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Sai tenere un segreto? (eLit): eLit
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E-book150 pagine2 ore

Sai tenere un segreto? (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Cooper Calhoun è il cucciolo di casa, d'accordo, ma è pur sempre un fusto dal fisico imponente. Inoltre, in qualità di poliziotto, è in grado di affrontare ogni situazione, anche la più scabrosa. E allora perché la sua famiglia si ostina a tenerlo all'oscuro di quello che sta capitando?



Violet O'Leary, FBI, non ama lavorare in coppia, ma dopo aver dato una seconda occhiata a Coop cambia idea. Lui si è trovato alle costole della stessa truffatrice ricercata da Violet, mentre stava indagando su un affare personale. E quando le propone di unire le forze, lei si arrende.



Titoli legati

1)Primo contatto

2)Sedotta al primo sguardo

3)Sai tenere un segreto?

4)Single, sexy e... in vendita!

5)Un eroe da romanzo
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2016
ISBN9788858961285
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    Anteprima del libro

    Sai tenere un segreto? (eLit) - Julie Kistler

    successivo.

    Prologo

    Stava succedendo qualcosa. Cooper Calhoun non aveva dubbi a riguardo.

    Allungò le gambe sulla chaise-longue, incrociando le mani dietro la testa mentre rifletteva sulla sua prossima mossa. Si stava benissimo seduti all'ombra vicino al capanno di pesca a guardare il sole mattutino che screziava di riflessi le tranquille acque blu del lago. Ma lui non era un ingenuo.

    Stava succedendo qualcosa.

    Oh, certo, i suoi fratelli e i suoi genitori continuavano a trattarlo come se lui non avesse mai idea di niente, come l'irresponsabile della famiglia. Ma avevano torto marcio. Cooper sapeva perfettamente che se si trovava tutto solo al capanno, più di dodici ore dopo il presunto arrivo dei suoi due fratelli maggiori, qualcosa stava succedendo all'interno della famiglia, qualcosa di tanto grave da scombussolare i piani di tutti, e nessuno si era preso la briga di avvisarlo.

    «Al solito» borbottò Coop, spostandosi quanto bastava per gettare un sasso nel lago. «Quanto credono che resterò qui ad aspettare?»

    Non aveva nemmeno voglia di pescare. E allora cosa ci faceva lì? Una vacanza tra fratelli. Sì, certo. Un po' difficile da credere visto che era l'unico fratello nei paraggi.

    Essendo il più giovane e il meno famoso dei Cavalieri Calhoun, la celeberrima famiglia di poliziotti di Chicago, aveva convissuto con questo stato delle cose per molto, molto tempo. Suo padre era un poliziotto di lungo corso, un viceispettore della polizia in lizza per diventare viceispettore capo. Jake, il fratello numero uno, aveva seguito con scrupolo tutte le regole, salendo coscienziosamente un gradino alla volta e diventando sergente. Sean, il fratello numero due, si era lasciato invece guidare dall'istinto, ma si era guadagnato una meritata promozione a detective grazie alla sua innata abilità di scovare sempre la verità.

    Paragonato a loro, Cooper faceva una misera figura. Nessuno lo prendeva seriamente, al massimo veniva considerato un pivellino che pensava ci fossero cose ben più divertenti nella vita che non essere uno dei Cavalieri. Ehi, perché non cercare di avere entrambe le cose, dopotutto? Cosa c'era di sbagliato in questo?

    Rimettendosi dritto sulla poltrona, Cooper recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Fece una smorfia guardando l'aggeggio argenteo che stringeva in mano. Aveva bisogno di ricaricare il telefono, e a quanto pareva non c'era molto segnale da quelle parti, non abbastanza da effettuare una chiamata.

    Mmh... Forse il telefono non prendeva a sufficienza nemmeno per ricevere messaggi? D'un tratto gli sembrò la conclusione più logica, oltre che la più rassicurante: se era solo un inconveniente di natura tecnologica a tagliarlo fuori dal mondo, avrebbe potuto sentirsi meno escluso dagli affari di famiglia.

    Si alzò e rientrò nel capanno per prendere le chiavi della macchina. Non intendeva certo ripercorrere a ritroso la strada per Chicago per scoprire cosa diavolo stesse succedendo, ma almeno avrebbe potuto guidare verso il più vicino avamposto di civiltà, dove una qualche antenna gli avrebbe permesso di accedere alla sua segreteria telefonica, e dove avrebbe potuto chiamare l'uno o l'altro fratello. Sempre meglio che continuare a ciondolare senza fare niente.

    Con le chiavi in mano, Cooper saltò sulla jeep, mise il telefono in carica e si allontanò dal lago, controllando ogni cinque minuti per vedere se riceveva il segnale. Niente.

    Scosse il telefono, come se questo potesse aiutarlo. Lo sporse fuori dal finestrino. Ancora niente. Ci volle una buona mezz'ora e una sosta a un negozio che vendeva esche e attrezzatura da pesca in cima a una collina prima che sullo schermo del telefonino comparisse la prima, timida tacca: era di nuovo in contatto con il mondo esterno e aveva ricevuto due messaggi.

    Due fratelli, due messaggi. Non ci voleva un detective per capire di chi fossero.

    Cooper premette il codice per ascoltarli. Riuscì a malapena a sentire la voce di Jake, registrata il pomeriggio del giorno prima, bofonchiare qualcosa a proposito di un'emergenza da risolvere per conto di papà che gli impediva di raggiungere il capanno.

    Il secondo messaggio era stato registrato due ore più tardi.

    «Ehi, Coop, sono Sean. Problemi. Jake è in missione per conto di papà e mamma mi sta dando del filo da torcere. Vai pure tu al capanno, cercherò di raggiungerti più tardi» gli suggeriva la voce di suo fratello.

    Be', considerato che il messaggio risaliva al giorno prima e Sean non si era ancora visto, quel più tardi doveva essersi trasformato in mai.

    «Grazie, fratello» disse Coop avvilito, rimettendo il cellulare nel suo portatelefono. La mamma gli stava dando del filo da torcere, dunque. Detto da Sean, significava che l'aveva mandato in missione, come papà aveva fatto con Jake.

    Sembrava una bizzarra coincidenza che entrambi i loro genitori si fossero trovati in un'emergenza quando i figli stavano per lasciare la città. Forse Sean pensava che la sua missione non avesse nulla a che vedere con quella di Jake, ma Cooper aveva seri dubbi che le cose stessero così. Se conosceva i suoi genitori, probabilmente stavano mirando allo stesso obiettivo da punti di partenza diversi, mettendo in gara ognuno il figlio preferito. Ovviamente, al momento Coop non aveva la più pallida idea di quale fosse questo obiettivo.

    Ma una cosa era certa: quando qualcosa di grosso succedeva all'interno della famiglia Calhoun, lui veniva automaticamente tagliato fuori.

    Si rimise sulla strada impolverata che conduceva al capanno. Era stanco di essere sempre quello accomodante, che si adattava, a cui si poteva far digerire tutto. Era arrivata l'ora di darsi una mossa e di far vedere ai suoi un paio di cose.

    Prima avrebbe fatto i bagagli e chiuso il capanno. Peggio per Sean e per Jake se avessero deciso di arrivare.

    «Si torna a casa» disse ad alta voce. «Voglio capire cosa diavolo sta succedendo laggiù.»

    Mamma pensava che fosse Sean a possedere tutte le risposte, e papà credeva che Jake camminasse sulle acque, ma forse avrebbero cambiato idea. Se Cooper avesse recitato la parte dell'eroe, risolvendo quel guazzabuglio per primo, avrebbero dovuto ammettere che era altrettanto degno di fiducia e rispetto quanto gli altri Cavalieri Calhoun.

    Cooper fece un sorrisetto. Oh, sì. Era proprio ciò che aveva intenzione di fare. Avrebbe fatto vedere loro che c'era un altro Calhoun di cui tenere conto. Li avrebbe battuti sul loro stesso terreno.

    1

    Era tardi quando Coop fece rientro a casa sua a Chicago, ma non era stanco. Era ancora sostenuto dalla giusta indignazione per essere stato messo da parte un'altra volta. Perché poi? Perché nessuno si fidava di lui? Era colpa sua se era nato per ultimo?

    Dopo aver cercato inutilmente di contattare entrambi i fratelli, Cooper provò a chiamare i suoi, per vedere se qualcuno potesse illuminarlo sulle misteriose destinazioni di Jake e Sean, ma nemmeno loro erano in casa, il che contribuì solo ad aumentare la sua frustrazione.

    Decise che aveva bisogno di rischiarare il suo umore, e non c'era modo migliore di farlo se non unendosi ai suoi amici e colleghi del distretto per un drink in uno dei bar su Rush Street dove si incontravano di solito. Dopotutto era sabato sera. Ma non riusciva a togliersi dalla testa il modo in cui i suoi lo sottovalutavano sempre e lo facevano sentire messo da parte, e i suoi amici notarono subito che Cooper, solitamente noto per il suo buonumore, era giù di corda.

    «Ehi, rilassati. Sei in vacanza» gli disse uno di loro, alzandosi dal biliardo. «Su col morale.»

    «Sì, sì, certo.» Adocchiò una graziosa ragazza mora in un angolo, un tipo piuttosto silenzioso, e si chiese come avrebbe reagito se le avesse offerto qualcosa da bere. Lunghi capelli scuri, pelle chiara, aveva l'aria di quella che non ci tiene affatto a parlare con uno sconosciuto in un bar, cosa che Coop trovava alquanto divertente. Sì, decisamente il suo tipo. Ed era anche sola...

    Ma prima che potesse muovere anche solo un passo verso di lei, una rossa inguainata in un paio di jeans strettissimi coordinati a un top altrettanto striminzito gli si avvicinò e gli chiese di offrirle da bere. «Io sono Tonya» si presentò con voce roca, «e tu?»

    Nonostante la scollatura abissale, Cooper decise di concentrarsi su ciò che stava sopra il collo. Non era male, decise, ma un po' troppo truccata per i suoi gusti. Lui preferiva le more raffinate, come quella seduta nell'angolo, e questa donna non era né raffinata né mora, almeno non al momento. Non era facile stabilire da quale colore fosse partita, ma di sicuro non dal rosso violento dei suoi capelli di adesso. A ogni modo, fece cenno al barista di prepararle un drink.

    Ma non appena lei ebbe il suo Sex on the Beach, gli si spalmò addosso chiedendogli di nuovo come si chiamava. «Avanti, lo sai che vuoi giocare con me» iniziò a provocarlo. «Coraggio, di' il mio nome. Tonya. Prova.»

    Di sicuro pensava di essere seducente, ma lui non era interessato. Quella che gli interessava, invece, stava guardando tutta la scena e avrebbe alzato i tacchi prima che fosse riuscito a parlarle. Mentre cercava il modo di levarsi di dosso la rossa, un ubriacone lo spinse da dietro.

    «Giù le zampe dalla mia donna» gridò il tizio. Era tarchiato, infuriato e pelato, con un intrico di tatuaggi sulle braccia muscolose. Non si poteva dire un bel tipo, soprattutto con quella brutta espressione che aveva sul muso. Che si trattasse di troppo alcol o troppi steroidi, Cooper non aveva la minima voglia di lasciarsi coinvolgere in una rissa con lui.

    «Mi piace da impazzire quando i miei uomini si battono per me» disse la rossa ridacchiando, facendo ballonzolare su e giù il seno strabordante mentre si leccava le labbra.

    «Oh, per favore» borbottò Cooper, alzandosi dal suo sgabello, poi si rivolse al Tatuato Furioso. «Levati di torno, amico. Non mi interessa.»

    Ma l'idiota lo spinse di nuovo. Mentre Cooper lo squadrava dall'alto in basso per decidere se dargli una lezione e sbarazzarsi una volta per tutte di lui, quattro o cinque suoi amici fecero la loro comparsa alle sue spalle.

    «Che succede, Coop?» chiese con calma uno di loro.

    Di fronte a quello che sembrava letteralmente un muro di muscolosi poliziotti, la rossa scelse la fuga. «Meglio andar via, Joey» disse all'improvviso, afferrando il suo uomo per un braccio tatuato. «Avanti, andiamo.» Coop notò che gli mormorava all'orecchio la parola sbirri.

    Uno degli amici di Coop scoppiò a ridere. «Quando ti ho detto di rilassarti, non mi aspettavo certo che ti lanciassi in una zuffa per la prima ragazza che ti fosse capitata sotto tiro» disse, accomodandosi sullo sgabello vicino a quello su cui si era seduto di nuovo Coop. «Di solito hai dei gusti migliori, amico.»

    «È stata lei a venire da me per farsi offrire qualcosa da bere. Stavo cercando di dirle che non ero interessato quando il suo ganzo mi è letteralmente saltato

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