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Incanto per due: Harmony Collezione
Incanto per due: Harmony Collezione
Incanto per due: Harmony Collezione
E-book145 pagine1 ora

Incanto per due: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dopo tre mesi di separazione, Sorrel e Reece Villiers si incontrano nello studio di un avvocato per discutere del loro divorzio. La vista della moglie scuote nel profondo Reece, che decide così di convincere Sorrel a tornare a casa con lui per provare a ricostruire il loro rapporto. Le priorità dell'uomo, però, sembrano non essere cambiate, e il lavoro continua a tenerlo lontano da casa. Oltretutto, è assai orgoglioso, e far finta che con la moglie mesi prima non fosse successo niente è per lui molto difficile. Ma la situazione spinge la coppia a fare di tutto pur di far prevalere il loro amore.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788858952009
Incanto per due: Harmony Collezione
Autore

Maggie Cox

Quando non è impegnata a scrivere o a badare ai figli, ama guardare film romantici mangiando cioccolato.

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    Anteprima del libro

    Incanto per due - Maggie Cox

    successivo.

    1

    Sorrel aveva temuto quel momento, e la stanza formale in cui l'avevano fatta accomodare sembrava confermare il suo terrore. Nulla di buono poteva succedere in quel locale sterile.

    Nonostante la magnifica giornata di primavera che avrebbe fatto gioire chiunque di essere al mondo, all'interno di quell'ufficio non c'erano barlumi di speranza o di rinnovamento. E come avrebbero potuto esserci, dato che Sorrel era lì per incontrare il marito che aveva lasciato tre mesi prima e discutere del loro divorzio?

    Le sembrava di avere lo stomaco annodato e si sentiva così da giorni. Inconsciamente arrotolò le dita intorno al lembo del vestito, ma la stoffa sembrava fredda come se fosse stata immersa nel ghiaccio e lei la lasciò andare.

    Il pensiero di rivedere Reece la riempiva di gioia e dolore insieme. Aveva sempre ritenuto che il loro amore fosse indistruttibile... che sarebbe sopravvissuto a qualsiasi scossa o mareggiata. Gli ultimi mesi avevano messo a dura prova quella convinzione.

    Reece si era dimostrato freddo e insensibile la notte in cui aveva deciso di lasciarlo. Era stato così preso dal suo lavoro, che non si era accorto che lei aveva dei desideri che chiedevano solo di essere soddisfatti. Suo marito aveva ritenuto fosse lei quella intollerante, quella che creava problemi, quando in realtà non ce n'era alcuno.

    La mattina seguente, dopo la peggior litigata che avessero mai avuto, Reece se n'era andato presto per prendere un treno per York per promuovere un concerto di musica classica, e Sorrel non era nemmeno riuscita a vederlo. In cuor suo era convinta che, se fosse stato interessato a riparare i cocci della loro unione, non avrebbe preso quel treno. Avrebbe rimandato quell'urgente e importante incontro d'affari e sarebbe rimasto a casa.

    La scelta del marito non le aveva lasciato altra alternativa che preparare i bagagli e andarsene.

    Sconsolata e malinconica, aveva abbandonato la casa che condividevano a Pimlico, nei pressi di Londra, e si era trasferita a Suffolk dalla sorella Melody e dalla sua famiglia.

    Era avvilita da tutto... le litigate, il dolore, le accuse, i terribili sospetti su chi Reece frequentava durante i lunghi periodi di separazione, quando per lei il tempo sembrava scorrere con insopportabile lentezza. Non c'era attività o compagnia che potesse colmare il vuoto lasciato dalle ricorrenti assenze del marito.

    Quando lo aveva sposato, era stata consapevole che, dato il suo ruolo di impresario musicale, Reece avrebbe viaggiato di continuo. Essendo lei una modella, era abituata a girare per il mondo a sua volta. Però era arrivato il momento in cui non aveva più agognato di partire, ma di restare a casa e creare una vera famiglia con Reece. D'improvviso aveva desiderato mettere radici.

    I litigi erano iniziati quando lui le aveva dimostrato di non condividere quel suo desiderio. Al contrario, i suoi impegni sembravano essere aumentati e Sorrel a volte non lo vedeva per settimane, salvo che non decidesse di partire con lui. Ma col passare del tempo aveva perso la voglia di seguirlo.

    «Non appena arriverà il signor Villiers prenderemo un caffè, signora Villiers. Tutto bene? Mi sembra infreddolita, se posso permettermi. Vuole che chiuda la finestra?»

    Sorrel levò lo sguardo sull'avvocato che si era alzato dal lungo tavolo ovale. «No, la prego, non la chiuda!» lo supplicò.

    La fresca aria primaverile era la sola cosa che l'aiutava a tenere l'ansia sotto controllo ed era certa che, se l'uomo avesse chiuso la finestra, non sarebbe riuscita ad affrontare Reece e ad accettare che lui non l'amasse più.

    Era stato lui a organizzare quell'incontro con il suo avvocato per discutere del divorzio.

    Sorrel aveva pianto tutte le sue lacrime quando aveva ricevuto la lettera quindici giorni prima, a casa della sorella. Aveva sperato in un contenuto completamente diverso dalle fredde righe che le aveva scritto Reece. Da stupida qual era, aveva sperato di leggere parole di perdono e compromesso... parole di speranza che per loro ci fosse ancora una possibilità. Ma non era così...

    Voci sommesse fuori della porta le preannunciarono l'arrivo del marito. In preda al terrore all'idea di rivederlo, si irrigidì e sollevò il mento, sperando che il suo turbamento non fosse così palese. Perché regalargli altre munizioni per abbatterla, quando ne aveva già così tante a disposizione? Quell'uomo aveva rappresentato tutto il suo mondo, e ora le stava dimostrando di non volerla più. Sorrel non riusciva a sopportarlo e non voleva di certo che lui percepisse il suo dolore.

    Non appena entrò nella stanza, Reece la cercò con lo sguardo, ma subito dopo lo distolse come se lei non fosse stata altro che un'estranea insignificante. Quegli occhi che un tempo l'avevano ammirata, ora le sembravano freddi e ostili... come se l'amore non avesse mai abitato nella loro profondità verde smeraldo...

    Sorrel riuscì a resistere alla tentazione di correre fuori dalla stanza in preda al dolore.

    «Benvenuto, signor Villiers. Si accomodi, mentre vado a dire alla mia segretaria di portarci il caffè. Con permesso...»

    Edward Carmichael, il ricco ed elegante avvocato di Reece, lasciò la stanza. Sorrel avvertiva la tensione di suo marito, ma non sapeva cosa dirgli. Alla fine fu lui a parlare per primo.

    «Sei venuta a Londra in macchina?» le domandò in tono neutro.

    «No, ho preferito prendere il treno. Inizialmente avevo optato per la macchina, ma poi... ho cambiato idea per paura del traffico» tagliò corto Sorrel. Era stata sul punto di confessargli che negli ultimi giorni era stata male di stomaco, ma poi si era ben guardata dal rivelargli un dettaglio così intimo, per timore di assistere alla sua indubbia mancanza di preoccupazione. «Almeno sono riuscita a leggere il mio libro durante il tragitto.»

    Reece si slacciò la giacca e si mise seduto davanti a lei. «Se tutto va bene, possiamo farla finita alla svelta e senza sofferenze» constatò, prendendo una brocca dal tavolo e versandosi dell'acqua.

    Era davvero ciò che sperava? Allora doveva avere proprio un cuore di pietra, pensò Sorrel disperata. Il suo sguardo ferito si posò sul bel viso davanti a lei, con la simmetria impeccabile, la piccola fessura nel mento che lei aveva sempre trovato molto sexy, i profondi occhi verdi e i capelli scuri. Non riusciva a credere che un tempo lui l'avesse definita la donna dei suoi sogni. Ora la guardava come se sopportasse a fatica l'idea di trovarsi nella stessa stanza con lei!

    «Io... io non mi aspettavo una lettera simile da te» si sforzò di dirgli, perché sentiva il bisogno di uno scambio più personale, anche se significava sofferenza. Ma l'avvocato rientrò proprio in quel momento, seguito da una donna che lasciò sul tavolo un vassoio con i loro caffè e uscì subito. Edward Carmichael si sedette, incrociò le mani sul tavolo e si schiarì la gola.

    Reece aveva provato un tuffo al cuore alla vista della sua bellissima e giovane moglie. Sapeva di aver trascorso la maggior parte dei due anni e mezzo di matrimonio viaggiando per lavoro, ma le ultime undici settimane gli erano sembrate un'eternità senza di lei. Quando era stato via in precedenza sapeva che avrebbe trovato Sorrel a casa ad aspettarlo. Ora invece la moderna villa che aveva fatto costruire apposta per lei pareva una prigione di vetro e acciaio senza sua moglie. Una lussuosa prigione di vetro e acciaio, piena di mobili costosi e objets d'art, grandi stanze vuote senza nessuno che le apprezzasse o le usasse.

    Perché restare in casa per Reece era un ricordo troppo dolente di ciò che aveva perso.

    Nonostante questo, però, non riusciva più a guardare la perfezione angelica di Sorrel con gioia o piacere genuini. Lei lo aveva lasciato, dimostrandogli chiaramente il proprio disprezzo. Non aveva avuto nemmeno la decenza di lasciargli due righe di addio. Gli unici messaggeri della sua partenza erano stati l'armadio vuoto e due valigie mancanti. In quei tre mesi Reece non aveva ricevuto né una lettera, né una telefonata dalla moglie per sapere come stesse o che intenzioni avesse in merito al loro rapporto.

    Si era torturato col pensiero che Sorrel potesse aver incontrato qualcun altro, che avesse una relazione con un altro uomo e non avesse avuto il coraggio di confessarglielo.

    Certo che fosse andata da sua sorella Melody, aveva telefonato alla cognata e, dopo aver ricevuto la rassicurazione che sua moglie non frequentava nessun altro, si era rassegnato all'idea della sua assenza. Tuttavia aveva deciso di non aspettare che fosse lei a prendere l'iniziativa. Un divorzio rapido e semplice era forse la soluzione migliore per loro. Perché procrastinare, considerato che non avevano fatto altro che litigare negli ultimi mesi?

    Reece non ne poteva più. Non si era mai nemmeno lontanamente sognato che l'angelo mite che aveva sposato gli avrebbe reso la vita così complicata, o che lo avrebbe fatto alterare con tanta facilità. La tensione fra loro aveva influito negativamente sul suo lavoro perché, invece di concentrarsi come avrebbe dovuto, pensava sempre alla loro situazione. Rivederla in quel momento, dopo quasi tre mesi, non rendeva affatto le cose più semplici...

    «Possiamo procedere?»

    Omaggiando entrambi del suo sorriso professionale, il viscido Edward Carmichael estrasse dei fogli da una cartelletta, mettendo in chiaro che dovevano rivolgere la loro attenzione a lui e non l'uno all'altro.

    Le mani dell'avvocato erano piccole e bianche, notò Sorrel, e le dita perfettamente curate, con una spessa fede d'oro all'anulare. Distolse lo sguardo, pentendosi improvvisamente di aver rimosso proprio quella mattina la vera di platino che Reece le aveva messo al dito il giorno del loro matrimonio. Scioccamente, aveva temuto che le avrebbe chiesto di restituirgliela. Ora si rendeva conto che lui avrebbe potuto interpretare il fatto che non la portava più come un accordo alla sua proposta di porre fine al loro matrimonio. In preda ai sensi di colpa, si coprì la mano sinistra con la destra.

    Lei non voleva quel divorzio. Non aveva mai voluto che le cose tra lei e Reece arrivassero a quel punto di rottura. Se solo avesse provato a parlargli dopo la sua fuga, forse avrebbero avuto la possibilità di salvare il loro rapporto. Invece si era ostinata alla chiusura e al silenzio nella vana speranza che fosse lui a chiamarla per primo, porgendole le sue scuse.

    Le aveva rivolto delle parole terribili quella fatidica sera, parole che erano state come lame che le avevano trafitto il cuore. Per questo aveva sperato che fosse Reece a fare il primo passo per la riconciliazione, invece lui chiedeva il divorzio.

    Sollevò lo sguardo per studiare l'espressione del marito e notò con dolore che non era più disponibile o comprensiva di quando era arrivato. Era chiaro che non vedesse l'ora di tagliare qualsiasi legame con lei al più presto.

    «Se non le dispiace, le sarei grato se potessimo procedere piuttosto alla svelta» replicò Reece alle parole dell'avvocato. «Devo prendere un treno per Edimburgo tra meno di due ore.»

    Fu in quel

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