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La forza del pericolo: Harmony Destiny
La forza del pericolo: Harmony Destiny
La forza del pericolo: Harmony Destiny
E-book147 pagine2 ore

La forza del pericolo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Il Cattleman's Club incarica Dokota Lewis, uno dei membri, e la sua ex moglie Kathy di una missione in incognito nel piccolo regno europeo di Asterland, dove starebbe per scoppiare una rivoluzione. Il compito è delicato, anche perché i due devono fingersi innamorati. La situazione è molto imbarazzante per entrambi, dal momento che nessuno dei due ha ancora dimenticato l'altro, ma nonè disposto a perdonare. Forse il pericolo può assolvere il ruolo di Cupido?
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788858951842
La forza del pericolo: Harmony Destiny
Autore

Sheri Whitefeather

Autrice della novella Sangue Cherokee.

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    Anteprima del libro

    La forza del pericolo - Sheri Whitefeather

    successivo.

    1

    L'ex pilota Dakota Lewis si raddrizzò sulla poltrona reclinabile in pelle e osservò la propria casa. Il ranch sarebbe sembrato lo stesso a Kathy?

    Certo che sì, si ripeté un secondo dopo. Lui non vi aveva apportato alcuna modifica, alcuna novità stile cowboy, nessun manufatto indiano era stato aggiunto. Lei vi avrebbe ritrovato ogni testa di mucca appesa, ogni paio di corna di cervo, ogni pipa cerimoniale.

    Un assemblaggio di pezzi d'arredamento in legno di mogano, cedro, abete formava il soggiorno di Dakota. Non aveva scelto mobili in serie. Preferiva un tipo di arredamento eclettico, tronchi stile hacienda, tavoli dal ripiano in mattoncini d'argilla colorati, specchi incorniciati da pellame martellato.

    Spostò l'attenzione sui propri ospiti. Non stavano discutendo della missione, in quel momento. Qualcuno aveva nominato la propria moglie. Forse Aaron Black? Lo sceicco Ben Rassad? Il dottor Justin Webb? Di certo non Matthew Walker, perché Matt non era sposato.

    No, ma era fidanzato. Felicemente fidanzato.

    Accidenti, pensò. Che cosa gli stava succedendo? Gli uomini presenti nella stanza erano tutti suoi amici, membri dell'associazione alla quale lui stesso apparteneva, il Texas Cattleman's Club, il più esclusivo club di gentiluomini di tutto lo stato. Non aveva nessun diritto di provare invidia nei loro riguardi. Erano tutti uomini facoltosi, e tutti felicemente accoppiati.

    Tutti. Tranne lui.

    La moglie dalla quale si era separato era attesa al ranch da un momento all'altro. Kathy se n'era andata tre anni prima, una decisione drastica che lei non si era neppure presa la briga di motivare. Dakota era tornato al ranch da una missione e non l'aveva più trovata. Aveva trovato solo il suo armadio vuoto e la mensola nel bagno priva della sfilza di creme e lozioni profumate. Due anni di matrimonio gettati alle ortiche, senza che Dakota sapesse nemmeno perché. Lui aveva amato sua moglie, ed era certo che anche lei lo avesse amato. Eppure, Kathy lo aveva abbandonato, lasciandolo con una ferita nel cuore che non si era ancora rimarginata.

    Una ferita che si era riaperta proprio quel giorno. La missione segreta di cui stavano discutendo i membri del Cattleman's Club coinvolgeva pure Kathy. Lei era il funzionario degli affari esteri che doveva agire in coppia con Dakota. Insieme, si sarebbero dovuti dirigere in Asterland, un piccolo paese europeo sull'orlo della rivoluzione.

    Suonarono alla porta. Dakota si scusò e si diresse verso l'ingresso. Consultato l'orologio, serrò le mascelle. Puntualissima.

    Kathy stava dall'altra parte della porta, sottile ed elegante, i capelli corposi raccolti in un ordinato chignon. Indossava un completo pantaloni beige e una blusa color smeraldo che enfatizzava il colore dei suoi occhi. Occhi da gatta, come le aveva sempre detto lui. Occhi esotici e capelli rosso fuoco, lineamenti che rispecchiavano il temperamento di Kathy.

    Nessuno parlò. Ma i loro sguardi si tennero incatenati per quello che parve a Dakota l'attimo più lungo della sua vita.

    «È bello rivederti» pronunciò lei alla fine, stendendo la mano.

    Formali carinerie, pensò lui. Cos'altro doveva fare? Si trattava di lavoro, e Dakota considerava il suo lavoro la priorità numero uno della propria vita. Non avrebbe permesso che niente e nessuno intralciasse una missione, neppure il dolore che si diramava dalle viscere fino al cuore.

    «Anche per me» rispose, stringendole la mano come se quel contatto non potesse minimamente scalfirlo. Ma lo fece, invece. La mano di Kathy era sottile e femminile, la sua pelle calda e vellutata.

    La invitò a entrare, imprecando contro i ricordi che minacciavano di affiorare. Il suo profumo gli solleticò le narici come fragoline fresche in una coppa di gelato alla crema. Kathy preferiva le lozioni aromatizzate ai profumi decisi, aromi che, puntualmente, eccitavano gli appetiti di Dakota.

    All'improvviso, si ritrovò a dover combattere l'istinto di scioglierle i capelli, lasciandoglieli ricadere sulle spalle. Non aveva dimenticato la donna che amava, non aveva dimenticato l'immagine di lei immersa nella vasca da bagno, le fiere ciocche che scivolavano dalle mollette che le trattenevano, il suo corpo candido, levigato.

    Quante volte l'aveva osservata mentre si toglieva l'accappatoio, scoprendo le spalle, i seni? E quante volte l'aveva portata in braccio nel loro letto, ancora non del tutto asciutta?

    «Dakota? Gli altri sono qui?»

    La domanda di Kathy lo ricatapultò nella realtà. Maledizione. Era rimasto sulla soglia, in preda a una battaglia di ormoni. Come diavolo aveva potuto permettere che ciò accadesse?

    «Sì, sono qui.» Scortò l'ex moglie in soggiorno, detestandosi per quell'attimo di debolezza.

    Da gentiluomini quali erano, gli altri si alzarono in piedi all'ingresso di Kathy. Aaron le andò incontro per abbracciarla. Con quanta disinvoltura Kathy abbracciava Aaron, pensò Dakota, domandandosi il perché di quell'impeto di gelosia. Non solo Aaron era felicemente sposato con un figlio in arrivo, ma era anche un grande amico, il diplomatico americano che aveva presentato Dakota a Kathy sei anni prima.

    Kathy strinse la mano agli altri, poi tutti ripresero posto.

    Dakota le versò un ginger, senza chiederle neppure cosa preferisse. Conosceva bene i gusti di Kathy.

    Lei lo ringraziò pacatamente. Poi, lui si versò della cola, tanto per tenersi le mani impegnate. L'istinto di scioglierle i capelli era riaffiorato.

    Quanto erano diversi, pensò lui, due tipi opposti. Kathy era rinomata per la sua grazia e la sua diplomazia, mentre Dakota era rude come il suo gusto nell'arredamento, uno che risolveva spesso le questioni con la forza.

    Dakota bevve un sorso di cola, chiedendosi se non fosse stato il caso di aggiungerci un goccio di rum che lo tirasse un po' su. Come aveva potuto una donna così abile nella parola piantare in asso suo marito senza la benché minima spiegazione? Come aveva potuto ignorare ciò che avevano significato l'uno per l'altro? L'amore? La passione?

    Dakota non aveva bisogno di chiedere a Kathy dove fosse stata negli ultimi tre anni. Lo sapeva già. Era stata a Washington, a lavorare al Dipartimento Affari Esteri, affittando un appartamento spazioso in un esclusivo quartiere. Ora si era presa una lunga aspettativa, per decidere se porre fine o no alla sua carriera. Per Kathy, quel genere di lavoro era diventato stressante. Voleva restare in Texas. O così diceva.

    Il suo ritorno nel Texas non era stato difficile. La parte più dura era stata, per Dakota, mantenersi a distanza. Ma immaginava che Kathy non volesse che lui la assillasse con domande continue sul perché lo avesse lasciato. Di conseguenza, l'orgoglio di Dakota e il suo ego maltrattato gli avevano consentito di tenersi alla larga da lei.

    Lo sceicco Rassad rese subito Kathy partecipe della situazione. «Sei al corrente degli eventi che hanno condotto a questa missione?» le chiese Ben. «Ci sono dettagli poco chiari?»

    «Aaron mi ha informata di tutto» rispose lei. «So del furto dei gioielli e del loro ritrovamento.» Si sedette con la sua grazia abituale, rivolgendo allo sceicco la sua completa attenzione. «Albert Payune, il gran ministro dell'Asterland, ha architettato il furto, intendendo utilizzare i gioielli per alimentare la rivoluzione. Ed è qui che interveniamo io e Dakota. È nostro compito assicurarci che la minaccia di una rivoluzione venga sventata.»

    Lo sceicco si protese in avanti. «Aaron ci ha informati che tu conosci molto bene il re e la regina.»

    «È vero. Sono molto affezionata alla famiglia reale, e non intendo vederli perdere il loro paese.» Appoggiò il bicchiere su un sottobicchiere, indirizzando allo sceicco un sorriso rassicurante. «Ho già predisposto che Dakota mi accompagni alla festa di compleanno della regina. E siccome sarà mio ospite, non desterà alcun sospetto.»

    Dakota ascoltò, anche se era già stato messo al corrente da Aaron. Il piano era stato architettato nei dettagli. L'arrivo di Dakota in Asterland avrebbe assunto le parvenze di un viaggio personale. Che cosa c'era di più personale che viaggiare insieme alla propria moglie? Non avrebbero dovuto agire sotto copertura, per lo meno non sulla carta. Avrebbero semplicemente recitato la parte di loro stessi.

    Più o meno.

    Avrebbero dovuto fingere di essere una coppia che stava attraversando la fase della riconciliazione, che stava cercando di salvare il proprio matrimonio.

    Dakota guardò Kathy, ma lei a stento gli restituì lo sguardo. Lei aveva un'aria compunta e professionale, ma Dakota sentiva che era a disagio. Lo stesso disagio che provava lui.

    Come potevano risultare credibili se non riuscivano neppure a guardarsi negli occhi? Ad assumere un atteggiamento rilassato? Dakota guardò di nuovo Kathy. In un modo o nell'altro dovevano riuscirci. Il destino di un paese era nelle loro mani.

    Kathy emise un silenzioso sospiro e guardò Dakota che parlava con Aaron.

    Gli anni erano stati benevoli con lui. Le poche rughe in più gli donavano. Era metà comanche e metà texano, un uomo alto, solido, con occhi cangianti tra il marrone e il nero, a seconda dell'umore. Il suo profilo presentava una mascella quadrata e zigomi alti e affilati. Tutto, di lui, emanava virilità. I suoi capelli color della notte, per quanto corti, erano un po' più lunghi rispetto al taglio militare.

    A parte farsi crescere un po' i capelli, Dakota Lewis non era cambiato granché da quando non era più un pilota militare. Era passato da missioni nelle Forze Speciali a missioni sovvenzionate da privati, senza mai allentare l'impeto battagliero. Il pericolo gli scorreva nelle vene quasi fosse la sua linfa vitale. Kathy considerava uomini come Dakota soggetti che vivevano di adrenalina, uomini che non avrebbero mai abbandonato la lotta, non avrebbero mai smesso di sentire il bisogno di salvare il mondo.

    Ma i soggetti di quel tipo mal si accordavano con le esigenze delle loro mogli. Se le lasciavano dietro, sole, a preoccuparsi per la vita dei propri compagni.

    Quante missioni aveva compiuto da quando lei se n'era andata? Gli era mancata, come lui era mancato a lei? O il lavoro gli aveva riempito il vuoto? Dakota l'aveva amata, di questo era più che sicura. Solo che non l'aveva amata nel modo in cui voleva lei. Il lavoro era sempre venuto prima. Kathy non poteva sopportare di essere seconda nelle priorità e nel cuore di suo marito.

    E poi, quando aveva perso il bambino...

    Il fiato quasi le mancò. Oh, mio Dio. Non pensare al bambino. Non qui, non ora. Si appoggiò una mano sul ventre. Quando se ne sarebbe andato via quel dolore? Il dolore di perdere un figlio di Dakota. Quanti anni ancora dovevano passare? Quanti anni prima di smettere di desiderare che ogni marmocchio dai capelli scuri che vedeva fosse suo?

    Dakota si girò verso di lei, e Kathy staccò

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