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Sfida all'ultimo bacio: Harmony Collezione
Sfida all'ultimo bacio: Harmony Collezione
Sfida all'ultimo bacio: Harmony Collezione
E-book154 pagine1 ora

Sfida all'ultimo bacio: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era un'occasione unica, anche se tutti le sconsigliavano di lasciarsi stritolare dal terribile Conrad Quentin, l'incubo di tutte le segretarie e della lunga serie di donne di cui si circonda. Lui in persona le ha chiesto di salvarlo da un'emergenza e di sostituire temporaneamente la sua segretaria, ricoverata in ospedale. Sephy ha risposto di sì. Fin dal primo giorno, però, si rende conto che i problemi saranno non di lavoro, ma di cuore. Infatti Sephy ha la netta sensazione che lui stia cercando di sedurla, ma ha tutte le intenzioni di porre un freno a quelle intenzioni...

LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2014
ISBN9788858918319
Sfida all'ultimo bacio: Harmony Collezione
Autore

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

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    Anteprima del libro

    Sfida all'ultimo bacio - Helen Brooks

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Mistress Contract

    Harlequin Presents

    © 2000 Helen Brooks

    Traduzione di Francesca Scibè

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-831-9

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Io?» Sephy fissò inorridita la signora Williams, l’assistente della segretaria della società, sgranò i vellutati occhi color miele e ripeté: «Io? Dovrei sostituire la segretaria del signor Quentin? Non penso che sarei in grado, Pat. Voglio dire...»

    «Certo che saresti in grado» la interruppe vivacemente Pat Williams. Il tono tagliente della sua voce, che ben si accordava col suo volto aguzzo e la sua figura angolosa, le fece capire che la decisione non avrebbe ammesso discussioni. «Sei svelta e intelligente, Seraphina, anche se insisiti a tenere nascoste le tue qualità e, dopo sei anni di pratica, qui alla Quentin Dynamics, conosci tanto bene quanto me la società e le sue procedure operative. E anche meglio, probabilmente, dopo aver lavorato per quattro anni con il signor Harper nel reparto Assistenza Clienti.»

    Sephy accennò un debole sorriso. Il reparto Assistenza Clienti era particolarmente movimentato alla Quentin Dynamics e nella sua posizione di assistente del signor Harper - che era piccolo, grasso e geniale, il tipo di dirigente che arriva tardi, se ne va presto e molte volte si prende tre ore di permesso all’ora di pranzo -si era abituata a trattare di sua iniziativa il centinaio di disperate chiamate urgenti che arrivavano ogni giorno. Comunque il signor Harper e il Reparto Assistenza Clienti erano una cosa, Conrad Quentin, il presidente, il multimilionario fondatore e dirigente della società, era ben altra cosa!

    Sephy respirò a fondo e disse in tono fermo. «Penso proprio che non sia una buona idea, Pat. Mi dispiace ma credo che si possa trovare qualcuno più adatto di me. Perché non Jenny Brown, la segretaria del signor Eddleston? O Suzy Dodds? O... o tu?»

    La signora Williams fece un cenno di diniego con la mano. «Quelle due ragazze resisterebbero solo dieci minuti con il signor Quentin e tu lo sai. Io, poi, con i bilanci della fine d’anno che si stanno approssimando, non potrei abbandonare il signor Meadows. No, tu sei l’ideale, Sephy. Conosci tutti i particolari dell’impresa, hai la testa a posto e sei abituata a trattare con clienti difficili tutti i giorni della settimana, per cui il signor Quentin non ti sconcerterà. Noi assumeremo un’avventizia che ti sostituirà finché non tornerà la segretaria del signor Quentin...»

    «Non può prendere un’avventizia anche il signor Quentin?» chiese disperatamente Sephy.

    «Se la mangerebbe viva!» La signora Williams la fissò direttamente negli occhi. «Lo sai quanto sia impaziente. Non vuol perdere tempo con chi non conosce il mestiere e vorrebbe che la sua segretaria praticamente vivesse in ufficio. Poi molte ragazze hanno...» La signora Williams si fermò di botto rendendosi conto che stava mancando di tatto vedendo il bel volto ovale di Sephy arrossire violentemente.

    «La maggior parte delle ragazze hanno fidanzati, o mariti, o qualcosa del genere» disse Sephy a bassa voce.

    Sephy non aveva mai nascosto il fatto che molto di rado usciva con persone dell’altro sesso, però non era particolarmente piacevole pensare che Pat Williams, come tutti gli altri colleghi, potesse pensare che lei non aveva nient’altro di più divertente da fare che lavorare ventiquattro ore al giorno.

    «Be’, sì» mormorò Pat a disagio.

    «Perché non Marylin?»

    «Ho già provato. È durata solo un’ora.»

    «Philippa?»

    «Ha ululato nel bagno delle donne durante tutta l’ora di pranzo e poi è andata a casa con l’emicrania» disse Pat, con aria trionfante. «Non è abituata a superiori che scattano e ringhiano come il signor Quentin.»

    «No, me lo posso immaginare» rispose Sephy annuendo. «E tu pensi che io lo sia?»

    «Seraphina, ti prego, provaci almeno per questo pomeriggio». Nonostante il ti prego, era più un ordine che una richiesta e Sephy la guardò esasperata.

    Pat Williams era l’unica persona di sua conoscenza

    -a parte sua madre - che insisteva per chiamarla con il suo nome intero anche se sapeva benissimo che lei lo odiava. Ma quell’abitudine s’intonava con il suo carattere brusco e autoritario, col taglio dei suoi capelli e con l’austerità dei suoi abiti.

    Sephy sospirò pesantemente, socchiuse gli occhi e annuì con aria rassegnata. «Solo per un pomeriggio» acconsentì malvolentieri. «Non penso che riuscirò a resistere più delle altre, Pat. Tutti sanno che Madge Watkins, che gli ha fatto da segretaria per tanti anni, gli è così affezionata che sopporta qualsiasi cosa. Come è possibile mettersi nei suoi panni?»

    «Gli ha fatto da segretaria per tredici anni» precisò Pat, sorridendo, ora che Sephy aveva accettato di aiutarla a uscire da quello che era diventato un problema molto scottante. «E non ti chiedo di metterti nei suoi panni perché non ti andrebbero assolutamente bene.»

    Risero entrambe pensando alla vecchia zitella che sembrava una piccola prugna secca ma che era bravissina nel suo lavoro e difendeva spietatamente la privacy del suo capo. «Per quanto tempo dovrà rimanere in ospedale?» chiese Sephy.

    «Non si sa con precisione. L’hanno ricoverata d’urgenza l’altra notte con dolori allo stomaco e pare che le faranno un intervento esplorativo oggi o domani.»

    Magnifico. Sephy sospirò rumorosamente e lasciò a Pat l’incarico di avvertire Ted Harper che la sua segretaria era stata requisita per il prossimo futuro. Sarebbe rimasto dispiaciuto ma non avrebbe fatto obiezioni. Tutti erano pronti a inchinarsi davanti alle necessità dell’illustre capo della Quentin Dynamics e nessuno dei suoi dipendenti gli avrebbe negato quello che desiderava, pensò ironicamente.

    Lei non aveva mai avuto contatti diretti con lui, ma era ben noto a tutti che tredici anni prima, all’età di venticinque anni, Conrad Quentin era apparso come una meteora nel mondo degli affari e anche in quello mondano. Era il caratteristico tipo mordi e fuggi, ma a giudicare dalla quantità di fotografie che apparivano sui giornali e che lo mostravano in compagnia di splendide donne che gli rivolgevano sguardi adoranti, in occasione di questa o quella manifestazione mondana, non si poteva negare che il suo fascino superava la sua fama. Nonostante ciò, nessuno era ancora riuscita a metterlo in trappola.

    Ma perché stava perdendo tempo pensando alla vita amorosa del signor Quentin, si rimproverò scuotendo irritata la testa. Con una maschera di perfetta imperturbabilità sul volto, vide Pat uscire dallo studio di Ted Harper. «Bene, tutto a posto» disse allegramente. «Gli ho detto che ti sostituirò con qualcun altro domani mattina e per un pomeriggio può anche fare a meno di te. Sei pronta?»

    Per Conrad Quentin? Assolutamente no. «Sì, sono pronta» rispose con quella che le sembrava un’ammirevole calma, data la circostanza, resistendo alla tentazione di nascondersi nella toilette. Lo specchio le avrebbe rimandato l’immagine di una ragazza di media altezza, dai capelli scuri e gli occhi espressivi. Non era brutta, questo lo sapeva, ma era...insignificante, ammise in silenzio, mentre seguiva Pat lungo il corridoio che conduceva all’ascensore che saliva al famoso ultimo piano. Aveva occhi marroni e capelli neri che le ricadevano sulle spalle, un naso piacevolmente piccolo ma irrilevante e, per giunta, una quantità di efelidi sparse sulla morbida pelle chiara che la facevano sembrare molto più giovane dei suoi ventisei anni.

    «Eccoci dunque» disse Pat, uscendo dall’ascensore e precedendola lungo il corridoio. L’ufficio di Quentin era talmente grande che occupava quasi tutto l’ultimo piano e dire che la sua ricchezza era intimidente, era dir poco. «Ecco il tuo nuovo ufficio per il prossimo futuro» disse aprendo la porta.

    «Ho detto solo un pomeriggio, Pat» le rammentò lei, «e dovrà trattarmi come tutti gli altri.»

    «E come ho trattato tutti gli altri, signorina...?»

    Sephy sentì Pat trattenere il fiato e concentrò lo sguardo sull’uomo, alto e bruno, che evidentemente stava uscendo dal suo ufficio quando Pat aveva aperto la porta.

    Aveva avuto rare opportunità di parlare con lui durante i sei anni che lavorava per la sua ditta. Qualche breve parola in occasione degli inevitabili ricevimenti natalizi, e qualche parola molto raramente quando si erano incrociati entrando o uscendo dall’ascensore -ma sempre con il timore di non dire quelle giuste, tagliando la corda non appena le era stato possibile.

    Fissò, disperata il suo volto duro, dai lineamenti ben cesellati. L’azzurro vivo degli occhi dava molto risalto alla sua pelle abbronzata e al nero ebano dei capelli e delle sopracciglia che ora teneva ironicamente inarcate, con espressione interrogativa.

    Reagì in modo anomalo, sentendo un impeto di collera e, prima di rendersene conto, rispose in tono molto controllato, sostenendo il suo sguardo: «Lei lo sa molto meglio di me, signor Quentin.»

    Pat, al suo fianco, sembrò sul punto di svenire e balbettò: «Questa è Seraphina, signor Quentin, del reparto Assistenza Clienti. È con noi da sei anni e mi sembra adatta per sostituire temporaneamente la signorina Watkins. Certo, se lei pensa che...»

    L’uomo che stava davanti a loro alzò una mano con aria autoritaria e Pat tacque immediatamente. «Tu pensi che io tratti male il mio personale, Seraphine?» le chiese in tono mellifluo.

    Sephy lo guardò in preda al panico. Non riusciva a credere di aver detto quelle parole a Conrad Quentin e il cuore le batteva come impazzito. Tutti sapevano che era spietato, ma nessuno osava contraddirlo. Nessuno osava neppure respirare davanti a lui, senza il suo permesso. Doveva essere impazzita, non c’erano altre spiegazioni.

    Ma poi qualcosa in quel suo sguardo così gelido le disse che sapeva esattamente a che cosa lei stesse pensando e che stava esattamente aspettando che lei gli chiedesse scusa.

    Dopo l’attimo che le occorse per prendere quella decisione, Sephy trovò il coraggio di dire: «Se quel che si dice è vero, sembrerebbe di sì, signor Quentin. Ma, dato che non ho ancora lavorato personalmente per lei, non posso esserne proprio sicura.» Alzò il mento in attesa che la tempesta scoppiasse sulla sua testa.

    Lui la osservava e il suo volto - non bello ma dotato di un’attrazione magnetica - non tradiva alcun sentimento. Era sfibrante, molto sfibrante, pensò lei, ma avrebbe scommesso che anche lui la pensasse allo stesso modo.

    «Allora sarà meglio che rettifichiamo questo piccolo punto in modo che tu possa esprimere un giudizio basato sui fatti e non sul sentito dire» disse lui pacatamente, inclinando la testa verso Pat e aggiungendo: «Grazie, Pat. Sono sicuro che Seraphina sa cavarsela da sola.» Il tono non era elogiativo.

    «Certo, naturalmente...volevo solo mostrarle dove sono i casellari e... Ma se...» Mentre parlava, era indietreggiata ed era uscita dalla porta, dopo

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