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Il sapore unico dell'amore (eLit)
Il sapore unico dell'amore (eLit)
Il sapore unico dell'amore (eLit)
E-book170 pagine2 ore

Il sapore unico dell'amore (eLit)

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Info su questo ebook

I vigneti di Calanetti 1
Raffaele Mancini è più di un cuoco: è un'istituzione, e la sua bravura e originalità sono leggenda nel mondo della ristorazione d'eccellenza. Al pari del suo carattere irascibile! A causa dell'ennesima sfuriata, Rafe si ritrova senza maître nel suo nuovo ristorante e, nell'urgenza di sostituirlo, assume la giovane Danielle Tate. Lei non ha molta esperienza ed è in Toscana solo di passaggio, per esplorare i luoghi suggestivi dove è cresciuta la madre, ma accetta la sfida. Primo perché all'ombra dei vigneti di Monte Calanetti si sente finalmente a casa e secondo perché... chi può dire di no a una tentazione vivente come lo chef Mancini?
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2021
ISBN9788830530348
Il sapore unico dell'amore (eLit)
Autore

Susan Meier

Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.

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    Anteprima del libro

    Il sapore unico dell'amore (eLit) - Susan Meier

    1

    L'Italia doveva essere il posto più bello del mondo.

    Danielle Tate osservò meravigliata le strade acciottolate e il cielo azzurro di Firenze. Era arrivata in treno e, adesso, l'aspettava un viaggio in autobus per raggiungere Monte Calanetti.

    Dopo aver acquistato il biglietto, sedette su una panchina di legno e, poco distante, notò una ragazza dalla corporatura snella e i capelli biondo platino. La sconosciuta aveva lo sguardo perso nel vuoto e il suo aspetto catturò l'attenzione di Danielle. Essendo cresciuta in una famiglia affidataria, sapeva che cosa si provava a essere soli... si aveva paura e ci si sentiva confusi. Vide tutte queste emozioni, nei graziosi occhi azzurri della donna.

    L'altoparlante annunciò l'arrivo di un autobus e la signora anziana seduta accanto alla bionda si alzò e afferrò i manici del borsone ai suoi piedi. Anche la bionda si alzò.

    «Mi scusi, quella è la mia borsa» esclamò la giovane, in inglese con accento americano.

    La signora anziana rispose in italiano, in modo piuttosto brusco.

    «Mi dispiace, non capisco quello che dice.»

    L'anziana strinse al petto la borsa, per far capire all'americana che era sua.

    Danielle si alzò e si avvicinò alle due donne. «Posso aiutare?» domandò alla ragazza americana. «Parlo italiano.» Poi si rivolse all'anziana e le chiese se fosse sicura che quella fosse la sua borsa, perché ve ne era una molto simile dall'altro lato della panca di legno.

    La donna arrossì, imbarazzata. Si scusò con l'americana e si affrettò ad afferrare il proprio bagaglio e salire sull'autobus.

    La ragazza sospirò sollevata e si volse verso Danielle. «Grazie.»

    «Nessun problema. Quando hai risposto in inglese, ho capito che non parli l'italiano.»

    «Infatti» ammise la bionda.

    «Viene a prenderti qualcuno?»

    «No.»

    Dani fece una smorfia. «Allora spero che tu abbia un buon dizionario.»

    L'americana sollevò le cuffiette che aveva in mano. «Ho scaricato da internet un corso accelerato di italiano» disse, con un timido sorriso. «L'annuncio pubblicitario garantiva che sarei stata fluente in cinque settimane.»

    Dani rise. «Potrebbero rivelarsi cinque settimane molto lunghe. Sono Danielle» si presentò poi, allungando la mano verso la sconosciuta.

    La graziosa bionda esitò, poi la strinse. «Louisa.»

    «È la prima volta che vengo in Italia. Ho insegnato inglese a Roma per qualche mese, ma la mia madre affidataria era toscana e ho intenzione di cercare la sua vecchia casa.»

    Louisa inclinò la testa. «Madre affidataria?»

    Dani fece una smorfia. «Scusa. Parlo troppo, è solo che sono molto felice di essere qui. Ho sempre desiderato visitare l'Italia.» Non menzionò che il suo ragazzo le avesse chiesto di sposarlo il giorno prima che partisse per Roma. Lei non aveva saputo come interpretare quella richiesta. Paul l'aveva fatta per legarla a lui? Oppure erano arrivati a un punto, nella loro relazione, in cui il passo successivo doveva essere il matrimonio? Erano pronti? Era giusto che si sposassero?

    Nella testa di Danielle si erano affollate troppe domande, così aveva detto che gli avrebbe dato una risposta al suo ritorno dall'Italia. Aveva programmato quel viaggio per trascorrere del tempo in perfetto relax, prima di iniziare a lavorare come insegnante a New York, e Paul aveva rovinato tutto con quella proposta che lei avrebbe dovuto accettare con entusiasmo. Così l'alternativa migliore era non pensarci fino a quando non fosse stata costretta a farlo. Alla fine di febbraio. Tra un mese.

    «Ho prolungato il mio viaggio di qualche settimana per avere il tempo di girare un po'. Voglio conoscere il luogo di origine della mia madre affidataria e, con un po' di fortuna, conoscere la sua famiglia.»

    «Sembra divertente.»

    Il tono di Louisa portò Danielle a pensare che potessero avere qualcosa in comune. «Anche tu sei una turista?»

    «No.»

    Dani si accigliò. Quella singola parola le fece pensare di aver oltrepassato un confine. «Scusa. Non volevo essere invadente.»

    Louisa sospirò. «Non preoccuparti. Sono solo un po' nervosa. Sei stata gentile ad aiutarmi e non era mia intenzione essere scortese. Sto andando a Monte Calanetti.»

    Danielle rimase a bocca aperta. «Anch'io.»

    L'altoparlante annunciò l'arrivo del loro autobus e le due ragazze salirono a bordo. Dani prese posto vicino al finestrino e rimase sorpresa quando Louisa si fermò accanto a lei.

    «Ti dispiace se mi siedo accanto a te?»

    «Mi farebbe piacere!» esclamò lei, felice.

    Quando la bionda sedette, Dani notò di nuovo il suo strano atteggiamento. Sembrava titubante. Ogni cosa che diceva sembrava incompleta.

    «Dunque ti fermerai un mese, prima di tornare a casa?»

    «Sì. Sto tutto febbraio.» Danielle sospirò. «E ho intenzione di approfittare di ogni minuto, anche se dovrò trovare un lavoro.»

    «Un lavoro?»

    «Come cameriera o, magari, come commessa. Questo genere di lavoro. Non voglio spendere tutto quello che ho guadagnato, insegnando a Roma. Avrò bisogno di quel denaro quando tornerò a New York» aggiunse, voltandosi a guardare dal finestrino per non perdersi il panorama, mentre l'autobus lasciava la stazione.

    Louisa rise. «La tua madre affidataria sarebbe dovuta venire con te.»

    Dani sentì una fitta al cuore. «È morta qualche mese fa. Nel testamento ha lasciato il denaro per il mio biglietto aereo per l'Italia.»

    «Mi dispiace. Sono stata davvero insensibile.»

    Danielle scosse la testa. «Non potevi saperlo.»

    Louisa la studiò per qualche momento. «Allora non hai ancora fissato niente? Nessun programma di ciò che vuoi vedere né alcun contatto per un lavoro?»

    «Nessun programma. Vedrò ciò che succederà. Ho fatto qualche ricerca sulla famiglia di Rosa e conosco l'italiano. Me la caverò.»

    Louisa rise di nuovo. «Di certo te la caverai meglio di me, dal momento che io invece non conosco la lingua.» Osservò le cuffiette. «Almeno, non per le prossime cinque settimane.»

    L'autobus uscì dalla città e, osservando Firenze un'ultima volta, Dani sospirò. «Non pensi che questo paese sia meraviglioso?» Perfino in inverno, con gli alberi spogli, il panorama era idilliaco. Il cielo blu, le dolci colline.

    «Sì.» Louisa si morse un labbro. «Sono qui perché anch'io ho ereditato qualcosa.»

    «Davvero?»

    «Sì.» La ragazza esitò, come se stesse decidendo se potersi fidare di Danielle o no, prima di continuare. «Una villa.»

    «Oh, cielo! Una villa!»

    Louisa abbassò lo sguardo. «Lo so, è quasi incredibile. Si chiama Palazzo di Comparino

    «Hai delle fotografie?»

    «Sì» rispose lei, mostrando le foto di un palazzo alto e grazioso. Sullo sfondo si vedevano filari di viti sotto un cielo limpido.

    «È meravigliosa.»

    Louisa rise. «Già. Devo dire però che finora non ho visto nulla, in Italia, che non sia stupendo. Devo ammetterlo, sono entusiasta.»

    «Io sarei ben più che entusiasta.»

    «Mi hanno detto che Monte Calanetti si è sviluppato intorno al Palazzo di Comparino grazie alla vigna che lo circonda e che ho ereditato. Il problema è che io non ho idea di come si lavori in un vigneto.»

    Danielle le strinse una mano. «Non preoccuparti. Imparerai.»

    «Lo spero.»

    Sul viso di Louisa apparve di nuovo il sorriso enigmatico che risvegliò il sesto senso di Danielle. La ragazza sembrava voler essere felice, ma dietro il suo sorriso vi era qualcosa...

    «Sai, probabilmente potrei avere bisogno di aiuto, quando arriverò alla villa.»

    «Aiuto?»

    «Non credo di poter andarci a vivere senza che nessuno mi ponga delle domande, e potrei avere dei problemi, giacché non parlo italiano.»

    «Soprattutto se intervenisse la polizia.»

    «Già. Ho i documenti, ma sono scritti in inglese e non so se qui tutti lo parlano. Potrebbe rivelarsi un disastro. Quindi, sarei felice di assumerti per un po'» aggiunse Louisa, osservando la reazione di Dani. «Anche per tutte e quattro le settimane che ti fermerai... se sarai la mia traduttrice. In cambio, potresti rimanere a vivere con me alla villa.»

    Sopraffatta da quell'offerta generosa, Danielle rimase a bocca aperta. «Sarebbe fantastico.»

    Felici per quella nuova amicizia, le due ragazze chiacchierarono mentre l'autobus attraversava le colline, poi, all'improvviso, un borgo cinto da mura comparve alla loro destra e l'autobus vi si diresse.

    Furono accolte da edifici di pietra e mattoni ben tenuti, strade di ciottoli e gente allegra seduta nei bar all'aperto, nonostante la temperatura rigida.

    Scese dall'autobus nella piazza principale, videro un cartello che indicava il Palazzo di Comparino, attraversato da una spessa linea nera, a indicare che le visite ai vigneti erano sospese.

    Poiché Dani aveva solo uno zaino mentre Louisa viaggiava con due valigie e un trolley, Danielle si offrì di portare una valigia.

    «Averti chiesto di venire con me si sta rivelando molto utile» scherzò la bionda.

    Dani rise e, insieme, si incamminarono verso la villa. La costruzione di mattoni chiari divenne ben presto visibile e, più si avvicinavano, più sembrava essere grande.

    «Caspita» mormorò Louisa, con riverenza.

    Danielle si passò la lingua sulle labbra secche. «È grande.»

    In silenzio si avvicinarono alla porta d'ingresso e, quando vi giunsero, Louisa estrasse una chiave dalla borsa e l'aprì. Le ragazze furono colpite da un odore di stantio e muffa, tipico di un edificio rimasto chiuso per anni. Polvere e ragnatele coprivano il lampadario di cristallo e il pavimento di marmo dell'enorme ingresso, così come i dipinti sulle pareti e la grande scalinata curva.

    Dani entrò con cautela. «La tua famiglia era di stirpe reale?»

    Louisa si guardò intorno con soggezione. «Non penso.»

    «Intendi dire che potrebbe essere?»

    «Non lo so.» Louisa si incamminò verso destra ed entrò in un salotto. Anche qui, la polvere copriva ogni cosa. Attraversarono poi uno studio e arrivarono in sala da pranzo.

    Delle macchie di umidità sul soffitto evidenziavano problemi al bagno del piano sovrastante e, forse, anche del tetto. La cucina era vecchia e aveva bisogno di essere ristrutturata. Le stanze da bagno del piano terra erano obsolete, così come ogni bagno nelle suite al piano di sopra.

    Dopo aver visto le stanze del primo piano, Louisa si rivolse in lacrime a Dani. «Mi dispiace moltissimo. Non avevo capito che la casa si trovasse in queste condizioni. Dalle foto sembrava perfetta. Se vuoi cercare un albergo, capirò.»

    «Stai scherzando?» Danielle si guardò intorno nella stanza piena di ragnatele e polvere. «Adoro questo posto. Con uno straccio per la polvere, una pulita al bagno e una passata alle finestre, questa stanza sarà perfetta.»

    «Sei un'ottimista» mormorò Louisa.

    Danielle rise. «Non ho detto che non dovrai chiamare un'impresa di ristrutturazioni. Ma possiamo pulire le nostre camere e la cucina.»

    Raffaele Mancini fissò Gino Scarpetti, l'uomo alto e rigido che lavorava come maître nel suo ristorante di lusso, situato nel cuore della regione del vino.

    Il Mancini era stato creato con cura per affascinare i clienti. Le pareti di pietra e legno della vecchia cascina ristrutturata facevano rivivere la sensazione di giorni ormai lontani. Le persiane alle finestre filtravano la luce del giorno, regalando agli ambienti un caldo carisma, e le file di bottiglie di Merlot e Chianti ricordavano ai commensali che quella era la zona dei vini migliori.

    Gino si strappò la targhetta col nome del Mancini appuntata sulla camicia bianca. «Lei, signore, è senza un maître.»

    Sulla sala da pranzo calò il silenzio. Anche il solito tintinnio dell'argenteria e dei bicchieri di cristallo, improvvisamente, tacque.

    Gino schiaffeggiò la targhetta in mano a Rafe e, prima che questi potesse aprire bocca, uscì dal ristorante.

    Qualcuno cominciò a battere le mani e, in pochi secondi, la sala del raffinato ristorante toscano risuonò di applausi e risate.

    Ridevano della sua sventura!

    Rafe osservò prima la fila di clienti che si stava formando all'ingresso, poi ascoltò i commenti dei commensali sul suo pessimo carattere e sulla sua incapacità di conservare un valido aiutante. Con passi decisi tornò verso la cucina ultra moderna e si chiuse la porta alle spalle.

    «Tu!» esclamò, indicando il ragazzo magro che aveva iniziato l'apprendistato presso

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