Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L onore del milionario: Harmony Destiny
L onore del milionario: Harmony Destiny
L onore del milionario: Harmony Destiny
E-book171 pagine3 ore

L onore del milionario: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Hank Renshaw, milionario e pilota dell'esercito, conosce tutto quel che c'è da sapere su Gabrielle Ballard. E questo senza neppure averla mai toccata con un dito. Lei è la donna del suo migliore amico, e quindi è off limits. Ma quando le carte in tavola cambiano, la volontà di conquista diviene più forte dei legami di amicizia. Tornato a New Orleans per un periodo di congedo, i suoi passi lo portano davanti alla casa di Gabrielle e gli basta guardarla per desiderala con un'intensità mai provata prima. Il suo codice d'onore, però, gli impedisce di prenderla tra le braccia e condurla nel suo letto, a meno che non sia lei ad avanzare la richiesta. E convincerla a capitolare sarà una sfida dolce e sensuale.
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2018
ISBN9788858990377
L onore del milionario: Harmony Destiny
Autore

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Leggi altro di Catherine Mann

Autori correlati

Correlato a L onore del milionario

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L onore del milionario

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L onore del milionario - Catherine Mann

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Honorable Intentions

    Harlequin Desire

    © 2012 Catherine Mann

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-037-7

    1

    New Orleans, Louisiana. Mardi Gras

    «Laissez le bon temps rouler!» È tempo di divertirsi!

    Il grido rintronava nella testa di Hank Renshaw mentre si faceva largo tra la folla che, assiepata lungo la strada, assisteva alla sfilata del carnevale. Era tutt’altro che in vena di far baldoria.

    Doveva consegnare un messaggio per conto del suo migliore amico, rimasto ucciso in azione dieci mesi prima. Rintracciarne la ragazza aggiungeva un peso di venti tonnellate alla sua anima già oppressa.

    A spingerlo era la determinazione, un passo alla volta, attraverso la ressa dei festaioli che sfoggiavano cappelli da giullare, maschere e collane. La sfilata procedeva lentamente, un complesso jazz suonava un motivo di Louis Armstrong mentre fazzoletti, dobloni e perfino mutandine piovevano sulla folla.

    Non era sorprendente veder volare indumenti intimi. In passato, Hank era sceso in auto da Bossier City fino a New Orleans, la città dove si festeggiava per tutto il weekend fino a martedì grasso. Se doveva basarsi su passate esperienze, la serata, alimentata dall’alcol, sarebbe diventata sempre più turbolenta. Entro breve, la gente avrebbe cominciato a mostrare le collane nel modo tradizionale.

    Sollevando le camicie.

    Una nonna agitò in aria le mani, tenendo a posto la maglietta, per il momento, mentre urlava al re del carnevale che cavalcava un alligatore meccanico: «Lanciami qualcosa, mister!».

    «Laissez les bons temps rouler!» urlò di rimando il re, in un francese dal forte accento acadiano.

    Hank girò intorno a un lampione. Parlava un francese e uno spagnolo fluenti, un tedesco passabile e qualche parola di chamarro, imparate quando suo padre era stato mandato a Guam. Aveva sempre giurato che non avrebbe seguito le orme del suo vecchio, che era un pilota, mentre Hank era un navigatore. Ma alla fine aveva perfino scelto lo stesso aereo di suo padre, il B-52. Al pari delle sue due sorelle, non poteva sottrarsi al retaggio familiare. I Renshaw si arruolavano nell’aeronautica. Punto e basta. Vi avevano servito per generazioni, anche se adesso il loro portafoglio titoli superava il miliardo.

    E lui vi avrebbe rinunciato fino all’ultimo centesimo, se fosse servito a riportare in vita il suo amico.

    Con il petto stretto in una morsa di dolore, Hank alzò lo sguardo sul numero civico in ferro battuto del ristorante che aveva di fronte. Mancava meno di un isolato all’appartamento di Gabrielle Ballard, situato sopra un negozio di antichità.

    Subito dopo, tra un ondeggiare della folla, la scorse nel bagliore delle luci del portico di un negozio. O piuttosto, ne scorse la schiena mentre si dirigeva al suo appartamento. Non sembrava che si trovasse lì per la sfilata. Stava semplicemente tornando a casa, camminando davanti a lui con un marsupio a fiori pieno di provviste e una borsa di tela.

    Allungando il passo per raggiungerla, non si chiese come avesse fatto a riconoscerla. Sapeva che era Gabrielle anche se in quel momento non riusciva a scorgere il suo viso. Aveva un’aria chic, di stampo europeo, che lasciava intuire la sua doppia cittadinanza. Il padre, arruolato nell’esercito statunitense, aveva sposato una tedesca, quindi aveva concluso la carriera nelle basi americane oltreoceano. Gabrielle si era trasferita a New Orleans per un corso di perfezionamento dopo la laurea.

    Già, Hank sapeva tutto di Gabrielle Ballard, dalla sua storia alle curve dei suoi fianchi. L’aveva desiderata ogni giorno per un anno tormentoso prima che lui e Kevin fossero inviati all’estero. L’unico sollievo? Dal momento che lei viveva nella Louisiana del sud, mentre lui e il suo amico erano di stanza nella Louisiana del nord, Gabrielle aveva incrociato la sua strada soltanto un paio di volte al mese.

    In ogni caso, il codice del cameratismo erigeva un muro tra lui e Gabrielle, un muro che Hank non poteva valicare. Lei era la fidanzata del suo migliore amico, la ragazza di Kevin. Quantomeno, lo era stata. Fino alla morte di Kevin, dieci mesi prima. Due proiettili sparati da un cecchino, e il suo amico se n’era andato. Non che per questo Gabrielle fosse disponibile, ma per Hank era diventata un chiodo fisso.

    Gabrielle si mise di fianco, sistemando meglio il marsupio con le provviste e la borsa di tela, per incunearsi tra un gruppo di studenti davanti al cancello di ferro, ai piedi della scala esterna che portava al suo appartamento. Un rivolo di birra le colò lungo il braccio, schizzato da un bicchiere di plastica in mano a uno dei ragazzi. Lei fece un salto indietro, andando a sbattere contro un altro ubriaco. Gabrielle avanzò di nuovo, solo per vedersi bloccare la strada dal tizio con il bicchiere. Strinse più forte il marsupio a fiori, con la paura stampata in faccia.

    L’istinto affinato dalla battaglia entrò in azione, dicendo a Hank che la situazione stava degenerando in modo pericoloso. Si fece largo a spintoni, senza mai staccare gli occhi da lei. La luce del lampione la illuminava, facendo dei suoi capelli biondi un faro in quel caos. Si rifugiò in un angolo del giardino, ma il marciapiede era affollato e il frastuono dei carri era così forte che eventuali grida di aiuto si sarebbero perse.

    Con due passi Hank arrivò sulla scena e una sua mano si abbatté sulla spalla del bastardo ubriaco di birra.

    «Lascia passare la signora.»

    «Cosa diavolo vuoi?» L’ubriaco indietreggiò barcollando, con gli occhi iniettati di sangue e annebbiati.

    Lo sguardo di Gabrielle si puntò su Hank. Sussultò e sbarrò gli occhi verde smeraldo quando lo riconobbe. Lui avvertì un formicolio fin troppo familiare, come succedeva ogni volta che le loro strade s’incrociavano, la stessa attrazione della prima volta che l’aveva vista a un’esibizione della squadriglia.

    Una sola occhiata a lei, nel suo vestito azzurro ghiaccio, e ogni cellula del suo corpo aveva gridato: Mia! Pochi secondi dopo Kevin li aveva raggiunti, presentandola come l’amore della sua vita. Ciononostante, le cellule di Hank avevano continuato a rivendicarne il possesso.

    Il tizio, che trasudava alcol da ogni poro, si liberò della mano di Hank. «Bada ai fatti tuoi, amico.»

    «Spiacente, non posso farlo.» Hank mise il braccio intorno alla vita di Gabrielle, facendosi forza quando avvertì la pressione delle sue morbide forme contro il fianco. «Lei è con me, ed è ora che tu ti cerchi un altro posto per assistere alla sfilata.»

    Lo sguardo del tizio si concentrò abbastanza a lungo sul giubbotto da aviatore di Hank per decidere che forse non era saggio sfidare un militare allenato. Alzò le mani. «Non sapevo che lei avesse diritto di precedenza, maggiore. Chiedo scusa.»

    Maggiore? Quella parola lo fece sussultare. Sembrava passato un secolo da quando, col titolo di tenente, era entrato nell’aeronautica. «È tutto a posto, a patto che tu sparisca, subito.»

    «Si può fare.» Il tizio annuì e si rivolse ai suoi compari. «Smammiamo, ragazzi.»

    Hank rimase a osservarli mentre la folla li inghiottiva.

    «Hank?» gli domandò Gabrielle sorpresa. «Come hai fatto a trovarmi?»

    Il suono di quella voce che pronunciava il suo nome lo avvolse come una catena di seta. Non era cambiato niente. Era ancora stregato da lei. Era stato già abbastanza brutto prima, quando lei e Kevin erano fidanzati. Ma ora, era bastato un solo sguardo perché i ricordi dell’amico morto lo facessero sentire oppresso dal senso di colpa.

    Doveva verificare che Gabrielle stesse bene, come aveva promesso a Kevin, riferirle le ultime parole dell’amico, per poi uscire alla sua vita per sempre.

    «Il tuo indirizzo non è cambiato. Non ci voleva un investigatore per rintracciarti» rispose, guidandola verso il cancello. I suoi occhi vagarono sul familiare giardinetto e il tavolo in ferro battuto che aveva visto per la prima volta quando, due anni prima, vi aveva accompagnato Kevin per un weekend, deciso a dominare i propri sentimenti. Tortura allo stato puro, dall’inizio alla fine. «Entriamo in casa, così possiamo parlare.»

    «Che cosa ci fai qui? Non sapevo che fossi tornato.» Il lieve accento tedesco le conferiva un fascino esotico.

    Come se avesse bisogno di armi supplementari per fargli perdere la testa. Buon Dio, era un veterano di trentatré anni ma, in sua presenza, si sentiva come un liceale che avesse visto la nuova sventola appena arrivata in classe.

    Osservò i suoi verdi occhi scintillanti, gli zigomi alti e la linea delicata del mento che dava al suo viso una forma a cuore. A una spalla aveva appesa una borsa di tela e a tracolla portava il marsupio della spesa, che le posava sull’altro fianco. La cinghia le attraversava il petto, tra i seni.

    Seni che erano più pieni di quanto ricordasse.

    Meglio spostare lo sguardo. «Sono qui per te.»

    Per dirle il resto decise di aspettare che entrassero in casa. L’attirò più vicino e il marsupio si intromise tra loro due. Che cosa diavolo aveva lì dentro?

    Hank infilò un dito sotto la cinghia. «Lascia che lo porti io.»

    «No, grazie» gli rispose. Con un gesto protettivo, lei mise le mani sulla protuberanza arrotondata del marsupio.

    Arrotondata? Forse non conteneva la spesa. Ma cosa, allora?

    Il marsupio ebbe un sussulto.

    Guardandolo di nuovo, Hank ebbe un’illuminazione improvvisa. Merda. Non era un marsupio. Aveva visto sua sorella Darcy servirsi di un oggetto simile quando i suoi figli erano ancora neonati. Non c’erano dubbi, Gabrielle indossava un porte-enfant.

    E a giudicare dal piedino che ne spuntava, aveva un neonato a bordo.

    Per quanto ricordava, Gabrielle aveva sempre sognato di fare la mamma. Le sue bambole erano sempre le meglio vestite di tutto il vicinato.

    Ma allora ignorava come sarebbe stato diverso fare la madre nella realtà.

    Nessun papà per suo figlio.

    Un bambino malato.

    E adesso un colpo sconvolgente le era piombato addosso dal passato, nella persona di Hank Renshaw. In piedi di fronte a lei, alto, con spalle larghe, le escludeva la vista del resto del mondo. In quella serata, più fredda della norma per la stagione, indossava il giubbotto di pelle da pilota e aveva l’aspetto tenebroso e virile del protagonista di un film d’azione.

    Non riusciva ancora a credere che fosse lì.

    Hank.

    Ancora non riusciva a credere che il maggiore Hank Renshaw si trovasse nella sua strada in pieno Mardi Gras. Soltanto l’appuntamento con il pediatra di suo figlio l’aveva costretta a uscire in quel caos. E se la visita si fosse prolungata, forse non l’avrebbe incontrato...

    Non l’aveva più visto da quando... Le traballò il cuore, come i suoi piedi poco prima. Non aveva più visto Hank da quando aveva salutato Kevin il giorno in cui tutti e due erano stati inviati in Medio Oriente.

    Adesso, per chissà quale motivo, lui era venuto a farle visita. E a prescindere da quanto era doloroso pensare al modo in cui avrebbe dovuto festeggiare il ritorno a casa di Kevin, non era colpa di Hank. Era soltanto stanca ed emotivamente scossa. Dio, odiava sentirsi così bisognosa di aiuto.

    Ma oh, accidenti, il suo profumo fresco di doccia scacciava l’odore nauseante di birra, sudore e ricordi. Come sarebbe stato facile affidarsi alla sua forza, alla sua protezione. Facile... e molto, molto sbagliato. Doveva resistere. Due anni fa, aveva lottato a lungo per liberarsi da una famiglia talmente protettiva da essere soffocante, per seguire il suo sogno di studiare negli Stati Uniti.

    Era una mamma single di ventisei anni che poteva e si sarebbe presa cura di se stessa e di suo figlio. Non aveva bisogno del turbamento o delle pene di cuore per via di un uomo, soprattutto non in quel momento.

    Anche se, a giudicare dall’espressione inorridita con cui fissava il piede di suo figlio che spuntava dal marsupio, non avrebbe avuto difficoltà a sbarazzarsi di Hank.

    Si incollò un sorriso sul volto stanco. «Oh, mio Dio, Hank, non posso credere che sia veramente tu. Togliamoci da questa follia. Quando sei tornato? Da quanto tempo ti trovi qui?»

    «Sono tornato alla base ieri» rispose lui, guardando il bambino con espressione interrogativa.

    Lei lo ignorò; meglio discuterne lontano da lì... e dopo aver superato lo shock. «Soltanto ieri? E sei già qui?

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1