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La mia rosa inglese (eLit): eLit
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E-book162 pagine2 ore

La mia rosa inglese (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Rinucci Brothers6

La bellissima Celia Ryland è una donna determinata e dotata di una volontà di ferro che l'ha portata a costruirsi una posizione di successo nelle pubbliche relazioni, nonostante mille difficoltà. Quando il ricco e affermato Francesco Rinucci la conosce, non può che rimanere stregato dal suo amore per la vita e dalla sua effervescente personalità. Come tutti gli uomini che Celia ha incontrato, però, anche lui avverte l'istinto di proteggerla, credendola delicata come una profumata rosa inglese. Sebbene attratta da lui, Celia è alquanto titubante: riuscirà Francesco ad amarla, rispettando la sua indipendenza?
LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9788858994498
La mia rosa inglese (eLit): eLit
Autore

Lucy Gordon

Lucy Gordon cut her writing teeth on magazine journalism, interviewing many of the world's most interesting men, including Warren Beatty and Roger Moore. Several years ago, while staying Venice, she met a Venetian who proposed in two days. They have been married ever since. Naturally this has affected her writing, where romantic Italian men tend to feature strongly. Two of her books have won a Romance Writers of America RITA® Award. You can visit her website at www.lucy-gordon.com.

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    Anteprima del libro

    La mia rosa inglese (eLit) - Lucy Gordon

    successivo.

    1

    «Più a sinistra... ancora... ancora un po'... ecco, allunga la mano... riesci a sentirla?»

    «Sì!» esclamò Celia, estasiata.

    Le dita si erano mosse nell'acqua fino a toccare la roccia, scivolando sulla dura superficie ed esplorandola in tutte le direzioni mentre la voce dell'uomo la raggiungeva attraverso l'auricolare.

    «Prova a spostarti un po'. Cerca di toccarla tutta.»

    «Già fatto» replicò lei nel proprio microfono. «Ora voglio scendere ancora.»

    Ken, che la controllava dalla barca, avanzò dei dubbi. «Non ne hai abbastanza per oggi?»

    «Ho appena iniziato. Voglio fare ancora un mucchio di cose.»

    Attraverso l'auricolare le giunse la risatina di Ken appena ebbe riconosciuto il suo motto: Voglio fare un mucchio di cose. Era la regola secondo cui viveva, il suo grido di sfida alla cecità. Lo aveva imparato dai genitori, anch'essi non vedenti, che erano soliti ripetere: A che servono gli occhi?

    «Voglio scendere ancora parecchio.»

    Ken sbuffò. «Il tuo ragazzo mi ucciderà.»

    «Per favore, non chiamarlo ragazzo. Ci fa assomigliare a una coppia di adolescenti, lo sai?»

    «E allora come lo devo chiamare?»

    Ottima domanda. Come avrebbe potuto definire Francesco Rinucci? Il suo fidanzato? No, perché non avevano mai parlato di matrimonio. Il suo compagno? Sì, ma non bastava a spiegare il loro rapporto. Il suo amante? Decisamente sì, pensò Celia rabbrividendo di piacere a quel pensiero. Ma anche molto altro.

    «Non pensare a Francesco» gli rispose. «Non gli ho detto che venivo qui. Se lo dovesse scoprire, sarebbe troppo occupato a uccidermi per preoccuparsi di te. Coraggio, fammi scendere.»

    «Se Fiona è d'accordo...» ribatté Ken, riferendosi alla sua compagna di immersioni.

    «Per me va bene» si affrettò a confermare la ragazza. «Andiamo.»

    Prese Celia per mano e insieme scesero sempre più giù nelle acque di Mount's Bay, al largo della costa della Cornovaglia. Erano partiti circa un'ora prima da Penzance, fermandosi in un punto dove si diceva fosse affondato un galeone pirata.

    «Non hanno mai recuperato il tesoro, quindi potresti essere fortunata» le aveva raccontato Ken.

    Celia era scoppiata a ridere. «Con me puoi lasciar perdere i tuoi imbonimenti professionali. La sola esperienza è già un tesoro per me.»

    Si era sforzata di essere paziente mentre le sistemavano le bombole e le spiegavano il funzionamento di ogni accessorio. Poi finalmente Fiona l'aveva presa per mano e si erano tuffate insieme.

    Ora Celia si sentiva avvolgere dalla gradevole percezione del freddo che passava attraverso la muta.

    C'erano altre rocce da toccare, alghe, a volte perfino il fuggevole contatto con un pesce. Ma il vero piacere stava nella sensazione di essere libera dal mondo e dai suoi problemi.

    Libera da Francesco Rinucci?

    Con riluttanza dovette ammettere che era così. Lo adorava, ma era fuggita il più possibile lontano da lui. Aveva programmato quell'immersione una settimana prima e gliel'aveva tenuta segreta, dispiaciuta di doverlo fare ma decisa ad andare fino in fondo. Per una persona nelle sue condizioni era già abbastanza difficile avere il controllo della propria vita senza doversi anche occupare di qualcuno che l'amava così tanto da volerla tenere sotto una campana di vetro.

    «Tutto a posto?» volle sapere Fiona attraverso la radio.

    «Sì, è bellissimo.»

    Chiunque conosceva Celia non si sarebbe sorpreso di quella risposta. Lei aveva la propria nozione della bellezza, che non aveva nulla a che fare con gli occhi.

    «Puoi lasciarmi andare» dichiarò, sentendo subito allontanarsi la mano di Fiona.

    Con Ken che teneva ancora l'altra estremità della cima non era completamente libera, ma sapeva che le avrebbe concesso il maggior spazio possibile in modo da darle almeno l'illusione. Francesco avrebbe potuto imparare molto da lui.

    Celia prese a pinneggiare, godendosi la sensazione dell'acqua che si spostava intorno a lei.

    «A che profondità sono?»

    «Circa trenta metri.»

    «Voglio scendere di altri dieci.»

    «Cinque. È il limite di sicurezza.»

    «Otto?» lo supplicò lei.

    «Cinque» fu la risposta implacabile di Ken.

    La cima si allentò e Celia poté nuotare verso il basso, allungando le mani verso le rocce e le alghe, tutto ciò che c'era in quel mondo meraviglioso.

    C'era stata un'altra occasione in cui aveva pensato che il mondo fosse meraviglioso, quando aveva conosciuto Francesco. Era entrato nel suo ufficio e si era messo a parlare con la ragazza alla reception. Celia era stata avvertita da un sommesso wow pronunciato da Sally, la sua giovane assistente.

    «Wow?»

    «Wow!»

    Celia aveva riso.

    «D'accordo, hai reso l'idea. Descrivimelo.»

    «Alto, castano con gli occhi azzurri. Fra i trenta e i quarant'anni. Mi piace come si muove, a metà tra il disinvolto e l'aggraziato... e di sicuro sa come portare un completo costoso.»

    «Sai quanto ha pagato il suo abito?» aveva domandato Celia, divertita.

    «Ti posso assicurare che deve costare una fortuna. Anzi, da come gli sta direi che se l'è fatto fare su misura. Ha fascino da vendere, puoi credermi.»

    «Non si può dire che tu non lo abbia studiato a fondo, vero?» aveva osservato Celia a quel punto inarcando un sopracciglio.

    «Solo perché ti volevo fare una descrizione accurata. Ah, sì, ha anche l'aria cupa e assorta tipica di certi attori... Oh, accidenti, dimenticavo che tu non hai mai visto un attore. Scusami, davvero.»

    Celia le aveva rivolto un sorriso. «Non ti scusare. Faccio di tutto perché la gente si scordi che non vedo. Mi hai appena dimostrato che ci sono riuscita. Ma sono sempre stata cieca, quindi non posso immaginare niente. Non so che aspetto abbiano i colori, le forme o le dimensioni. Devo scoprire tutto con il tatto.»

    «Be', di sicuro vale la pena di scoprire le sue forme e le sue dimensioni toccandole» aveva commentato Sally, suscitando uno scoppio di ilarità.

    D'un tratto Sally aveva abbassato la voce. «Sta venendo da questa parte.»

    Subito dopo Celia aveva sentito una voce calma e profonda, con un lieve accento italiano. «Buongiorno. Sono Francesco Rinucci. Sto cercando Celia Ryland.»

    In quell'istante Celia era riuscita a vederlo, non nell'accezione convenzionale, ma a modo suo. Disinvolto e aggraziato, un'aria come se il mondo fosse tutto suo... I tratti descritti da Sally le erano risultati immediatamente evidenti dalla voce.

    In quel momento, mentre nuotava e ricordava il passato, pensò che il mondo era stato davvero tutto suo. E quando l'aveva stretta per la prima volta tra le sue braccia, anche lei si era sentita così.

    Ma si era trattato di cinque mesi prima. In cinque brevissimi mesi l'aveva amato appassionatamente, aveva litigato furiosamente e aveva capito che doveva allontanarsi da lui a tutti i costi.

    Cinque soli mesi, eppure erano accadute tante cose. C'erano stati la gioia, l'amarezza, il rimpianto di essersi incontrati, la gratitudine di averlo conosciuto anche se solo per poco.

    Rammentava ogni dettaglio del loro incontro. Percepiva i particolari in modo diverso rispetto alle altre persone, ma forse più intenso. Come al solito, era stata lei a porgergli per prima la mano. La sua stretta era stata forte e piacevole, con lunghe dita che trasmettevano una sensazione di potenza controllata. Celia si era sentita subito incuriosita.

    Vale la pena di scoprirlo toccandolo, aveva commentato Sally. Celia aveva cercato di togliersi quel pensiero dalla mente, ma non ci era riuscita.

    Lo aveva avvertito muoversi con cautela nello spazio ristretto vicino alla scrivania, attento a non toccare Wicksy, il labrador che le faceva da guida.

    L'atteggiamento di Wicksy era stato gentile ma riservato. Aveva accettato i complimenti di Francesco come suo dovere, li aveva ricambiati appoggiandogli brevemente il muso nella mano e poi era tornato ad accucciarsi sotto la scrivania di Celia.

    Il nuovo arrivato le si era seduto accanto e lei aveva avuto modo di avvertirne l'altezza, la prestanza e anche il piacevole aroma speziato. Le aveva trasmesso la sensazione di calore e di vita, e le aveva fatto capire che lei viveva in un guscio e che doveva cercare di uscire, perché forse là fuori ci sarebbe stato proprio lui ad aspettare.

    Solo forse?

    Sarebbe valsa la pena di correre il rischio.

    Le aveva spiegato che rappresentava la Tallis Inc., una società che produceva arredamento di lusso. I loro prodotti erano ottimi e si stavano espandendo in tutta Europa.

    «Stiamo cercando una buona agenzia di PR» aveva concluso. «Quella di cui ci serviamo al momento non ci soddisfa più. Mi hanno suggerito di rivolgermi a voi e di chiedere espressamente di lei. Dicono che sia la migliore.»

    Da bravo gentiluomo si era sforzato di nascondere lo stupore nella voce, senza però riuscirci del tutto.

    «E ora si sta chiedendo perché non l'hanno avvertita che sono cieca?» aveva insinuato impietosamente lei.

    Quell'illazione lo aveva colto di sorpresa e Celia se n'era accorta.

    «No... non stavo...»

    Francesco non era riuscito a concludere la frase.

    «E invece sì, non lo neghi. Ci sono passata troppo spesso. So bene che cosa pensano le persone appena mi conoscono.»

    «È così facile leggermi nella mente?» Il tono di Francesco aveva suggerito un sorriso esitante.

    «In questo momento sta pensando: Come accidenti ho fatto a ficcarmi in questa situazione e come posso uscirne senza essere scortese?»

    Era uno dei suoi passatempi preferiti, coglierli in fallo e poi metterli un po' a disagio.

    Lui però non era sembrato a disagio. Le aveva preso la mano e l'aveva stretta forte, parlando con grande serietà.

    «No, non è quello che sto pensando. Non credo che lei possa indovinare quello che mi sta passando per la testa.»

    Si sbagliava. Riusciva a indovinarlo alla perfezione. Perché stava pensando la stessa cosa.

    Le aveva dato fastidio avere quelle fantasie su un uomo che aveva appena conosciuto, ma non poteva farci niente. E una parte di lei, quella che era sempre pronta a gettarsi fra le braccia dell'avventura, non ne era stata affatto dispiaciuta. Certo, l'altra parte aveva suggerito cautela, ma era abituata a ignorarla.

    Per il momento doveva esibire tutta la sua professionalità, così gli aveva mostrato l'equipaggiamento che l'aiutava a lavorare.

    «Io parlo al computer e il computer mi risponde. Ho anche un telefono speciale e vari altri accessori.»

    Francesco l'aveva portata fuori a pranzo in un ristorantino poco lontano e le aveva parlato della sua società mentre lei inseriva le informazioni in un palmare. Quando Francesco aveva fatto per riaccompagnarla in ufficio, Celia lo aveva fermato all'istante. «Devo portare Wicksy al parco.»

    Lui l'aveva seguita, guardandola affascinato mentre faceva giocare il cane lanciandogli una pallina e perfino mentre raccoglieva gli escrementi mettendoli in un sacchetto di plastica. Si era offerto di darle una mano, ma lei aveva rifiutato il suo aiuto dimostrandogli di sapersela cavare proprio come chiunque altro.

    Quando si erano ritrovati di nuovo davanti all'ingresso del suo ufficio, Francesco le aveva stretto la mano. «Avrei voluto raccontarle molto di più sulla mia società e su quello che ci aspettiamo da voi ma non ce n'è stato il tempo. Posso invitarla a cena stasera per continuare il nostro discorso?»

    «Volentieri.»

    Celia aveva trascorso il resto del pomeriggio concentrata sul lavoro perché voleva

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