E dire che per Lily sarebbe stato persino abbondante.
«Cerca qualcosa?» gli chiese in tono sbrigativo.
Lui continuò a fissarla negli occhi. «Credo che tu sappia perché sono qui, Gisele» rispose con quella voce profonda che le era mancata tanto. Lei la sentì quasi come una carezza sulla pelle, dolce come miele.
Faticò non poco per tenere le emozioni sotto controllo. Doveva essere forte, mostrargli che non si era lasciata distruggere dal suo addio. Adesso era una donna autosufficiente e di successo. Lui era zero, nella sua vita. Gisele prese fiato e alzò il mento. «Certo» concesse, con voce perfettamente atona. «Il nostro attuale sconto due per uno, immagino. Vale anche per i camicini ricamati. Purtroppo, ho appena finito quelli bianchi.»
Lo sguardo magnetico di Emilio non vacillò. «C'è un posto dove possiamo parlare in privato?» chiese.
Gisele raddrizzò le spalle. «Ho un'altra cliente.» La indicò, con un cenno della mano.
«Sei libera a pranzo?» chiese lui.
Perché continuava a fissarla? Voleva vedere se la pelle aveva perso luminosità? Scoprire le occhiaie sotto il trucco? Lui aveva sempre inseguito la perfezione, non solo nel lavoro, ma anche in ogni aspetto della vita.
Di sicuro ora l'avrebbe trovata carente, nonostante il suo buon nome fosse stato riabilitato.
«Il negozio è mio» gli disse con orgoglio, «e faccio orario continuato.»
Lo vide passare lo sguardo intorno, nel locale che lei aveva rilevato qualche settimana dopo il suo addio, a pochi giorni dal matrimonio. L'impresa di trasformare un outlet di periferia in una boutique elegante ed esclusiva era stata l'unica cosa che l'aveva salvata dalla depressione, in quegli ultimi due anni.
Qualche amica, e anche sua madre, l'avevano consigliata di vendere tutto, subito dopo aver saputo che Lily non ce l'avrebbe fatta. Ma in qualche modo, nella sua mente, mantenere il negozio era un modo per trattenere la sua piccola e fragile bimba ancora per un po' con sé. Lì dentro, tra copertine e indumenti realizzati a mano per altri bambini, Gisele sentiva ancora Lily vicina. Nessuno aveva idea di quanto le costasse guardare i suoi piccoli e preziosi clienti senza avvicinarsi per toccarli. Nessuno sapeva quanto fossero lunghe certe notti, con il viso appoggiato al cuscino, accanto alla copertina rosa che aveva avvolto la sua piccina, nelle poche ore di vita che le erano state concesse.
Gli occhi di Emilio tornarono a posarsi su di lei. «A cena, allora» insistette. «Non lavorerai anche dopo le sei, no?»
Gisele guardò irritata la sua cliente che se ne andava, sicuramente intimidita dalla presenza minacciosa di Emilio. Lo fulminò con lo sguardo. «Mi è impossibile accettare» borbottò. «Ho già un altro impegno.»
«Esci con qualcuno?» Lui la inchiodò con lo sguardo.
Lei si sforzò di mantenere un certo contegno. Davvero pensava che potesse tuffarsi in un'altra relazione, dopo quello che lui le aveva fatto? Gisele si chiedeva spesso se avrebbe mai più potuto fidarsi di qualcuno, anche se l'idea di restare single per sempre non le sorrideva. In ogni caso, aveva la sensazione che lui non fosse lì solo per chiederle scusa. C'era qualcos'altro nei suoi magnetici occhi scuri. C'era qualcosa nell'aria che li circondava... e anche in lei, accidenti. Sentiva i sensi all'erta, e le gambe che tremavano. Tutto quello che sapeva sull'intimità fisica era stato lui a insegnarglielo. «Non vedo come possano essere affari tuoi» gli disse, alzando ancor più il mento.
Gli tremò un muscolo all'angolo della bocca. «Lo so che per te è dura, Gisele» mormorò Emilio. «Lo è anche per me.»
«Chiedermi scusa per esserti sbagliato? Mi duole ricordartelo, ma te l'avevo detto.»
Lui assunse subito un'aria distaccata. «Non sono orgoglioso di come ho chiuso la nostra relazione» ammise. «Ma tu avresti fatto lo stesso, se i ruoli fossero stati capovolti.»
«Ti sbagli, Emilio» ribatté lei. «Io avrei cercato in tutti i modi un'altra spiegazione possibile, per quel video.»
«Per amor del cielo, Gisele» replicò lui, piccato. «Credi forse che non l'abbia fatto? Mi avevi detto di essere figlia unica. Non lo sapevi neanche tu di avere una gemella! Come potevo immaginare una storia così bizzarra? Io ho guardato il video e ho visto te. Gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi grigiazzurri, gli stessi atteggiamenti. Ho dovuto credere a quello che vedevo.»
«Avevi anche un'altra possibilità» gli rinfacciò lei. «Potevi credermi, a dispetto delle apparenze. Ma non mi amavi abbastanza da fidarti, anzi... non mi amavi affatto. Volevi solo la moglie perfetta a cui offrire il braccio. Quel dannato video mi aveva macchiata, quindi non andavo più bene. E anche se la verità fosse venuta fuori subito, invece che dopo due anni, i tuoi affari avrebbero avuto comunque la precedenza.»
«Ho messo tutto in stand-by adesso, per venire qui» fece notare lui, ancora più minaccioso.
«Bene, ora mi hai vista. Puoi risalire sul tuo bell'aereo privato e tornartene da dove sei venuto» replicò lei, girandogli la schiena.
«Maledizione, Gisele.» Lui le prese un braccio per fermarla.
Una stretta d'acciaio sulla pelle nuda. Il contatto la segnò come un marchio a fuoco, facendole annodare lo stomaco, e vibrare ogni nervo sotto la pelle. Fu costretta a girarsi, cercando di non arrendersi a quello sguardo scuro e imperioso. Non di nuovo. Una volta era più che abbastanza. Era stata la sua dannazione perdere la testa per un uomo incapace di amarla e di fidarsi di lei.
Non lo voleva così vicino.
Avvertiva il suo calore e l'aroma del suo dopobarba, un cocktail di muschio e limone, e pelle maschile umida di doccia... Vedeva il contorno di quella bella bocca che l'aveva baciata mille volte e le bastava chiudere gli occhi per sentirla ancora su di sé...
Gisele spinse ogni fantasia fuori dalla mente. Quella stessa bocca l'aveva insultata, ricordava ancora le parole, crudeli e imperdonabili. Dimenticarsene era impossibile. Da quel momento in poi la sua vita era andata in rovina. Si era ritrovata sola, con il cuore sanguinante e l'anima distrutta. Il futuro che aveva sognato era andato in frantumi senza preavviso. Le accuse di Emilio l'avevano sconvolta, il suo addio le aveva causato un dolore così crudo che le sembrava di essere sopravvissuta solo per miracolo.
Scoprire di essere incinta, un paio di mesi dopo essere tornata a Sydney, era stata la sola scintilla di speranza nel pozzo buio in cui si era trovata di colpo. E poi quella scintilla era stata azzerata dalla successiva ecografia. Si era sempre chiesta se fosse stata una sorta di punizione divina per non aver detto a Emilio della gravidanza. Del resto, lui le aveva proibito di rifarsi viva e lei era troppo ferita per provarci.
E anche troppo in collera.
Avrebbe voluto punirlo per la sua mancata fiducia. Forse lo voleva anche adesso. Era stato proprio quello a sostenerla,