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Un cuore da domare (eLit): eLit
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E-book166 pagine2 ore

Un cuore da domare (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Rinucci Brothers5

Quello che ha intrapreso Polly Hanson non è un viaggio di piacere. Non è arrivata a Napoli per ammi¬rarne le bellezze, ma per incontrare Ruggero Rinucci. C'è qualcosa che lui deve sapere, anche se non sarà facile da accettare e metterà fine alla vita da playboy che l'affascinante italiano conduce: è diventato papà. Il piccolo Matthew è il frutto di una relazione clandestina che Ruggero non è mai riuscito a dimenticare, ma Polly è preoccupata per le sue possibili reazioni. Potrà il suo spirito ribelle assumersi la nuova responsabilità che gli piovuta addosso?
LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9788858994481
Un cuore da domare (eLit): eLit
Autore

LUCY GORDON

Lucy Gordon cut her writing teeth on magazine journalism, interviewing many of the world's most interesting men, including Warren Beatty and Roger Moore. Several years ago, while staying Venice, she met a Venetian who proposed in two days. They have been married ever since. Naturally this has affected her writing, where romantic Italian men tend to feature strongly. Two of her books have won a Romance Writers of America RITA® Award. You can visit her website at www.lucy-gordon.com.

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    Anteprima del libro

    Un cuore da domare (eLit) - LUCY GORDON

    successivo.

    1

    «Io, Carlo, prendo te, Della, come mia sposa. Prometto di amarti e di rispettarti nella buona e nella cattiva sorte, in salute e malattia, finché morte non ci separi.»

    In una bella giornata di sole, Carlo Rinucci pronunciò queste parole nella chiesa dei Santi Apostoli, a Napoli. Parlava con gli occhi fissi sulla moglie che aveva faticato tanto a conquistare, e alle sue spalle un mormorio soddisfatto si diffuse tra i presenti.

    Il suo testimone e fratello gemello, Ruggero, aspettava in silenzio che la cerimonia finisse. Quel matrimonio lo aveva disorientato.

    Per trentun anni i gemelli avevano condiviso ogni cosa, soprattutto la convinzione che la vita dovesse essere divertimento allo stato puro, e avevano sempre tenuto fede a ciò che erano: due giovani scapoli attraenti con il mondo ai loro piedi.

    Ed ecco invece che Carlo si stava legando a una donna dalla salute fragile, più vecchia di lui di sette anni, e lo faceva con l'aria di chi aveva ricevuto il regalo più prezioso.

    Ruggero svolse alla perfezione il suo ruolo in chiesa, quindi partecipò al ricevimento a Villa Rinucci dove bevve, flirtò e subì con un sorriso le battute tipiche di quelle occasioni.

    Tutti i fratelli Rinucci erano attraenti, ma Ruggero aveva qualcosa in più, il genere di bellezza che faceva di lui un facile bersaglio ai matrimoni. Non c'era invitata che non lo guardasse chiedendosi come potesse essere ancora libero un uomo del genere.

    Sapeva che cosa pensavano di lui, che poteva avere tutte le donne che voleva, e accettava quella condizione come una sorta di dovere.

    Tutte le donne che voleva.

    Tranne una.

    «Ora rimanete solo tu e Francesco» osservò qualcuno. «Immagino che vostra madre abbia già qualche progetto in mente.»

    Ruggero scoppiò a ridere. «Non mi metteranno il cappio al collo.»

    «Lo ripeti a ogni matrimonio» si intromise suo fratello Luke, passandogli accanto.

    «Anche tu lo ripetevi a ogni matrimonio» gli ricordò Ruggero. «La differenza è che io continuo a resistere. Sono un fulgido esempio.»

    Luke fece un cenno a Minnie, sua moglie da due anni, a indicare che l'avrebbe raggiunta subito.

    «Stai molto attento» ribatté Luke prima di allontanarsi, «che un giorno il fulgido esempio non si svegli scoprendo di essere diventato un vecchio solitario.»

    Ruggero sorrise, accettando quelle parole come una delle tipiche osservazioni che i fratelli sposati si sentivano obbligati a fare ai matrimoni, e tornò al suo dovere, quello di flirtare con una ragazza un po' timida finché non riuscì a farla ridere.

    Quando giunse il momento dei discorsi diede il meglio di sé, ricevendo sorrisi di gratitudine dagli sposi.

    «Sei un magnifico testimone» lo elogiò più tardi la madre.

    «Contro ogni tua aspettativa?» scherzò lui.

    «L'unica cosa che mi sorprende» precisò Hope Rinucci, «è che al tuo braccio non ci sia una delle tante ragazze appariscenti che di solito ti accompagnano.»

    «Non volevo distrazioni, dal momento che avevo un lavoro da svolgere.»

    «Mmh...»

    «Non essere così cinica, mamma.»

    «Ho sei figli maschi, è un mio diritto essere cinica.»

    Ruggero sorrise e si dileguò all'istante, approfittando della scusa di un'anziana prozia che aveva bisogno di aiuto per raggiungere una sedia.

    «Gli conceda il beneficio del dubbio» intervenne Evie, comparendo accanto a Hope.

    Era la moglie di Justin, il figlio maggiore di Hope. Prima di conoscere il marito era stata una ribelle che viveva in sella alla sua moto. Il matrimonio e la nascita di due gemelli le avevano ammorbidito il carattere, senza però toglierle il lampo di umorismo dagli occhi.

    «È normale che Ruggero voglia concentrarsi sui suoi compiti» proseguì.

    «Normale?» le fece eco Hope. «Stiamo parlando di Ruggero.»

    «È vero» convenne Evie con una risata.

    «Non è mai stato normale in nulla: lavoro, divertimento, alcol, ragazze... sempre che si possano definire ragazze quelle svergognate che frequenta.»

    «Non saranno tutte così terribili, no?»

    «Non me le fa conoscere. Ecco perché so che sono delle svergognate» sospirò Hope. «È un vero peccato che tu non ti possa dividere in due, una per Justin e una per Ruggero.»

    «Forse non andrei bene per Ruggero.»

    «Figurati! Vai pazza per le moto proprio come lui.»

    «È vero che possiede una casa motociclistica?»

    «È sua solo per metà.»

    «Forse dovrei andare a parlargli» annunciò Evie con una risata prima di allontanarsi.

    Quella sera trovò finalmente l'occasione di scambiare due parole con il cognato. Gli invitati se n'erano ormai andati, e i membri della famiglia rimasti alla villa si erano divisi in gruppetti per chiacchierare in relax. Justin era immerso nella conversazione con la madre, ed Evie raggiunse Ruggero sulla terrazza, dove era intento ad ammirare il panorama del golfo di Napoli.

    Si lasciò cadere su una sedia e si sfilò le scarpe con un sospiro.

    «I matrimoni sono estenuanti.»

    Lui annuì. «E domani sera ci sarà un'altra festa. Mia madre è felice solo quando organizza qualcosa. Ecco perché intendo trascorrere tutta la giornata a rilassarmi, provando una moto.»

    «Ah, già... parlami della tua azienda.»

    Ruggero si versò un bicchiere di vino e si sedette sul muretto.

    «Un paio d'anni fa era sull'orlo del fallimento. Io conoscevo il proprietario, Piero Fantone, e decisi di rilevarne la metà. Da allora le cose vanno piuttosto bene. Il grosso della produzione riguarda le moto per il pubblico normale, ma ci sono anche i modelli speciali adatti solo ai pazzi come me. Abbiamo iniziato a vincere delle gare. Ora stiamo lanciando una nuova moto da corsa e la devo testare domani.»

    «Ma non ci sono dei collaudatori professionisti? Il capo non dovrebbe rischiare l'osso del collo...» Evie si interruppe e si diede una manata sulla fronte. «Certo, che stupida... Tu vuoi rischiare l'osso del collo, altrimenti dove starebbe il divertimento?»

    «Proprio così. Sono poche le donne in grado di capirlo. Perché domani non vieni ad assistere alle prove?»

    «Mi farebbe piacere.» Evie sorseggiò il vino, quindi proseguì in tono malizioso: «Sei stato al centro dei discorsi per tutto il giorno».

    Ruggero sospirò con aria melodrammatica. «Lo so. È il destino degli scapoli ai matrimoni.»

    Evie scoppiò a ridere. «È per questo che sei venuto da solo?»

    «È uno dei motivi. Mia madre si lamenta delle ragazze che porto a casa, ma quando non ne porto si lamenta ancora di più.»

    «Ne deduco che siano piuttosto appariscenti.»

    Lui fece una smorfia, ed Evie divenne seria.

    «Immagino che tu sia ancora lontano dal trovare quello che ha Carlo.»

    «Credo che gli uomini che riescono a trovare quello che ha Carlo, o quello che avete tu e Justin, siano davvero pochi.»

    A quel punto lei rimase in silenzio a fissarlo con benevola comprensione.

    Dopo qualche istante, Ruggero aggiunse: «E grazie per non aver detto: tranquillo, arriverà il tuo turno».

    «Non credi che sia così?»

    «Forse. O magari è arrivato e se n'è andato.»

    Evie restò senza parole. Aveva sempre pensato che il cognato nascondesse qualcosa dietro alla facciata dell'eterno ragazzo votato al divertimento, ma era la prima volta che lui lasciava intravedere un'altra personalità.

    Con molta cautela, in modo da non farlo richiudere a riccio, cominciò a indagare. «Sei sicuro che se ne sia andato per sempre?»

    «Sì, visto che non so praticamente niente di lei. È inglese, si chiama Sapphire, e abbiamo trascorso insieme due settimane. Questo è tutto.»

    E invece non era tutto, pensò Evie. Durante quelle due settimane doveva essergli successo qualcosa che lo aveva scosso come un terremoto.

    «Vuoi parlarne?»

    «L'ho conosciuta a Londra circa due anni e mezzo fa, al bar del mio albergo. Si trovava lì per incontrare un'amica che non si è fatta vedere e abbiamo cominciato a parlare.»

    «Che tipo era?»

    «Sembrava una creatura di un altro mondo. Era così evanescente che avevo quasi paura a toccarla. Ci siamo frequentati per due settimane, e poi è svanita.»

    «Svanita? E dove?»

    «Non ne ho idea. Non l'ho più vista. Forse è stata solo un'allucinazione...»

    Evie era profondamente colpita. Chi avrebbe pensato che un uomo con i piedi per terra come Ruggero potesse parlare in quel modo? Si chiese se si fosse reso conto di quanto aveva appena rivelato. Stava guardando nel vuoto, gli occhi fissi su qualcosa che solo lui poteva vedere. Evie trattenne il fiato, nella segreta speranza che proseguisse.

    «Ehi, ma che diamine?» tagliò corto lui. «Sono cose che succedono.»

    «Ma per te non deve essere stato facile.»

    Ruggero scrollò le spalle. «È stata l'avventura di una vacanza.»

    «Ruggero...»

    «Allora, vuoi venire con me domani o no?»

    «Sì, certo, ma...»

    «Bene. Partiremo domattina presto.»

    Le diede la buonanotte e si ritirò velocemente in camera, disprezzandosi per la fuga da codardo ma incapace di proseguire oltre quella conversazione.

    Si spogliò e si infilò sotto la doccia, nella speranza di lavarsi di dosso la giornata. Ma niente avrebbe potuto cancellare i pensieri che lo avevano tormentato da quando era entrato in chiesa con Carlo.

    Carlo, il gemello più giovane di quasi un'ora, che aveva condiviso con lui tutti gli sfrenati piaceri della vita, si era trasformato in un uomo illuminato da una potente gioia interiore. E quella vista l'aveva turbato perché aveva risvegliato una voce che lui credeva di aver messo a tacere molto tempo prima.

    Non pensare al resto del mondo... esiste solo il nostro mondo... che cos'altro ci serve?

    I ricordi cominciarono a prendere il sopravvento. La visualizzò come l'aveva vista la prima volta, con un attillato vestito rosso dalla scollatura profonda, corto abbastanza da mettere in risalto le splendide gambe. Era l'abbigliamento di una donna che poteva attirare gli uomini senza problemi e che non aveva scrupoli a farlo.

    Dopo poche ore dal loro incontro era già nuda tra le sue braccia. Tutto in lei gli aveva tolto il fiato: il suo corpo, il sussurro della sua voce, la sua risata.

    Si susseguirono altre immagini, come la giornata trascorsa insieme al luna park. Si erano seduti insieme in una cabina per fototessere, abbracciati, con la testa appoggiata l'una contro l'altra mentre il flash scattava. Un attimo dopo erano apparse due fotografie e ne avevano presa una ciascuno.

    «Sapphire...» mormorò.

    Era l'unico nome che lei gli avesse mai detto. Aveva mantenuto segreto il cognome, e anche quello aveva fatto parte della sua magia.

    Magia. Aveva respinto l'idea, considerandosi un uomo concreto e andandone fiero. Ma Sapphire bruciava di una forza erotica che lo aveva sedotto, precipitandolo in una fornace da cui era poi emerso rinato.

    Era stata un'amante sfrenata, che non lo aspettava a letto, ma che andava a prendersi ciò che voleva, comparendo nella doccia e facendogli scivolare le braccia sul corpo mentre l'acqua scrosciava su di loro. Quante volte aveva visto la sua sagoma dietro al vetro satinato, per poi sentirla accanto a sé?

    L'ultimo di quei ricordi gli faceva ancora male. Avevano fatto l'amore nel pomeriggio e lei se n'era andata verso sera, assicurandogli che sarebbe tornata il mattino dopo. Era rimasto sveglio tutta la notte, ripromettendosi di dare una svolta al rapporto il giorno seguente.

    Il giorno seguente, però, non si era presentata.

    Lui aveva aspettato all'infinito, ma non si era fatta vedere. Mai più.

    Mentre quei ricordi gli affollavano la mente, Ruggero era nella doccia, con gli occhi chiusi, cercando di tenere fuori il resto del mondo. Alla fine però li aprì e chiuse l'acqua.

    Fu allora che si irrigidì.

    Lei era lì, fuori dalla doccia, la sagoma delineata dietro il vetro. Lo stava aspettando.

    Ruggero si mosse in fretta, aprendo rapidamente la porta e allungando

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