La conquista del playboy: Harmony Collezione
Di Miranda Lee
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Info su questo ebook
Quando sei attraente, carismatico e di successo come il milionario Jeremy Barker-Whittle, non hai certo problemi a trovare ogni sera una donna diversa disposta a cadere tra le tue braccia. Così, quando Alice Waterhouse dice no, gli lancia una sfida che lui non può fare a meno di raccogliere.
Tuttavia, la scoperta della vera natura di Alice stravolge tutti i suoi piani: ai baci sensuali e avidi che aveva immaginato si sostituiscono carezze languide e delicate. Ma fino a che punto un cinico playboy come Jeremy potrà resistere?
Mentre lui si lascia andare alla tentazione di essere il primo uomo a darle piacere, non sa che Alice sarà la prima donna in grado di riuscire a domarlo.
Miranda Lee
Scrittrice romantica, e moglie fortunata di un uomo molto, generoso!
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Anteprima del libro
La conquista del playboy - Miranda Lee
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1
Dovrei essere più felice, pensò Jeremy nel suo ufficio, appoggiando i piedi sulla grande scrivania. La mia vita è pressoché perfetta. Sono sano come un pesce, ricchissimo e single. Inoltre non sono più consulente capo investimenti nella sede londinese dell'impero bancario Barker-Whittle. Un vero sollievo!
Lavorare per il suo famoso padre non era ciò che Jeremy considerava un'occupazione divertente. Si era dimostrato bravo nel suo lavoro, ma nonostante le lodi e i bonus generosi che aveva guadagnato negli anni, preferiva essere il capo di se stesso, così aveva usato parte di quella ricchezza per acquisire una casa editrice fallimentare, che si stava già rivelando un successo piuttosto sorprendente.
L'obiettivo iniziale di Jeremy era stato il business dello sviluppo edilizio: l'anno prima aveva acquistato una casa in una delle migliori strade di Mayfair, a quel tempo tenuta in affitto dalla casa editrice. Il proprietario insisteva per rimanere fino alla scadenza del contratto, così Jeremy gli aveva fatto un'offerta che non aveva potuto rifiutare, risolvendo il problema. La sua intenzione era stata quella di spostare la sua nuova attività in una sede più economica, e di ristrutturare e trasformare la proprietà in tre appartamenti di lusso.
Le cose però erano andate diversamente: le persone che lavoravano alla Mayfair Books si erano rivelate simpatiche, oltre che preoccupate di perdere il lavoro. E in fondo gli piacevano anche le stanze così com'erano: un po' consunte, sì, ma piene di carattere e fascino, con le pareti rivestite di pannelli di legno e mobili antichi. Era stato chiaro dai colloqui con gli impiegati e dai libri contabili, tuttavia, che l'attività aveva un disperato bisogno di aggiornamento: anche se Jeremy non sapeva quasi nulla di editoria, era un uomo intelligente e ben inserito, con molti contatti professionali.
E ora eccolo lì, dopo quasi un anno, a capo della Barker Books: oltre al nome, anche le sorti della società erano cambiate, arrivando persino a realizzare dei profitti.
Quindi non era il lavoro la causa di quella strana sensazione di malcontento.
E non si trattava neanche della sua vita sentimentale, anche se, dall'acquisto della casa editrice, si era più concentrato sul lavoro che sulle donne.
Jeremy non aveva problemi a trovare signore disposte a fargli compagnia nelle occasioni sociali cui era invitato. Un uomo del suo status e della sua ricchezza era un ospite prezioso e le sue accompagnatrici erano sempre pronte a seguirlo anche in camera da letto, benché lui chiarisse sempre che non era portato per l'amore o per il matrimonio. Per fortuna a molte stava bene, così lui non spezzava neanche i cuori.
Quindi la ragione del malcontento sembrava sfuggirgli, anche se non gli serviva uno strizzacervelli per sapere che la sua avversione per l'amore e il matrimonio derivava dai numerosi divorzi dei suoi genitori. Questo, più il fatto che lo avevano abbandonato in collegio a soli otto anni, dove era stato a lungo oggetto di bullismo.
Odiava pensare a quegli anni, così spostò il pensiero a periodi più felici. Negli anni dell'università a Londra si era divertito, usando finalmente anche il suo ottimo cervello: i suoi risultati avevano entusiasmato la nonna materna, che lo aveva subito nominato suo erede, a condizione che continuasse a studiare a Oxford. Poco dopo la sua iscrizione la nonna era morta, e Jeremy aveva usufruito di una generosa rendita che gli aveva consentito un agiato stile di vita: aveva sempre studiato in modo da superare gli esami, ma il divertimento era stato costante. Solo i suoi due assennati amici lo avevano salvato da una potenziale perdizione.
Pensare a Sergio e Alex lo spinse a guardare la foto di loro tre sulla sua scrivania. Harriet l'aveva scattata a luglio dell'anno prima, quando Sergio aveva sposato la sua ex sorellastra: Sergio aveva chiesto a lui e ad Alex di fare da testimoni e il matrimonio si era svolto sulle rive del lago di Como, all'interno di una villa meravigliosa. Jeremy era convinto che il matrimonio non sarebbe durato a lungo, l'amore non durava mai, giusto?, eppure non poteva farci niente. Era un peccato comunque che al momento vedesse così poco i suoi migliori amici. Li aveva visti al matrimonio di Alex con Harriet in Australia a febbraio, ma solo per poco. Jeremy sentiva davvero la mancanza dei giorni in cui vivevano a Londra e si incontravano regolarmente, tutti scapoli e non ancora multimilionari.
L'arrivo dei trentacinque anni e l'ottima vendita del loro marchio WOW per i wine bar a una società d'investimenti americana aveva cambiato tutto, e anche il Club degli Scapoli non aveva avuto più ragione di esistere. Forse neanche la loro amicizia.
Con un sospiro Jeremy tolse i piedi dalla scrivania: chinandosi in avanti prese la foto, studiando i tre volti che gli sorridevano.
Jeremy non invidiava gli amici e i loro matrimoni, ma odiava il pensiero che da allora in poi le loro priorità sarebbero state le mogli e le famiglie, non lui. Lui sarebbe diventato storia vecchia, qualcuno da ricordare con affetto mentre si sfogliavano gli album di foto.
Jeremy sbuffò, rovesciando la foto sulla scrivania, poi afferrò il telefono. «Accidenti, non permetterò che accada...» sibilò nel recuperare il numero di Alex.
Rendendosi conto che in Australia era notte fonda, che non era bello chiamare a quell'ora, mandò all'amico una mail offrendosi come padrino del bimbo che Harriet stava aspettando. Una volta spedita raddrizzò la foto, la rimise al suo posto, poi si sedette per dare un'occhiata ai dati di vendita. In quel momento però qualcuno bussò alla porta.
«Entra, Madge» disse.
Quest'ultima entrò rapida come sempre: cinquantacinque anni, era una donna magra e ordinaria, con capelli grigi corti, occhi azzurri penetranti e un atteggiamento da maestrina. Jeremy l'aveva assunta subito dopo l'acquisizione della società, dato che la segretaria del precedente proprietario se n'era andata indignata per le tattiche arroganti del nuovo proprietario. Jeremy era rimasto colpito dall'atteggiamento concreto di Madge, oltre che dalla sua conoscenza del campo editoriale.
«Abbiamo un problema» esordì la donna. «Kenneth Jacobs non può fare da banditore all'asta di beneficenza di stasera. Ha una terribile sinusite: riuscivo a stento a comprendere quello che diceva al telefono.»
«Capisco» rispose Jeremy, anche se in realtà non capiva. Sapeva solo chi era Kenneth Jacobs: l'unico suo autore di successo. Scriveva gialli, che avevano un gruppo nutrito di fedeli lettori, ma che non erano stati commercializzati nel modo giusto.
Una volta assunto il controllo, Jeremy aveva ripubblicato l'intera produzione di Kenneth con nuove copertine e le aveva fatte tutte uscire come e-book.
«Quale asta di beneficenza?» chiese Jeremy. Anche se forse avrebbe già dovuto saperlo.
Madge alzò gli occhi al soffitto. «Lo sapevo. Non è facile lavorare per un uomo che soffre di perdita di memoria a breve termine.»
«Devo dirti invece che ho una memoria fotografica» si difese Jeremy, mentre la mente si affannava a ricordare cosa si era dimenticato.
«In tal caso in futuro fotograferò tutto invece di dirtelo» replicò Madge con la sua abituale ironia.
Per quanto Jeremy apprezzasse spesso il senso dell'umorismo, questa volta la sua pazienza era un po' al limite. «Fallo pure, Madge. Ma per ora apprezzerei se mi spiegassi come dovrei sistemare il problema di Kenneth che ha la sinusite.» Anche se aveva già una mezza idea: non era sempre intuitivo, ma neanche ottuso.
Madge sospirò esasperata. «Avrei pensato che le parole asta di beneficenza fossero già esplicative. Comunque sia, dopo l'ultima cena di beneficenza avevi detto che non avresti più accettato simili inviti, che ti saresti tagliato i polsi prima di subire un'altra cena con cibo mediocre e oratori noiosi. Hai detto che eri felice di fare donazioni per qualunque causa, ma che non eri un masochista. Hai detto che...»
«Sì, sì» la interruppe Jeremy. «È chiaro, ma quella cena era solo un pasto condito di discorsi, non un evento interessante come un'asta. Ora, se non ti dispiace, dammi i dettagli importanti.»
Madge sembrò quasi imbarazzata. «Giusto. Be', si tiene nella sala da ballo dell'Hotel Chelsea e raccoglie fondi per i centri antiviolenza situati nella zona centrale della città. Prima dell'asta c'è una cena: il cibo dovrebbe essere ottimo, dato che costa una piccola fortuna. Dovrebbe partecipare la migliore società e Kenneth sarebbe stato il banditore, dato che l'ultimo pezzo all'asta è il privilegio del vincitore di dare il proprio nome a un personaggio del suo prossimo libro. Il poveretto è decisamente deluso, come anche preoccupato di deludere Alice, la ragazza che ha organizzato tutto quanto. Comunque gli ho detto che lo avresti sostituito tu.»
Jeremy finse di esserne contrariato.
«Lo hai fatto veramente?»
Per una frazione di secondo la donna sembrò preoccuparsi, ma poi sorrise. «Stai scherzando, vero?»
Jeremy sorrise e Madge arrossì di sollievo e piacere. Adorava quell'uomo: poteva anche essere un demonio con le donne, ma era una brava persona e un ottimo capo. Intelligente e sensibile. Non dubitava che un giorno si sarebbe innamorato e sistemato.
«Dispettoso...» mormorò. «Ora, vuoi che chiami Alice per dirglielo? O vuoi chiamarla di persona?»
«Tu che ne pensi, Madge?»
Ecco un'altra cosa che le piaceva: le chiedeva spesso la sua opinione. E di solito la seguiva.
«Credo che dovresti chiamare tu, la tranquillizzerebbe. Sembrava piuttosto agitata, ho avuto l'impressione che fosse nuova in questo lavoro.»
«Giusto. Dovresti darmi il numero allora.»
Madge lo aveva già in mano, naturalmente.
«Sei una donna molto subdola.»
«E tu un uomo molto dolce» gli rispose lei con un sorriso compiaciuto prima di andarsene.
Jeremy compose il numero.
«Alice Waterhouse» rispose subito lei, la voce chiara e professionale. L'accento indicava un'istruzione in una di quelle scuole private femminili che preparavano ragazze che finivano per occuparsi di relazioni pubbliche o raccolta fondi prima di sposare qualcuno adatto alla loro classe.
Jeremy non aveva una grande passione per le ragazze di ceto privilegiato, cosa piuttosto ipocrita, date le sue origini. Un tempo se una ragazza era carina e interessata a lui, la portava a letto senza predilezioni o pregiudizi, ma ora trovava le ragazze di famiglia ricca molto noiose, sia a letto sia fuori. Non sopportava il loro bisogno di ricevere costantemente complimenti. Forse era l'attrazione degli opposti, ma c'era qualcosa di molto attraente nelle ragazze che dovevano lavorare per vivere, che non erano coperte dal denaro del paparino.
«Jeremy Barker-Whittle» le rispose, consapevole di avere a sua volta una voce profonda ed emozionante. Alex e Sergio gli dicevano che avrebbe potuto fare fortuna in radio. La gente che lo conosceva per telefono rimaneva spesso sorpresa incontrandolo di persona: si aspettava un uomo più vecchio, forse più grosso, con la pancia. Come un cantante lirico.
«Sono l'editore dei libri di Kenneth Jacobs» la informò. «A quanto sembra sarò il suo banditore di riserva stasera.»
«Oh, questo è meraviglioso. Madge me lo aveva anticipato. Devo confessare che ero stata presa dal panico. Grazie mille.»
«È un piacere, davvero.» Jeremy si divertiva sempre a esibirsi. E si sarebbe divertito anche a fare il banditore.
«Può portare qualcuno, se vuole» gli propose Alice. «Avevo riservato due posti per il signor Jacobs al tavolo principale: mi aveva detto che non aveva nessuno da portare, quindi gli avrei fatto compagnia io.»
«Anch'io verrò da solo» ammise Jeremy. Avrebbe potuto portare Ellen, un avvocato