Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Tentata dal capo: Harmony Collezione
Tentata dal capo: Harmony Collezione
Tentata dal capo: Harmony Collezione
E-book154 pagine2 ore

Tentata dal capo: Harmony Collezione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Da timida segretaria...



Blaise West è il nuovo capo di Kim Abbott, e in carne e ossa è ancora più incredibile di come gliel'avevano descritto. Timida e impacciata, a Kim non piace mettersi in mostra, ma con Blaise si sente, per la prima volta, sexy e... desiderabile.



... ad amante appassionata.



Kim si rende conto del potere che Blaise ha su di lei, ma sa che deve resistere alla tentazione, anche quando lui le fa capire di volere qualcosa di più. Kim sa perfettamente, infatti, che lui non potrà mai offrirle nulla di duraturo. O no?
LinguaItaliano
Data di uscita8 set 2017
ISBN9788858972243
Tentata dal capo: Harmony Collezione
Autore

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

Leggi altro di Helen Brooks

Autori correlati

Correlato a Tentata dal capo

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Tentata dal capo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Tentata dal capo - Helen Brooks

    1

    Perché aveva permesso che la situazione precipitasse fino a quel punto? Avrei dovuto tirarmi indietro molto prima, realizzò Kim. Sarebbe bastato scrivere una cortese lettera in cui spiegava di aver cambiato idea...

    Gemette in silenzio, gli occhi puntati sul grande specchio della camera da letto. Di solito non aveva l’abitudine di esaminare così a fondo il proprio aspetto, in genere le bastava una rapida occhiata per verificare che il trucco fosse a posto, o che le calze non fossero smagliate. Ma quella non era un’occasione come le altre. Quel giorno avrebbe dovuto offrire di sé l’immagine migliore, mostrandosi impeccabile dalla cima dei capelli alla punta dei piedi.

    Due profondi occhi castani ombreggiati da una frangia di capelli dorati ricambiarono il suo sguardo, prima di scivolare lungo l’intera lunghezza del corpo. Forse non avrebbe dovuto indossare quella camicetta blu fiordaliso... Un abito dalla tinta più smorzata sarebbe stato più adatto. Il grigio fumo e il nero sortivano l’effetto di attenuare le sue curve generose, senza però enfatizzare quella che suo padre definiva un’altezza statuaria. La madre, una biondina gracile ed elegante, di solito si limitava a sospirare, quando guardava la figlia. La bambina che aveva invano tentato di agghindare con pizzi e merletti si era rapidamente trasformata in uno spericolato maschiaccio, e poi aveva continuato a crescere. Forse sua madre non l’aveva mai perdonata, per quello, rifletté Kim.

    Tornò a concentrarsi sulla camicetta color fiordaliso. Ormai era troppo tardi per cambiarsi. Fece una smorfia nello specchio. Non poteva arrivare in ritardo al colloquio con Blaise West.

    Blaise West. Al solo pensiero, il suo stomaco si strinse in una familiare morsa di panico: Kim si sentiva così da quando, dieci giorni prima, aveva ricevuto la fatidica lettera. Breve e diretta. La sua domanda per il posto di assistente personale era stata presa in considerazione, e le era stato fissato un colloquio alle dieci in punto del primo giugno presso la sede centrale della West International.

    Gemette di nuovo. Se non fosse stato per Kate Campion, la splendida e algida segretaria del direttore commerciale della ditta in cui lavorava, e che l’aveva etichettata come l’amazzone Abbott, Kim non si sarebbe mai ritrovata in una situazione del genere.

    Le morbide labbra si tesero. Quel giorno, Kate e le sue colleghe avevano ignorato che lei si trovasse in una delle cabine dei bagni delle signore, quando erano andate a rifarsi il trucco, prima di uscire per la pausa pranzo. Le aveva sentite spettegolare, poi la voce di una di loro si era levata sopra le altre.

    «Sei sicura che sia stata lei a scaricare lui, e non il contrario, Kate?»

    «Cosa? Un tipo affascinante come Peter Tierman che viene scaricato dall’amazzone Abbott? Io non credo, Shirley. Comunque me l’ha detto lui, dopo avermi chiesto di uscire stasera a cena.»

    «Davvero uscirai con Peter?» Quella domanda era stata accompagnata da un coro di gridolini.

    «Mi ha confessato che avrebbe voluto chiedermelo già molto tempo fa, ma non sapeva come liberarsi dell’amazzone senza ferirla. Pare che sia incredibilmente appiccicosa. Era dispiaciuto per lei, ed è l’unica ragione per cui non l’ha scaricata prima. Comunque, adesso sarà meglio andare. Sto morendo di fame.»

    Erano sgattaiolate fuori sui loro tacchi a spillo, lasciandosi dietro una nuvola di inebrianti profumi. Come avevano osato parlare in quel modo?, si era domandata Kim allibita. E perché mai Peter aveva raccontato simili bugie? Era stata lei a lasciarlo, un paio di giorni prima, quando per l’ennesima volta aveva realizzato di non sopportare il suo egocentrismo.

    In ogni modo, non avrebbe tentato di giustificarsi con le colleghe: prima o poi l’argomento si sarebbe ripresentato, e lei avrebbe avuto modo di chiarirlo con calma e dignità.

    Per quanto riguardava il soprannome - che peraltro non rappresentava una novità - non poteva farci niente. Sapeva di non essere mai piaciuta a Kate, probabilmente perché non aveva mai espresso il desiderio di entrare a far parte della sua piccola cricca.

    Il giorno successivo, in ufficio, sentendo che la collega aveva intenzione di candidarsi per il posto di assistente personale del grande Blaise West, Kim aveva deciso che di sicuro quel ruolo sarebbe stato più adatto a lei. Così ci aveva provato. E dopo aver passato metà della notte a elaborare la propria lettera di candidatura, il mattino seguente l’aveva inviata. In fondo non aveva niente da perdere, ed era convinta che, quasi certamente, l’unico esito sarebbe stato: Grazie per la sua candidatura, o qualcosa di simile.

    Allontanandosi dallo specchio fece un profondo respiro e afferrò la borsa. Non era mai stata nella sede centrale della West International, situata in un edificio scandalosamente lussuoso a pochi passi da Hyde Park. La ditta possedeva filiali in Inghilterra, così come in America e in Europa, e lei lavorava da circa due anni nella divisione del Surrey come segretaria del direttore vendite. Prima di allora, subito dopo la laurea, aveva sempre lavorato part-time, in attesa di sposare David e costruire con lui una famiglia. Tutti i suoi sogni erano ruotati intorno a quell’uomo dal giorno stesso in cui si erano incontrati a un barbecue organizzato per le matricole, all’università.

    Assurdo, considerato quanto era successo in seguito, ma ormai Kim aveva imparato che spesso gli uomini dicevano una cosa e ne facevano un’altra, traendone un’amara conclusione: mai fidarsi di un uomo.

    Si fermò un istante nell’atrio inondato di sole per guardarsi intorno. Aveva acquistato quell’appartamento subito dopo aver iniziato a lavorare alla West International, quando il suo stipendio era raddoppiato da un momento all’altro.

    Kim adorava quella casa. Da lì avrebbe potuto raggiungere la stazione a piedi in quindici minuti, se non avesse avuto voglia di guidare; aveva trovato un capo fantastico in Alan Goode, tantissimi amici, e una vita sociale intensa e soddisfacente. Insomma, era felice.

    Uscì dall’alto edificio vittoriano e si diresse verso la sua Mini, parcheggiata sul lato opposto della strada. C’erano infiniti benefici a essere autonomi. Poteva disporre liberamente del proprio tempo, e trascorrerlo con chi preferiva. Non sarebbe più stata costretta a passare i sabato pomeriggio a guardare le partite di football sotto la pioggia. Con David era sempre stata la stessa routine. Non avrebbe più dovuto mettere qualcun altro al primo posto, non si sarebbe più rovinata le giornate per il cattivo umore di qualcun altro. La lista di benefici era infinita.

    Ma perché quel giorno continuava a pensare a David? Non le capitava più da molte settimane. Tuttavia, ogni volta in cui il pensiero di lui la sfiorava, Kim non poteva fare a meno di sentirsi sollevata. L’aveva scampata bella. La crudeltà che David le aveva riservato era stata istruttiva; eppure, grazie a quell’inquietante esperienza, aveva imparato una lezione importante: mai illudersi di conoscere bene qualcuno.

    Una volta acceso il motore, raddrizzò le spalle e sollevò il mento. In quel momento doveva concentrarsi sul colloquio che l’attendeva. Una lieve smorfia le increspò le labbra. Secondo una delle colleghe, Kate aveva avuto un vero travaso di bile quando aveva saputo del suo colloquio, dato che non era riuscita a ottenerne uno per sé. Quando si staccò dal marciapiede, la smorfia si era ormai tramutata in un impenitente sorriso.

    Un’ora e mezzo più tardi, Kim era seduta nell’ufficio della segretaria di Blaise West, un’attraente e giovane donna visibilmente incinta. Era arrivata un po’ in anticipo, proprio mentre un’altra candidata stava per essere ricevuta dal grande capo.

    Kim non aveva mai visto una sua fotografia, ma sapeva cosa aspettarsi dai pettegolezzi delle colleghe. Blaise West doveva essere sulla quarantina, un vulcano di energia famoso per una crudeltà e una tenacia leggendarie. Era stato sposato e divorziato. Aveva una figlia. E innumerevoli amanti. Affascinante, a detta di tutti, ma c’erano milioni di donne che consideravano il potere e la ricchezza talmente attraenti da compensare qualunque difetto fisico.

    I pensieri si rincorrevano senza sosta nella mente di Kim, mentre fingeva di concentrarsi sulla rivista che stava sfogliando. A un tratto vide la porta dell’ufficio di Blaise West aprirsi e una donna sgattaiolare fuori con le guance in fiamme. Il colloquio non doveva essere andato troppo bene, dedusse con un fremito di apprensione.

    Un istante più tardi un cicalino sulla scrivania della segretaria suonò.

    «Pat?» Il vivavoce diffuse nell’aria un timbro profondo e carico di irritazione. «Credevo che avessi scelto le migliori! Se questo è il massimo che sei riuscita a trovare, non oso immaginare come saranno le altre. Ce ne sarà pure una che non sia completamente idiota!»

    Kim vide la donna lanciarle una rapida occhiata, premere un bottone e mormorare qualcosa del tipo altamente qualificata,nel ricevitore che aveva appena sollevato. Ormai non era più possibile sentire cosa Blaise stesse dicendo dall’altra parte, ma, quando la segretaria riprese a parlare, la sua voce era talmente bassa che Kim dovette sforzarsi di capire qualcosa.

    «Ancora una stamattina, e un’altra nel pomeriggio; eravamo d’accordo per una mezza dozzina, ricorda? E la signorina Abbott è già qui.» Poi riattaccò il telefono e invitò Kim a entrare. «Il signor West la riceverà subito, signorina Abbott.»

    «Grazie.» Kim si alzò in piedi e tentò di sorridere. «Proverò a restituirgli un po’ di fiducia nel sesso femminile.» Inutile fingere di non aver sentito.

    La segretaria ricambiò il sorriso con rassegnazione. «Due dei candidati di ieri erano uomini, e non è andata certo meglio. A volte il signor West è un po’ difficile da accontentare.»

    A dire il vero, sembrava che fosse impossibile da accontentare, meditò Kim; a ogni modo preferì tenere quel pensiero per sé e si limitò a seguire la donna nell’ufficio di West.

    «Signorina Abbott, il signor West.»

    Entrando nella stanza, Kim venne subito colpita da numerosi particolari. L’ambiente era ampio e luminoso, innanzitutto, le finestre immense, l’arredamento raffinato ed elegante, la stanza tranquilla. Nonostante gli uffici sorgessero in una zona estremamente trafficata, infatti, la sensazione di cui si godeva all’interno di essi era di pura quiete. Ultimo, ma non meno importante, la luce che filtrava attraverso le vetrate aveva l’effetto di trasformare l’uomo seduto alla scrivania in una semplice sagoma, mettendo in posizione di deciso svantaggio chiunque entrasse nell’ufficio. Una cosa di cui Blaise doveva essere consapevole.

    «Buongiorno, signorina Abbott. La prego, si accomodi.» Si alzò in piedi e si protese verso di lei per stringerle la mano, quindi le indicò una sedia all’angolo della scrivania.

    Kim era lieta di potersi sedere. Se la stanza era imponente, l’uomo lo era ancora di più. Il suo volto severo non era bello nel senso letterale del termine, ma i folti capelli neri già ingrigiti sulle tempie e gli occhi sorprendentemente blu gli conferivano un’aria di vibrante intensità. I vestiti che indossava erano palesemente costosi e, insieme all’altezza statuaria, rendevano il suo corpo elettrizzante e aggressivamente mascolino. A un tratto le sembrò ridicolo che un uomo del genere fosse rinchiuso in un ufficio. Avrebbe dovuto trovarsi a scalare qualche montagna, o a combattere i coccodrilli in qualche terra inesplorata; qualcosa di estremo, comunque.

    Lo osservò mentre tornava a sedersi sull’enorme poltrona di pelle. «Così, vorrebbe venire a lavorare per me, signorina Abbott. Perché?» l’apostrofò senza preamboli.

    In un istante Kim sentì sfumare ogni pensiero coerente e, per la prima volta in vita

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1