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Lezioni proibite: Harmony Collezione
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Lezioni proibite: Harmony Collezione
E-book153 pagine2 ore

Lezioni proibite: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Da semplice cameriera d'albergo...
Cathy Burton è abituata ad avere a che fare con le camere da letto, visto il lavoro che fa. Molto meno alla vicinanza di uomini di stirpe reale.

... ad amante del Principe Reggente.
Xaviero Vincente ha una sola regola: chiudere ogni relazione con una donna dopo averle insegnato tutto ciò che sa. Non questa volta, però. Cathy, infatti, popola ancora i suoi pensieri, con le sue curve mozzafiato e i suoi splendidi occhi.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2018
ISBN9788858985557
Lezioni proibite: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Lezioni proibite - Sharon Kendrick

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Prince’s Chambermaid

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Sharon Kendrick

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-555-7

    1

    Per un attimo ebbe l’impressione di aver capito male. Oppure di essere diventata pazza. E magari lo era. Non si erano forse appena dissolti tutti i suoi sogni d’amore? Probabilmente la delusione le aveva sconvolto la mente. Alla reception, mentre sostituiva la collega nella pausa pranzo, Cathy fissò incredula il direttore, cercando di non pensare alla lettera accartocciata che giaceva in fondo alla borsa, o al colpo che il suo orgoglio aveva subito.

    «Scusa?» Si schiarì la gola, chiedendosi se l’uomo non si stesse prendendo gioco di lei. «Per un attimo ho creduto che avessi parlato di...»

    «Un principe? Infatti.» Compiaciuto e sprezzante, l’accento inglese di classe elevata più pronunciato del solito, Rupert fece una pausa per darle il tempo di assimilare le parole. «Un principe della casa reale ci farà l’onore di essere ospite nel nostro albergo. Cosa ne pensi, Cathy?»

    «Un principe?» fece eco lei, incredula.

    L’accento altolocato di Rupert si fece ancora più smaccato. «Il principe Xaviero di Zaffirinthos. Immagino che tu non ne abbia mai sentito parlare.»

    Cathy si morse il labbro ingoiando la risposta acida. Solo perché era una semplice cameriera ai piani e non aveva una laurea, non significava che vivesse fuori della realtà. L’insinuazione che non fosse in grado di riconoscere il nome di un membro della famiglia reale inglese, sia pure in una versione straniera, la offendeva. Ma Rupert aveva ragione, accidenti a lui. Nonostante si tenesse al corrente degli eventi mondani leggendo giornali e libri, pareva che Zaffirinthos le fosse sfuggito. «N... no» ammise, incerta.

    «Allora permetti che ti illumini. È il primo in linea di successione di un regno situato su un’isola, giocatore di polo di fama mondiale e amante delle belle donne» spiegò Rupert, sporgendo in fuori il petto. «Direi il VIP più importante che abbiamo mai avuto.»

    Cathy lo guardò a occhi sbarrati perché c’era qualcosa che non tornava. Sapevano entrambi che gli ospiti illustri erano rari, anche se c’era un club del polo di fama internazionale a poca distanza dall’albergo. Ma esistevano molti altri alberghi di classe, e non riusciva a immaginare che un principe decidesse di alloggiare da loro. Sì, l’edificio era gradevole e sì, in passato era stato una villa elegante, prima di essere convertito in albergo. Ma la conduzione poco lungimirante di Rupert aveva ridotto il numero degli clienti e portato l’edificio a condizioni discutibili.

    «Ma perché?» domandò. «Voglio dire, perché viene proprio qui

    Il sorriso di Rupert si dissolse come il raggio di un pallido sole di aprile. «Il perché non ti riguarda» ringhiò, ma poi parve calmarsi mentre si guardava intorno per accertarsi che nessuno sentisse e, allo stesso tempo, morendo dalla voglia di raccontarlo a qualcuno. «Bene, tienilo per te, mi raccomando. Viene da New York per definire l’acquisto del Greenhill Polo Club

    Cathy scrollò le spalle. Pensò agli acri e acri di terreno che avevano richiamato celebrità internazionali del polo. «Deve costare un patrimonio» mormorò.

    «Una volta tanto hai ragione, Cathy, ma questo non è un problema. Il principe non soltanto ha sangue blu nelle vene, ma è anche estremamente ricco.» Rupert strizzò gli occhi calcolatori e si guardò intorno. «Per questo dovremo apportare alcune modifiche prima che lui e il suo seguito arrivino.»

    Cathy lavorava per Rupert da tempo sufficiente per annusare i guai. «Modifiche?» fece eco, augurandosi di celare l’allarme istintivo. «Che tipo di modifiche?»

    «Be’, tanto per cominciare, dovremo rinfrescare le suite che assegneremo a una persona tanto importante. Serve una mano di vernice, e ho già ingaggiato una ditta di imbianchini. Cominceranno domani mattina.»

    Cathy lo guardò. «Così presto?»

    «Sì, così presto. E tu li accompagnerai a visionare i locali in modo che valutino il lavoro. Il principe arriverà la settimana prossima e abbiamo una quantità di cose da fare. Pare che lui dorma solo con lenzuola di cotone egiziano e dovrò mandare qualcuno a Londra ad acquistarle. Oh... un’altra cosa.»

    La percorse con lo sguardo in un modo che lei aveva già giudicato offensivo, ma che aveva imparato a ignorare. Nessun lavoro è perfetto, quindi doveva sopportare. «Che cosa?» chiese.

    «Dovresti fare qualcosa per il tuo aspetto. Tutto il personale dovrà cercare di migliorarsi, ma tu ne hai più bisogno che mai, Cathy.»

    Era una critica che le aveva rivolto più di una volta. Ma lei era una ragazza acqua e sapone. I doveri di cameriera ai piani non includevano certo il trucco, inoltre era stata allevata da una prozia che non apprezzava chi si truccava e ostentava il proprio corpo, e le aveva insegnato a fare altrettanto.

    Non sopportava che Rupert la facesse sentire quasi una donna a metà. Perché si comportava così? Perché non riusciva a passare sopra al fatto di essere stato respinto, ecco perché. Ma l’insicurezza spesso ha la meglio, così Cathy si ritrovò a domandare: «Cosa non va nel mio aspetto?».

    Rupert si sistemò la ciocca che gli ricadeva sulla fronte. «Il principe ama le cose belle e le donne belle in particolare. Non spero in un miracolo, ma vorrei che ti sforzassi un poco durante la sua permanenza. Un po’ di trucco non guasterebbe, tanto per cominciare. Avrai anche un’uniforme nuova.»

    Qualcosa nel suo atteggiamento la rendeva cauta. S’infuriò rendendosi conto di arrossire, un calore che le scendeva sul collo fino al seno, troppo prosperoso per la sua costituzione sottile. «Ma...»

    «Non ci sono ma» ribatté Rupert. «Sono io il capo, Cathy, e quello che dico è legge.»

    Bene, su questo non si discuteva. Cathy si mordicchiò il labbro mentre lo osservava allontanarsi.

    In un certo senso, era alle sue dipendenze da troppo tempo, e qualche volta si domandava se avrebbe avuto il coraggio di andarsene. La consuetudine è un legame molto forte, soprattutto per chi è insicuro, e lei non aveva conosciuto altro che quel posto di lavoro.

    Rimasta orfana fin da ragazzina, era stata condotta in quel villaggio e assegnata alle cure di una prozia, una formidabile zitella che ne sapeva ben poco di come si alleva un’adolescente. Cathy sentiva disperatamente la mancanza dei genitori, piangeva tutte le notti e la prozia, sebbene le volesse bene, era sempre stata severa con lei, inculcandole i principi della buona educazione, del vivere onestamente, del coricarsi presto e del leggere molto.

    Ma lei, in qualche modo, l’aveva delusa. Poco portata allo studio, era riuscita a conquistarsi solo un diploma di cucina e un riconoscimento per come si era presa cura del giardino della scuola.

    Quando la prozia si era ammalata, Cathy l’aveva assistita con dedizione, per ripagarla in parte della generosità nei suoi confronti. E, dopo la sua morte, aveva provato lo stesso disperato senso di solitudine che l’aveva assalita alla scomparsa dei genitori.

    Il lavoro come cameriera ai piani avrebbe dovuto essere un impiego temporaneo, in attesa di decidere cosa voleva fare del proprio futuro. Era stato un rifugio provvidenziale contro le amarezze della vita. Ma i giorni erano diventati mesi, poi anni... finché aveva conosciuto Peter, che studiava per diventare pastore protestante. L’amicizia si era mutata in qualcosa di più profondo, e quando lui le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva accettato, scorgendo la prospettiva di un futuro semplice e sereno con un uomo che la amava.

    O, almeno, così sosteneva. Peter aveva accettato una parrocchia al Nord e avevano stabilito che lei lo avrebbe raggiunto alla fine dell’anno. E poi, il giorno prima, la lettera. Quella che aveva distrutto tutte le sue speranze e i suoi sogni. Quella che diceva: Mi dispiace, Cathy... ma ho conosciuto un’altra ragazza e adesso sta per avere un bambino...

    Era talmente persa nei propri pensieri, che non si accorse della presenza di una persona nella reception. Poi un lieve movimento richiamò la sua attenzione. Era un uomo. Cathy si raddrizzò, esibendo automaticamente un sorriso professionale.

    E gelò.

    Era uno di quei momenti che capitano una sola volta nella vita, se sei fortunato. La sensazione di essere risucchiata da uno sguardo che ti ipnotizza, che pare divorarti. Confusa, si perse nel paio di occhi più incredibile che avesse mai visto. Occhi dorati come il sole al tramonto, ma attraversati da un bagliore freddo e metallico.

    Cathy serrò le mani a pugno sotto il bancone. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quel viso, da quei tratti arroganti, altezzosi, che parevano incisi nell’acciaio, da quelle labbra incurvate in una smorfia sensuale, ma che erano dure, si rese conto con un brivido.

    I capelli erano scuri e scompigliati e la pelle abbronzata riluceva di salute e vitalità. Alto e con le spalle ampie, il fisico imponente ma ben modellato era enfatizzato dalla maglietta stretta e dai jeans infangati che gli aderivano come una seconda pelle.

    Cathy deglutì. Il cuore le batteva impazzito e un groppo le chiudeva la gola.

    «Temo... temo che lei non possa stare qui, signore» disse, sforzandosi di pronunciare le parole distintamente. «In quelle condizioni...»

    Xaviero la studiò, con solo poco meno stupita intensità di quanto avesse fatto lei. Aveva notato come le pupille si erano incupite e le labbra si erano socchiuse in un invito inconscio. Ma era avvezzo a provocare quest’effetto sulle donne anche quando, come adesso, proveniva da una lunga e faticosa cavalcata. Quindi la reazione balbettante non era una novità, anche se normalmente gli era rivolta in occasioni ufficiali, quando le persone erano così concentrate sul protocollo, da non poter pensare razionalmente.

    La cosa più importante era che non lo aveva riconosciuto... di questo ne era certo. Costretto a una vita al centro dell’attenzione, era diventato un fanatico dell’anonimato, al punto che la gente fingeva di non riconoscerlo per compiacerlo.

    La studiò con una certa approvazione, registrando che era sottile e bionda. E che era dotata del seno più sexy che avesse mai visto. Prosperoso, certo, eppure naturale, riconobbe con occhio esperto.

    «Quali condizioni?» domandò dolcemente.

    Cathy aveva la bocca secca. Anche la sua voce era fantastica. Ricca, profonda, dolce come la melassa e con un’intonazione particolare. Un accento che non aveva mai sentito e che non avrebbe saputo collocare. Ma che importanza aveva, quando riusciva a volgere ogni sillaba in un poema?

    Oh, per amor del cielo!, si disse. Controllati. Solo perché sei stata piantata dal fidanzato, non è il caso di comportarsi come una zitella senza speranza, perdendoti dietro a un uomo che non ti degnerebbe di

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