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Una moglie per Cobie (eLit): eLit
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E-book193 pagine2 ore

Una moglie per Cobie (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1892 - Cobie Grant, misterioso e affascinante avventuriero dall’oscuro passato, cerca sempre di proteggere i deboli. Arrivato a Londra, si trova invischiato negli intrighi dell’alta nobiltà corrotta e decide di sposare Lady Dinah Freville per salvarla dalle angherie della sua famiglia. Affidata alle cure di una marchesa francese, la giovane moglie si trasforma da brutto anatroccolo in splendido cigno, ma Cobie le ha già detto chiaramente che non s’innamorerà mai...



Volumi della saga:

Terre lontane - I Dilhorne vol. 1

L'australiano - I Dilhorne vol. 2

Corsa all'oro - I Dilhorne vol. 3

La guerra del cuore - I Dilhorne vol. 4

Una moglie per Cobie - I Dilhorne vol. 5

L'uomo dai mille volti - I Dilhorne vol. 6
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2017
ISBN9788858966556
Una moglie per Cobie (eLit): eLit
Autore

Paula Marshall

Nata e cresciuta in Inghilterra, a dieci anni leggeva già Dickens e Tackeray. La passione per la storia e per l'epoca della Reggenza in particolare ha ispirato in seguito i suoi deliziosi romanzi, avventurosi e ricchi di umorismo.

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    Anteprima del libro

    Una moglie per Cobie (eLit) - Paula Marshall

    successivo.

    Prologo

    Somerset, Inghilterra, marzo 1892

    Lady Dinah Freville, sorellastra di lady Violet Kenilworth, era sempre stata denigrata e bistrattata da quest'ultima, ma si sforzava di minimizzare quando accennava ai suoi rapporti difficili con lei.

    «Davvero non vorrei andarmene, mamma» dichiarò con cautela. «Sai bene quanto detesto stare con Violet e a lei dà altrettanto fastidio ospitarmi.»

    Dinah era accanto alla finestra del salottino ed era intenta a guardare fuori con aria assente. La madre, vedova di lord Rainsborough, era concentrata su un ricamo.

    L'elegantissima signora esaminò con aria critica i fiori che stava ricamando, soffocò uno sbadiglio poi sollevò lo sguardo su sua figlia. «Lo so, mia cara, ma non puoi stare con me» obiettò in tono mite. «Per volontà di mio marito, ora che hai diciotto anni non sono più io la tua tutrice. La tua tutela passa a tuo fratello. Dato che lui non è sposato, ha deciso che Violet si occuperà di te e della tua presentazione a corte. Con un pizzico di fortuna, riuscirà anche a trovarti un marito decente. Non posso tenerti qui con me, per quanto lo desideri.»

    Dinah aggrottò le sopracciglia, continuando a voltare le spalle a sua madre. «Non voglio vivere con Violet e non voglio essere presentata a corte. Disapprovo moltissimo l'intera faccenda. Preferirei vivere con Fabian, se proprio non posso stare con te.»

    «Non è assolutamente possibile!» esclamò sua madre. «Inoltre vorrei che non ti riferissi in modo così confidenziale al professor Fabian. Non dovresti neppure sapere che è tuo padre.»

    «Anche questo mi disturba enormemente» ribatté Dinah, riottosa. «È una tale ipocrisia! Adesso che lord Rainsborough è morto dovrei smettere di fingere che fosse lui mio padre.»

    «Violet è convinta che tu sia una ragazza docile e quieta. A volte vorrei che vedesse come ti comporti quando lei non c'è. Tua sorella ha dunque un effetto così repressivo sul tuo comportamento?»

    A quel punto Dinah si girò verso sua madre. «A te non dispiace vivere praticamente in esilio in questo villino in campagna perché un tempo avevi un nome e un posto ben preciso in società. Io invece non sono nessuno, anzi, meno che nessuno! Ogni volta che guardo Violet o quelli che fanno parte del suo mondo so esattamente cosa pensano di me. Tutti mi guardano e sanno che ho rovinato l'esistenza di mia madre. Sono la prova vivente della tua relazione con Louis Fabian e questo è tutto ciò che sono. Non è un granché per presentarmi a corte, non ti pare?»

    Charlotte Rainsborough la fissò in silenzio e Dinah si vergognò della sua tirata veemente, piena d'acredine.

    «Perché non sei andata a vivere con Fabian?» riprese, con sincera curiosità.

    «Oh, no, non avrei potuto!» esclamò sua madre. «Quando Rainsborough si rifiutò di concedermi il divorzio, avrei rovinato per sempre la reputazione accademica di Louis se fossimo fuggiti insieme. Lui non avrebbe più potuto lavorare e io non avrei avuto i soldi per mantenerci entrambi. Io e Louis abbiamo avuto la nostra splendida estate insieme, poi lui è andato a Oxford e si è dedicato alla sua brillante carriera. Quanto a me, sono stata più che contenta di essere la moglie in esilio di Rainsborough. È stato molto meglio che dover vivere con lui.»

    Charlotte tacque, ricordando la passione che era scoppiata tra lei e il giovane istitutore venuto a Borough Hall per dare lezioni al suo indolente figlio prima che andasse a Oxford. Aveva sempre evitato di pensare alla vita che lei e Dinah avrebbero avuto se Rainsborough non si fosse opposto con tutte le sue forze al divorzio. Charlotte non avrebbe mai dimenticato la scenata tremenda che le aveva fatto suo marito, dichiarando con decisione che il suo rivale non avrebbe mai avuto né lei né il figlio che portava in grembo. L'aveva minacciata di rovinare entrambi se fosse fuggita con lui e le aveva detto di non pensare al divorzio perché non gliel'avrebbe mai concesso.

    Per proteggere Louis, Charlotte aveva accettato le condizioni di suo marito. Per questo motivo sua figlia ora era lady Dinah, invece di essere una bastarda senza nome. Tuttavia lord Rainsborough si era preso la sua sottile vendetta. Aveva fatto in modo che tutti sapessero l'origine della bambina e i suoi fratellastri, Rainey e Violet, poi sposata a lord Kenilworth nonché amante del Principe di Galles, non perdevano occasione per alludere velatamente al fatto che Dinah era nobile come loro solo per gentile concessione di lord Rainsborough, non perché avesse diritto agli stessi privilegi.

    Dinah si avvicinò alla madre e s'inginocchiò accanto alla sua poltrona, prendendole la mano per accarezzarla con affetto.

    «Nonostante io ti voglia bene, devo rinunciare a te. Devi andare per la tua strada» disse Charlotte, cercando di convincerla. «E smettila con tutte quelle stupidaggini sul fatto di non essere nessuno. Mio marito ti ha riconosciuta e tu hai tutto il diritto di chiamarti lady Dinah Freville, perché il mondo ti accetta come tale. Non sei l'unica nobile dalle origini dubbie, sai.»

    «Lo so, ma non mi è di alcuna consolazione. Quello che mi renderebbe veramente felice sarebbe poter andare a Oxford, vivere con Fabian e frequentare il Somerville College. Però non posso, vero?»

    «No, mia cara. Te l'avrò detto almeno cento volte. È assolutamente necessario che tu vada a vivere con Violet, che trovi un buon partito e ti sistemi. Non puoi perdere tempo a fare l'erudita.»

    «Fabian dice che non sarebbe tempo perso perché sono molto intelligente.»

    «Non pensarci, bambina mia. Sai anche tu che Rainsborough ha sperperato tutto il suo patrimonio dandosi alla bella vita e ci ha lasciato pochissimo. Tuo fratello non può permettersi di darmi altro che una misera rendita. Non hai neppure una dote decente e se non ti sposassi rimarresti senza il becco di un quattrino. Devi solo ringraziare Dio di non essere ancora ridotta sul lastrico e costretta a degradarti per mantenerti.»

    A quel punto Dinah si alzò e si allontanò dalla madre, mentre pensava a ciò che non avrebbe mai voluto dire ma che considerava ormai come una verità ineludibile. «E chi vorrà prendermi in moglie? Non sono come te o Violet. Non sono bella né seducente.»

    Dinah era convinta di non avere grandi attrattive fisiche. Non era bionda e graziosa, ma bruna e slanciata, con poco seno e fianchi snelli, per nulla arrotondati come voleva la moda. Il suo corpo non era affatto come quello delle donne voluttuose raffigurate nei modelli di abiti o delle bellezze note in società, le cui cartoline erano in vendita presso i giornalai.

    «I vestiti mi soffocano. Non sono fatti per me, ma per bionde prosperose con i boccoli. Io sono troppo magra» protestò. «L'unico vantaggio è che, non avendo una dote, non c'è il pericolo che qualcuno voglia sposarmi per interesse.»

    «Oh, Dinah, cambia musica!» esclamò sua madre, spazientita. «Mi hai fatto questo discorso così tante volte che sono rimasta a corto di argomenti per convincerti del contrario.»

    «Anche se cambiassi musica non canterei mai la canzone che Violet vuole sentire» replicò Dinah. «La mia sola speranza è che sia così impegnata con il Principe di Galles da non avere tempo da dedicarmi!» sbuffò.

    «Non essere impertinente!» la rimproverò sua madre, sorridendo suo malgrado.

    Charlotte guardò attentamente sua figlia. Dinah era una persona tenace e caparbia, dalla forte personalità e dallo spirito vivace. Tuttavia era come un fuoco che covava sotto la cenere. Nel suo cuore racchiudeva passione e forti sentimenti, ma non aveva ancora trovato il modo di farli esplodere o una persona che valorizzasse le sue qualità. Per ergersi con orgoglio e brillare di luce propria, Dinah avrebbe avuto bisogno di qualcuno che vedesse oltre le convenzioni, riconoscesse la sua bellezza e l'aiutasse a uscire dal guscio in cui era imprigionata.

    «Un'ultima raccomandazione» disse Charlotte, riscuotendosi dalle sue riflessioni. «Stai attenta quando Violet ti presenterà in società. Ci sono molti individui subdoli a caccia di prede giovani e ingenue come te.»

    «Non preoccuparti» replicò Dinah facendo spallucce. «Non credo che attirerò predatori rapaci. Mi sarà difficile conquistare le persone che Violet frequenta. Mi hai sempre detto che agli uomini non piacciono le donne che discutono, perciò se qualcuno mi desse fastidio, saprei benissimo come dissuaderlo.»

    Sua madre scosse la testa e la congedò, sapendo che sarebbe stato inutile continuare quella discussione e cercare di convincerla.

    Dinah uscì dalla stanza pensando al proprio futuro.

    Il suo destino non era affatto entusiasmante, si disse. Sarebbe stata spedita da Violet come un pacchetto, preparata e istruita per il suo debutto nella stagione mondana, dove sarebbe stata esaminata, scrutata e giudicata prima che le fosse infine concesso di ritirarsi a vita privata, giacché Dinah era fermamente convinta solo di una cosa: chi mai avrebbe potuto volerla in sposa?

    1

    «Davvero, Cobie, nessun uomo dovrebbe avere la tua

    bellezza, specialmente a quest'ora. È idecente!» Esclamò Susanna Winthrop, la moglie dell'inviato diplomatico americano a Londra, rivolgendosi al suo fratellastro Jacobus Grant, che tutti chiamavano Cobie.

    Per tutta risposta, lui le fece un sorriso sfrontato e cominciò a fare colazione.

    Esasperata, Susanna alzò gli occhi. La perfezione classica dei lineamenti di Cobie Grant, il suo fisico atletico, il suo portamento e la sua aria arrogante e noncurante erano una miscela esplosiva che affascinava tutti quelli che entravano in contatto con lui. Era quasi fastidioso vedere tante qualità combinate in un unico essere umano.

    Cobie non poté resistere alla tentazione di stuzzicarla. «Be', io sono indecente. E con ciò?» commentò.

    «Vedi che ho ragione?» replicò lei, inalberandosi. «Non hai né modestia né vergogna e credi solo in te stesso.»

    A quel punto lui aggrottò un sopracciglio. «Avresti forse qualcuno meglio di me in cui credere?» le chiese con un sorriso apparentemente angelico.

    «Sei impossibile!»

    «Anche questo è vero» concordò Cobie.

    Susanna non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Non poteva tenere il broncio a suo fratello per più di qualche minuto. Lo aveva adorato sin dal momento in cui l'aveva visto per la prima volta, quando Cobie era un bimbetto paffuto e lei aveva quasi dieci anni.

    Ufficialmente era stato adottato da Marietta e Jack Dilhorne; in realtà era veramente loro figlio, reso illegittimo dalle crudeli macchinazioni della cugina di Marietta, Sophie, che era stata gelosa del loro amore. Susanna era la figlia che il primo marito di Marietta aveva avuto da un matrimonio precedente, perciò tra Susanna e Cobie non c'era alcun legame di sangue.

    Per questo motivo qualche anno prima l'affetto che li univa si era trasformato in un sentimento più profondo, ma Susanna si era rifiutata di prendere in considerazione l'idea di sposarlo, giacché vedeva la differenza d'età tra loro due come una barriera pressoché insormontabile. A quel punto l'infatuazione di Cobie si era inevitabilmente spenta, ma Susanna nutriva nei suoi confronti un amore ancora vivo, nonostante lo mascherasse bene dietro la facciata di un atteggiamento amichevolmente fraterno.

    Rivedendolo a Londra, aveva notato che Cobie era molto cambiato. Negli anni in cui erano stati lontani, lui aveva condotto un'esistenza avventurosa e Susanna si era sposata nel tentativo di dimenticarlo. Quando si erano ritrovati, lei si era accorta subito che Cobie era ben diverso dal ragazzo spensierato di un tempo.

    Quella mattina, a colazione, Susanna pensava ancora alla sera prima. Era stata costretta a presentare Cobie alla più nota bellezza dell'alta società londinese, lady Violet Kenilworth, attuale amante del Principe di Galles. Li aveva fatti conoscere malgrado fosse riluttante perché aveva intuito cosa sarebbe successo quando si fossero incontrate due persone tanto affascinanti e seducenti.

    Per quanto fosse la favorita dell'erede al trono, Violet non aveva resistito alla sfida rappresentata dal bell'Adone e l'aveva coinvolto in una lunga schermaglia verbale non appena era riuscita a trovarlo solo, senza la compagnia di Susanna. Al termine della conversazione, Violet l'aveva invitato a Moorings, la casa di campagna dove si sarebbe ritirata di lì a qualche giorno per trascorrere le settimane che mancavano all'inizio vero e proprio della stagione mondana. Nel frattempo l'aveva informato che avrebbe gradito una sua visita a casa in qualsiasi giorno.

    Rimasto di nuovo solo mentre lei si allontanava, Cobie aveva sentito gli occhi di tutti puntati su di sé. Era consapevole di aver catturato l'interesse di diverse signore, ma sapeva anche che gli sguardi concentrati su di lui non erano tutti benevoli.

    Più tardi durante la serata Arthur Winthrop, il marito di Susanna, l'aveva presentato a sir Ratcliffe Heneage. Cobie l'aveva immediatamente definito un tipico aristocratico inglese. Era alto, bruno e abbigliato in maniera impeccabile; aveva modi autoritari, un fisico imponente e un viso da rapace. Ministro del Gabinetto oltre che noto libertino, faceva parte del circolo del Principe di Galles ed era stato ufficiale dell'esercito.

    Sir Ratcliffe l'aveva guardato con la condiscendenza che diversi inglesi riservavano agli americani. L'aveva subito considerato un arricchito, a cui era concesso di frequentare l'aristocrazia solo grazie alla sua immensa ricchezza, sicuramente accumulata con mezzi illeciti.

    Cobie si era chiesto il motivo del visibile astio che trapelava dall'espressione di sir Ratcliffe.

    Quella mattina, mentre facevano colazione insieme, Susanna gli spiegò la ragione dell'ostilità che gli aveva dimostrato il nobile.

    «Sir Ratcliffe ha visto che Violet ti aveva preso di mira» lo informò. «Ti guardava come un gatto fissa un topolino. Per lei sei un bocconcino appetitoso e rappresenti una novità, una ventata di freschezza in un ambiente soffocante, dove le facce sono sempre le stesse.»

    «E cosa c'entra sir Ratcliffe in tutto questo?» le domandò Cobie, chiaramente perplesso.

    «La corteggia da mesi senza successo, facendo la figura dello sciocco nei confronti del Principe di Galles. Inoltre si sussurra che sia in condizioni finanziarie precarie e per questo motivo non credo che gli faccia piacere vedere uno Yankee pieno di dollari che affascina Violet senza alcuno sforzo.»

    Ovviamente sir Ratcliffe aveva ragione a essere geloso. Anche Susanna provava gli stessi sentimenti nei confronti di Violet ed era per questo motivo che rimproverava Cobie di essere diventato un seduttore privo di modestia.

    Non aveva torto nel supporre che Cobie non avrebbe perso tempo ad approfittare dell'invito di Violet. Quello stesso pomeriggio si recò dai Kenilworth e passò un'ora turbolenta con la padrona di casa sulla sua chaise

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