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Prigioniera del principe: Harmony Collezione
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Prigioniera del principe: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Prigioniera del principe: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

C'era una volta 1/3
Belle, Briar e Charlotte hanno sempre vissuto al riparo da qualsiasi tentazione.
Finora.


Quando Belle Chamberlain si offre di prendere il posto del padre, imprigionato dal principe Adam Katsaros, lui accetta a una condizione: che lei finga di essere la sua amante. Rintanato da troppo tempo nel suo tetro castello in seguito alla morte della moglie, Adam ha deciso infatti di far valere i propri diritti al trono. E l'innocente bellezza di Belle potrebbe spianargli la strada.


Belle non riesce a resistere all'ammaliante carisma di Adam: il suo sguardo ardente risveglia infatti in lei un desiderio sconosciuto, e ogni carezza è come un marchio a fuoco sulla sua pelle. La crudeltà del principe è leggendaria, ma forse lei sarà in grado di domare il buio che lo divora...

LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2018
ISBN9788858984628
Prigioniera del principe: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Prigioniera del principe - Maisey Yates

    successivo.

    1

    C'era una volta...

    In quel paese arroccato sulla piccola isola dell'Egeo tra la Grecia e la Turchia, quella sera faceva particolarmente freddo; così, mentre osservava l'imponente castello, Belle si abbottonò il cappotto.

    Quando lei aveva sentito parlare per la prima volta di Olympios aveva subito pensato al Mediterraneo. Casette bianche, cielo azzurro e mare ancora più azzurro. E forse, durante la giornata, era proprio così. Ma adesso, di notte, con l'oscurità vellutata e l'aria umida che soffiava dal mare, era qualcosa di inaspettato.

    Anche la fortezza che aveva di fronte era del tutto inaspettata. Qualcosa di medioevale, e solo le luci che filtravano dalle finestre indicavano che appartenesse all'era moderna. Naturalmente non poteva aspettarsi altro da un uomo che era arrivato a tal punto nel perseguire la propria vendetta su un fotoreporter.

    Un uomo che aveva catturato suo padre per avergli scattato delle foto, imprigionandolo per aver commesso un atto così innocuo come fare delle foto che sarebbero state pubblicate senza la sua autorizzazione.

    Belle avrebbe dovuto avere paura. Dopotutto il principe Adam Katsaros aveva dato prova di essere irragionevole e disumano. Ma era spinta da quella stessa rabbia impotente che aveva provato nell'attimo stesso in cui aveva saputo del destino di suo padre.

    Era come insensibile alla paura, il che era strano, considerando che aveva trascorso buona parte della vita nel timore di tutto. Timore di perdere il padre e la serenità che aveva trovato con lui dopo che sua madre l'aveva abbandonata quando aveva quattro anni. Timore interiore di diventare una creatura egoista e guidata dalle passioni della carne, come lo era stata sua madre e probabilmente lo era ancora.

    Tutte quelle angosce adesso erano sparite. Erano sparite dal momento in cui era salita sull'aereo a Los Angeles, durante il volo che l'avrebbe condotta in Grecia, e quello che alla fine l'aveva portata a Olympios.

    Poteva solo sperare che il coraggio continuasse a sostenerla.

    Tony sarebbe impazzito quando avesse saputo che si era imbarcata in un'impresa del genere. Il suo ragazzo da otto mesi avrebbe voluto essere più coinvolto nella sua vita, ma lei aveva resistito. Così come si era opposta a una completa intimità. Il tutto era parte dei suoi timori.

    Non aveva mai avuto un ragazzo in precedenza e si era abituata al proprio spazio e alla propria indipendenza. Cambiare le cose non le andava bene.

    Ed era ironico, considerando ciò che stava per fare.

    Si sorprese nel notare che il palazzo fosse praticamente incustodito. Non vi era nessuno mentre saliva i gradini che conducevano a una grande doppia porta. Fu tentata, e non per la prima volta dall'arrivo, di domandarsi se non fosse approdata nel secolo precedente. O, forse, in diversi secoli precedenti.

    Era incerta se bussare a quella porta. Alla fine decise di afferrare l'anello di ferro e tirarlo in modo da aprirla. Una porta che scricchiolò e stridette come se da tempo nessuno si fosse permesso di entrare in quell'imponente edificio. Comunque qualcuno c'era, lo sapeva per certo, perché qualche giorno prima suo padre era stato condotto proprio lì. E se doveva dar credito alle voci, vi era imprigionato.

    Entrò cautamente, sorpresa dal calore che l'avvolse. Era buio, a eccezione di qualche candelabro da parete che emanava una luce fioca. L'immenso ingresso in pietra non era per niente accogliente come si sarebbe aspettata in un palazzo. Non che lei avesse l'abitudine di frequentare palazzi.

    No, la casetta sulla spiaggia in cui suo padre e lei abitavano nel Sud della California era tutt'altro che un palazzo.

    Nonostante la mancanza di esperienza diretta, lei si era fatta delle idee. Poteva anche non essere mai stata ammessa nelle ville lussuose delle celebrità che vivevano a Beverly Hills, ma il lavoro di suo padre era proprio fotografare quei personaggi. Quindi aveva una certa familiarità visuale, anche se non basata sull'esperienza.

    «C'è nessuno?» chiamò nella stanza semibuia, consapevole che entrare non era stata una buona idea. Ma l'adrenalina che l'aveva rivestita come un'armatura impenetrabile restava ben salda. Aveva una missione da compiere, e non si sarebbe fatta cogliere dal panico.

    Quando il principe avesse saputo delle condizioni di salute di suo padre, sarebbe stato più che disposto a liberarlo.

    «C'è nessuno?» chiamò di nuovo. Niente.

    Poi udì l'eco di passi leggeri sul pavimento di pietra e si voltò verso il corridoio sulla sinistra, giusto in tempo per scorgere un uomo alto e magro che veniva verso di lei. «Si è persa, Kyria

    Il tono era dolce e gentile, per niente in sintonia con l'ambiente sgradevole.

    «No» rispose. «Non mi sono persa. Sono Belle Chamberlain e sto cercando mio padre, Mark Chamberlain. È trattenuto qui dal principe.»

    Il servitore, o almeno così dedusse, si avvicinò. Appariva... preoccupato. «Sì, lo so. Forse è meglio che lei se ne vada, Kyria Chamberlain.»

    «No, lei non capisce. Mio padre è malato e deve iniziare una terapia negli Stati Uniti. Non può restare qui... imprigionato solo perché ha scattato alcune foto che non sono piaciute al principe.»

    «Il principe protegge in modo particolare la propria privacy» spiegò l'uomo come se lei neppure avesse parlato, come se semplicemente ripetesse una parte studiata a memoria. «E qualsiasi cosa lui dica... è legge.»

    «Non me ne andrò senza aver parlato con il principe. Inoltre, mi permetta, le vostre misure di sicurezza lasciano molto a desiderare.» Si guardò intorno. «Nessuno mi ha fermata all'ingresso. Immagino che per mio padre sia stato molto semplice introdursi. Se il principe tiene tanto alla propria privacy, dovrebbe prendere qualche misura in merito.» Le celebrità che suo padre fotografava in genere facevano di tutto per evitare il suo teleobiettivo.

    Ma traevano anche profitto da quelle immagini che erano pur sempre pubblicità. Suo padre era solo una parte dell'ingranaggio.

    «Mi creda» riprese l'uomo, «è meglio che non parli con il principe.»

    Lei si eresse in tutta la propria altezza, che non era notevole. «No» ribatté, «voglio parlare con lui, voglio dirgli che è da tiranni sequestrare un cittadino americano, e tutto in nome della sua personale vanità. Probabilmente ha il mento cascante, una mascella cadente e una pancia prominente. Se è così, dovrebbe spendere il denaro che ha risparmiato non rimodernando questo palazzo ma investendolo in una buona chirurgia plastica, piuttosto che imprigionare un uomo per aver scattato qualche foto.»

    «Mento cascante?» Un'altra voce risuonò nell'oscurità. Diversa da quella del servitore. Era una voce profonda che rimbombava sulle pareti di pietra. E in quel momento, per la prima volta, Belle ebbe paura. Un brivido gelido le percorreva la spina dorsale e si rifletteva nello stomaco. «Direi che è un'accusa insensata. Sottopormi a interventi di chirurgia plastica non è una novità per me, ma ho perso la pazienza per queste cose.»

    «Principe Adam» intervenne il servitore, il tono che chiaramente intendeva calmare la situazione.

    «Puoi andare, Fos.»

    «Ma...»

    «Non inchinarti e sparisci» riprese il principe, il tono duro come le pareti di pietra.

    «Sì» mormorò l'uomo, «subito.»

    E così l'unica persona che sarebbe potuta essere un alleato sparì nell'oscurità. E lei fu lasciata con quella voce incorporea, sempre immersa nel buio.

    «Quindi» riprese lui, «è venuta per suo padre.»

    «Sì» replicò lei in tono incerto. Trasse un profondo respiro cercando di aggrapparsi alla forza che le restava. Non si lasciava intimidire facilmente. Non era mai successo. Durante l'infanzia aveva frequentato scuole private ben al di sopra del proprio livello sociale solo perché il nonno, da tempo deceduto, aveva istituito un fondo fiduciario a suo favore.

    Tutti sapevano che non era all'altezza, e aveva imparato ben presto a esibire una grinta. Tutti la prendevano in giro perché era povera, perché aveva sempre la testa nelle nuvole. Ma il naso era sempre immerso nei libri, perché quel mondo irreale era la sua armatura. Le permetteva di sognare, di ignorare ciò che le accadeva intorno.

    Era sopravvissuta a un'infanzia circondata da occhiate di scherno e frasi crudeli da parte dei bambini della Hollywood bene. Sicuramente avrebbe potuto affrontare il principe di un paese che aveva le dimensioni di un francobollo.

    Udì un passo pesante, segno che lui si era mosso, ma non riusciva ancora a vederlo. «Ho arrestato suo padre» ammise.

    «Lo so» replicò lei facendo del proprio meglio per mantenere il tono fermo. «E penso che sia un errore.»

    Lui ridacchiò, ma senza il minimo umorismo. Il suono si diffuse nell'ambiente, dando l'impressione che la temperatura si fosse abbassata. «O è una sciocca, o una coraggiosa. Venire nel mio paese, in casa mia, a insultarmi.»

    «Si sbaglia. Sono solo una figlia preoccupata per suo padre. Immagino che lei possa capirlo.»

    «Forse» ribatté lui, «benché mi sia difficile ricordarlo. Da qualche tempo non assisto più mio padre. Il cimitero si prende cura di lui.»

    Lei non sapeva cosa ribattere. Probabilmente avrebbe voluto dire che era dispiaciuta che suo padre fosse morto.

    Ma alla fine ritenne che a lui non importasse niente della sua comprensione.

    «È quello che temo accada a mio padre» riprese. «È malato e ha necessità di sottoporsi a una terapia. Per questo le ha fatto quelle foto. Aveva bisogno di denaro per coprire le spese sanitarie. È il suo lavoro. È un fotoreporter e...»

    «Non ho nessun interesse per quella feccia che sono i fotografi. Quel genere di cose è vietato nel mio paese.»

    «Quindi niente libertà di stampa» ribatté lei mettendosi a braccia conserte.

    «Non è permesso dare la caccia a persone come se fossero animali, solo perché si vogliono collezionare foto.»

    Lei sbuffò. «Dubito che a lei sia stata data la caccia. Io sono entrata nel palazzo con estrema facilità. Immagino che per mio padre sia stata la stessa cosa.»

    «È stato catturato. Sfortunatamente aveva già inviato delle foto al suo superiore negli Stati Uniti. E poiché il suo capo si rifiuta di negoziare...»

    «Lo so. Le fotografie dovrebbero essere pubblicate in esclusiva alla fine di questa settimana. Ho parlato con il Daily Star

    «Ma sono anche interessati al fatto che il periodo di reggenza sta per concludersi e vogliono il monopolio di queste foto per quando avrò preso la decisione sul mio ruolo.»

    «Se fossi stata in grado di trattare con loro» proseguì Belle, «non sarei venuta qui. Ma immagino che non le abbiano spiegato le condizioni di salute di mio padre.»

    «Pensa che me ne importi? Lui non si è certo preoccupato dei miei problemi.»

    La collera divampò. «I suoi problemi rischiano forse di ucciderla? Perché quelli che ha mio padre lo faranno. Se non torna negli Stati Uniti per sottoporsi alla terapia, morirà. E non permetterò che accada. Non posso. Vorrebbe che rimanesse qui, in una cella, quando potrebbe essere curato? Per cosa? Per orgoglio? Non le servirà a niente.»

    Udì che cominciava a camminare, individuò una forma indistinta. Era robusto, ma era tutto ciò che poteva vedere.

    «Forse lei ha ragione. Forse non mi serve più, oltre al fatto che vorrei che la sua punizione fosse un esempio.»

    «Un esempio per chi?»

    «Per chi osasse fare qualcosa di simile. Non è sufficiente ciò che è già stato fatto alla mia famiglia? La stampa si arroga il diritto di tornare e aggiungere oltraggio al danno già arrecato, poco prima del terzo anniversario dell'incidente? Non lo permetterò.»

    «Allora intende lasciare morire una persona nel suo palazzo? Un errore così grave per riparare un torto subito?»

    «Lei mi fraintende» riprese lui con tono deciso. «Non si potrà mai rimediare ciò che mi è stato fatto. Voglio quello che mi spetta fino all'ultimo centesimo.»

    Udì i suoi passi e si rese conto che si era allontanato, che se ne stava andando. «No!»

    «Ho concluso con lei» affermò perentorio. «Il mio servitore la accompagnerà all'uscita.»

    «Prenda me.» Le parole le sfuggirono dalle labbra tremanti prima ancora di rendersene conto. «Al posto di mio padre.»

    «E perché mai dovrei farlo?» Udì i suoi passi che si avvicinavano di nuovo

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