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Le parole più belle
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E-book161 pagine3 ore

Le parole più belle

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Info su questo ebook

Catherine Masters lo sa perfettamente: il bel viso di Tommaso Mancini nasconde un autentico uomo di ghiaccio, gelido e senza scrupoli, capace di trascorrere con lei un'intensa notte di passione per poi voltarle le spalle, e infine capace di ordinarle di sposarlo. Catherine è consapevole che non può rifiutarsi perché, così facendo, perderebbe ciò che di più prezioso ha al mondo. Rispondendo di sì, tuttavia, sa di consegnare il suo cuore a un uomo che non sembra capace nemmeno di pronunciare la parola amore. Dopo aver deciso, Catherine rimane di sasso; aveva immaginato quasi qualsiasi cosa, ma non che Tommaso...
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525238
Le parole più belle
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Le parole più belle - Carol Marinelli

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Sicilian’s Bought Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Carol Marinelli

    Traduzione di Caterina Mortillaro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-523-8

    1

    «Sicuramente non hanno sofferto.»

    «Certo che non hanno sofferto!» Catherine sentì l’amarezza nella propria voce e vide l’espressione confusa sul viso della giovane infermiera, ma era troppo scossa, troppo esausta e anche troppo arrabbiata per addolcire il tono, per preoccuparsi della sensibilità di un’altra persona.

    «Mia sorella e suo marito non hanno mai sofferto, si sono sempre rifiutati di subire qualsiasi fastidio. Perché preoccuparsi quando si può dimenticare tutto bevendo? Perché cercare di affrontare i propri problemi quando c’è sempre una famiglia a tirarti fuori dai guai?» Scosse il capo con forza, premendosi le mani sugli occhi e cercando di dominarsi mentre invece avrebbe voluto urlare.

    Sapeva che la povera infermiera non aveva la minima idea di quello cui lei si riferiva, che cercava solo di essere gentile e di dire la cosa giusta, che l’incidente era avvenuto in un istante e Marco e Janey non avevano neanche avuto il tempo di rendersene conto.

    Ma quelle parole non erano di nessun aiuto, anzi toccavano un tasto troppo doloroso: in quel momento non poteva pensare agli ultimi momenti della breve vita di sua sorella.

    Forse più tardi, si disse cercando di calmarsi, forse di lì a una settimana, quelle parole le avrebbero portato un po’ di conforto. Ma adesso, seduta sola nella sala d’attesa dell’ospedale, esausta e scossa nel tentativo di farsi una ragione dell’accaduto, non servivano a nulla.

    «Mi dispiace molto» aggiunse l’infermiera, porgendole una busta contenente degli oggetti metallici.

    «Anche a me.» Non c’era più amarezza nella sua voce. «Siete stati tutti meravigliosi.»

    «C’è qualcos’altro che posso fare per lei?»

    Catherine scosse il capo, incapace di rispondere, e fu lasciata di nuovo da sola. Strappò la busta e ne tirò fuori il contenuto, poi fissò senza lacrime i tre anelli, ognuno con la propria storia. Uno spaventoso senso di déjà-vu la colse quando guardò il solitario di diamante che era appartenuto a sua madre, e che era scivolato fuori da una busta simile otto anni prima. L’incidente che aveva ucciso i suoi genitori e l’amara lezione che le aveva insegnato non offrivano nessuna barriera al dolore che provava adesso.

    Era accaduto otto anni e due mesi prima, per essere precisi.

    Otto anni e due mesi da quando le avevano affidato gli effetti personali dei suoi genitori e una responsabilità troppo grande per una diciannovenne. Ma gli interminabili incontri con avvocati e contabili, che tentavano di districarsi nel caos che i suoi genitori avevano lasciato, erano stati la parte più facile. L’impegno più gravoso era stato gestire una sedicenne ribelle, sua sorella Janey.

    Catherine guardò l’anello per un lungo momento e le sembrò di trovarsi di nuovo accanto al tavolino da toletta di sua madre, desiderando di avere i capelli biondi e lisci e gli occhi azzurri come la mamma e la sorella, invece di una folta capigliatura di riccioli scuri e gli occhi castani.

    Aveva ereditato l’aspetto del padre, e anche alcuni tratti del carattere. Era seria e studiosa, ma non era debole come lui. Una moina della moglie, un’espressione imbronciata della sua graziosa bocca, e John Masters era perduto, disposto a fare qualsiasi cosa la sua amata Lily volesse, pur di vederla sorridere.

    E Janey era come la madre, sicura che un solo sguardo le bastasse per ottenere tutto quello che voleva; aveva lo stesso atteggiamento da prendere o lasciare che seduceva gli uomini, la medesima certezza che qualcuno avrebbe rimesso a posto il caos da lei creato. E fino a poche ore prima aveva funzionato.

    Il luccichio dell’enorme zaffiro era così simile agli occhi di Janey, che per un momento Catherine provò un vero dolore fisico nel guardare l’anello di fidanzamento che la sorella aveva ricevuto con tanta gioia. Era stata certa che fosse il biglietto d’ingresso per la vita facile, la fine del disastro economico in cui si era messa, la scappatoia per tutti i problemi.

    «Marco è fantastico!» aveva detto allora, elettrizzata. «Dovresti vedere dove vive. La sua casa è proprio sulla spiaggia. Solo il garage è grande come il tuo appartamento.»

    A Catherine non importava quanto fosse grande il garage di Marco, ma aveva lasciato sfogare la sorella, sperando che, passata l’euforia, sarebbe riuscita a ottenere qualche informazione più importante.

    «Che cosa fa per vivere?» aveva chiesto infine.

    «Si diverte» aveva risposto Janey con aria di sfida. «Sua madre è morta quando lui era ancora un ragazzino. Proprio come i nostri genitori, con la differenza che Bella Mancini ha lasciato molto ai propri figli...»

    «Vuoi dire che ha lasciato dei soldi?» aveva replicato Catherine con tono severo. Lily Masters non era stata una madre convenzionale, ma aveva amato le figlie e il vuoto che aveva lasciato era incolmabile.

    «Oh, risparmiami le prediche. Non voglio sentire ancora che il denaro non è importante, che tu facevi due lavori mentre studiavi, ma che non ti pesava finché eravamo insieme. Se i nostri genitori non si fossero dimenticati di pagare l’assicurazione sulla vita, tu non avresti dovuto lavorare tanto e non ti saresti mai trasferita in questo misero appartamentino...»

    «A me non importava» aveva insistito Catherine.

    «Ma a me sì. Odiavo essere povera e non intendo passare il resto della vita a preoccuparmi delle bollette. Adesso sarà Marco a badare a me, come sua madre ha fatto con lui. Bella Mancini era un agente immobiliare e quando è morta ha lasciato l’impresa ai figli.»

    Un lampo improvviso le era passato per la mente. L’impero Mancini! Non era certo il tipo da leggere le pagine della finanza, ma avrebbe dovuto vivere in una caverna per non avere mai sentito parlare dei Mancini e dell’assoluto controllo che esercitavano sul mercato immobiliare di Melbourne.

    Le loro ultime acquisizioni si estendevano in lungo e in largo per Port Phillip Bay e il loro logo spiccava dappertutto.

    Conquistare il controllo del difficile mercato immobiliare richiedeva coraggio, intelligenza e anche senso di responsabilità. Ed era proprio quello che Janey aveva bisogno di trovare in un uomo che fosse capace di tenerla sotto controllo.

    «E quindi Marco si occupa di immobili? Fa parte del gruppo Mancini?» aveva chiesto, cercando di non apparire troppo contenta. Sapeva da tempo che la sua approvazione provocava la fine di ogni relazione della sorella. Ma le sue speranze erano state subito deluse.

    «Marco ha venduto la sua parte al fratello Tommaso» l’aveva informata Janey. «Quando ha compiuto diciotto anni avrebbe dovuto cominciare a lavorare nell’impresa di famiglia, ma nel frattempo Tommaso aveva deciso di incrementare gli affari e di lavorare sessanta ore alla settimana.»

    «È così che fa la gente ricca» l’aveva interrotta Catherine, ma Janey aveva scosso con impazienza la testa bionda e aveva bevuto un altro sorso di vino.

    «E perché?» aveva chiesto con espressione di sfida. «Perché preoccuparsi quando si ha già abbastanza denaro? Marco è milionario, non ha bisogno di lavorare e non lo fa, è semplice.»

    «Quindi vive della sua eredità? Non ha mai avuto un lavoro?» aveva osservato perplessa la sorella.

    «Sei proprio come suo fratello!» aveva esclamato l’altra. «E io ti dico la stessa cosa che Marco risponde a Tommaso. Non sta vivendo alle spalle della famiglia, i soldi che spende sono suoi.»

    «Ma che razza di uomo...?»

    «Oh, che ne sai tu degli uomini? Chi sei per darmi consigli?»

    «Sono tua sorella. E che ti piaccia o no, mi preoccupo per te. Da quando mamma e papà...» Catherine si era interrotta per un attimo. Non voleva rivangare il passato, ma sapeva che era necessario. «Be’, io ho fatto del mio meglio per noi. Ho cercato di sostenerti come ho potuto e adesso ti chiedo di ascoltarmi. È troppo presto per prendere delle decisioni. Conosci Marco solo da due mesi. Perché vuoi precipitare le cose? Non è meglio aspettare un poco e vedere come va?»

    «Sono incinta.»

    Quelle parole l’avevano lasciata di stucco, ma Catherine aveva cercato di non darlo a vedere.

    «Va bene» aveva detto con tono calmo. «Possiamo affrontare la situazione. Il fatto che sei incinta non implica che tu debba sposarlo. Non devi fare niente che tu non voglia.»

    «Ma sei veramente così stupida?» le parole della sorella l’avevano colpita come uno schiaffo in pieno viso. «Sei proprio tonta per essere un’insegnante. Come se fossi rimasta incinta per errore! Non pensare per un solo momento che non sappia quello che faccio. Non credere che questo bambino sia uno sbaglio.»

    «Mi dispiace, non intendevo dire che non desideri questo figlio. Però non hai mai mostrato alcun interesse per i bambini.»

    «E non intendo cominciare adesso» l’aveva interrotta Janey. «Come devo fartelo capire? Non poteva andarmi meglio. Posso entrare in qualsiasi negozio e non guardare nemmeno i prezzi. Andare nei migliori ristoranti senza preoccuparmi del listino. E se pensi che voglia farmi scappare questa occasione, allora non mi conosci. Forse Marco mi ama, forse sarebbe durata lo stesso per sempre, ma non ho voluto correre rischi. Così mi sono creata la mia piccola polizza di assicurazione.» Si era data un colpetto sulla pancia senza alcuna traccia di tenerezza, ridendo dell’espressione incredula della sorella. «E se ti preoccupa la mia mancanza di istinto materno, non pensarci. Marco può permettersi le migliori bambinaie, io non dovrò fare niente. Quindi risparmiati le prediche da sorella maggiore e i discorsi noiosi, perché non ho bisogno di te.»

    Era passato un anno, ma faceva ancora male.

    Anche l’anello nuziale di Janey le suscitava dei ricordi, ma non erano legati solo alla sorella.

    Tommaso, elegante nel suo completo scuro, aveva aspettato un po’ troppo a lungo prima di porgere gli anelli e il suo gesto nel passarli era stato brusco. Cosa che le aveva fatto pensare di non essere la sola a nutrire dubbi su quel matrimonio.

    «Come va?»

    L’infermiera era tornata, distogliendola da quei penosi ricordi.

    «Sto bene» aveva risposto Catherine con un sorriso stanco. «Ma vorrei andare nell’ambulatorio pediatrico e stare un po’ con Lily.»

    Lily.

    Un’ondata di malessere la invase quando pensò alla nipotina, orfana e sola, e per un momento provò un moto di odio per la sorella morta.

    «I medici hanno detto che avrebbero chiamato appena pronti. Non dovrebbe volerci molto. So che lei deve sentirsi esausta per avere affrontato tutto da sola, ma finalmente siamo riusciti a rintracciare i genitori di suo cognato. Pare che fossero in vacanza negli Stati Uniti, per questo c’è voluto tanto tempo.»

    «Suo padre e la sua matrigna» corresse Catherine. «La madre è morta molti anni fa.»

    Non si aspettava certo che i Mancini non intervenissero, e anche se sapeva che c’erano molte cose da fare e molte decisioni da prendere, in fondo era sollevata al pensiero che nulla sarebbe accaduto quella notte, che era stata già abbastanza difficile.

    «Sta arrivando un certo Tommaso; ha chiamato dal suo cellulare e ha detto di farla aspettare qui... Si sente bene, signorina?» chiese l’infermiera, preoccupata.

    «Sto bene. Solo...» Si sentiva martellare le tempie e aveva la bocca secca. Le gambe le mancarono e crollò sulla sedia che l’infermiera si era affrettata a porgerle.

    «Respiri a fondo e lentamente, signorina Masters, e

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