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Uno scottante segreto: Harmony Collezione
Uno scottante segreto: Harmony Collezione
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E-book162 pagine2 ore

Uno scottante segreto: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Per la dolce Poppy Harris, l'unica, appassionata esperienza è stata bruciante e assolutamente proibita. Non avrebbe dovuto cedere alla sapiente seduzione dell'aristocratico spagnolo Rico Montero, ne è ben consapevole, ma non è riuscita a resistere alle sue appassionate e sapienti carezze.

Nove mesi più tardi Poppy deve fare i conti con le conseguenze di quella notte indimenticabile. Convinta che fra loro due non possa esserci niente di più della passione, e dopo aver visto Rico percorrere la navata per sposare la sua fidanzata, decide di tenere per sé quello scottante segreto. Fino a quando lui non si presenta alla sua porta deciso a riavere indietro ciò che gli spetta.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514416
Uno scottante segreto: Harmony Collezione
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Uno scottante segreto - Dani Collins

    successivo.

    Prologo

    Rico Montero raggiunse la villa di suo fratello, a due ore di distanza da Valencia, in settantatré minuti. Nel suo attico aveva avuto l'impressione di soffocare, aveva sentito il bisogno di aria. Aveva quindi preso la GTA Spano dal garage nel tentativo di migliorare l'umore pessimo, ma non si era reso conto di dove si stava dirigendo finché non fu fermato per eccesso di velocità.

    Realizzando dove fosse spiegò al poliziotto che l'aveva fermato che stava andando dal fratello – un modo per accennare al nome di famiglia, cosa che gli avrebbe evitato la sospensione della patente ma non una multa.

    Dal momento che si trovava proprio in quei dintorni, decise di non aggiungere una menzogna alla propria colpa. Si diresse attraverso i vigneti di Cesar alla villa moderna addossata al fianco della collina.

    Cercò di convincersi di non rimpiangere quel vigneto che aveva posseduto con orgoglio per una decina di anni, prima che suo fratello decidesse di avere interesse in quel settore. Il fascino di Rico per quell'attività si era prosciugato insieme all'interesse per la vita in generale. Cedere quella proprietà era stato come dare un taglio netto a un tempo che non voleva ricordare.

    Sua madre, a pranzo il giorno precedente, gli aveva fatto presente che erano trascorsi diciotto mesi. Era ora che pensasse al suo futuro.

    Gli aveva detto qualcosa di simile anche tre mesi prima, ma lui non aveva raccolto la provocazione. Questa volta, invece, aveva afferrato l'insinuazione. Certo. Chi aveva in mente?

    Prosegui, trovami un'altra moglie scaltra e adultera, aveva pensato. Ma non aveva tradotto la riflessione in parole.

    Imprecando parcheggiò la macchina poi scese, consapevole di essere sempre di pessimo umore.

    «Rico!» Sua cognata Elizabeth spalancò la porta prima che lui salisse i gradini. Gli sorrise con un piacere che pareva sincero e anche, ebbe l'impressione, con una punta di sollievo.

    «Mateo, guarda. È venuto a trovarti Tio Rico» disse al piccino che teneva sul fianco. «Che bella sorpresa, vero?»

    Elizabeth non era la bellezza mozzafiato che era abituato a vedere al braccio di Cesar, ma piuttosto una casalinga che lo accoglieva con calore. I jeans e la maglietta erano firmati, ma non era truccata e i capelli biondi erano legati a coda di cavallo. Fissò il piccino in modo tenero, per niente infastidita dal suo capriccio.

    Il bimbo imbronciato indicò il retro della casa. «Ve, Papi.»

    «È in ritardo per il suo sonnellino.» Elizabeth fece cenno a Rico di entrare. «Ma sa che qualcuno ha condotto qualcun altro nella V-I-G-N-A.»

    «Parli inglese e devi ancora fare lo spelling?» Rico pareva divertito.

    Elizabeth stava per ribattere ma in quel momento Mateo si lanciò letteralmente tra le braccia di Rico che lo prese al volo. «Mi dispiace» mormorò.

    Notando lo sguardo di Elizabeth, Rico fece una smorfia. Vi aveva letto qualcosa di simile alla pietà, qualcosa che lei riteneva troppo penoso per fare domande in merito. Ma ciò che Elizabeth credeva di sapere sul suo matrimonio era ben lontano dalla realtà.

    E ciò che lei interpretava come sofferenza e rabbia contro il destino, era invece disprezzo verso se stesso per essere stato tanto stupido. Era imbevuto di amarezza e recitava un ruolo ben lontano dalla verità. Una versione che faceva sì che un animo dolce come quello di Elizabeth esibisse un sorriso toccante mentre lo guardava tenere in braccio il nipotino.

    Mateo smise di frignare, le lacrime ancora sulle guance.

    «Ve, Papi?» riprovò.

    Il birbantello era nato qualche settimana prima del disgraziato matrimonio di Rico. Era testardo come tutti i Montero e per questo faceva disperare la madre. Sapeva bene ciò che voleva e un sonnellino non l'avrebbe certo tranquillizzato.

    «Adesso ne parliamo» disse al piccolo rivolgendo un'occhiata a Elizabeth. «Dovesti cambiare atteggiamento» le consigliò, incapace di sopportare oltre quella felicità tormentata nel suo sguardo.

    «Perché... Oh!» La giovane aveva notato la macchia che il bimbo le aveva lasciato con la guancia bagnata di lacrime sulla spalla. «Va tutto bene piccolo?» chiese, subito preoccupata.

    «Per amor del cielo, Elizabeth» borbottò Rico a denti stretti.

    Si pentì immediatamente di quello scatto e fece appello alla poca pazienza che riuscì a mettere insieme. Il suo segreto aveva messo radici in lui come un cancro, ma non poteva permettere che lo portasse a essere scortese, soprattutto con la persona più generosa e dolce dell'intera famiglia.

    «Non volevo essere così brusco» cercò di giustificarsi recuperando parte del controllo.

    «Nessun problema, Rico.» La cognata gli diede una stretta al braccio. «Capisco.»

    No, non capiva. Ma grazie al cielo Elizabeth sparì lasciandolo solo per un discorso da uomo a uomo con il piccino che non aveva lasciato cadere l'argomento. Infatti provò ancora a chiedere di Cesar che aveva condotto con sé il figlio maggiore, Enrique, a parlare con i produttori di vino.

    «So cosa stai passando» disse al piccino, «lo so meglio di quanto tu possa immaginare.»

    Come Mateo, Rico era il secondogenito, il fratello del futuro duca. Anche lui era stato una figura di secondo piano rispetto all'erede. Ci si aspettava che conducesse una vita senza macchia per non infangare il titolo che non avrebbe mai avuto. Poi c'era la consueta rivalità fraterna. L'invidia era stata naturale, non che ai Montero fosse concessa un'emozione del genere. Le emozioni erano come gli animali d'affezione: richiedono cure continue e particolari.

    Rico salì la scala per raggiungere la camera da letto che era stata trasformata in sala giochi per i bambini, e rispecchiava la soddisfazione di Cesar nell'avere due bimbi in salute, una casa molto bella e una donna dal cuore generoso.

    «Ci sono alcune realtà sulle quali non vale la pena piangerci sopra» cercò di spiegare a Mateo. «Me l'aveva detto anche tuo padre.» Rico se lo ricordava perfettamente.

    Piangi pure finché vuoi. A loro non interessa. Cesar aveva parlato con la voce dell'esperienza quando a Rico era stato negato qualcosa che desiderava disperatamente.

    Cesar aveva cercato di farlo ragionare, forse perché era stufo di vedere il fratello e compagno di giochi immusonito e solitario. La famiglia considerava molto di più la ragione che non la passione. Ed era la ragione che anche adesso lo faceva andare avanti, in silenzio, mantenendo l'ordine, invece che dare spazio al caos se la verità fosse venuta a galla.

    Rico, parecchio tempo prima, aveva chiesto a suo fratello se non si arrabbiasse quando non lo ascoltavano neppure.

    Sì. Per essere un bimbo di sei anni Cesar era molto maturo. Ma arrabbiarsi non serviva a niente. Tanto valeva che lo si accettasse e si pensasse a qualcos'altro.

    Parole con le quali Rico aveva imparato a convivere.

    Comunque era capace di una certa comprensione.

    «Ricordati che se hai bisogno di toglierti un peso dallo stomaco, io ti ascolterò sempre» disse al nipote mentre si sedeva in poltrona con lui in braccio. «Ma talvolta non c'è proprio niente da fare. È una realtà della vita, ragazzo mio.»

    Un po' rasserenato, Mateo decise di esplorare le tasche vuote di Rico.

    «Vuoi che ti legga un libro?» gli propose. Ne prese uno a caso dallo scaffale e cominciò a leggere con tono monotono. Il capo del piccino posato sul suo petto si faceva sempre più pesante.

    «Grazie» mormorò Elizabeth raggiungendoli.

    Annuendo, Rico condusse il piccino nel suo lettino poi seguì la cognata giù dalle scale. «Vado a cercare Cesar. Se Mateo si sveglia non dirgli che traditore sono.»

    «Per la verità volevo invitarti a cena una di queste sere. C'è qualcosa di cui voglio parlarti» riprese Elizabeth. «Possiamo andare nello studio di Cesar? Forse mi lascio trasportare dall'immaginazione. Non ne ho neppure parlato con Cesar.» L'espressione era preoccupata.

    Rico tenne a freno un sospiro, cercando di controllare il cattivo umore che minacciava di esplodere. «Se riguarda il fatto che io mi risposi, ci pensa già mia madre a ripetermelo.»

    La madre, il giorno precedente, gli aveva detto che la cognata pensava fosse troppo presto, senza neppure chiedergli cosa ne pensasse lui. Aveva lasciato intendere che, dal punto di vista di Elizabeth, lui si trovava in uno stato d'incertezza. La sua unica scelta sarebbe stata confermare quella convinzione o assecondare la madre nel suo intento di trovargli una moglie.

    «No, si tratta di qualcos'altro» mormorò Elizabeth chiudendo la porta e indicando il divano. «Forse mi lascio trasportare dall'immaginazione. Non ne ho neppure parlato con Cesar» ripeté.

    Versò due bicchieri di whiskey irlandese e ne porse uno a Rico.

    «Davvero?» la schernì lui chiedendosi di cosa si trattasse. Posò il bicchiere sul tavolino.

    «Ti prego, non essere in collera con me. So di essermi intromessa consigliando a tua madre di non forzarti la mano sulla questione del matrimonio, ma mi preoccupo per te.» Si sedette sul divano, tormentandosi le mani. «Puoi anche non essere espansivo, ma fai parte della famiglia. E non riesco a tacere se penso che tu abbia bisogno...» Serrò le labbra.

    «Elizabeth.» Rico si sforzò di essere gentile. «Va tutto bene.» E prima di essere oggetto di un'altra occhiata pietosa, aggiunse: «Devi smetterla di preoccuparti per me».

    «Non mi è possibile» affermò lei. «E potrebbero esserci altri fattori da prendere in considerazione.» Elizabeth bevve un sorso e lo guardò al di sopra dell'orlo del bicchiere, poi sospirò. «Mi sento ipocrita.»

    Lui aggrottò la fronte. «Perché? Per quale motivo?»

    Anche lei aggrottò la fronte mentre prendeva il cellulare senza accenderlo. «Elsa, la nostra bambinaia mi ha mostrato qualcosa che ha visto sul suo cellulare.»

    «Qualcosa di compromettente? Elizabeth...» Oh, diavolo. Era stato diffuso qualcosa del rapporto del coroner? «Riguarda Faustina?» Digrignò i denti al pensiero.

    «No! Niente del genere. Quando andiamo a cena da tua madre, Elsa viene sempre con noi. Ha fatto amicizia con le sue cameriere e chattano on line.»

    Alla parola cameriere Rico ebbe un sussulto. Decise di dover restare impassibile. Non poteva scoprire le proprie carte prima di sapere esattamente di cosa si trattasse.

    «A essere onesto seguo pochissimo i social» disse con finto disinteresse, «soprattutto dopo che Faustina è morta.»

    «Lo immagino. Ma in un modo o nell'altro credo che tu debba sapere di questo particolare post.» Mordicchiandosi le labbra, Elizabeth accese il cellulare. Apparve una foto che gli mostrò.

    «A una prima occhiata Elsa ha pensato che si trattasse di Mateo vestito da bambina. È per questo motivo che l'ha notata e me l'ha mostrata. Ho dovuto ammettere che in quella foto c'era una certa somiglianza.»

    Rico guardò la foto. Non aveva mai visto Mateo con una tutina rosa, ma il sorriso della bimba era molto simile al suo, con qualche dentino in meno.

    «Ho fatto in modo di rafforzare i miei sistemi di sicurezza» riprese Elizabeth. «Ho sentito dire che alcune foto sono rubate e postate senza permesso. E penso che sia questo che è accaduto. Elsa mi ha assicurato di non aver mai condiviso foto dei bambini con nessuno se non con me e Cesar.»

    Da tempo Rico aveva imparato che alcune sostanze innocue mischiate possono diventare esplosive.

    E Elizabeth gli stava presentando diversi elementi nella provetta. Una cameriera. Una bambina che somigliava molto agli altri bambini della famiglia...

    Non avrebbe permesso che questi elementi si mi-schiassero. Non ancora.

    «Si dice che tutti abbiamo un sosia.» L'abitudine di soffocare le emozioni gli tornò utile. «Pare che tu abbia trovato un sosia di Mateo.»

    «Questa è l'unica foto in cui c'è la piccina molto simile a lui» mormorò Elizabeth riprendendo il cellulare. «Ho controllato l'account. Sua madre è una fotografa.»

    Fotografa. Il contenuto di una provetta cominciò a filtrare nell'altra.

    «Questa fa parte del suo portfolio. Si chiama Poppy Harris. La madre, intendo. La bambina si chiama Lily.»

    Rico sentì contrarsi

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