Una perfetta soluzione
Di Kim Lawrence
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Info su questo ebook
Zoe Grace sa bene di non essere tagliata per fare la governante, ma ha assolutamente bisogno di quel lavoro. Così, quando dopo soltanto due settimane rischia di perderlo, capisce di essere disposta a tutto pur di convincere Isandro Montero, il suo affascinante datore di lavoro, a concederle una seconda chance.
Isandro non può credere che la sua nuova governante sia così inadatta al ruolo, ma lasciarla senza lavoro gli rovinerebbe la reputazione di fronte alla comunità locale. Così decide di aiutarla, facendo allo stesso tempo in modo di averla sempre sott'occhio, cosa che gli permette di vederla sotto un'altra, ben più interessante prospettiva.
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Anteprima del libro
Una perfetta soluzione - Kim Lawrence
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Maid for Montero
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2013 Kim Lawrence
Traduzione di Carla Maria De Bello
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-390-7
1
Parecchi uomini, nella posizione di Isandro, si sarebbero stizziti per l’intrusione della stampa. Lui no. Pensava di doversi lamentare ben poco della propria esistenza, ed era certo fosse assolutamente possibile avere una vita privata anche per chi possedeva un impero finanziario che calamitava l’attenzione dei media di tutto il mondo.
Naturalmente, se gli fosse piaciuto frequentare i nightclub o partecipare alle prime dei film in compagnia di modelle in abiti succinti, tutto sarebbe stato più difficile, ma lui non era particolarmente attratto da quei tipi di passatempi.
Considerava la sicurezza un male necessario, un effetto collaterale del successo; comunque non era un recluso che viveva nascosto dietro mura altissime.
Se avesse avuto una famiglia di cui preoccuparsi, probabilmente avrebbe visto un potenziale pericolo dietro ogni angolo. Ma non era il suo caso. Aveva una ex moglie con cui scambiava solo biglietti d’auguri a Natale, e un padre che vedeva ben poco. E, certo com’era di saper badare a se stesso, non si allarmò quando i cancelli elettronici che proteggevano l’entrata della tenuta, circondata da mura alte tre metri, non si aprirono al suo arrivo perché già spalancati.
Rallentando, ispezionò la zona con fare irritato. Non pensava ci fosse niente di oscuro o di sinistro, piuttosto una trascuratezza che non si sarebbe aspettato da chi lavorava per lui.
Quando posò lo sguardo su un mazzo di palloncini attaccati al cartello che indicava la proprietà privata di Ravenwood, però, l’irritazione aumentò.
Possedeva la tenuta da ormai tre anni e, durante le rare occasioni in cui l’aveva visitata, non aveva mai trovato nulla di cui lamentarsi. Il che era normale, tenuto conto che si circondava solo del miglior personale. I suoi dipendenti, sia che si trattasse di giardinieri o di dirigenti d’azienda, venivano pagati profumatamente e lui pretendeva che quel salario fosse guadagnato.
Non era famoso per la pazienza o i sentimentalismi, né in campo professionale né nella vita privata. Se i dipendenti non raggiungevano gli standard che si aspettava da loro, semplicemente non potevano rimanere al suo servizio.
Allungò il braccio fuori dal finestrino e prese la corda che penzolava dai palloncini. Quando li strattonò, il mazzo si sciolse e i palloncini salirono verso il cielo conquistando la libertà.
Isandro si accigliò. Chiaramente la nuova governante si era fatta sfuggire di mano la situazione.
La responsabile precedente si era sempre dimostrata efficiente, abbinando eccellenti doti di management alla capacità di fondersi al contesto. E non era mai stata inadeguata.
Sotto la sua supervisione non ci sarebbero mai stati palloncini o cancelli aperti. Eppure non poteva neanche accusare la nuova dipendente senza averne le prove. Era sempre stato scrupolosamente equo nei propri giudizi, ed era indulgente verso gli errori.
Ciò che non sopportava era l’incompetenza.
Voleva credere che la nuova governante fosse perfetta quanto l’assistente personale, che aveva esaminato le candidate, aveva indicato. Si fidava del giudizio di Tom: il giovane uomo si era sempre dimostrato eccellente, ed erano stati proprio i suoi sforzi e la sua diplomazia a calmare gli animi quando Isandro aveva acquistato la tenuta.
Tre anni prima la comunità locale aveva accolto quel cambiamento di proprietà con un atteggiamento talmente difensivo da rasentare l’ostilità; tuttavia, aiutato da Tom, Isandro aveva affrontato la situazione con il pragmatismo che da sempre lo caratterizzava. Non cercava l’amicizia dei vicini, ma neppure desiderava essere in conflitto con loro. Così, grazie alla promessa di assumere solo artigiani locali perché si occupassero del restauro della tenuta e soprattutto grazie alla cospicua donazione per il nuovo tetto della chiesa, la tensione iniziale si era ridotta fino a svanire.
Ormai considerava la situazione risolta.
Di tutte le proprietà in suo possesso, questa era l’unica in cui Isandro si sentisse davvero a proprio agio. Era splendida, e lui adorava la bellezza. Vi invitava solo gli amici più stretti e non oltrepassava mai i cancelli senza pensare che stava liberandosi della pressione del lavoro.
Riflettendo sui successivi due giorni di raro relax, un mezzo sorriso gli curvò le labbra mentre, lentamente, attraversava in auto l’entrata ornata di pilastri.
Un istante più tardi dovette bloccarsi di colpo.
I palloncini avrebbero anche potuto essere un caso; quello che si trovò davanti agli occhi però non lo era. Curiosamente nascosto dietro un pilastro c’era uno scatolone rovesciato.
In un misto di irritazione e crescente incredulità, Isandro lesse il cartello che informava di come le uova fossero di galline allevate all’aperto e costassero una sterlina ogni mezza dozzina. Non c’era traccia delle uova menzionate, soltanto un barattolo pieno di monete e diverse note che suggerivano come lo scambio fosse stato veloce e proficuo.
Strinse sul volante le lunghe dita abbronzate. Aveva percorso quasi la metà del lungo viale di ippocastani quando il frastuono lo assalì, un misto di musica, risate, cani che abbaiavano e voci allegre.
«Cosa diavolo...?»
Imprecò a denti stretti e premette l’acceleratore. Un attimo dopo frenò di scatto, arrestando l’auto in cima alla collina che regalava il primo scorcio di quella deliziosa villa considerata da tutti una gemma architettonica di straordinaria bellezza.
Il prato perfettamente rasato, sul quale di tanto in tanto osservava gli ospiti giocare a cricket, e dove si era immaginato a godere il silenzio e la solitudine, sorseggiando brandy e magari godendosi la lettura di un buon libro dopo un mese di intense negoziazioni, era appena visibile tra un padiglione imponente, diverse tende satellite, un palcoscenico improvvisato, un gruppo di bancarelle e ciò che appariva essere un piccolo... sì, era decisamente un luna-park, realizzò identificando delle tazze giganti che lentamente ruotavano su se stesse. Il volume era talmente alto da vibrargli in petto persino da quella distanza.
Fissando incredulo quello spettacolo surreale, Isandro prese a camminare come in un incubo mentre una voce al megafono annunciava che il vincitore della gara canina era Herb.
Imprecò a voce alta e in diverse lingue. Altro che allontanare lo stress! Il risentimento raggiunse livelli altissimi e, mentalmente, l’uomo disse addio al tanto agognato riposo.
La sensazione di trovarsi in una sorta di universo alternativo si intensificò mentre un palloncino gli sfiorava la testa. Con gli occhi simili a schegge di ghiaccio imboccò la strada secondaria che portava al retro della casa, area che sembrava miracolosamente non contaminata dalla follia circostante.
Entrando in villa strappò qualche grappolo dalla vite che cresceva a spirale sul tetto. Raggiunse lo studio senza incontrare anima viva; all’interno vi trovò finalmente qualcuno: una bambina mai vista prima, quasi nascosta mentre giocava sulla sua poltrona di pelle.
Quando lo vide, la piccola tentò di arrestare la sedia, lasciando la netta impronta di un dito appiccicoso sul legno tirato a lucido della scrivania.
Le labbra si torsero in una smorfia di disgusto. Aveva pochi amici con figli, e la frequentazione con loro si era limitata a qualche breve apparizione durante i battesimi per la consegna dei regali. Nessuno di quei bimbi aveva però ancora raggiunto quell’età... Cinque? Sei anni?, si chiese studiando il viso coperto di lentiggini della piccola.
«Ciao. Stai cercando il bagno?»
La domanda si rivelò talmente inaspettata che per un attimo Isandro si trovò spiazzato.
«No.» Era normale per un bambino essere così padrone di sé? Non sembrava affatto turbata dalla sua presenza.
«Oh...» Riprese a muoversi sulla sedia. «La signora lo cercava, gli altri invece cercavano Zoe. La stai cercando anche tu? Riesco a fare cinquanta giri senza sentirmi male. Probabilmente potrei farne anche di più, se lo volessi.»
Isandro bloccò lo schienale della poltrona prima che lei si lanciasse nella dimostrazione. «Ne sono sicuro.»
«Hai raccolto dell’uva.» La bambina guardò i grappoli che Isandro aveva accuratamente colto dalla vite rampicante. «Non avresti dovuto farlo» lo ammonì scuotendo il capo. «Passerai dei guai, magari andrai addirittura in galera.» L’idea sembrava soddisfarla.
«Grazie per l’avvertimento. Ne vuoi un po’?» La piccola pareva talmente a proprio agio che per un attimo Isandro iniziò a domandarsi se la casa non fosse stata abusivamente invasa senza che nessuno lo avesse avvertito.
«Non posso. Sei uno sconosciuto. E poi è aspra.»
«Georgie!»
Al suono di quella voce armoniosa eppure leggermente rauca, Isandro sollevò la testa.
«Sono qui!»
Un istante più tardi una donna comparve sulla soglia, era alta, snella, i capelli scuri e un fisico che rasentava la perfezione. La prima impressione fu di un’eleganza e una sensualità talmente concreta da lasciarlo quasi stordito. Sembrava non riuscisse a smettere di guardarla.
Possedeva gli occhi più straordinari che avesse mai visto, un blu elettrico leggermente attenuato agli angoli, e una bocca che avrebbe fatto desiderare a qualsiasi uomo di poter assaggiare quelle morbide labbra rosate. Dovette sforzarsi di tenere a freno l’immaginazione...
«Georgie, non dovresti essere qui. Te l’avevo detto. Oh...!» Zoe si fermò di scatto. Spalancò gli occhi e, emettendo un preoccupato respiro, registrò la presenza dell’alta figura che sovrastava la nipote.
La strana riluttanza che provò a entrare nella stanza fu forte, ma l’istinto di protezione nei confronti della piccola lo sopraffece nettamente. Con un cauto sorriso avanzò verso di loro.
Erano state tante le volte in cui l’avevano accusata di fidarsi troppo e di essere eccessivamente incline a preoccuparsi degli altri; tuttavia, da quando era diventata responsabile di quella bambina di sette anni e del suo fratellino, Zoe aveva sviluppato una cautela che minacciava di sfociare in paranoia.
Si avvicinò a quell’uomo mai incontrato prima e, senza distogliere lo sguardo dall’affascinante viso di lui, allungò una mano in direzione della nipote.
«Vieni qui, Georgina» le intimò sforzandosi di non spaventarla. Anche se era difficile che accadesse, considerato che la bambina non aveva il minimo senso del pericolo. I suoi veri genitori avrebbero saputo come rendere cauti i figli senza spaventarli inutilmente... ma Zoe non era una vera mamma, piuttosto si sentiva la patetica sostituta di due persone eccezionali.
Trasse un profondo respiro e tentò di liberarsi dall’opprimente peso di emozioni che continuavano a pervaderla quando meno