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Riccioli di fuoco: Harmony Collezione
Riccioli di fuoco: Harmony Collezione
Riccioli di fuoco: Harmony Collezione
E-book132 pagine1 ora

Riccioli di fuoco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Aveva un solo scopo: fargliela pagare cara. Jed Cannon, è sicuro di poter comprare tutto, anche l'onestà altrui, ma nel suo caso si sarebbe pentito! Tamar McKinley ha un carattere esplosivo come i suoi riccioli rossi , e vuole a tutti i costi vendicare la sua amica Gaby, che lui non aveva esitato a umiliare. Il rimo passo del suo piano prevede che...
LinguaItaliano
Data di uscita9 gen 2017
ISBN9788858960066
Riccioli di fuoco: Harmony Collezione
Autore

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

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    Anteprima del libro

    Riccioli di fuoco - Helen Brooks

    successivo.

    1

    «Sì, signora McKinley, il signor Cannon la sta aspettando. Si accomodi pure» le ordinò quasi la segretaria di Jed Cannon indicandole una poltrona.

    Quella donna era esattamente come Tamar se l'era immaginata quando aveva parlato con lei al telefono: attraente, inappuntabile ed estremamente efficiente. Una risata nervosa le salì in gola a quella constatazione, e faticò non poco a trattenerla.

    Stai calma! Stai calma, si ripeté senza toglie re gli occhi di dosso alla giovane bionda che bussava lievemente alla porta dello studio di Jed Cannon prima di entrarvi. Non puoi crolla re adesso, non dopo essere venuta fin qui. Hai intrappolato il lupo nella sua tana, non cedere proprio ora, si impose.

    Certo che la signora Rice-Brown era semplicemente perfetta per lui, dal caschetto biondo cenere ai piedi che calzavano eleganti scarpe di marca italiana...

    «Signora McKinley? Il signor Cannon è pronto a riceverla» la riscosse la voce della segretaria e a quel suono lei si alzò ubbidiente dalla comoda poltrona color crema. Marciò come un automa sul pavimento reso soffice dal folto tappeto ed entrò.

    «Signora McKinley?»

    La figura maschile che spiccava dietro la massiccia scrivania di legno di noce era scura e possente. Quella fu la prima impressione che Tamar ebbe di lui; notò anche che aveva una voce straordinaria, profonda, fredda, autoritaria.

    «Piacere, signor Cannon» esordì lei con le parole tanto a lungo provate, come per una recita, e si congratulò silenziosamente con se stessa per essere riuscita a parlare con tono naturale.

    L'uomo si alzò in piedi per porgerle la mano. «Da quanto mi risulta, lei sostiene di potermi presentare alcune proprietà al cui acquisto io sarei interessato» esordì spiccio, senza perdersi in convenevoli.

    «Ecco, io, sì...» Colta alla sprovvista dal suo approccio sbrigativo, Tamar perse il filo della sua commedia così a lungo studiata, ma si riprese subito. «Infatti, signor Cannon. Credo poi che due le possano interessare particolarmente» affermò, stringendogli la mano e pregando che non avesse notato la sua incertezza iniziale.

    Si ricordò mentalmente di dover mantenere un tono distaccato e competente, come aveva stabilito. Il suo piano perfetto, però, non aveva tenuto conto di un particolare imprevisto: quell'uomo era molto affascinante.

    «Un paio?» insistette lui, con quella voce profonda, dal lieve accento americano. Un suono che faceva fremere, proprio come il calore di quegli occhi grigi e vivi che la percorsero tutta, per poi fermarsi in quelli di lei, indagandone le profondità color nocciola.

    La trovava attraente. Tamar riconobbe quello sguardo e ne fu lieta: era esattamente ciò a cui mirava e con quello scopo si era preparata con tanta cura quella mattina.

    Odiava quell'uomo, lo odiava e lo disprezzava, ma non doveva farglielo intuire. Non era ancora il momento per spiattellargli quello che provava per lui.

    «Proprio così» affermò più sicura. «Cerchiamo sempre di proporre un'alternativa ai nostri clienti» gli sorrise, chiedendosi come avrebbe reagito Jed Cannon se avesse scoperto di essere una preda a cui veniva tesa una trappola.

    Quello che le stava di fronte era un uomo che poteva quasi affermare di avere il mondo ai suoi piedi. Era un potente miliardario che cambiava la propria compagna con la frequenza e la leggerezza con cui si cambiava d'abito. Del resto le sue donne parevano avere lo stesso scopo dei suoi completi firmati: valorizzare la sua immagine.

    Tamar rifletté che, se solo la metà dei pettegolezzi che circolavano sul suo conto erano veri, le sue conquiste dovevano essere già più numerose dei pasti caldi di lei. E c'era una lunga coda di ragazze che anelavano a essere la prossima.

    Forse che allora lui si aspettasse un po' più di entusiasmo femminile da parte sua? Forse la sua pretesa indifferenza stonava con il comportamento delle donne a cui era abituato?

    In ogni caso, Tamar sapeva di dover essere prudente. Molto prudente.

    «Prego, signora McKinley, si accomodi. Gradisce un caffè?» le chiese l'orco con naturalezza.

    Tamar, tuttavia, sapeva che non era solito offrirlo a ogni visitatore; conosceva così tanto di lui da poter scrivere un libro sull'argomento.

    «No, grazie» rifiutò garbata, prendendo posto sulla sedia che le aveva indicato. «Quando avremo finito devo correre a un altro appuntamento molto importante» spiegò sorridendo, e godendo di quella piccola vittoria. Le donne, in genere, non rifiutavano mai niente di quanto offriva loro.

    «Come preferisce» annuì lui e Tamar gioì del suo tono piccato. Era solo una sfumatura, i suoi modi erano rimasti perfettamente controllati.

    Bisognava proprio ammetterlo: Jed Cannon ci sapeva fare. E così tanto da essere diventato ciò che era in una decina d'anni.

    «Naturalmente mi interessa vedere cos'ha da propormi, ma mi tolga una curiosità prima. Come hanno fatto Taylor and Taylor a scoprire che sto cercando una proprietà nei dintorni di Londra? Non credo lei sia uno degli agenti immobiliari che la mia segretaria ha contattato» riprese, provocandola apertamente.

    «Se Maometto non va alla montagna...» replicò lei, sorridendogli con più dolcezza. Funzionò.

    «Bene, non importa» concesse lui, ma poi le sorrise a sua volta e l'effetto fu devastante. Tamar si ripeté ostinatamente che quel sorriso bianchissimo e accattivante la lasciava del tutto indifferente, se lo ripeté finché riuscì a convincersene.

    Da quell'incontro dipendeva molto più di quanto Jed Cannon potesse immaginare. Tamar doveva riuscire a suscitare il suo interesse. Lui era stato l'oggetto di ricerche minuziose a cui aveva lavorato per mesi interi.

    «Mi sembra di capire che le interessi trovare una proprietà con determinate caratteristiche, senza vincolare la sua scelta a una particolare zona» continuò Tamar, fingendo di consultare il grosso dossier che teneva sulle ginocchia. Era un raffinato trucco che le permetteva di evitare lo sguardo di lui. La giovane donna aveva già incontrato persone dagli occhi grigi, ma mai nessuno che li avesse di quella tonalità argentea, né tanto indagatori.

    Jed Cannon confermò e lei notò di nuovo nel suo modo di parlare una lieve traccia di accento americano che certo gli era rimasta dal lungo periodo trascorso negli Stati Uniti appena terminati gli studi.

    Era nato e cresciuto in Inghilterra, dove aveva frequentato le scuole migliori e poi l'università di Oxford. Suo padre era inglese, sua madre americana ed erano entrambi morti, l'uno quando Jed era all'università, l'altra solo un paio di anni più tardi. L'unica parente stretta che gli restava era sua sorella.

    Tamar era a conoscenza di molti altri dettagli della sua biografia. Come del fatto che lui avesse ereditato un'ingente fortuna all'età di soli ventiquattro anni, ossia quanti ne aveva lei in quel momento. Nel corso dei dieci anni successivi aveva poi notevolmente aumentato il suo patrimonio ed era riuscito a farsi un nome nel mondo della finanza. Il capitale di partenza lo aveva certo favorito, ma era stato in virtù della sua determinazione che a trentaquattro anni era miliardario.

    «Lei desidera molto spazio e privacy assoluta, quindi non deve trattarsi di un appartamento» continuò la ragazza con tono professionale, inclinando nella lettura delle sue note appena appena il capo, in modo che una cascata dei suoi bei riccioli color rame dorato le ricadesse su una spalla.

    Al lavoro Tamar portava sempre i capelli raccolti in una acconciatura ordinata e un po' severa. L'interesse che gli uomini già così le dimostravano finiva per distrarli o addirittura per farla sentire a disagio, per esempio se stava mostrando all'eventuale compratore una villetta isolata e immersa nel verde. Quella mattina, però, non si trattava di normale amministrazione, e Jed Cannon non era certo un acquirente qualsiasi.

    «È stata molto accurata nella sua presentazione, signora McKinley» osservò lui con una punta di cinismo.

    Tamar capì che non gli era sfuggito il suo movimento del capo. Aveva probabilmente pensato che lei cercasse di risvegliare il suo interesse personale, oltre che di vendergli una casa, ma non aveva intenzione di rendergli le cose facili.

    A Cannon bastava certo alzare il telefono per avere ai suoi piedi un'intera schiera di splendide ragazze compiacenti. Per quanto riguardava Tamar, invece, non gli sarebbe bastato schioccare semplicemente le dita. «L'accuratezza è il nostro motto alla Taylor and Taylor: procuriamo ai nostri clienti esattamente ciò che vogliono» dichiarò, ben sapendo che per il cliente medio non facevano certo indagini approfondite quanto una dissertazione.

    «Non ho dubbi» affermò lui e la sua voce ebbe di nuovo quella nota cinica. Lei sospettò che fosse convinto che gli impiegati della Taylor and Taylor non fossero che mediocri agenti immobiliari sparsi qua e là per Londra.

    «Magari può cominciare a esaminare per prime queste tre proprietà» proseguì tuttavia imperterrita, porgendogli alcuni fogli. Li appoggiò alla scrivania e fece ben attenzione a non sfiorare la mano di lui che li prendeva. Una bella mano, grande, curata, senza anelli, dalle dita lunghe che parevano appartenere a un artista.

    Tamar si riscosse a fatica da quelle osservazioni pericolose. Non le piaceva la piega che i suoi pensieri stavano prendendo. Si mise a sfogliare uno degli incartamenti che aveva in grembo, approfittando del fatto che lui stesse studiando le sue proposte, per ritrovare la padronanza delle proprie emozioni.

    «Difficile, mi piacciono tutte e tre» osservò Cannon e la ragazza si accorse che si sforzava di non mostrare la propria sorpresa.

    E che sorpresa sarebbe stata sapere quanto le era costato impossessarsi di quelle tre proprietà nel giro di poche settimane! Per la prima volta nella sua carriera Tamar aveva fatto ricorso a tattiche di accaparramento che tanto disprezzava. Gli affari, si sa, sono affari, ma non ne andava affatto orgogliosa.

    «Ne sono lieta, signor Cannon» si limitò a dire compita, con l'intento di dare prova di freddezza. «Possiamo andare a vederle di persona, stabilisca lei quando preferisce» proseguì con un sorriso di circostanza.

    «Presto, questa settimana andrò già a visitare altri due posti» considerò lui alzandosi in piedi. Le porse i fogli che aveva esaminato. «Vorrei cominciare con questa,

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