La spiaggia dei desideri (eLit): eLit
Di Helen Brooks
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Info su questo ebook
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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La spiaggia dei desideri (eLit) - Helen Brooks
successivo.
1
«Stai dicendo sul serio, Jill? Sei proprio sicura di voler andare in Grecia?» Sophy si trattenne a stento dal lanciare un'occhiata fulminante alla figura esile e minuta che sedeva di fronte a lei. «Tu non devi nulla alla famiglia di Theodore, lo sai. Michael ha sette anni e fino a oggi loro non sapevano nemmeno che esistesse.»
«Per i primi due anni non ne hanno saputo nulla» rispose Jill ragionevolmente.
«E anche quando l'anno scoperto? Avrebbero potuto scriverti, fare una telefonata o che so io.»
«Secondo Christos hanno provato a scrivere ma non hanno mai ricevuto nessuna risposta» dichiarò la sorella.
«E tu ci credi?» La voce di Sophy era carica di disprezzo, i suoi occhi azzurri esprimevano ciò che pensava dei parenti di Jill meglio delle sue parole.
«Può essere, Sophy.» Jill guardò la gemella, gli stessi occhi azzurri di Sophy ma cupi e tristi, il viso pallido e teso. «Theodore era un uomo orgoglioso, eccessivamente orgoglioso, lo sai. Diceva che non li avrebbe mai perdonati e così è stato. Lui... lui sapeva essere irremovibile quando prendeva una decisione.»
«Ma te ne avrà parlato» la incalzò di nuovo Sophy. «Almeno ti avrà detto che aveva ricevuto delle lettere, no?»
«No.» Jill si voltò e incominciò a piegare il bucato che aveva appena ritirato. «Non necessariamente, non se aveva già preso una decisione. Quando ci siamo sposati, mi ha detto che io ero la sua unica famiglia da quel momento in poi e che non ne aveva altre. Non potevo nemmeno parlarne, se vuoi sapere la verità.»
Sophy fissò il capo piegato della sorella e, come già altre volte, si chiese se quello di Jill fosse stato un matrimonio felice.
Ma questo era un particolare ormai irrilevante. Sei settimane prima Theodore era morto in uno strano incidente d'auto in cui la macchina che stava guidando si era schiantata contro un albero divelto da una terribile tempesta.
Pensando all'incidente, Sophy aggiunse in tono più gentile: «Ma Jill, il funerale! Non sono nemmeno venuti al funerale di Theodore!».
«È stato Christos a comunicarlo alla famiglia, rispettando le sue volontà.»
Sophy sbuffò poco convinta; Jill allora sollevò il capo e guardò dritto negli occhi della sorella. «Credimi, è vero! Theodore aveva consegnato delle lettere a Christos alcuni anni fa. Io non ne ho saputo nulla fino alla sua morte. Christos ha ritenuto opportuno mostrarmele prima di spedirle in Grecia; credo che sapesse cosa c'era scritto!»
«Lettere?» Sophy sorseggiò velocemente il caffè mentre osservava Jill riporre il bucato nel grande cesto di vimini sul tavolo di cucina. «Lettere... a chi, esattamente?»
«Alla sua famiglia. Da spedire in caso di malattia o di morte. Certo Theodore non si aspettava che accadesse così presto e così all'improvviso!» Jill si interruppe bruscamente, trasse un profondo respiro e proseguì: «Ad ogni modo, Christos e io abbiamo deciso di leggerle prima di spedirle, il giorno dopo l'incidente e poi... poi le abbiamo distrutte. Ma lui ha pensato di telefonare alla famiglia di Theodore per fargli sapere le sue volontà».
Jill smise di parlare, appoggiò il capo sul bordo del cesto della biancheria davanti a lei e scoppiò in lacrime.
«Oh, cara! Cosa è successo? Calmati ora, vedrai che tutto andrà bene» cercò di consolarla la sorella.
«Erano terribili, Sophy» mormorò Jill con il viso rigato di lacrime, dominando i singhiozzi che sem-bravano soffocarla. «Veramente terribili. Così amare, dure e fredde. Non ho avuto il coraggio di spedirle. Non a sua madre, né a nessun altro. Pensa che cosa avrebbero provato dopo quello che è successo a Theodore! Allora...» frugò nel cesto della biancheria alla ricerca di un fazzoletto, «... allora le ho bruciate. Tutte. Pensi che abbia fatto male?»
Sollevò gli occhi velati di lacrime verso la sorella e Sophy la fissò a lungo, con i suoi occhi azzurri che riflettevano tutto l'affetto per l'amata gemella.
«Certo che no» rispose dolcemente allontanando una ciocca di capelli biondo cenere dalla fronte di Jill. «Che senso poteva avere prolungare quel pati-mento, dare un altro dolore a chi stava già soffrendo abbastanza?»
«È ciò che ho pensato anch'io!» Jill si tamponò gli occhi e continuò: «Christos ha detto che la decisione doveva essere soltanto mia e così, una volta presa, è stato d'accordo con me. Ma da allora è come se avessi un grosso macigno sul cuore. Theodore ha consegnato quelle lettere a Christos credendo che facesse ciò che lui voleva e io... io le ho bruciate. Se lo sapesse, non mi perdonerebbe mai!».
Certo che Theodore doveva essere un campione di intransigenza, pensò Sophy tra sé. Aveva sempre avuto delle riserve sul cognato, di fondo non erano mai andati d'accordo. C'era una certa incompatibilità tra loro che Jill stessa aveva percepito sin dalla prima volta che si erano incontrati, tant'è vero che badava bene a misurare le parole quando menzionava il marito con la sorella.
Ma questa improvvisa riservatezza nei confronti di Sophy non aveva rappresentato un problema; infatti, dopo tre mesi che Jill e Theodore si erano conosciuti, subito dopo che le due sorelle avevano terminato l'università, Sophy aveva ricevuto una splendida offerta di lavoro per un'importante casa di moda a Londra.
Aveva lasciato Cambridge, la sua città natale, nell'arco di un mese, pochi giorni prima che la gemella scoprisse di essere incinta di Michael e che si sposasse velocemente con rito civile.
Da allora le loro vite avevano preso strade diverse: Jill badava alla famiglia e aiutava il marito al ristorante, di cui Christos era socio, mentre Sophy aveva seguito la propria stella, in una favolosa carriera che era culminata nella nomina a responsabile del settore acquisti.
Sophy aveva sempre pensato che Theodore avesse di proposito messo incinta la sorella, sapendo che Jill non poteva prendere anticoncezionali, ma era stata così saggia da tenere per sé questo sospetto. Tuttavia, nel corso degli anni, aveva visto la sorella cambiare completamente e trasformarsi dalla ragazza allegra e brillante di prima nell'ombra della vera Jill: tranquilla, riservata e completamente soggiogata dal marito. Apparentemente Jill non si lamentava mai, ma cambiava discorso ogni volta che Sophy cercava di scoprire se tutto andava bene; alla fine lei si era rassegnata a rispettare la sua intimità.
«Allora...» Sophy riportò l'attenzione alla lettera accanto al cesto del bucato che era stata oggetto della loro discussione. «...allora credi sia tuo dovere conoscere la famiglia di Theodore.» Ora capiva la de-cisione della sorella, anche se le sembrava di permettere a un agnello di entrare nella tana del lupo.
«Solo per una breve vacanza, come hanno proposto loro. Possono conoscere Michael, ma ciò che più conta è che Michael conosca gli unici nonni che ha.» Il padre delle due sorelle se n'era andato poco dopo la loro nascita, la madre era morta qualche anno prima.
«E poi?» chiese Sophy dolcemente.
«E poi torneremo a casa e continueremo la nostra vita come prima» rispose Jill con calma. «Posso aiutare Christos al ristorante, ne abbiamo già parlato, e Michael continuerà la scuola con i suoi amici. Non ho mai pensato di fermarmi là, Sophy, se è questo che ti preoccupa.»
Non sapeva esattamente che cosa la preoccupasse, tranne il fatto che, se i genitori di Theodore assomigliavano a lui, sarebbero riusciti a convincere l'ingenua gemella che il nero poteva anche essere bianco e viceversa.
Jill era sempre stata la più malleabile e docile di loro due, forse fin troppo accondiscendente e totalmente incapace di badare a se stessa.
«Senti, se non ti va che io parta da sola con Michael, perché non vieni anche tu?» le propose Jill. «Il padre di Theodore si è già offerto di pagare per me, per Michael e per un'amica. È stata la sua proposta, Sophy. Mi ha scritto che forse mi sarei sentita più a mio agio se avessi portato un'amica con me. Anzi... preferirei che venissi tu, ma sei sicuramente troppo occupata... So che nelle ultime settimane sei andata avanti e indietro da Parigi, e non voglio causarti altro stress.»
«Le collezioni sono state già riviste e ho terminato tutto» rifletté Sophy ad alta voce. «Sarò più libera nelle prossime settimane e ho ancora delle ferie dello scorso anno... Sì, perché no? Potrei venire! Quando pensi di partire?»
«Quando vuoi tu...» replicò Jill più speranzosa. «Pensi di venire, allora? Oh, Sophy, con te sarebbe tutto diverso!» E così dicendo scoppiò di nuovo a piangere.
Non c'era bisogno di aggiungere altro, Sophy sarebbe andata con loro. Sua sorella aveva bisogno di lei; il suo lavoro, i suoi impegni venivano in secondo piano.
L'aeroporto ad Atene era esattamente come tutti gli altri aeroporti, affollato e rumoroso ma almeno il viaggio era stato abbastanza piacevole e i discorsi eccitati di Michael avevano tenute impegnate le due donne distraendole dall'imminente incontro con la famiglia di Theodore.
Sophy si occupava dei bagagli e di Michael men-tre Jill sembrava essere in un mondo tutto suo. A ogni modo fu lei ad accorgersi dell'uomo alto e di carnagione scura che li stava osservando. Afferrando la sorella per un braccio, disse sottovoce: «Sophy, quello mi sembra Andreas, il fratello di Theodore... Oh, sì, deve essere proprio lui. Vedi come ci sta guardando?».
Sophy si voltò nella direzione da lei indicata, e, quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo duro e inflessibile rivolto verso di loro, si sentì come paralizzata. Non c'era tempo per replicare, poiché nello stesso istante quell'uomo prese a farsi strada fendendo la folla con il suo corpo atletico e imponente, quasi come se non esistesse.
«La signora Karydis? Jill Karydis?» La sua voce era profonda e aveva un forte accento, gli occhi scuri lampeggiavano dall'una all'altra donna; occhi incastonati in un viso bellissimo ma freddo, notò.
Jill sembrava essere in un'altra dimensione, totalmente incapace di parlare, cosicché fu Sophy a prendere in mano la situazione. «Questa è Jill» disse indicando la figura pallida e silenziosa al suo fianco. «E questo è Michael, naturalmente» aggiunse, spingendo il nipote davanti a sé. «Piacere, signor...?»
«Per favore, mi chiami Andreas» la interruppe lui bruscamente, trasferendo poi l'attenzione a Jill, ag-grappata al braccio della sorella come se la sua vita dipendesse da lei; non riusciva ancora a pronunciare una parola. Sembrò tornare alla realtà solo quando lui le tese la mano. «Ciao, Andreas» lo salutò lasciando il braccio di Sophy. «Grazie per essere ve-nuto a prenderci.»
«È stato un piacere» rispose il fratello di Theodore in tono distaccato.
Ora Sophy capiva perfettamente lo stato di shock in cui si trovava Jill, poiché lei stessa si sentiva leggermente a disagio. L'uomo che aveva di fronte non somigliava per nulla a Theodore, il