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Spettacolo privato (eLit): eLit
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E-book187 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Sex for beginners 1
Gemma, Zoe e Violet, dopo dieci anni, ricevono ancora sigillata la lettera scritta durante il corso teorico Sesso per principianti... Le loro fantasie erotiche, che ora vedranno una realizzazione!

Tutta colpa di quella lettera...
Gemma Jacobs sa di avere bisogno di una nuova vita, soprattutto sessuale. Fresca di divorzio, ha giurato che penserà molto più a se stessa ma ricevere la busta con un lavoro svolto al college con la descrizione della sua fantasia sessuale più segreta e proibita la scombussola non poco.

Farsi guardare dagli altri le piaceva e le piace ancora, soprattutto se sono degli sconosciuti sexy come il suo vicino di casa. Chev Martinez sembra gradire particolarmente il suo show dalla finestra, ma cosa ne sarà di lei quando Chev deciderà di passare all'azione?
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2018
ISBN9788858988954
Spettacolo privato (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Spettacolo privato (eLit) - Stephanie Bond

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Watch and Learn

    Harlequin Blaze

    © 2008 Stephanie Bond, Inc.

    Traduzione di Elisabetta Frattini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-895-4

    1

    A Gemma White piaceva fare l’amore di mattina. Quando le lenzuola erano calde, i muscoli riposati e pronti all’azione e la giornata aperta a tutte le possibilità. Fare l’amore al mattino era una chicca riservata a pochi fortunati: ai nuovi amanti che ignoravano l’impulso di sgattaiolare via nel cuore della notte, a quelli di vecchia data a cui piaceva svegliarsi insieme e alle coppie sposate, abbastanza assennate da approfittare di un momento in cui il corpo del partner era pronto ad accogliere la passione.

    Gemma sorrise rigirandosi e allungando con un gesto amorevole la mano verso il lato del letto dove dormiva Jason. Quando le sue dita incontrarono il vuoto, spalancò gli occhi, schiacciata dalla realtà.

    Jason se ne era andato.

    Il desiderio che aveva incominciato a manifestarsi in lei sotto forma di intenso calore all’altezza dell’addome si dissolse, soffocato da una sensazione di profonda tristezza. L’umiliazione e il trauma provocati dall’abbandono di suo marito non si erano mitigati nelle settimane appena trascorse. Al contrario, sembravano essersi incisi nel suo cuore come le tracce di una ruota di bicicletta sul fango fresco.

    Le sue mattine sarebbero mai più tornate serene?

    Lo squillo del telefono ruppe il silenzio. Gemma chiuse gli occhi, maledicendo la persona che la stava chiamando intromettendosi in quel momento di mestizia. Dopo il quarto irritante squillo il telefono smise di suonare, poi ricominciò. Rassegnata, Gemma fece scivolare le gambe giù dal letto e allungò una mano per sollevare il ricevitore.

    «Pronto?»

    «Ti sei già alzata, non è vero?» le chiese Sue, la sua migliore amica.

    «Sì.»

    «Sei in piedi e vestita?»

    Gemma si alzò di scatto. «Certo.»

    «Che cosa hai in programma per oggi?»

    «Be’...» Gemma accese la luce e guardò la stanza in cui regnava un disordine assoluto. Non c’era superficie che non fosse occupata da panni sporchi e il pavimento era cosparso di fazzoletti di carta appallottolati. «Pensavo di dedicarmi alle faccende di casa.»

    «Bene. È meglio che sia tutto in ordine nel caso tu ricevessi qualche vista.»

    «È un modo per dirmi che stai venendo a Tampa?» chiese Gemma in preda al panico. Non era pronta ad affrontare l’assalto frontale dell’amica. Sue avrebbe fatto irruzione in città come un panzer, armata di infinite frasi di incoraggiamento che lei, ancora troppo ferita e vulnerabile, non era pronta ad ascoltare. Aveva bisogno di tempo per riprendersi prima di poter discutere del suo matrimonio fallito davanti a una tazza di caffè o durante una sessione di shopping.

    «Purtroppo non posso assentarmi dal lavoro in questo momento» spiegò Sue, «lo dicevo nel caso in cui Jason dovesse farsi vivo.»

    Gemma strinse più forte le dita intorno al ricevitore. «L’hai visto? Verrà qui?»

    «No, non l’ho visto, ma nel caso in cui decida di passare a trovarti è meglio che tu e la casa siate impeccabili.»

    Come se il divorzio l’avesse lasciata indenne. In ogni caso era antifemminista comportarsi come se l’abbandono da parte di suo marito l’avesse devastata. Dov’era finito il suo orgoglio?

    «L’hai detto ai tuoi genitori?»

    «No.»

    «Che cosa aspetti?»

    «Il divorzio non è ancora definitivo.»

    «Gemma, non puoi rimandare ancora.»

    «Per loro sarà una sofferenza immensa, considerano Jason come un figlio.»

    «Data la posizione di Jason nello staff del governatore, presto ne parleranno i giornali locali. È così che vuoi che sappiano del tuo divorzio?»

    «No.» Ma non voleva nemmeno che sua madre l’asfissiasse. «Li metterò al corrente presto.»

    «Hai trovato un lavoro?»

    Un altro dilemma. Essere disoccupata non era così insolito per la moglie di un procuratore generale, ma non altrettanto pratico per una divorziata che non percepiva alimenti. «Non ancora» ammise.

    Un rumore proveniente dall’esterno attirò la sua attenzione verso la finestra che dava sul giardino. Avvicinandosi alla leggera tenda bianca sbirciò nel cortile ingombro di erbacce della casa confinante. Un uomo alto, dai capelli scuri e lucidi stava sfilando dal terreno il cartello con la scritta vendesi che nei due anni in cui lei abitava lì non era mai stato tolto.

    «L’hai almeno cercato?» insistette Sue.

    «Lo farò. Oggi.»

    «Va bene.» Il tono scettico di Sue vibrò lungo la linea telefonica. «Gemma, devi darti una mossa.»

    «Lo so e lo farò. Ho solo bisogno di un po’ di tempo per assimilare la nuova realtà» spiegò scostandosi i capelli dal viso. Dalla cintura con gli attrezzi che portava in vita, si evinceva che l’uomo era un operaio a cui il nuovo proprietario aveva affidato il compito di sistemare la casa. L’idea che la fatiscente villa in stile spagnolo, dalle favolose linee esotiche, stesse finalmente per essere ristrutturata la rallegrò. Quando l’uomo sollevò lo sguardo scuro sulla finestra del secondo piano, lei si ritrasse lasciando ricadere la tenda.

    Doveva aver pensato che anche la sua casa fosse disabitata notando la pila di giornali abbandonati sotto il portico e le erbacce che stavano soffocando i bellissimi fiori di zenzero e dell’uccello del paradiso. Curare le piante esotiche che prosperavano nel clima umido della Florida era sempre stato il suo passatempo preferito. Ma da quando era tornata dall’ultima udienza in tribunale la settimana prima, le era sembrato inutile avventurarsi oltre la porta d’entrata.

    «Sono sicura che le società che negli anni hai aiutato a raccogliere fondi saranno più che felici di offrirti un posto di lavoro.»

    «Forse, ma non intendo approfittare dei vantaggi che può offrirmi l’essere stata la moglie di Jason.»

    «Non c’è niente di male nell’usare il suo nome per ottenere un impiego. Una volta trovato quello che cerchi avrai modo di dar prova delle tue capacità.»

    Gemma sapeva che la sua amica era mossa dalle migliori intenzioni, ma non accettava l’idea di usare le conoscenze di Jason per un tornaconto personale. «Non voglio mettermi in condizione di essere grata a Jason per qualcosa, né tanto meno di trovarmi a contatto con persone che si aspettano che gli chieda dei favori per loro.»

    «Io ho dei contatti a Tampa, potrei fare qualche telefonata» si offrì Sue.

    Certo, i soci di Sue sarebbero stati felicissimi di assumere una donna trentaduenne con una laurea in storia dell’arte di cui non se ne sarebbero fatti nulla. Meglio risparmiare a entrambe l’imbarazzo di un tale passo falso. «Ti ringrazio, ma preferisco davvero cavarmela da sola.»

    «Come vuoi» acconsentì Sue in tono preoccupato. «Ti auguro una buona giornata. Ci sentiamo dopo.»

    Gemma riagganciò sospirando. Non aveva nessun diritto di essere irritata con Sue. La sua amica stava solo cercando di aiutarla a uscire da una situazione che le aveva colpite entrambe nel profondo. Anche Sue si era sentita tradita da Jason. Era stata lei a presentarlo a Gemma quando frequentavano insieme l’università di Jacksonville e Jason studiava legge alla University of Florida nella vicina Gainesville. Sue era stata sempre presente quando avevano incominciato a frequentarsi, quando si erano innamorati e sposati, diventando una coppia pubblica con una certa influenza politica.

    Li ho fatti conoscere io era solita ripetere a ogni evento politico e quando Gemma l’aveva chiamata in lacrime per informarla dell’imminente divorzio, in un primo momento Sue non le aveva creduto. Come Gemma, non riusciva a concepire perché Jason gettasse alle ortiche dieci anni di matrimonio senza alcun preavviso e senza rimorsi, come se si fosse trattato di una delle centinaia di decisioni che prendeva quotidianamente.

    Se davvero esistevano cinquanta modi per lasciare la propria amante, come sosteneva la canzone di Paul Simon, lui aveva scelto uno dei più crudeli. Aveva chiesto a Gemma di preparargli una valigia per un viaggio improvviso e di portargliela in ufficio. Poi, dopo essersi assicurato che contenesse le sue cravatte e le sue scarpe preferite, l’aveva informata che il loro matrimonio non funziona più e che voleva il divorzio.

    Gemma ricordò di aver riso di quel commento. Jason possedeva uno strano senso dell’umorismo. Ma quando l’aveva guardata con gli occhi azzurri carichi di compassione, aveva capito che non stava scherzando. «Vado a Tallahassee da solo. È finita.»

    È finita. L’aveva detto come se invece del loro matrimonio a finire fosse stato un programma televisivo o una canzone.

    Un rumore proveniente dalla villa confinante la distrasse dai ricordi. Gemma si asciugò il sudore sul collo, rendendosi improvvisamente conto di essere appiccicosa e che l’aria nella stanza era soffocante. Un’occhiata al termostato del condizionatore le rivelò che qualcos’altro si era guastato mentre lei era distratta.Spostandosi da una camera all’altra aprì tutte le finestre del secondo piano per cercare di far uscire l’afa. La stanza che Jason aveva trasformato in studio sembrava essere stata violata, priva di mobili e con tanto di ragnatele negli angoli più improbabili. Dalle pareti pendevano cavi scoperti che una volta avevano fornito corrente per le diverse attività.

    Era così che anche lei si sentiva. Staccata dalla propria fonte di energia e non desiderata.

    Quando tornò in camera per aprire la portafinestra, lanciò un’occhiata alla villa confinante e sobbalzò nel momento in cui le persiane screpolate della finestra a pochi metri da lei si aprirono e l’uomo dai capelli scuri apparve alla sua vista. Gemma indossava un top leggero e non portava il reggiseno, ciononostante non riuscì a spostarsi quando il suo sguardo si posò su di lei. Inclinando la testa, l’uomo accennò un saluto.

    Gemma rispose con un sorriso tirato, ma ormai lui era già scomparso.

    Il sorriso si trasformò in una smorfia. Lanciando un’occhiata al cielo, si coprì gli occhi con una mano per proteggerli dalla luce. In contrasto con l’oscurità che regnava all’interno, la giornata di primavera era luminosa.

    Aveva immaginato che per quel periodo avrebbe abitato a Tallahassee, in una nuova casa, vicina all’ufficio di Jason, pronta a socializzare con il circolo di amici del governatore, calandosi nella parte della moglie perfetta che aveva imparato a essere. Bella, erudita, ignorata.

    L’aggettivo si insinuò subdolamente nei suoi pensieri inducendola a irrigidirsi. Lei era stata una parte integrante della vita di Jason, lo aveva aiutato a raggiungere i suoi obiettivi, a realizzare i suoi sogni, i loro sogni. Aveva avuto un ruolo importante. Forse Jason non l’amava più, ma non l’aveva mai ignorata.

    Altrimenti come sarebbe potuta essere felice?

    Incupita, si allontanò dalla finestra e scese al piano terra alla ricerca di qualcosa di fresco da bere. La cucina era immersa nel buio e il silenzio era rotto unicamente dal ronzio del frigorifero. L’odore pungente di frutta matura permeava l’aria. Da una fruttiera di acciaio Gemma prese una pera e l’addentò, poi aprì il frigorifero alla ricerca di una bottiglia di tè, che trovò nascosta dietro alle Red Bull di Jason.

    Bevendo, in attesa che la teina facesse effetto, cercò di concentrarsi su ciò di cui doveva occuparsi. Sue aveva ragione su una cosa: doveva trovarsi un lavoro. Era più fortunata della maggior parte delle donne divorziate, avendo ricevuto al posto di un assegno di mantenimento la casa, la macchina e un piccolo conto in banca. Non volendo sperperare il poco denaro che le restava, si vedeva costretta a trovare una nuova fonte di reddito per mantenere quei beni.

    Un lavoro l’avrebbe aiutata a tenersi occupata e a ricostruirsi una vita. Il suo futuro si presentava sotto forma di un annuncio di offerta di lavoro.

    Infilandosi un paio di short e una maglietta, raccolse i capelli in una coda di cavallo, quindi andò ad aprire la porta d’ingresso e a piedi nudi uscì sotto il portico. Le beole grigie erano ruvide sotto i suoi piedi. Le due sedie intorno al tavolo erano ricoperte di foglie e di polvere. Raccogliendo i giornali si voltò per lanciarli in casa, poi fissò lo sguardo sul giardino trascurato. Aggiunse la manutenzione alla lista di cose da fare.

    Era incredibile come, nel giro di pochissimo tempo, alcuni dettagli potessero sfuggire completamente al controllo di chi li aveva sempre curati e seguiti.

    Avviandosi verso la cassetta delle lettere lanciò un’occhiata alla villa adiacente. La struttura gialla a due piani dal tetto in tegole rosse e dai dettagli in ferro battuto era una delle ultime ville, nel vecchio ed eclettico circondario, a dovere essere ancora ristrutturata. Le sembrava di ricordare che fosse stata venduta all’asta. Era un vero peccato perché propriamente ristrutturata, sarebbe diventata un gioiello, sicuramente molto più interessante di quella in cui lei e Jason si erano stabiliti.

    L’operaio dai capelli scuri non era visibile, ma la sua presenza era nell’aria. Il cartello vendesi era sparito e due scale erano appoggiate contro il muro anteriore. Un compressore era stato installato davanti alla porta. Gemma sorrise, sollevata nel sapere che alla fine la casa avrebbe ottenuto le attenzioni che meritava.

    Sulla cassetta delle lettere accanto al suo c’era ancora il nome di suo marito, un altro dettaglio da correggere. All’interno c’erano una serie di riviste e di cataloghi che a Jason piaceva leggere. Ci sarebbe voluto un po’ prima che incominciassero a spedirli al nuovo indirizzo. Gemma caricò la posta su un braccio sfogliandola pigramente, mentre tornava verso il portico. La sua mano si fermò su una grande busta marrone. Entrando in casa si chiuse la porta alle spalle e appoggiò il resto della posta sul tavolo della

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